lunedì 2 gennaio 2017

Scajola Claudio



Nelle elezioni politiche del 1996 Scajola venne eletto deputato nel collegio uninominale Liguria 2 d'Imperia della coalizione Polo per le Libertà, guidata da Silvio Berlusconi con 35.443 voti (44,7%).
Alle elezioni politiche del 2001 Scajola venne nuovamente rieletto deputato nel collegio uninominale di Imperia.
Il 10 giugno 2001 Claudio Scajola è chiamato a far parte del Governo Berlusconi II quale Ministro dell'Interno.
In seguito alle polemiche sulle sue dichiarazioni su Marco Biagi, si dimise da Ministro dell'Interno. In seguito ricoprì le cariche di Ministro per l'attuazione del programma di Governo (2003-2005) e, il 23 aprile 2005, di Ministro delle attività produttive fino al 2006.
Sotto la sua gestione, dopo meno di un mese dal suo insediamento al Viminale, avvengono i Fatti del G8 di Genova del luglio 2001 dove l'Italia viene messa sotto accusa per le violenze delle forze dell'ordine da Amnesty International, e su cui si è in seguito espressa anche la Corte europea dei diritti dell'uomo.
Il 1º agosto successivo il Senato respinge con 106 sì e 180 no una mozione di sfiducia presentata dalle opposizioni nei suoi confronti per i fatti del G8.
Nel febbraio 2002, il ministro Scajola dichiarò in relazione all'organizzazione del G8 di avere autorizzato ad aprire il fuoco in caso di ingresso dei manifestanti nella zona rossa.
Tali dichiarazioni suscitarono sconcerto e vivaci polemiche.
Vittorio Agnoletto sostenne che le affermazioni di questi costituivano prova dell'esistenza di "un piano di repressione organizzato da governo, carabinieri e servizi segreti.
In seguito Scajola ritrattò, affermando di non aver mai dato ordine alle forze dell'ordine di aprire il fuoco sui manifestanti.
Nel 2002 venne assassinato il professore universitario Marco Biagi, consulente del governo. Scajola finì al centro di polemiche poiché il ministero da lui diretto aveva tolto la scorta a Marco Biagi nonostante questi avesse manifestato preoccupazione per la propria vita.
Dopo un anno dalle dimissioni, il 31 luglio 2003 Claudio Scajola è reintegrato nell'organico del governo Berlusconi II come Ministro per l'Attuazione del Programma di Governo dal presidente Silvio Berlusconi.
Il 23 aprile 2005, in occasione della formazione del nuovo governo Berlusconi III, Claudio Scajola è nominato Ministro delle attività produttive. Scajola porta avanti la centralità del ministero nella politica economica del governo ed il rilancio del sistema produttivo nazionale.
Alle elezioni politiche del 2006 è stato rieletto deputato per Forza Italia per la Liguria
Dall'8 maggio 2008 ricopre la carica di Ministro dello sviluppo economico nel Governo Berlusconi IV dove propugna tra l'altro la necessità dell'avvio di un nuovo programma energetico nucleare.
L'8 maggio 2008 Claudio Scajola è stato nominato Ministro dello sviluppo economico del Governo Berlusconi IV.
Il ministero viene da Scajola riorganizzato ed accorpato, fino ad arrivare ad un risparmio di spesa del 21%.
Il Parlamento approva il 9 luglio 2009, dopo quasi dieci mesi di lavorazione, un provvedimento, proposto dal Ministro dello Sviluppo Economico Claudio Scajola, collegato alla finanziaria del 2009. Il provvedimento cosiddetto "Legge Sviluppo" è entrato definitivamente in vigore il 15 agosto 2009.
La norma prevedeva il ritorno dell'Italia all'energia nucleare (inizialmente sospeso dalla Moratoria approvata dal Governo il 25 maggio 2011 in seguito all'incidente di Fukushima e definitivamente interrotto dal referendum del 12.6.2011).
Presenta le dimissioni il 4 maggio 2010 per lo scandalo relativo alla cricca Anemone, rispetto alla quale la magistratura lo ha ritenuto estraneo.
Nel luglio 2015 annuncia la sua iscrizione al Partito Radicale Transnazionale, per supportare le sue iniziative garantiste sulla giustizia.Wikipedia
Claudio Scajola “era inconsapevole” che Diego Anemone “avesse concordato con le sorelle Papa, proprietarie dell’immobile vicino al Colosseo, le modalità dell’ulteriore pagamento”.
È per questo che l’ex ministro è stato assolto lo scorso 27 gennaio per l’affaire della casa con vista sull’Anfiteatro Flavio.
Di conseguenza, scrive il giudice di Roma Eleonora Santolini nelle motivazioni del verdetto di assoluzione dall’accusa di finanziamento illecito e di proscioglimento, per intervenuta prescrizione, dello stesso Anemone, “non si è trovato nelle condizioni di conoscere il maggior prezzo d’acquisto” dell’appartamento con vista sul Colosseo, in via Fagutale.
Il giudice, parlando del caso dell’immobile di 210 metri quadri di proprietà delle sorelle Papa pagato da Scajola 600mila euro, ma di fatto costato 1,7 milioni di euro, afferma che l’allora ministro dello Sviluppo Economico era convinto di spendere poco più di 600mila euro.
Non a caso – si legge nel provvedimento – al “momento della consegna” della parte eccedente la somma versata da Scajola alle sorelle Papa, da parte dell’architetto Angelo Zampolini, uomo di fiducia di Anemone, “Scajola era assente”.
Per l’ex parlamentare di Forza Italia non ci fu dolo, ma per l’imprenditore sì anche se è passato troppo tempo e il reato è prescritto.
Il magistrato riconosce quell’incosapevolezza a Scajola; la Procura aveva chiesto tre anni.
Nella motivazione si legge che “nella delicata e compromettente fase negoziale Scajola non era presente.
Lo stesso giudice aggiunge poi che proprio Scajola appare credibile quando durante la sua deposizione spiega di non aver avuto alcuna ragione per parlare con altri del prezzo dell’immobile “dal momento che il suo unico referente, in ordine all’acquisto del bene, era Angelo Balducci, persona vicina al Vaticano e conosciuta già dal 2000.
Il Balducci si era fatto carico di aiutarlo per la ricerca della casa a un prezzo di circa 600-700mila euro e poi in un secondo momento lo aveva di nuovo avvisato dell’opzione sull’immobile di via del Fagutale da parte del coimputato Anemone.
Sui motivi per i quali l’imprenditore Anemone versi un milione e centomila euro alle sorelle Papa per l’acquisto dell’immobile vicino al Colosseo “senza che il beneficiario di siffatta elargizione ne sapesse alcunché”, il giudice Santolini ritiene: “Non è inverosimile ipotizzare che Balducci, una volta avuta richiesta da Scajola di aiutarlo a trovare un’abitazione, possa aver pensato, unitamente ad Anemone, di sfruttare positivamente quella situazione, in vista di eventuali richieste di favori da avanzare all’allora ministro.
Sicché, appare verosimile che i predetti personaggi, nella previsione di un netto rifiuto di Scajola a fronte di un’offerta di aiuto economico di quella portata, si siano determinati a versare il maggior prezzo di acquisto senza che Scajola ne fosse a conoscenza, ben consapevoli di porlo, a quel punto, di fronte a un fatto compiuto e, conseguentemente, in una situazione di sudditanza psicologica, a causa delle evidenti implicazioni negative che si sarebbero abbattute sull’allora ministro nel caso in cui la notizia fosse diventata di dominio pubblico. ilfattoquotidiano.it/2014/03/11.


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