Ambiente. Ordinanza a
provvedere alla bonifica del sito. La responsabilità del proprietario.
Tra gli strumenti che
l'Amministrazione competente può adottare in caso di potenziale contaminazione
di un sito con pericolo di inquinamento ambientale rientra quello
dell'ordinanza da emanare " dopo aver svolto opportune indagini volte ad
identificare il responsabile dell'evento ", ai sensi dell'art. 244, d.lg.
n. 152 del 2006.
Le pubbliche amministrazioni
che nell'esercizio delle proprie funzioni individuano siti nei quali accertino
che i livelli di contaminazione sono superiori ai valori di concentrazione
soglia di contaminazione, ne danno comunicazione alla regione, alla provincia e
al comune competenti.
La provincia, ricevuta la
comunicazione, dopo aver svolto le opportune indagini volte ad identificare il
responsabile dell'evento di superamento e sentito il comune, diffida con
ordinanza motivata il responsabile della potenziale contaminazione a provvedere
alla bonifica del sito.
L'ordinanza è comunque
notificata anche al proprietario del sito.
Se il responsabile non sia
individuabile o non provveda e non provveda il proprietario del sito né altro
soggetto interessato, gli interventi che risultassero necessari ai sensi delle
disposizioni di cui al presente titolo sono adottati dall'amministrazione
competente.
Il potere di ordinanza si
basa sul principio di matrice comunitaria " chi inquina paga ", non
potendosi ammettere un sistema sanzionatorio - o anche di tipo preventivo - che
si apra ad ipotesi di responsabilità oggettiva o per fatto altrui. Il potere di
ordinanza affidato all'ente provinciale poggia dunque sulla compiuta verifica
delle responsabilità relative alla contaminazione di un sito, in linea con un
sistema che annovera tra le sue funzioni anche quella sanzionatoria.
L'ordinanza emanata dalla
Provincia ai sensi dell'art. 244 d.lg. 3 aprile 2006 n. 152 deve basarsi sul
principio "chi inquina paga" perché non può ammettersi un sistema
sanzionatorio o anche di tipo preventivo il quale si apra ad ipotesi di
responsabilità oggettiva o per fatto altrui. Essa non può quindi dirigersi
verso il proprietario incolpevole del sito, che non può essere chiamato in
causa se non quando emergano profili quantomeno di compartecipazione colposa
alla condotta inquinante. F. Vanetti e E. Alotto, Nota a:T.A.R. Puglia Lecce, 2.11.2011,
n. 1901, sez. I, Limiti dell'ordinanza di diffida, ai sensi dell'art. 244
D.Lgs. 152/2006, Riv. giur. Ambiente, 2012, 2, 265.
La sentenza, uniformandosi
all'orientamento giurisprudenziale prevalente, torna a riaffermare il principio
chi inquina paga, negando ipotesi di responsabilità oggettiva nei confronti di
un soggetto incolpevole. R.F. Iannone, L'azione di bonifica non grava sul
proprietario incolpevole del sito contaminato (nota a T.A.R. Friuli-Venezia
Giulia n. 837/2009), Riv. giur. ambiente, 2010, 2, p. 379.
La sentenza ha ad oggetto
l'ordinanza provinciale di diffida di cui all'art. 244 del D.Lgs. 152/2006.
Detto strumento coercitivo è a
disposizione dell'Amministrazione per imporre la bonifica, qualora la stessa
non sia iniziata spontaneamente dai soggetti privati . F. Vanetti, Bonifica da parte del proprietario
incolpevole: è un obbligo o una facoltà? Nota a T.A.R. Lazio n. 2263/2011),
Riv. giur. ambiente, 2011, 5, 660.
La previsione si incentra su
un aspetto che è fondamentale e che regge l'impianto stesso dell'ordinanza.
La Provincia ha l'obbligo di
svolgere opportune indagini volte ad identificare il responsabile della contaminazione.
L'indagine rappresenta il
presupposto stesso dell'ordinanza.
L'ordinanza provinciale può
essere emessa solo nel caso in cui l'indagine dia esito positivo ovvero sia
individuato il soggetto responsabile della contaminazione.
Tale ordinanza, quindi, può
essere indirizzata solo nei confronti di quest'ultimo.
