Emozioni a NY
Il ponte di Brooklyn.
Il ponte
di Brooklyn collega l’Est River con Manhattam all'altezza della City Hall.
Quasi
nessuno attraversa a piedi questo ponte per passare da una parte all'altra
della città.
Lo si
attraversa è poi dove una breve sosta si ritorna indietro da dove si è partiti
per il piacere di fare una passeggiata rimanendo sospesi sul fiume.
Ogni
tanto c’è uno slargo dove si possono scattare delle foto per riprendere le
barche che corrono sull’acqua o per fermarsi a vedere il passeggio seduti sulle
panchine o per fermarsi ad ascoltare un improvvisato musicista che trova un suo
spazio intimo in questa fiumana di gente che compostamente si sposta da un lato
all’altro del fiume.
Mi sono
chiesto dove stia andando tutta questa gente con l’arai oziosa.
Non di
certo deve arrivare in ufficio o a fare qualche commissione.
Non se la
prenderebbe così comoda!
Noto che
l’esercito dei camminatori giunto sull’altra sponda al massimo fa un giro
nel Brooklyn bridge park e poi ritorna indietro.
Le
biciclette contendono ai pedoni degli spazi angusti data la grande folla che si
accalca sul tragitto.
Un ciclista
vuole superare una bici un po’ lenta, ma fa capitombolare la giovane donna che
la conduce.
Un
sorriso sistema il piccolo incidente, segno della grande pazienza che accomuna
tutti quelli che soggiornano nella Grande Mela.
E' una
sensazione strana quella di sentirsi sospesi sull'Hudson.
Se si
guarda giù verso il fiume ci si accorge che si cammina ad una altezza
considerevole dall’acqua.
L’opera è
stata realizzata con grande fatica. Molti hanno lasciato la vita per realizzare
questo ponte che allora all’inizio del 900 era un prodigio di tecnica
ingegneristica.
Pochi
ricordano il sangue che è stato versato come tributo alla grandezza della
città.
Lavoratore
ma anche progettisti ci hanno rimesso la vita per realizzare questo prodigio
dell’ingegneria che affonda i suoi piloni nell’Hudson
La quiete
del fiume è rotta dal rumore continuo delle macchine che sfrecciano sotto
ai pedoni.
Ti senti
doppiamente sospeso sull’acqua e sul traffico veicolare.
Sono le
continue emozioni su cui punta NY per sconfiggere la monotonia di scansioni
predefinite.
Il ritmo
convulso dettato dalla competitività e dalla voglia di guadagnare montagne di
dollari di fatto impedisce ai Newyorkesi di vivere normalmente.
Il giardino a nove metri da terra.
E’ possibile realizzare un giardino a più di nove metri da terra?
La domanda sembra essere posta da un visionario, ma a NY la
risposta anche ai sogni incredibili è normalità.
Sì è possibile.
Basta avere una linea ferroviaria sopraelevata da riconvertire ad
un tracciato pedonabile che il gioco è fatto.
I denari per la trasformazione a NY non sono un problema basta
aggiungere un peculiarità in più alla città che il finanziamento è assicurato.
Sembra la cosa più semplice di questo mondo piantare degli arbusti
e ricostruire un paesaggio urbano fatto di fiori e di essenze profumate là dove
prima passavano delle carrozze ferroviarie.
Con l’aggiunta di qualche statua si può comporre un ambiente
suggestivo che diventa sempre più familiare agli abitanti e ai turisti che
trovano in questo giardino sopraelevato un attimo di quiete come nei tanti
parchi che caratterizzano i quartieri di NY.
E’ un modo per potere una modesta rivincita sul rumore del
traffico congestionato.
Qui sento ancora le voci dei passanti che possono camminare a
piedi tranquilli al centro del giardino senza paura di essere investiti.
Il rumore del traffico per una volta non vince sulle voci dei
pedoni.
Il brusio è attenuato dall’altezza cui si colloca il giardino
rispetto al piano stradale e dalla vegetazione che fa da barriera
antitumore al frastuono dei veicoli.
Questa oasi di verde vuole vincere una battaglia spesso persa
colla frenesia della città per conquistare angoli di quiete perduta.
Le carrozzelle trainate da qualche cavallo che si destreggia fra
le macchine o i taxi a pedali che si arrischiano nel traffico convulso hanno
perso nel confronto con la fiumana di macchine che li avvolge togliendo ogni
possibilità di creare attimi di tranquillità.
Il giardino sopraelevato riesce, invece, ad astrarre i suoi
visitatori dalle spire frenetiche della città e a proiettarli in una dimensione
agreste.
S. Paul.
Fra i
grattacieli se sai dov’è puoi intravedere nascosta una piccola chiesa: è S.
Paul.
E’ lì
soffocata da gigantesche costruzioni che si innalzano e rendono ridicolo il
piccolo campanile che crede di potere competere con loro in altezza.
Sembra
strano che gli abitanti abbiano lasciato lì dei ricordi del loro passato in un
paese che tutto rinnova e trasforma per fare affari e per adeguarsi
continuamente alle nuove esigenza della loro vita convulsa.
Il cuore
della gente non può, però, rinunciare a S. Paul.
Quando
c’è stata la tragedia della distruzione delle torri gemelle S. Paul ha dato
conforto e speranza a chi aveva perso i propri cari.
La gente
ha saputo dove doveva andare a riporre le sue ansie e le sue speranze, dove
poteva ritrovare il coraggio di vivere e di andare aventi nonostante le ferite
negli affetti più cari.
Hanno
affidato il ricordo dei loro cari scomparsi e le loro emozioni sul
recinto che circonda la chiesa di S. Paul ed il cimitero.
Quella
inferriata è diventata un vero fortino costruito a difesa dei sentimenti contro
la brutalità della violenza .
La vita
stessa è ricominciata dopo il disastro negli appelli lasciati sulle sbarre di
ferro che cingono il vecchio cimitero.
La gente
continua a porre dei fiori e a ricordare quei morti per esprimere la voglia di un
mondo senza brutalità.
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