In giro
per NY
I bus scoperti.
Un modo
di visitare NY è quello di salire su uno dei tanti bus scoperti che girano per
la città.
Se hai
poco tempo e non vuoi camminare molto è il sistema migliore.
Mario e
Gio non ci sono mai saliti perché preferiscono camminare per essere più in
sintonia con la città e poterla capire meglio.
Loro
pensano che il modo giusto di vedere NY sia quello di immergerti nella folla
che popola il centro e che seguendo la Broadway approda a Times Square
Ci vuole
tempo e pazienza per gustare i particolari .
Se vedi
una chiesa stretta fra i grattacieli se cammini puoi fermarti o se sei su un
mezzo pubblico di superficie puoi scendere alla prima fermata e arrestarti un
attimo prendendoti una piccola pausa in quell’andirivieni caotico.
Il bus
non si ferma mai.
Le
emozioni sono affidate ad un accompagnatore che ti spiega.
Ma caro
amico le emozioni non si spiegano si sentono direttamente o non sono sensazioni
degne di essere percepite.
L’accompagnatore
è pure simpatico, racconta simpatici aneddoti e ti informa dei principali
monumenti, ma il rapporto con la città è troppo superficiale.
Direi che
non esiste: è come essere in un cinema tridimensionale con l’aggiunta dei
rumori e dei profumi autentici dei gas di scarico.
Non
capisco le ragioni di chi desidera visitare una città in poche ore salendo su
di un autobus.
E’ molto
meglio vedere un documentario non fai code , non ti costa nulla.
Una città
va vissuta anche solo percorrendo le strade a piedi , seguendo i percorsi
indicati dalle guide solo così ti può restare dentro un ricordo o un’emozione.
Central Park. Dove sono gli aquiloni?
Nella
grande oasi verde di Central Park si praticano tanti sport.
Ci sono
quelli che fanno jogging, che sono la maggioranza, loro sudano e sembra sempre
che non si rilassino mai, tanto sono impegnati ad abbassare il loro record
personale.
Non ho
mai capito come si possa essere competitivi contro se stessi se il risultato
massimo è quello di incardinarsi in qualche graduatoria che non ti vede mai
oltre il centesimo posto vista la sempre enorme affluenza di partecipanti.
Tanti
partecipano con grande entusiasmo sapendo in anticipo con assoluta certezza,
dati i loro tempi, di non avere la possibilità di ottenere alcun riconoscimento
ufficiale .
Ci sono
quelli che corrono in bicicletta. Anche questi corrono per ottenere chissà
quali record, ma in compenso sono anche pericolosi perché sfrecciano a velocità
considerevole in mezzo alla gente che vuole solo tranquillamente passeggiare.
Gli
incauti passanti se non si scansano rapidamente rischiano la frattura.
Ci sono
quelli che si allenano a baseball che si piazzano sul green e contendono lo
spazio alle famigliole che vogliono invece giocare semplicemente a palla .
Ci sono
quelli che giocano a basket. Loro sono inoffensivi per il popolo che passeggia
perché sono racchiusi nei loro campi circoscritti dai tabelloni.
Loro sì
sono costretti a rispettare le misure tecniche di gioco e, pertanto, non danno
fastidio a nessuno.
Ci sono
quelli che passeggiano nel verde e quelli che vogliono godersi il sole caldo di
maggio fino al prossimo temporale sdraiati nel parco.
“Ma” si
chiede Mario, “i bambini che giocano con gli aquiloni dove sono?”
Oggi è una
giornata ventosa, è la giornata ideale per fare correre gli aquiloni nel cielo.
I
bambini, però, non ci sono.
Non c’è
nessuno che fa salire al cielo gli aquiloni .
Sarebbe
bello vedere gli aquiloni in balia del vento danzare e volare felici.
Perché il
bambino non può inseguire senza mollare il filo il suo aquilone?
Perché
non può stringere il filo nelle mani per non fare scappare via la sua
gigantesca farfalla personale?
Perché
non può fargli fare dei giri impetuosi, non può farlo scendere in picchiata e
poi farlo salire velocemente al cielo come un grande uccello?
Perché
non può fare a gara con altri bambini per fare salire più su di tutti gli altri
il suo aquilone?
Non può
perché lo spazio è limitato da tutti quelli che devono fare jogging, da quelli che
devono correre in bicicletta, da quelli che devono giocare a baseball, da
quelli che devono passeggiare e da quelli sdraiati nel parco che non vogliono
essere disturbati da i bambini che corrono liberi senza meta a ricorre i loro
aquiloni.
Allora
Mario si chiede:
“Se non
ci sono anche gli aquiloni, Central Park è così bello come dicono?”
Central Park. Strauberry feals.
A Central
Park, se sei paziente nel cercarli, puoi raggiungere i campi di fragole
(strauberry feals).
All’improvviso
nel mezzo del parco ti ritrovi magicamente in un piccolo giardino.
Non c’è
il brusio continuo dei visitatori del parco ma un silenzio rispettoso.
Lì il
popolo dei visitatori è seduto sulle panchine che attorniano un mosaico donato
dalla città di Napoli.