In caso di esito negativo,
invece, trova applicazione l'art. 250 D.Lgs. 152/2006 secondo cui « qualora i
soggetti responsabili della contaminazione ... non siano individuabili... le
procedure e gli interventi di cui all'art. 242 sono realizzati d'ufficio dal
Comune territorialmente competente e, ove questo non provveda, dalla Regione,
secondo l'ordine di priorità fissati dal piano regionale per la bonifica delle
aree inquinate.
In tale ultima ipotesi si
pone l'ulteriore problema di come eventualmente informare della riscontrata
contaminazione il proprietario incolpevole del sito, il quale potrebbe avere
interesse ad intervenire volontariamente.
In un primo caso,
l'informativa potrebbe essere contenuta nell'atto di avvio della procedura
d'ufficio e, quindi, di competenza del Comune.
In un secondo caso, invece,
il coinvolgimento del proprietario incolpevole potrebbe avvenire contestualmente
alla chiusura delle indagini provinciali e, quindi, l'informativa spetterebbe
alla Provincia.
Il codice dell'ambiente prevede
diverse ipotesi di responsabilità del proprietario. V. Corriero, La «responsabilità»
del proprietario del sito inquinato, Resp. civ. e prev., 2011, 12, 2440.
a) la fattispecie relativa all'abbandono e al deposito
incontrollato di rifiuti sul suolo e nel suolo, art. 192, comma 3, d.lgs. n.
152/2006.
La natura reale degli
obblighi che fanno capo al proprietario incolpevole della contaminazione è
confermata dalla differente disciplina prevista dal legislatore nella
fattispecie relativa all'abbandono e al deposito incontrollato di rifiuti sul
suolo e nel sottosuolo.
L'art. 192, comma 3, stabilisce
che chiunque viola i divieti di abbandono e di deposito incontrollato di
rifiuti è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo
smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con
il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento
sull'area e, secondo le Sezioni Unite della Suprema Corte, anche con i
detentori di fatto delle aree.
Le esigenze di tutela
ambientale sottese alla norma citata rendono evidente che il riferimento a chi
è titolare di diritti reali o personali di godimento va inteso in senso lato,
essendo destinato a comprendere qualunque soggetto si trovi con l'area
interessata in un rapporto anche di mero fatto, tale da consentirgli - e perciò
stesso imporgli - di esercitare una funzione di protezione e custodia
finalizzata ad evitare che l'area medesima possa essere adibita a discarica
abusiva di rifiuti nocivi per la salvaguardia dell'ambiente.
Il requisito della colpa ben
può consistere proprio nell'omissione degli accorgimenti e delle cautele che
l'ordinaria diligenza suggerisce per realizzare un'efficace custodia e
protezione dell'area, così impedendo che possano essere in essa indebitamente
depositati rifiuti nocivi. Cass. civ., Sez. Un. civ., 25 febbraio 2009, n. 4472.
La responsabilità deve
risultare in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i
soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo.
Se non si inquadra la
disciplina della bonifica dei siti contaminati in un'ottica di funzione sociale
della proprietà, difficilmente potrà essere giustificato il discrimen tra il
disposto normativo dell'art. 192 e quello sancito dall'art. 253.
La bonifica del sito non
segue necessariamente la rimozione dei rifiuti o, più precisamente, l'abbandono
dei rifiuti non crea necessariamente una contaminazione delle matrici
ambientali (suolo, sottosuolo ed acque sotterranee), in quanto la stessa
normativa chiarisce che il passaggio alla vera e propria bonifica si
verificherà qualora si accerti il superamento delle concentrazioni soglia di
contaminazione (CSC).
Esse rappresentano i valori
di attenzione dell'inquinamento ex art. 242, comma 3, attraverso i risultati
delle indagini preliminari del sito inquinato, e successivamente il superamento
delle concentrazioni soglia di rischio (CSR), in base al documento di analisi
di rischio sito-specifica, dal quale discende l'obbligo di procedere alla
bonifica (art. 242, comma 7).
