Ambiente. Domanda di V.I.A. e di autorizzazione per lo
sviluppo dell'impianto di trattamento rifiuti. Procedimento legittimità.
Nella fattispecie in data è stata acquisita la
domanda di V.I.A. e di autorizzazione ai sensi degli artt. 11 e 23 della legge
regionale Veneto n. 10/99 presentata dalla società. per lo sviluppo e la
razionalizzazione dell'impianto di trattamento rifiuti nel comune.
Conclusa favorevolmente l'istruttoria
preliminare, la società proponente ha provveduto alla pubblicazione
dell'annuncio dell'avvenuto deposito del progetto e del S.I.A. con il relativo
riassunto non tecnico presso la Provincia, il Comune e la Regione.
L'Ufficio V.I.A. ha rappresentato alla società
che la Commissione regionale V.I.A., esaminato il progetto aveva riscontrato
"carenze conoscitive ed applicazioni parziali delle metodologie di
analisi", chiedendo, ai fini del prosieguo dell'istruttoria, integrazioni
e chiarimenti, puntualmente indicati nella stessa nota.
Si precisa che, ai sensi dell'art. 18 della L.R.
10/99, la presente richiesta di integrazione sospende i termini per
l'espressione del parere della Commissione Regionale V.I.A. fino alla data di
ricevimento della documentazione integrativa richiesta. Si precisa inoltre che
nel caso non venga ottemperato alla presente richiesta entro 90 gg. dal suo
ricevimento la domanda di V.I.A. e autorizzazione si intenderà decaduta".
Successivamente la Commissione V.I.A. ha fissato
per la produzione dei chiarimenti ed integrazioni richiesti il termine del….
In tutti detti atti invero risulta espressamente
indicato che per il progetto di sviluppo e razionalizzazione dell'impianto di
trattamento rifiuti proposto dalla s.r.l. la procedura di V.I.A. e
l'autorizzazione era disciplinata proprio dalla predetta legge regionale artt.
11 e 23.
In altri termini l'amministrazione regionale nel
caso di specie ha espressamente esercitato il potere conferitole, non può
negarsi che la legittimità del provvedimento impugnato, ed in particolare
riguardo della proroga dei termini accordati, non poteva che essere valutata
alla stregua della legge stessa, come hanno correttamente rilevato i primi
giudici.
Al riguardo deve rilevarsi che il ricordato
articolo 18 (rubricato "Parere della commissione VIA"), dopo aver
stabilito al primo comma che la commissione esprime il proprio parere
sull'impatto ambientale dell'impianto, opera o intervento, entro 135 giorni
dalla data della pubblicazione dell'ultimo annuncio (sulla base: a) delle
osservazioni di cui al comma 2 dell'articolo 16 e delle controdeduzioni di cui
al comma 3 dell'art. 17; b) delle risultanze dell'eventuale inchiesta pubblica;
c) dei pareri di cui all'articolo 17), prevede al secondo comma che, entro lo
stesso termine di cui al comma 1 (135 giorni) e per una sola volta, possono
essere richieste al proponente le integrazioni eventualmente necessarie,
precisando che tale richiesta sospende i termini del procedimento che
ricominciano a decorrere con la presentazione delle integrazioni richieste; il
terzo comma aggiunge poi che, qualora entro novanta giorni dalla richiesta il
soggetto proponente non produca le integrazioni richieste, la domanda di V.I.A.
si intende decaduta.
E" lo stesso tenore letterale delle
richiamate disposizioni ad escludere che il termine di novanta giorni possa
essere considerato meramente ordinatorio e che possa quindi residuare in capo
all'amministrazione procedente un ulteriore potere di concedere una proroga di
detto termine: è sul punto inequivoca la previsione del terzo comma, secondo
cui la mancata tempestiva produzione delle integrazioni richieste comporta la
decadenza della domanda di V.I.A.
Tale previsione è del tutto coerente con i
principi di imparzialità e di buon andamento, cui deve essere improntata
l'azione amministrativa, ai sensi dell'articolo 97 della Costituzione, sub
specie dell'efficacia, efficienza, economicità e speditezza, non potendo
riconoscersi, in mancanza di un'apposita previsione normativa,
all'amministrazione un potere di differire, sia pur a richiesta
dell'interessato, la propria decisione su questioni di particolare rilevanza,
quali sono quelle in materia di V.I.A., sia per la molteplicità degli interessi
pubblici che vengono in gioco, sia per il rischio che gli studi, le indagini,
le analisi e le valutazioni poste a base dei progetti proposti possano
risultare successivamente inattuali ed inadeguate a causa di eventuali
sopravvenienze di fatto e di diritto, rendendo inutile l'attività istruttoria
già svolta e/o compromettendo le stesse determinazioni dell'amministrazione.
Pertanto la Commissione V.I.A., in mancanza di un'apposita
previsione normativa, non poteva accordare alla società proponente una proroga
per la presentazione delle integrazioni richieste che, come avvenuto, superasse
il termine di 90 giorni stabilito a tal fine dalla legge: del resto è agevole
rilevare che, proprio per la pluralità e la delicatezza degli interessi
pubblici che devono essere tutelati e contemperati proprio attraverso il
procedimento V.I.A., il termine previsto dalla legge per la presentazione da
parte del proponente dei richiesti chiarimenti e integrazioni non può
considerarsi come posto a favore del proponente stesso, il che ne esclude, come
puntualmente evidenziato dai primi giudici, la disponibilità da parte
dell'amministrazione procedente.
Né può sostenersi che la sanzione della decadenza
dalla domanda di V.I.A., di cui al terzo comma dell'articolo 18, sia
ricollegabile esclusivamente ad un manifesto disinteresse del proponente in
ordine alla richiesta istruttoria dell'amministrazione.
Una simile ricostruzione non solo non è
supportata da alcun dato letterale o da qualche elemento sistematico della
normativa, risolvendosi in una mera suggestiva prospettazione soggettiva, per
quanto, a tutto voler concedere, non è stato fornito alcun elemento probatorio,
neppure a livello di semplice indizio, circa l'impossibilità assoluta
(oggettiva e non soggettiva) da parte della società di adempiere
tempestivamente alle richieste istruttorie dell'amministrazione, né un simile
decisivo profilo risulta approfondito e valutato dal contestato provvedimento
di proroga (del termine), essendosi l'amministrazione limitata sostanzialmente
ad una mera presa d'atto della richiesta della proponente. Consiglio di Stato,
sez. V, 10/07/2012, n. 4068.
Commette il reato di cui all'art. 256, comma 1,
lett. a), d.lg. n. 152/2006 l'assessore comunale che autorizzi, mediante
l'emanazione verbale di un'ordinanza contingibile e urgente, una società di
smaltimento di rifiuti a utilizzare un'area del Comune per lo stoccaggio di rifiuti
non compostabili, non trovando applicazione la scriminante dell'adempimento del
dovere in quanto l'atto emesso era tanto macroscopicamente illegittimo da
essere giuridicamente inesistente e comunque non riconducibile alla categoria
delle ordinanze di necessità e urgenza. Cassazione penale, sez. III,
12/10/2011, n. 2683.
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