L'art. 269, co. 1,
d.lg. 3 aprile 2006 n. 152, dispone che per
tutti gli stabilimenti che producono emissioni deve essere richiesta una
autorizzazione ai sensi della parte quinta del presente decreto.
L'autorizzazione è rilasciata con riferimento allo stabilimento. I singoli
impianti e le singole attività presenti nello stabilimento non sono oggetto di
distinte autorizzazioni.
Il legislatore
distingue − nell'ambito delle modifiche che, rispetto a quanto indicato
nell'autorizzazione o nel progetto o nella relazione tecnica allegati
all'autorizzazione, si intendono apportare ad un impianto o ad un'attività già
autorizzato − tra le modifiche qualificate dalla legge come "sostanziali"
e quelle che tali non possono essere considerate. Cass. pen., Sez. III, 10
luglio 2008, n. 30863.
L'art. 269, comma 8,
prevede infatti due diversi oneri in capo al gestore, da intendersi in via
alternativa tra loro, peraltro ricalcando il sistema già introdotto per gli
impianti sottoposti ad autorizzazione integrata ambientale dall'art. 10 del
D.Lgs. 18 febbraio 2005, n. 59.
La ratio del sistema
è con tutta evidenza da ricercare nella necessità di sottoporre a preventiva
tutela, in quanto in grado di incidere negativamente sull'ambiente, non solo il
momento iniziale dell'attività dalla quale scaturiscono le emissioni inquinanti
(mediante la richiesta di autorizzazione alle emissioni), ma anche tutte le
fasi successive (le modifiche, appunto) in cui si verifichi un cambiamento
significativo rispetto a quanto rappresentato all'autorità ed oggetto di sua
valutazione.
Il procedimento di
autorizzazione è differenziato a seconda della modifica sostanziale o non
sostanziale dell'autorizzazione già ottenuta dal gestore, ai sensi dell'art.
269, d.lg. n. 152 del 2006.
Infatti, in caso di
modifiche sostanziali va indetta, entro trenta giorni dalla ricezione della
richiesta, una conferenza di servizi al sensi degli arti. 14 e ss., l. 7 agosto
1990, n. 241, nel corso della quale si procede anche, in via istruttoria, ad un
contestuale esame degli interessi coinvolti in altri procedimenti
amministrativi. In caso di modifiche non sostanziali, invece, è prevista una
mera comunicazione e se l'autorità competente non si esprime entro sessanta
giorni, il gestore può procedere all'esecuzione della modifica non sostanziale
comunicata, fatto salvo il potere dell'autorità competente di provvedere anche
successivamente, nel termine di sei mesi dalla ricezione della comunicazione
all'aggiornamento dell'autorizzazione: affinché la modifica sia sostanziale è
sufficiente che vi sia un aumento o una variazione qualitativa delle emissioni
o un'alterazione delle condizioni di convogliabilità tecnica delle stesse.
Quindi, sono sufficienti modifiche minime concernenti le emissioni per
giustificare un procedimento più completo con la partecipazione di tutti gli
enti coinvolti e titolari istituzionalmente di un interesse alla tutela
dell'ambiente, senza che questo pregiudichi, ove siano rispettate le norme
regolanti la materia, lo svolgimento dell'attività. T.A.R. Emilia Romagna
Bologna, sez. II, 21/01/2011, n. 49.
La modifica
dell'impianto consistente nella variazione delle modalità di convogliamento
delle emissioni (nella specie, riunione in un unico punto di emissione di due
punti di emissione preesistenti) costituisce una modifica
"sostanziale" ai sensi dell'art. 269, comma 8, d.lg. 3 aprile 2006 n.
152 e, come tale, è sottoposta al medesimo iter
autorizzativo previsto per il rilascio "ex novo" dell'autorizzazione
alle emissioni in atmosfera.
E. Pomini, Nota a Cassazione
penale , 28/01/2009 n. 10711, sez. III, Consiglio di Stato , 29.4.2009 n. 2746,
sez. V, Emissioni in atmosfera: modifiche "sostanziali" e iter autorizzativo, Riv. giur. ambiente
2009, 5, 713.
Le società
ricorrenti hanno contestato la sentenza oggetto di gravame nella parte in cui i
giudici amministrativi hanno ritenuto pienamente legittimo, ai sensi del citato
art. 269, il rilascio di una nuova autorizzazione alle emissioni in atmosfera,
con la contestuale imposizione di nuove prescrizioni, a fronte di una domanda
di modificazione di un preesistente impianto di emissione finalizzato, in
particolare, a riunire le emissioni denominate "E1" ed "E2"
scaturenti da due camini distinti di altezza pari a 10 metri in un unico camino
alto venticinque metri.