La dottrina civilistica ha
approfondito la natura giuridica della responsabilità solidale del proprietario
del sito sul quale siano stati depositati e abbandonati rifiuti critica la
trasformazione della natura soggettiva della responsabilità ex art. 192, comma
3, d.lgs. n. 152/2006, in responsabilità di natura oggettiva. A. Jannarelli, L'articolazione
delle responsabilità nell'«abbandono dei rifiuti»: a proposito della disciplina
giuridica dei rifiuti come non beni sia in concreto sia in chiave prospettica, in
Riv. dir. agr., 2009, 125.
b) la responsabilità sussidiaria del proprietario del
sito di preminente interesse pubblico per la riconversione industriale, ex art. 252-bis, comma 2.
La responsabilità sussidiaria
del proprietario del sito di preminente interesse pubblico per la riconversione
industriale discende e si giustifica in virtù del bilanciamento dei due
interessi pubblici riferibili al sito da bonificare, ossia la decontaminazione
e la reindustrializzazione, e dell'interesse privato allo sfruttamento economico
del bene in un'ottica di sviluppo sostenibile.
Lo strumento procedimentale
indicato dall'art. 252-bis è
rappresentato dall'accordo di programma tra le amministrazioni interessate e i
privati.
L'art. 252-bis, comma 2,
d.lgs. n. 152/2006, si discosta dalla disciplina previgente in riferimento alla
responsabilità del proprietario, in quanto l'onere previsto dal decreto Ronchi
diventa obbligo.
Non vi è la previsione del
limite del valore del fondo, poiché l'obbligo gravante sul proprietario del
sito di preminente interesse pubblico per la riconversione industriale va oltre
il rimborso delle spese di bonifica e si estende al risarcimento del danno
ambientale.
Quest'ultimo aspetto conferma
ulteriormente la natura reale degli obblighi del proprietario del sito contaminato,
che ai sensi dell'art. 253, comma 4, risponde delle spese di bonifica nei
limiti di valore del fondo determinato a seguito dell'esecuzione degli
interventi medesimi.
c) l'onere reale gravante sui siti contaminati, art.
253.
La giustizia amministrativa
imputa il costo del danno al soggetto che ha la possibilità della cost-benefit
analysis, per cui lo stesso deve sopportarne le conseguenze per essersi
trovato, prima del suo verificarsi, nella situazione più adeguata per evitarle
nel modo più conveniente».
Essa ha precisato che nell'Ordinamento
statuale interno è il responsabile dell'inquinamento che deve sopportarne i
costi di bonifica, mentre il proprietario incolpevole del suolo sarà chiamato
solo in via sussidiaria e comunque nei limiti dell'arricchimento per tenere
indenne l'amministrazione dalle operazioni di bonifica.
Più esattamente, il
proprietario incolpevole (che non ha nessuna prova da offrire posto che spetta
all'amministrazione accertare e dunque provare la responsabilità
dell'inquinamento) sarà chiamato a rifondere i costi della bonifica solo in
relazione al suo rapporto con il bene, che si traduce in termini di incremento
di utilità da comprovarsi (onere della prova a carico dell'amministrazione: si
tratta di una azione che rientra nell'alveo dell'art. 2041 c.c. e, in
conseguenza, la prova dell'arricchimento - sia nell'an che nel quantum -
incombe sull'attore.T.A.R. Sicilia Catania, sez. I, 26/07/2007, n. 1254.
I costi della
decontaminazione, generalmente esternalizzati a danno della collettività o di
singoli soggetti incolpevoli, devono essere imputati agli inquinatori.
L'obbligo di bonifica dei
siti inquinati grava in primo luogo sull'effettivo responsabile
dell'inquinamento e può essere posto a carico del proprietario o detentore del
terreno inquinato solo se questi è corresponsabile dell'inquinamento stesso. Il
nesso di causalità tra la condotta del responsabile e la contaminazione
riscontrata deve essere accertato applicando la regola probatoria del "più
probabile che non": pertanto, il suo positivo riscontro può basarsi anche
su elementi indiziari, quali la tipica riconducibilità dell'inquinamento
rilevato all'attività industriale condotta sul fondo. T.A.R. Piemonte Torino,
sez. I, 24/03/2010, n. 1575.
La responsabilità civile
induce le imprese a adottare le tecnologie con minor impatto ambientale e assolve
la funzione di ridurre le esternalità negative.
