domenica 8 gennaio 2017

Banche. Indennità 2015

Banche. Indennità 2015

 

Tanto, nel 2015, sono costati alle maggiori banche italiane e a quelle più in crisi stipendi, bonus e buonuscite versati ai loro amministratori, dirigenti con responsabilità strategiche e membri dei collegi sindacali o consiglieri di sorveglianza
Ventidue milioni complessivi per Intesa Sanpaolo. Oltre 29 milioni per Unicredit.
Più di 24 milioni per il Banco Popolare.
Tredici milioni e mezzo per Ubi.
Sette milioni per Mps, che salgono a quasi 19 se si considerano anche i 92 dipendenti che “assumono rischi in modo significativo”.
Oltre 12 milioni per Veneto Banca.
Oltre 12 milioni per Popolare di Vicenza.
Federico Ghizzoni, il  numero uno: ormai ex ad di Unicredit  ha portato a casa 2 milioni di compensi fissi, 1,1 di benefit e emolumenti variabili e 1,9 milioni in azioni.
Fabrizio Viola, il banchiere che ha preso la guida di Mps dopo gli anni di malagestione di Giuseppe Mussari e Antonio Vigni: per lui 1,8 milioni di fisso e oltre 100mila euro tra benefici non monetari e altri compensi.
La media per gli amministratori delegati delle 11 maggiori banche europee è stata di 10,4 milioni di dollari, pari a circa 9,4 milioni di euro, in aumento del 9,6% sull’anno prima. Ma il risultato è molto influenzato dai maxi premi in azioni ricevuti dai vertici di Standard Chartered, Credit Suisse e Barclays.
Se il numero uno della inglese Hsbc Stuart Gulliver ha intascato 8,6 milioni di euro, Jean-Laurent Bonnafé che guida Bnp Paribas si è “accontentato” per esempio di 3,6 milioni.ilfattoquotidiano.it.Banca MPS. Salvataggio
 Salvare Mps costerà a ogni italiano. Il conto l'ha preparato la Bce, che ha rivisto al rialzo il fabbisogno di capitale necessario alla banca senese per non soccombere: servono ora 8,8 miliardi di euro. A luglio i vertici dell'istituto avevano pensato che potessero bastare 5 miliardi e la banca sperava di raccoglierli attraverso un'operazione di mercato.
L'aumento di capitale è però fallito e per il Monte è arrivato il salvataggio pubblico.
Il conto da 8,8 miliardi sarà a carico dello Stato, mentre i restanti 2,4 arriveranno dalla conversione delle obbligazioni subordinate degli investitori istituzionali.
Cinque mesi fa la Banca centrale europea aveva avallato il piano messo a punto dai vertici di Mps, che poggiava su due pilastri: un aumento di capitale da 5 miliardi di euro e la vendita di 27,7 miliardi di sofferenze lorde.
Un piano che prendeva come scenario di riferimento quello emerso dagli stress test di fine luglio, quando Mps era risultata la peggiore banca, tra le 51 prese in esame dall'Autorità bancaria europea, registrando un Cet1 ratio, ovvero un indice di solidità patrimoniale negativo in caso di scenario avverso pari nel 2018 a -2,23 per cento.
L'obiettivo era allora quello di riportare il Cet1 a un valore pari al 4,5%, sempre nelle condizioni di scenario economico avverso. Per farlo si era calcolato un fabbisogno di 5 miliardi di euro. Il fallimento della soluzione di mercato, con l'aumento di capitale ha fatto lievitare lo stesso fabbisogno.
La Bce avrebbe deciso di aggiornare il conto del salvataggio lo scorso giovedì, portando a 8,8 miliardi la cifra necessaria per autorizzare il via libera dell'intervento dello Stato.
La situazione per Siena si è aggravata tra il 30 novembre e il 21 dicembre, quando ha subito "un rapido deterioramento" e la liquidità netta a un mese è scesa da 12,1 a 7,7 miliardi.
I costi per lo Stato e per gli italiani
Servono 8,8 miliardi in tutto e 6,4 miliardi arriveranno dallo Stato mentre i restanti 2,4 saranno recuperati dalla conversione delle obbligazioni subordinate degli investitori istituzionali. Nello specifico, lo Stato spenderà 4,4 miliardi di euro per salire nell'azionariato di Mps, acquistando azioni di nuova emissione, a cui si aggiungono circa 2 miliardi per comprare quelle azioni che fungeranno da ristoro per la clientela retail, cioè i piccoli risparmiatori.
Quest'ultimi, circa 40mila, vedranno convertite le loro obbligazioni subordinate in azioni.

Il Tesoro acquisterà queste azioni e metterà in campo un meccanismo di compensazione per tutelare i risparmiatori tale per cui alla fine chi deteneva inizialmente obbligazioni subordinate si ritroverà a possedere obbligazioni non subordinate. huffingtonpost.it/2016/12/27/

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