Maria Teresa Brotto è stata
indagata e arrestata nel giugno 2014 per l’inchiesta sugli appalti del Mose, il sistema
di dighe anti-acqua alta di Venezia.
La donna era all’epoca il braccio destro di Giovanni
Mazzacurati, numero uno del Consorzio
Venezia Nuova (Cnv), al
quale erano affidati in concessione i lavori alla barriera idraulica
del Mose e la connessa bonifica di Porto Marghera. Accusata di essere anche
lei partecipe di un sistema corruttivo aveva raggiunto un accordo con la
procura poi accolto dal giudice.
A gennaio 2015, per effetto di quel
patteggiamento, arrivò la lettera di licenziamento da parte di Cnv.
Maria Brotto l’ha contestata davanti
al giudice del lavoro di Venezia.
Il magistrato Anna
Menegazzo le ha dato
ragione: “La sentenza di patteggiamento per il reato di concorso in corruzione
non è sufficiente a giustificare l’avvenuto licenziamento”. L’ingegnere dovrà
avere 1,3 milioni di euro di risarcimento: dodici mensilità (da
27mila euro lordi al mese) per il mancato preavviso e altre venti di indennità
supplementare. Così il combinato delle due sentenze diventa paradossale.
Aveva patteggiato due anni e mezzo per corruzione e doveva pagare 600mila euro, ma in
sede civile ha diritto ad averne più del doppio di quella multa per essere
stata licenziata ingiustamente.
ilfattoquotidiano.it/2017/01/14.
E’ ovvio che ogni ordinamento
giudiziario ha le sue regole: il giudice civile deve valutare autonomamente
rispetto al giudice in sede penale.
In questo modo l’applicazione del
diritto è più chiara a tutti. Labu.fala.it
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