L'amministrazione
non avrebbe dovuto attivare l'iter autorizzativo imposto dalla normativa nel
caso di rilascio di una nuova autorizzazione, bensì limitarsi ad un semplice aggiornamento
di quella esistente.
Nel caso in cui il
gestore ritenga "non sostanziale la modifica che intende effettuare,
allora deve presentare all'Autorità competente una semplice comunicazione
recante l'intenzione di voler procedere a tale modifica. In questo caso, se concorde
con la valutazione effettuata dal gestore, l'autorità competente deve
procedere, ove necessario, ad aggiornare l'autorizzazione in atto entro il
termine di sessanta giorni dalla ricezione della comunicazione, scaduto
inutilmente il quale il gestore può senz'altro procedere all'esecuzione della
modifica non sostanziale comunicata.
Nel caso in cui,
invece, l'autorità competente, già in sede di esame della comunicazione
presentata dal gestore, valuti come "sostanziale" la modifica, allora
ordina al gestore di presentare una vera e propria domanda di aggiornamento
dell'autorizzazione, per la quale si applica lo stesso procedimento necessario
in caso di rilascio ex novo dell'autorizzazione.
Sembra pacifico che
ogni aumento delle emissioni inquinanti, indipendentemente dalla sua
"misura", debba essere considerato rilevante ai fini della scelta
circa il tipo di adempimento cui il gestore deve sottoporsi prima di procedere
all'esecuzione della modifica.
Vale ad integrare i
presupposti dell'alterazione delle condizioni di convogliabilità tecnica delle
emissioni prodotte da un impianto anche la semplice unificazione, in un unico
punto di emissione, di due punti di emissione preesistenti, con conseguente
necessità di effettuare una nuova complessiva istruttoria.
Pur nella
consapevolezza di dover sempre mirare alla massimizzazione della tutela
dell'ambiente, non può infatti negarsi come la semplice operazione di
unificazione di due o più punti di emissione, senza che si proceda ad altre
variazioni rispetto a quanto rappresentato originariamente in autorizzazione,
non costituisca certo una minaccia per l'ambiente tale da giustificare, a
priori, la sottoposizione allo stesso procedimento amministrativo − comportante
in ipotesi anche una revisione completa dell'atto autorizzativo già rilasciato
in capo al soggetto richiedente la modifica − invece imposto (a ragione) nella
più grave ipotesi dell'aumento o della variazione qualitativa delle emissioni.
Ciò a maggior
ragione se si considera che, qualora anche una modifica interessante solo le
modalità di convogliamento delle emissioni, come quella di cui si discute,
determini un cambiamento delle stesse, allora si ricadrebbe comunque nella
prima parte della definizione normativa oggetto d'esame, con conseguente
necessità di avviare un nuovo procedimento autorizzativo a cognizione piena.
La giurisprudenza ha
precisato che la presentazione di una domanda di autorizzazione incompleta,
perché priva delle indicazioni relative alle caratteristiche tecniche dell'impianto
nonché dei valori di emissione, integra il reato di esercizio di impianto in
assenza della prescritta autorizzazione in quanto l'incompletezza della domanda
è equiparabile all'omessa presentazione della medesima, art. 25, d.P.R. 24
maggio 1988 n. 203, oggi sostituito dall'art. 279, comma 1, d.lg. 3 aprile 2006
n. 152. Cassazione penale, sez. III, 13/11/2007, n. 44298
La Corte costituzionale ha verificato la
costituzionalità delle legislazione
regionale che hanno regolamentato il
rilascio dell'autorizzazione degli impianti che producono emissioni in
atmosfera.
È costituzionalmente
illegittimo l'art. 15, comma 3, l. prov. Bolzano 10 giugno 2008 n. 4. Premesso
che la disciplina statale concernente il rilascio dell'autorizzazione degli
impianti che producono emissioni in atmosfera risponde all'esigenza di
articolare unitariamente tale attività secondo principi che assicurino
l'osservanza dei criteri stabiliti dalla normativa nazionale e quindi vincola
il legislatore regionale, e premesso altresì che la norma statale (art. 269
d.lg. n. 152 del 2006), la quale impone che l'autorizzazione preceda la messa
in esercizio dell'impianto, costituisce un livello uniforme di tutela
dell'ambiente, dettato in materia di competenza esclusiva dello Stato, la norma
provinciale censurata, la quale deroga alla norma statale, consentendo al
gestore di mettere in esercizio impianti che producono emissioni, prima che
l'Agenzia provinciale per l'ambiente esegua il collaudo e rilasci
l'autorizzazione alle emissioni, viola la detta competenza statale (sent. n.
250 del 2009). Corte Costituzionale, 4.12.2009, n. 315.
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