Ministero
Sviluppo. Strategia Energetica Nazionale
Lo
scopo di una Strategia Energetica Nazionale dovrebbe essere l'individuazione
delle attività che consentono di garantire al Paese un approvvigionamento
energetico sufficiente, sostenibile, ambientalmente compatibile e, soprattutto,
ad un costo basso e competitivo con altri paesi industrializzati.
La SEN deve quindi basarsi su una
visione di politiche produttive di rilancio del sistema Paese.
Per anni, dal dopo guerra, l'Italia
ha avuto una chiara e vincente strategia energetica, che ha supportato la
costruzione di quello che è stato definito il “miracolo italiano”. Allora, non
si usava raccontare le strategie nero su bianco su un documento ufficiale e
dando loro nomi solenni. Però si è fatto.
La strategia energetica poggiava su
pochi pilastri fondamentali:
1. Ricerca e produzione di idrocarburi in Italia, con la
creazione dell'Eni.
Abbiamo messo in produzione,
soprattutto in Val Padana, nel Mar Adriatico e in Sicilia, giacimenti di
petrolio e di gas naturale, che hanno consentito di metanizzare il Paese e di
avviare la nascita dell'industria petrolchimica.
2. Abbiamo
costruito un sistema di raffinazione nazionale al servizio del mercato europeo
ed americano, che non solo approvvigionava il paese di benzina, gasolio ed olio
combustibile, ma produceva valore aggiunto attraverso le esportazioni verso
mercati pregiati.
La
scelta italiana di divenire la base della raffinazione nel Mediterraneo,
consentì di creare un sistema sinergico per tutte le economie europee ed
americane di allora. Il greggio arrivava in Italia e veniva raffinato; la gran
parte delle benzine (quelle che interessavano ai mercati americani e
nord-europei) veniva esportata, generando valore aggiunto; gasolio ed olio
combustibile venivano utilizzati in Italia per i trasporti pesanti e per
alimentare le centrali elettriche .
3. La
nazionalizzazione dell'energia elettrica e la creazione dell'Enel ha completato
il quadro.
Oggi questo assetto strategico è
entrato fortemente in crisi e, per una serie di ragioni, rischia di sbriciolarsi
del tutto, nel silenzio assordante delle istituzioni del paese.
Negli ultimi decenni i vari Piani
Energetici Nazionali, si sono concentrati sul problema della produzione e
distribuzione di energia elettrica e, tutto sommato (nonostante la sconfitta sul
nucleare), sono stati gestiti cambiamenti fondamentali (ristrutturazione Enel,
liberalizzazione del mercato, Authority, ..) che hanno consentito al paese di
disporre di energia elettrica, come meglio si poteva.
Sul fronte idrocarburi, c'è stato
invece un silenzio tombale.
Nel frattempo, abbiamo visto più
che dimezzarsi la capacità di raffinazione e non abbiamo alcuna certezza sulla
sopravvivenza nel lungo periodo di quella rimasta.
Oggi, siamo di fronte a due
possibili alternative:
a. La prima prevede l'elaborazione e l'implementazione di un
piano industriale nazionale (ed europeo) che definisca un perimetro di attività
da salvaguardare in funzione del livello di autonomia energetica che si vuole
perseguire. Con la conseguente individuazione delle risorse necessarie e
soggetti da incentivare.
b. La
seconda equivale al proseguimento della attuale strategia di non fare nulla,
assumendo il rischio concreto che, magari entro dieci anni, tutte le raffinerie
italiane possano chiudere, obbligandoci ad acquistare tutti i combustibili per
i trasporti e i feedstock per la chimica, di cui avremo ancora bisogno, dal
mercato “spot” internazionale, che si preveda essere sempre più complesso,
competitivo ed insicuro.
Una SEN non può essere basata solo
su incentivi per fonti marginali e minori, ma deve soprattutto individuare gli
interventi strategici indispensabili, destinando risorse adeguate
all'obbiettivo che ci si propone di raggiungere.
