Concussione. Induzione indebita
a dare o promettere utilità. Differenza.
La L. 6 novembre 2012, n. 190, contenente "Disposizioni per la
prevenzione e la repressione della corruzione e della illegalità nella pubblica
amministrazione" nel novellare la disciplina dei reati contro la pubblica
amministrazione, ha sostituito l'art. 317 cod. pen., con l'introduzione di una
"diversa" fattispecie di "concussione", ed ha introdotto
l'art. 319-quater cod. pen., riguardante l'innovativa figura criminosa della
"Induzione indebita a dare o promettere utilità", sostanzialmente
intermedia tra quella residua della condotta concussiva sopraffattrice e quella
dell'accordo corruttivo, integrante uno dei reati previsti dall'art. 318 o
dall'art. 319 cod. pen. (anch'essi modificati dalla stessa legge).
Pure allo scopo di uniformare la normativa interna ai principi della
Convenzione contro la corruzione di Merida del 2003, approvata in ambito ONU, e
della Convenzione penale sulla corruzione di Strasburgo del 1999, approvata in
ambito di Consiglio d'Europa - trattati ratificati in Italia rispettivamente
con le L. n. 116 del 2009 e L. n. 110 del 2012 - il legislatore nazionale, come
si è accennato, ha "spacchettato" l'originaria ipotesi delittuosa
della concussione, che, nel testo previgente dell'art. 317 cod. pen.,
parificava le condotte di costrizione e di induzione, creando due nuove
fattispecie di reato.
La prima, che resta disciplinata dall'art. 317 cod. pen., prevede la
punizione del "pubblico ufficiale che, abusando della sua qualità o dei
suoi poteri, costringe taluno a dare o promettere indebitamente, a lui o a un
terzo, denaro o altra utilità": conserva, dunque, i precedenti caratteri
ed elementi costitutivi della fattispecie della concussione per costrizione,
limitandosi ad incrementare il limite edittale minimo della pena detentiva
(portata da quattro a sei anni di reclusione) e lasciando come soggetto attivo
il solo pubblico ufficiale, con esclusione, dunque, della figura di incaricato
di pubblico servizio (scelta, quest'ultima, foriera di probabili incertezze
applicative, il cui effetto è ragionevole immaginare sarà quello di far
rientrare, in presenza di tutti i presupposti di legge, le condotte costrittive
ascrivibili all'incaricato di pubblico servizio nell'alveo operativo del reato
di estorsione, eventualmente aggravato dall'aver commesso il fatto con abuso
dei poteri o violazione dei doveri inerenti ad un pubblico servizio, ai sensi
dell'art. 61 c.p., comma 1, n. 9).
La seconda fattispecie di reato, "scorporata" dal previgente
art. 317 cod. pen. ed ora regolata dall'art. 319 quater cod. pen., recante in
rubrica la nuova denominazione di induzione indebita a dare o promettere
utilità, è configurabile, "salvo che il fatto non costituisca più grave
reato", laddove "il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico
servizio, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, induce taluno a dare o
a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità":
delitto, dunque, che può essere commesso dall'incaricato di pubblico servizio
oltre che dal pubblico ufficiale, sanzionato con la più mite pena della
reclusione da tre ad otto anni, e che ha una struttura, con riferimento alla
condotta del pubblico agente (comma 1), nella quale sono significativamente
riproposti gli stessi elementi qualificanti la "vecchia" figura della
concussione per induzione. Rappresenta, invece, dato di assoluta novità la
previsione, nel comma 2 dello stesso art. 319-quater, della punizione anche
dell'indotto, cioè del soggetto che "da o promette denaro o altra
utilità", il quale, da persona offesa nell'originaria ipotesi di
concussione per induzione di cui al previgente art. 317 cod. pen., diventa
coautore nella nuova figura dell'induzione indebita.
Nel primo caso, si parla di costrizione perchè la pretesa ha una
maggiore carica intimidatoria, in quanto espressa in forma ovvero in maniera
tale da non lasciare alcun significativo margine di scelta al destinatario;
mentre, nel secondo caso, si parla di induzione perchè la pretesa si
concretizza nell'impiego di forme di suggestione o di persuasione, ovvero di
più blanda pressione morale, sì da lasciare al destinatario una maggiore
libertà di autodeterminazione, un più ampio margine di scelta in ordine alla
possibilità di non accedere alla richiesta del pubblico funzionario.
La prima fattispecie descrive
una più netta iniziativa finalizzata alla coartazione psichica dell'altrui
volontà, che pone l'interlocutore di fronte ad un aut- aut ed ha l'effetto di
obbligare questi a dare o promettere, sottomettendosi alla volontà dell'agente
(voluit quia coactus); la seconda una più tenue azione di pressione psichica
sull'altrui volontà, che spesso si concretizza in forme di persuasione o di
suggestione, ed ha come effetto quello di condizionare ovvero di "spingere"
taluno a dare o promettere, ugualmente soddisfacendo i desiderata dell'agente
(coactus tamen voluit).
