Carli Guido
Carli accogliendo la proposta di Gianni Agnelli, assunse la presidenza di Confindustria, a fronte di una grave crisi economica e della conseguente crisi sociale.
Durante il suo mandato, con la collaborazione di Paolo Savona già con lui presso la Banca d’Italia, in un momento in cui le richieste (anche quelle degli imprenditori) erano più favorevoli alla protezione che alla concorrenza, Carli indicò decisamente la strada del liberismo e della competizione leale tra chi produceva per il mercato interno e chi produceva per l’esportazione, e tra la componente pubblica e quella privata dell’economia. Egli propose, a questo fine, la nascita di una legge regolatrice della concorrenza e la creazione di un’autorità capace di governarla, sia per riequilibrare i rapporti tra capitale e lavoro alterati dallo Statuto dei lavoratori (al quale contrappose il suo Statuto dell’impresa), sia per vincolare alle stesse regole del gioco la presenza dello Stato imprenditore nell’economia,
Il 26 giugno 1983 iniziò l’ultima fase della sua vita pubblica, con un impegno diretto nella vita politica, quando venne eletto senatore nelle file della Democrazia cristiana nel collegio di Milano I. Rieletto il 15 luglio 1987 nel collegio di Brescia, fu ministro del Tesoro nel VI e nel VII governo Andreotti 1989 - 1992.
Questa esperienza è tutta tesa a pervenire al Trattato di Maastricht 1992.
Con esso venne decisa la nascita dell’’Unione monetaria europea sottoposta a rigidi criteri di partecipazione che Carli riuscì ad attenuare ottenendo nell’Addendum la clausola di convergenza graduale per il rapporto debito pubblico/prodotto interno lordo.
Con detta clausola, aprì la possibilità all’Italia di partecipare all’euro fin dal suo avvio, mentre se fosse stato fissato un rapporto rigido del 60%, come inizialmente previsto, il nostro paese sarebbe rimasto sicuramente escluso.
Per propiziare questo ingresso e perché deluso dall’uso inefficiente del capitale pubblico, Carli promosse la privatizzazione delle banche, al fine di isolare le loro scelte dalle influenze della politica.
Il ministro propose di trasferire la proprietà del capitale delle aziende di credito a fondazioni di nuova costituzione e di trasformare le banche in società per azioni di diritto privato: si apriva così l’era delle privatizzazioni in Italia.
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