La produzione di idrocarburi
nazionale è oggetto di una battaglia ideologica che ne vorrebbe la totale
distruzione. E sappiamo bene che insieme alla produzione di idrocarburi
verrebbe anche demolito il sistema di aziende che intorno ad essa sono
cresciute e sono ancora una eccellenza del sistema Italia.
Conviene
sempre sottolinearlo, la ricerca e la produzione degli idrocarburi, è l'unica
attività che si autofinanzia e che genera ricchezza per lo Stato, per le
imprese e per i consumatori.
Le
nuove tecnologie di ricerca ci consentono oggi di individuare potenzialità
ancora ampie di scoperte di idrocarburi nel nostro Paese. Molte aziende
italiane ed estere sarebbe interessare ad investire (con i loro soldi),
contribuendo al nostro fabbisogno energetico ed al nostro sviluppo.
Perché di tutto questo non si
riesce nemmeno a parlare? Perché non si ha consapevolezza del ruolo
fondamentale che l'industria petrolifera italiana ha avuto nella rinascita del
Paese nel dopo guerra, non solo per il contributo energetico fornito ed il
supporto allo sviluppo industriale, ma per aver consentito il miglioramento
della qualità della vita a cominciare dalla metanizzazione del paese, che ha
portato in ogni casa, fino ai sperduti paesini dell'appennino, il gas e l'acqua
calda. Tutto realizzato con il massimo rispetto e valorizzazione dell'ambiente.
Le foto storiche mostrano la devastazione delle nostre montagne provocata dal
sistematico taglio degli alberi per procurarsi la legna da ardere. Oggi il
rifiorire dei boschi è uno spettacolo bellissimo, grazie al metano.
Di recente, una tavola rotonda
organizzata dall'Unione Petrolifera insieme alla Luiss sulla “Realtà
dell'Industria petrolifera nella transizione energetica”, ha messo in luce
alcuni aspetti critici attuali di un problema nazionale (quello dell'industria
petrolifera), tanto drammatico quanto ignorato dal mondo politico e da troppi
esperti di energia. Sono stati forniti dati interessanti e visioni dello
scenario internazionali, dai quali emerge la fragilità del sistema paese, che
non può non preoccupare ogni cittadino consapevole.
Ha sorpreso, nel contesto di grande
professionalità e altissimo livello degli intervenuti, l'assenza di due temi
fondamentali: quello delle dinamiche del Brent (parola mai pronunciata nel
corso della mattinata) e quello dei possibili sviluppi della crisi della
raffinazione e dell'approvvigionamento di prodotti finiti.
Sembra ci sia il terrore ad
ammettere che gli idrocarburi, ovvero il petrolio ed il gas naturale, sono e
saranno a lungo essenziali per il mantenimento del nostro sistema di vita e del
nostro benessere. Non disponiamo ancora di uno sviluppo tecnologico che ci
permetta di superare l'uso degli idrocarburi. Tutto il mondo che ci circonda (i
nostri arredamenti, i vestiti, le autovetture, le medicine, gli
elettrodomestici e tanto altro) è fatto di petrolio e gas.
L'aumento
della domanda di petrolio mondiale è più che raddoppiata nel corso degli ultimi
decenni, consentendo ad una parte sempre maggiore dell'umanità di migliorare
sostanzialmente la qualità e durata della vita. La tecnologia di ricerca e
produzione degli idrocarburi hanno fatto dell'industria petrolifera una delle
attività umane più sicure e rispettose dell'ambiente, con gli standard di
sicurezza e rispetto ambientale più alti di ogni altro settore produttivo.
Occuparsi di energia non può essere
la fuga nel mondo delle rinnovabili, (destinate ad essere, ancora per lungo
tempo, marginali) o dell'ambientalismo ideologico.
Per produrre energia, fatta
eccezione per il nucleare e le poche marginali rinnovabili, dobbiamo bruciare
“qualcosa” per produrre energia. Ci vorrà una innovazione “break-through” per
fare il salto di qualità che serve. Occorre esserci in questa gara della
ricerca nel mondo. staffettaonline.com.23.1.2017.
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