In altri termini, non sempre è possibile differenziare nettamente una
induzione da una costrizione in base all'intensità della pressione esercitata
dal pubblico agente ed al grado di condizionamento dell'interlocutore, in
quanto vi sono situazioni "al limite" nelle quali è difficile
differenziare il caso del privato che, anche in ragione della prospettazione
apertis verbis di un male ingiusto, si trova nello stato psicologico di chi è
conscio di soccombere ad un sopruso, da quello del privato che, destinatario di
una pretesa avanzata in forma indeterminata, semmai caricata di significati da
supposizioni personali dell'interessato, paventa solamente di poter patire un
possibile futuro sopruso.
Tale indice integrativo è ragionevolmente rappresentato dal tipo di
vantaggio che il destinatario della pretesa indebita consegue per effetto della
dazione o della promessa di denaro o di altra utilità.
Egli è certamente persona offesa di una concussione per costrizione se
il pubblico agente, pur senza l'impiego di brutali forme di minaccia psichica
diretta, lo ha posto di fronte all'alternativa "secca" di accettare
la pretesa indebita oppure di subire un pregiudizio oggettivamente ingiusto: al
destinatario della richiesta non è lasciato, in concreto, alcun apprezzabile
margine di scelta, ed egli è solo vittima del reato perchè, lungi dall'essere
motivato da un interesse al conseguimento di un qualche vantaggio diretto, si
determina a dare o promettere esclusivamente per evitare il pregiudizio
minacciato (certat de damno vitando).
Al contrario, il privato è
punibile come coautore nel reato se il pubblico agente, abusando della sua
qualità o del suo potere, formula una richiesta di dazione o di promessa
ponendola come condizione per il mancato compimento di un atto doveroso
(ipotesi nella quale, perciò, il pubblico agente minaccia un male formalmente
"giusto": si pensi al pubblico funzionario che accerta l'esistenza di
una irregolarità e che comunichi o faccia comprendere ai privato che
"chiuderà un occhio" se verrà soddisfatta la sua pretesa), o come
condizione per il compimento di un atto a contenuto discrezionale con effetti
favorevoli per l'Interessato (si pensi al pubblico funzionario che non si
limiti a prospettare il mancato compimento di un atto richiesto dal privato, ma
ponga l'omissione come alternativa al compimento di un atto contrario ai propri
doveri d'ufficio, idoneo a porre il destinatario in una situazione più
favorevole rispetto ad altri privati titolari di interessi
"concorrenti"): mancato compimento di un atto doveroso nel primo
caso, o compimento di un atto discrezionale nel secondo, da cui il destinatario
della pretesa trae, perciò, direttamente un vantaggio indebito. In siffatte
situazioni è possibile sostenere che il pubblico funzionario "non si
limita ad agitare il bastone del male ingiusto, secondo gli stilemi classici
della concussione, ma tende anche la carota del beneficio indebito, quale conseguenza
del pagamento illecito": l'agente pubblico prospetta, in pratica,
l'alternativa tra un pregiudizio ed un vantaggio indebito, con la conseguenza
che il privato che paga o promette non è persona offesa, ma compartecipe in
quanto conserva un significativo margine di autodeterminazione e perchè,
indipendentemente dalla forma in cui si è manifestata la richiesta del pubblico
funzionario, egli viene "allettato" a soddisfare la pretesa dalla
possibilità di conseguire un indebito beneficio, il cui perseguimento finisce
per diventare la ragione principale o prevalente della sua decisione (certat de
lucro captando)
Nella fattispecie è stato affermato che integra il reato di tentata
concussione la condotta dell'agente che, nell'abusare della sua qualità di pubblico
ufficiale, mostra ad una prostituta il tesserino di poliziotto e pretende che
la donna salga in macchina per consumare con lui un rapporto sessuale,
prospettando tale soluzione come il modo per non crearle in seguito problemi,
senza indicare l'esercizio lecito di alcun potere ovvero il compimento di uno
specifico atto doveroso; si tratta, infatti, di un tentativo di costrizione e
non di induzione indebita, sia perché posto in essere con modalità molto
dirette, idonee a cagionare nella vittima una forte pressione psichica, sia
perché realizzato con la prospettazione di un male ingiusto, senza che sia
anche solo prospettata la possibilità del conseguimento di un indebito
vantaggio da parte della donna.
Cassazione penale, sez. VI, 08/05/2013, n. 20428
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