L’opera
geometrica ricorda John Lennon; il componente del complesso dei Beatles è
stato, infatti, ucciso lì vicino.
Un
assassinio privo di un senso logico che allora ha lasciato tutti stupiti.
John però
non è morto, per i suoi ammiratori che accorrono a strauberry feals è ancora
vivo nella memoria.
La sua
musica è lì, e i suoi amici sono lì a ricordarlo.
C’è un
signore, che non è proprio un ventenne, vestito alla moda di allora. Indossa un
chiodo, un jeans è una maglietta con la foto dei Beatles sovrastampata.
L’abbigliamento
denota che si tratta di uno dei sopravvissuti degli ultimi figli dei
fiori che accompagnavano i Beatles nei loro concerti.
E’ un po’
appesantito dagli anni, ma è lì collo spirito di allora: per lui non è cambiato
nulla il tempo si è fermato.
Le note
hanno fato per lui il miracolo di rendere tutto immobile quasi ad aspettare che
da un momento all’altro torni lì John colla sua chitarra ad iniziare un nuovo
concerto per gli amici che lo stanno aspettando
Seduto
sulla panchina centrale è il custode dei ricordi.
Nel
mentre un registratore risuona le canzoni dei Beatles lui compie il suo
rito.
I suoi
gesti ricordano un novello sacerdote che celebra una ricorrenza .
Sulla
panchina tiene dei cesti di fiori.
Conserva
delle rose incartate una per una.
Con gesto
rituale ne scarta una, l’accarezza, quasi per assicurarsi che non possa pungere
qualcuno, e la depone sul mosaico seguendo il verso dei raggi che convergono
verso il centro del cerchio.
Dopo
averla adagiata a terra con cura controlla che nel frattempo non vi sia qualche
fiore fra quelli già collocati che non sia in linea con la composizione e turbi
la ritmicità delle righe dei fiori.
Accertatosi
che tutto sia in ordine con un sorriso e con molta calma ritorna alla panchina.
Tutti
seguono in silenzio questo muoversi rituale e attendono pazientemente che lui
scelga un nuovo fiore, lo scarti dalla sua custodia di cellofan e lo posi nel
mosaico dove avere scelto con cura il posto migliore per collocarlo
One dollar.
Non ti
dimenticare di tenere in tasca un pacchettino di monete da one dollar.
La carta
moneta da un dollaro rappresenta per gli americani la mancia minima da dare a
chi ti fa un servizio.
Sembra
impossibile che il centro mondiale del business si regga sulla mancia.
Se vai in
taxi devi dare la mancia se vai al ristorante devi lasciare la mancia se in albergo
chiedi una qualsiasi prestazione che può consistere nel prenotare taxi al
custodire o portare le valigie devi dare una mancia.
Il
portiere ti chiama il taxi usando l’apposito fischietto che ha in dotazione ed
alzando imperativamente il taxi, il tono autoritario e soprattutto il tono
acuto del fischietto fanno sì che dal traffico convulso come per magia un taxi
giallo si materializzi, quasi per magia, colla immancabile pubblicità sul tetto
della vettura.
L’autista
non scende dalla macchina parcheggiata magari in doppia fila; è il portiere che
si da cura di aiutarti a collocare le valigie nel portabagagli e nei giorni di
pioggia ti accompagna educatamente alla macchina coll’ombrello.
Non puoi
dimenticarti, magari preso del pensiero di correre in fretta all’aeroporto, di
consegnare il biglietto verde.
Lui è lì
che ti segue con lo sguardo e con un gesto automatico ti fa capire quale è il
tuo dovere: devi cacciare per forza la mano in tasca trovare in fretta il
portafoglio ed estrarre qualche biglietto perché se no, con la complicità del
taxista, tutto si ferma.
Come per
incanto sembra che il convulso traffico di Manhattan si fermi in attesa che il
rituale venga compiuto.
Vi tutta
una regolazione sulla mancia nei ristoranti .
Al
cameriere non è stato difficile riconoscere in Mario Rissi un turista .
Alla fine
del pasto, quindi, si è avvicinato e gli ha fatto la rituale spiegazione sulle
mance.
La mancia
viene generalmente calcolata dal 12 al 18% sul conto.
Per
tradizione è obbligatoria.
Mario
Rossi non si è arrischiato di provare a vedere cosa succede se non lasci il
quantum previsto.
Nei
locali più emancipati la mancia è calcolata a parte nel conto per il valore
massimo definito dagli usi e viene direttamente incassata col pagamento che di
solito è fatto tramite carta di credito.
C’è tutto
una spiegazione che prevede che tu possa chiedere una riduzione chiamando il
cameriere e sostanzialmente affermando che non sei stato contento del servizio.
Penso che
una contestazione del genere non sia mai avvenuta finora a NY.
D’altronde
se non vuoi pagare mance è molto semplice: basta andare in quei locali dove si
usa il self service.
Lì non
c’è nessun obbligo di dare alcunché perché non hai un rapporto diretto col
cameriere: è come essere al supermercato paghi alla casa e tutto finisce lì.
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