La carica a
S.Elena.
In
quegli anni la squadra di calcio del Venezia milita in serie A,.
L’entusiasmo
è alla stelle gli amici di S. Silvestro si sono organizzati con striscioni
tamburi e trombette per andare a fare il tifo a sostegno della squadra.
Non
mi sono mai occupato di calcio ho dovuto dire a forza che tifo per il Milan
perché sembra impossibile che un ragazzo non tifi per una squadra di calcio.
“Non
sarò mica anormale fuori dal modi di pensare collettivo?”
Non
mi costa molto peraltro questa affermazione e poi mi piacciono i colori rosso e
nero fanno allegria.
Mi
rifiuto di bardarmi con fasce e cappelli
grigio verde e mi metto al seguito della allegra brigata.
Quella
domenica il Venezia incontra l’Inter.
Da
rialto a S. Elena è una marcia che si fa rigorosamente a piedi sia per
risparmiare i soldi del vaporetto sia per approfittare del tempo del percorso
per provare cori o per suscitare nei
veneziani che non vengono allo stadio un giusto entusiasmo a sostegno della
loro squadra.
Da
Rialto a S. Elena ci vuole una buona oretta e giungiamo allo stadio felici
anche se po’ sgolati.
Il
campo da calcio in un giorno tiepido - come lo sono i giorni di aprile con il
sole che fa luccicare il verde del tappeto erboso - è veramente di per sé un no
spettacolo per un ragazzo di Venezia che di verde ne vede assai poco.
Vedere
una partita è divertente non tanto per il gioco di cui non mi interessa molto
ma per le persone i frizzi i motti che vengono riversati sugli avversari per
deriderli sempre molto sportivamente.
L’arbitro
poverino no!
Lui
ha tutte le colpe perché non vede un fallo degli avversari e fischia sempre
contro di noi.
Le
male parole che si è preso quella domenica sono state veramente tante.
Nella
foca anch’io partecipavo ad inventare ingiurie sempre più colorite.
Un
boato acclama il goal del Venezia.
Su
cross di Pochissimo, Ruffin aggancia il pallone con un tocco magico e insacca!
“Ma perché
l’arbitro non fa mettar la bala in centro campo perché el che discute?”
chiedo meravigliato.
I giocatori del Venezia sembrano infuriati ma
cosa sta succedendo.
“No ti capisi niente de calcio!” mi dice
Nane scuotendo la testa sconsolato.
“No ti vedi che el ga fiscia fuorigioco!”
Io
a dire la verità la regola del fuorigioco non la ho mai capita .
Anche
perché tracciare una linea fra i due ultimi difensori per verificare che
l’attaccante non la superi mentre sta correndo verso la porta avversaria mi
sembra un po’ troppo complicata da fare e soprattutto da vedere.
Vedo
infatti che anche l’arbitro ed i due guardalinee sono di fatto della mia idea
perché discutono animatamente.
Quel
fuori gioco è effettivamente contestato anche fra di loro.
I
tifosi veneziani no!
Per
loro il fuori gioco non c’è stato.
Se
nessuno lo ha visto di noi tifosi del Venezia
come l’arbitro lo può concedere con tanta sicurezza.
“
Arbitro cornuto xe vedemo fora!”
E’
questo l’epiteto più gentile figuriamoci gli altri che commentano poco
garbatamente i comportamenti dei suoi familiari.
Effettivamente
i tifosi peccano per mancanza di stile , ma questo arbitro se la è proprio
voluta cercare annullare un goal alla squadra di casa non è una soluzione molto
giusta soprattutto in un caso per lo meno dubbio come quello.
Lo
dice anche il proverbio: in dubbio pro Venezia!
“Cosa
vorà dir: te spetemo fora!”
Forse
vorranno discutere con l’arbitro per chiedergli i motivi del fuorigioco magari
molto garbatamente facendosi ricevere in delegazione.
Nane
risolve prontamente i miei dubbi.
“Lo spetemo e ghe ne demo tante!”
La
cosa mi preoccupa un po’ , vista la mia innata prudenza.
Penso,
però, che di cose se ne dicono tante ma che tra il dire ed il fare ne corre….
Mi
sbaglio di grosso perché i tifosi hanno memoria buona e se sono inviperiti verso l’arbitro non c’è
modo di fargli cambiare idea.
Il
Venezia perde quella domenica e la rabbia dei tifosi nel dopo partita si
accende.
L’uscita
dal campo procede regolare ma la gente invece di tornarsene a casa si accalca
appena fuori dallo stadio.
Lo
stadio di Venezia come tutto nella città è costruito su un’isola collegata ad
altre isole per mezzo di ponti.
Per
accedere od uscire allo stadio i ponti logicamente creano una sorta di tappo al defluire normale
dei numerosi spettatori.
Le
grida minacciose dei tifosi che vogliono rientrare negli spogliatoi per
discutere amabilmente con l’arbitro per chiedergli ragione di questo maledetto
fuorigioco.
“
El ghe a dada vinta all’Intere perché i
ga i schei!” commentano i tifosi sempre più surriscaldati dalle loro stesse
urla.
Io
propongo di tornare a casa perché la partita e finita e non ricordo bene la
strada del ritorno.
Non
ci sono ragioni tutti gli altri vogliono rimanere.
Devo
fare proprio il crumiro. Mi fermo anch’io.
Non
resisto all’occhiata di scherno che mi lancia Nane al solo accenno di tornare
senza vedere come va a finire.
E?
facile intuire come va a finire quando come d’incanto fuori dalle porte dello
stadio appare la Celere.
Quella
che a Genova qualche anno prima ha dimostrato di essere in gran forma col
manganello.
Gli
agenti sono già bardati in divisa antisommossa.
Casco
e manganello.
Come
volete che vada a finire?
A
legnate.
“
Scampemo, scampemo!” urlano i
coraggiosi di un minuto prima.
Per
fortuna che non siamo in prima fila perché la folla viene spinta al suon di
manganelli verso le strettoia dei ponti impedendole di ritirarsi in buon
ordine.
Tutti
quelli che prontamente al suono dei tre fischi della Celere vogliono ritirarsi
in buon ordine hanno una certa difficoltà si accalcano, cadono si rialzano,
prendono la loro dose di randellate e scappano mettendosi le mani sulla testa
per cercare rifugio.
Per
fortuna che siamo più veloci della luce ed essendo già sul ponte riusciamo a
porre in essere una ritirata strategica che ha impedito al gruppo di prendere
la sua dose.
“
Stavolta xe andada ben!” sono soddisfatto
anche se il Venezia ha perso almeno non ho preso delle bastonate.
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