IL POTERE DI CONTROLLO SULLE
COSTRUZIONI ABUSIVE DEL GIUDICE PENALE
1 Il controllo sostitutivo del giudice penale. La
verifica di costituzionalità
Il
D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 31, conferma i poteri attribuiti al giudice penale in materia di repressione dell'abusivismo,
consentendogli l'emissione di provvedimenti di
demolizione e di confisca oltre all'adozione della misura cautelare del
sequestro preventivo (1).
Tali
poteri devono considerarsi sostitutivi dell'intervento repressivo del comune e
della giunta regionale, pure essendovi estrema incertezza nel definire la sua
reale portata.
Bisogna
valutare se esso debba considerarsi autonomo ed indipendente dall'azione
amministrativa comunale ovvero debba considerarsi subordinato alla azione della
pubblica amministrazione con importanti conseguenze, come vedremo (2).
La
questione di legittimità costituzionale dell'art. 7 della L. 28 febbraio 1985
n. 47, sollevata con riferimento agli artt. 117 e 111 della Cost., è stata
dichiarata manifestamente infondata.
È
stato dichiarato, infatti, che il potere riconosciuto all'autorità giudiziaria
di ordinare la demolizione delle opere abusive non sottrae al legislatore
regionale una materia legislativa costituzionalmente riservatagli, dato che
tale ordine si risolve in una misura amministrativa che non viola l'autonomia
della pubblica amministrazione. Questa resta libera di provvedere diversamente
in merito ordinando, ad esempio, l'acquisizione del manufatto al patrimonio
pubblico e rilasciando concessione in sanatoria.
Non
sussiste, inoltre, il lamentato contrasto con l'art. 111 cost. in quanto il
provvedimento di demolizione non richiede una particolare motivazione,
trattandosi di misura non giurisdizionale ma amministrativa che consegue di
diritto alla sentenza di condanna (3).
È
stata dichiara manifestamente infondata l'eccezione di costituzionalità
dell'art. 7, L. n. 47 del 1985 in relazione agli artt. 3 e 97 cost., in quanto
la previsione legislativa consente all'amministrazione di acquisire l'area e di
mantenere la proprietà della stessa anche quando l'immobile venga demolito. A
fronte di un comportamento illecito del proprietario dell'area che ha
realizzato costruzione in assenza di titolo abilitativo rientra nella discrezionalità
del legislatore stabilire quali siano le conseguenze derivanti da detto
comportamento e appare non irragionevole, alla stregua dell'art. 3 cost., in
relazione alla finalità dell'interesse pubblico la previsione di affidare alla
discrezionalità amministrativa la scelta di demolire il bene ovvero di
utilizzarlo per il soddisfacimento di interessi pubblici (4).
1.1 La
sospensione del dibattimento
L'imputato
può chiedere al giudice penale nel corso dell'udienza preliminare e del
dibattimento di disporre la sospensione del dibattimento qualora la
decisione sull'esistenza del reato dipenda dalla risoluzione di un controversia
civile o
amministrativa di
particolare complessità, per la quale sia in corso un procedimento presso il
giudice competente, ex art. 479,
c.p.p.
Il
giudice penale ha la facoltà di disporla. Il provvedimento del giudice è
discrezionale e non è soggetto ad autonoma impugnazione (5).
L'ordinanza
emessa in dibattimento con la quale viene respinta la richiesta di sospensione
del processo a causa della pendenza della procedura di sanatoria di un illecito
urbanistico deve essere impugnata insieme alla sentenza secondo il principio
generale fissato dall'art. 586, c.p.p.
La
sospensione è, invece, obbligatoria nel caso in cui il costruttore abusivo
abbia prodotto istanza di condono edilizio, ai sensi dell'art. 22 della L. 47
del 1985, mod. art. 45, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
La
giurisprudenza ritiene che l'azione penale debba essere sospesa fino alla
decisione dei ricorsi innanzi alla giurisdizione amministrativa, per le
seguenti ragioni:
1) il
legislatore ha disciplinato la materia delle sanzioni amministrative in modo
autonomo, conferendo al giudice ordinario un ruolo di mera supplenza e
lasciando intatta in capo all'amministrazione, nel cui patrimonio è acquisito
il bene, ogni decisione definitiva sulla destinazione del medesimo che può
essere utilizzato per prevalenti interessi pubblici;
2)
non è vero che, a seguito dell'intervento dell'autorità giudiziaria, la
pubblica amministrazione perda il potere di iniziativa, poiché tale limitazione
dei poteri del consiglio comunale non trova riscontro nell'art. 7 della L. 28
febbraio 1985 n. 47;
3)
ogni volta che il legislatore ha voluto conferire al giudice penale un potere
più penetrante lo ha detto espressamente, come nel caso di confisca conseguente
a lottizzazione abusiva, ai sensi dell'art. 19 della L. 47/1985, o nel caso di
confisca di opere abusive, realizzate dai condannati per il delitto di cui
all'art. 416 bis c.p., da eseguire
attraverso l'acquisizione al patrimonio indisponibile del comune, ai sensi
dell'art. 39, c. 12, della L. 23 dicembre 1994, n. 724 (6).
La
sospensione dell'azione penale disposta dal giudice, che si ricollega alla
richiesta di concessione in sanatoria, può durare, invece, per il periodo di
sessanta giorni previsto dall'art. 13 della L. 47 del 1985 per il formarsi del
silenzio rifiuto (7).
L'evento
conclusivo del periodo di sospensione del giudizio penale è costituito dal
rigetto dell'istanza di concessione in sanatoria richiesta in base agli artt.
13 e 22, L. 47 del 1985, sia esso espresso o tacito. Il processo non può essere
ulteriormente sospeso, ad nutum, in
virtù della presentazione di altre domande relative alla medesima costruzione,
pur se contenenti differenti prospettazioni ed avanzate dopo aver ottenuto
altri provvedimenti amministrativi.
In
tal caso, può configurarsi soltanto, attraverso un'esegesi estensiva in bonam partem dell'art. 479 c.p.p.,
una sospensione facoltativa del processo per la cui effettuazione, però, è
necessario accertare la complessità della questione e la sua rilevanza al fine
di decidere sull'esistenza del reato (8).
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