Il principio «chi inquina
paga» opera in primo luogo in una logica preventiva dei fatti dannosi e in
secondo luogo «in una logica risarcitoria ex post factum», in quanto viene
imposto alle imprese l'obiettivo prioritario di internalizzare i costi di
alterazione dell'ambiente attraverso l'incorporazione nei prezzi delle merci.
Il Consiglio di Stato
sostiene che i costi di alterazione dell'ambiente incorporati nel prezzo delle
merci, determinino un prezzo inferiore delle stesse. Nel caso di mancata
individuazione del responsabile o di assenza di interventi volontari, le opere
di bonifica vengono realizzate dalle amministrazioni competenti, salvo l'esistenza
di un privilegio speciale immobiliare sul fondo, a tutela del credito per la
bonifica e la qualificazione degli interventi relativi come onere reale sul
fondo stesso, onere destinato pertanto a trasmettersi unitamente alla proprietà
del terreno.Consiglio di Stato, sez. V, 16/06/2009, n. 3885.
Sembra inverosimile che
questa incorporazione possa generare un prezzo inferiore delle merci, piuttosto
lo incrementa e quindi viola i principi espressi nel Codice del consumo, poiché
fa ricadere sul consumatore i costi della decontaminazione.
L'opzione per la responsabilità
di natura soggettiva adottata dal legislatore italiano, in contrasto con quanto
previsto dalla Direttiva 2004/35/CE, presenta l'inconveniente, peraltro ben
affrontato nell'ambito della Direttiva, di rendere più complessa l'imputazione
della responsabilità e di vanificare gli strumenti di garanzia derivanti dalle
forme di responsabilità indirette o oggettive, e quindi più sinteticamente
determina una riduzione quantitativa della tutela.
La prova dell'inquinamento è
ammessa in via indiretta, ossia attraverso presunzioni semplici ex art. 2727
c.c.,
Alla luce dell'esigenza di
effettività della protezione dell'ambiente, ferma la doverosità degli
accertamenti indirizzati ad individuare con specifici elementi i responsabili
dei fatti di contaminazione, l'imputabilità dell'inquinamento può avvenire per
condotte attive e per quelle omissive, e la prova può essere data in via diretta
o indiretta, ossia, in quest'ultimo caso, l'amministrazione pubblica preposta
alla tutela ambientale può avvalersi anche di presunzioni semplici di cui
all'art. 2727 c.c., prendendo in considerazione elementi di fatto dai quali
possono trarsi indizi gravi, precisi e concordanti che inducano a ritenere
verosimile, secondo l’id quod plerumque accidit, che si sia verificato un inquinamento
e che questo sia attribuibile a determinati autori. Consiglio di Stato, sez. V,
16/06/2009, n. 3885, Dir. e giur. agr. 2010, 2, 138.
La possibilità di rivalsa
garantita alla Pubblica Amministrazione a seguito dell'effettuazione delle
opere di risanamento, si giustifica per l'aumento del valore commerciale del
bene che ne deriva.
Infatti, ai sensi del comma 4
dell'art. 253, il proprietario non responsabile dell'inquinamento può essere
tenuto a rimborsare le spese degli interventi adottati dall'autorità competente
nei limiti del valore di mercato stimato del sito a valle degli interventi
eseguiti.
La giurisprudenza in base
all'interpretazione complessiva del disposto degli art. 244, 245, 250 e 253 del
d.lg. 3 aprile 2006, n. 152, desume che, nell'ipotesi in cui il responsabile
dell'inquinamento non esegua gli interventi di bonifica ambientale o lo stesso
non sia individuabile da parte dell'Amministrazione pubblica, e sempre che non
vi provvedano volontariamente né il proprietario del sito né altri soggetti
interessati, le opere di bonifica ambientale devono essere eseguite dalla p.a.
competente.
Essa ha il diritto di
rivalersi sul soggetto proprietario del sito nei limiti del valore dell'area
bonificata anche esercitando, ove la rivalsa non vada a buon fine, le garanzie
gravanti sul terreno oggetto dei medesimi interventi. T.A.R. Sardegna Cagliari,
sez. I, 16.12.2011, n. 1239.
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