mercoledì 4 gennaio 2017

Locazione riduzione canone

Locazione riduzione canone

Poiché però il contratto di locazione deve sempre avere la forma scritta, anche tutti i successivi accordi modificativi o integrativi devono essere redatti per iscritto e firmati dalle parti. L’accordo volto a modificare il canone deve essere redatto senza formule particolari e richiamare gli estremi del contratto di locazione cui si riferisce (soggetti, immobile, data di redazione e di registrazione),
la variazione (in aumento o in diminuzione) può riguardare sia gli immobili ad uso abitativo che quelli ad uso commerciale;
la variazione (in aumento o in diminuzione) può riguardare anche solo un periodo del contratto, con impegno dell’inquilino a riprendere poi a versare il canone nella misura originaria;
la variazione del canone comporta conseguenze per quanto concerne i contratti ad uso diverso dell’abitazione, rispetto all’eventuale indennità per la perdita di avviamento commerciale che varierà proporzionalmente e sarà dovuta al conduttore al termine della locazione.
L’altro aspetto da considerare riguarda la necessità di procedere a comunicare l’accordo modificativo all’Agenzia delle Entrate.
La questione è stata trattata dall’Agenzia delle Entrate, con la R.M. n. 60/E/2010. Nel documento di prassi l’Agenzia ha chiarito che, nel caso in cui le parti del contratto di locazione pattuiscano la riduzione del canone previsto dal contratto, tale accordo, non integrando una delle ipotesi tipiche contemplate dall’art. 17 del DPR 131/86, né un evento che comporti “ulteriore liquidazione dell’imposta” (ex art. 19 del DPR 131/86), non deve essere obbligatoriamente comunicato all’Agenzia delle Entrate (a meno che non sia stipulato in forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata).
Il perfezionamento dell’accordo di riduzione del canone, però, determina di fatto la diminuzione della base imponibile ai fini dell’imposta di registro (come pure ai fini delle imposte dirette), e conseguentemente, la corresponsione di una minore imposta.
Sorge quindi l’opportunità operativa di registrare l’atto di modifica contrattuale, con l’apposizione della data certa di fronte ai terzi e l’applicazione:
dell’imposta di registro nella misura fissa di € 67,00 (nota II, art. 5 della Tariffa allegata al D.P.R. n. 131/1986);
dell’imposta di bollo nella misura di € 16,00 per ogni foglio riguardante il nuovo accordo (art. 2, della Tariffa del D.P.R. n. 642/1972).
Un aspetto che merita attenzione riguarda la possibilità di avvalersi di metodi alternativi alla registrazione (peraltro non obbligatoria) per l’attribuzione della data certa. La stessa risoluzione si riferisce alla registrazione includendola tra “I mezzi che il nostro ordinamento riconosce come idonei a conferire la certezza della data ….” non escludendo, quindi, modalità alternative valide ai fini dell’art. 2704 del C.C. (per es. marcatura temporale). Ritengo personalmente ammissibili tali alternative: il contribuente, avvalendosi delle modalità alternative alla registrazione, otterrebbe un documento con data certa, opponibile ai terzi (tra cui l’Agenzia delle Entrate), con un risparmio sia dell’imposta di registro che dell’imposta di bollo.
Per completezza d’argomento si segnala la posizione dell’Agenzia delle Entrate rispetto all’ipotesi in cui le parti si accordino invece per un aumento del canone. Tale situazione si può verificare quando, pur non variando il contratto originario, muti la consistenza dell’immobile affittato oppure il locatore assuma in carico oneri aggiuntivi rivalendosi sul conduttore con un incremento del canone. In tal caso, trattandosi di evento che dà “luogo ad ulteriore liquidazione di imposta”, la registrazione si rende obbligatoria. Va aggiunta la non sussistenza di tale obbligatorietà per gli aggiornamenti e adeguamenti del canone previsti dalla L. n. 392/1978.

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