4. La competenza
all’emanazione degli atti di esproprio.
L’attuazione dell’ordinamento regionale ha comportato
che il prefetto permane titolare del potere espropriativo, attribuitogli da
ultimo dall’art. 13 della l. 865/1971, soltanto in pochi casi.
L’espropriazione, pur non essendo espressamente
contemplata come materia trasferita dall’art. 117 cost., è stata considerata
parte integrante d’altre funzioni quali l’urbanistica o i lavori pubblici che
sono di competenza regionale.
L’attribuzione della titolarità dei poteri al prefetto
nel regime del procedimento espropriativo previgente era considerata una
garanzia procedimentale per i soggetti passivi del procedimento.
Il prefetto, infatti, quale organo estraneo
all’amministrazione locale e, in ogni modo, non appartenente all’organizzazione
centrale dello Stato preposta al procedimento ablatorio, assicura certamente
una posizione del tutto imparziale al soggetto, sia esso pubblico o privato,
che subisce la privazione della proprietà.
La Corte
costituzionale, investita della questione di legittimità della nuova procedura,
che attribuiva ad organi - sicuramente parti del procedimento - la funzione
espropriativa, ha ritenuto che essa rispettasse il principio di imparzialità
della funzione amministrativa affermato dall’art. 97 cost., dichiarando
manifestamente infondata la questione. Corte cost., 21.12.1985, n. 355, in Giur. Cost., 1985.
L’art.
106 del d.p.r. 616/1977 ha trasferito alle regioni la potestà espropriativa in
tutte le materie oggetto di trasferimento o di delega, riservando allo Stato la
competenza solo per le opere pubbliche di sua spettanza.
Agli enti locali, in particolare, sono attribuite le
competenze concernenti le opere o gli interventi per la cui esecuzione
l’espropriazione è strumentale, ex art. 106, d.p.r. 616/1977.
La legislazione
regionale ha provveduto ad attribuire la funzione espropriativa ai comuni ed
agli altri enti locali.
La giurisprudenza ha posto il problema della
legittimità delle norme che stabiliscono quali siano gli organi comunali
competenti ad emanare atti delle procedure espropriative essendo esse in
contrasto con l'art. 128 cost.
La corte ha stabilito che il precetto costituzionale
sottrae al potere legislativo delle
regioni a statuto ordinario la disciplina
dell'organizzazione degli enti territoriali, che è affidata
esclusivamente al potere legislativo
statale, ma non vieta alle regioni stesse di precisare quali, fra gli organi
comunali previsti dall'ordinamento dello
Stato, siano competenti a provvedere in
ordine a materie delegate ai
comuni.
La Corte, pur ammettendo che l’art. 128 cost. sottrae
al potere legislativo delle regioni a statuto ordinario la disciplina
dell’organizzazione degli enti territoriali, che è di competenza dello Stato,
ha fondato la propria decisione sulla considerazione che la delega disposta con
legge regionale non altera la tipologia dell’organizzazione comunale.
Anzi le leggi regionali in questione, in aderenza al
disposto dell’art. 118, 3° co., hanno consentito alle regioni di esercitare le
loro funzioni amministrative delegandole agli enti minori o valendosi dei loro
uffici. Corte cost. 20.10.1983, n. 319, in Riv.
Giur. Ed., 1984, 821.
La dottrina è contraria condividendo la tesi delle
decisioni di remissione. Si osserva, infatti, che se vi è delega non può la
regione scegliere l’organo delegato, ma deve limitarsi ad attribuire i poteri
all’ente, essendo la materia dell’individuazione delle funzioni degli organi
comunali di pertinenza della legge statale G. LEONE A. MAROTTA , 1997, Espropriazione per pubblica utilità, 1997,
30.
E’ stata, del pari, ritenuta infondata la censura
relativa al fatto che siano accentrate nella figura del sindaco interessato al procedimento
ablatorio più funzioni. T.A.R. Emilia Romagna, sez. I, Bologna, 15.11.1994, n.
829, in T.A.R., 1995, 1969.
Le regioni hanno
emanato norme legislative per quanto riguarda l’organizzazione e la spesa,
nonché norme di attuazione sulla base dell’art. 7 del d.p.r. 616/1977 che
ammette la competenza delle regioni nelle materie delegate e non solo in quelle
trasferite.
In particolare, l’art. 7, 2° co., del d.p.r. 616/1977,
ammette la possibilità di subdelegare a province, comuni ed altri enti locali l’esercizio
delegato di funzioni amministrative dello Stato.
L’art. 106, d.p.r. 616/1977 precisa che sono
attribuite ai comuni sia le funzioni amministrative concernenti le occupazioni
temporanee e d’urgenza sia i relativi atti preparatori, attinenti ad opere
pubbliche o di pubblica utilità, la cui esecuzione è di loro spettanza.
In questo quadro legislativo nazionale le regioni
hanno provveduto ad assegnare le funzioni relative al procedimento di
occupazione ed a quello di espropriazione: alcune hanno delegato i singoli
comuni interessati agli interventi, come ad esempio l’Emilia Romagna, altre,
come la Lombardia, hanno ripartito le competenze a seconda del tipo di opera.
Le opere di competenza regionale sono attribuite al
presidente della giunta regionale, le opere di competenza di alcuni enti
pubblici spettano ai presidenti delle comunità montane e delle province, le
opere di competenza dei comuni o dei consorzi spettano ai comuni.
Tralasciamo di esaminare specificamente la
legislazione regionale, che si frantuma in ulteriori distinzioni per tipo di
opere.
Il
problema delle competenze dell’organo comunale, qualora la funzione sia
genericamente attribuita al comune, è risolta dalla giurisprudenza nel senso
che la competenza del consiglio comunale in materia di espropriazione di beni
immobili può essere delegata dal consiglio stesso al sindaco ed alla giunta.
Tale delega, rimane valida ed efficace sino alla sua
revoca espressa Cons. St., sez. IV, 2.2.1998, n. 147, in Foro Amm., 1998, 332.
Alcune sentenze richiedono che la delega debba, però,
essere supportata da una previsione normativa, ritenendo che la norma - di cui
all'art. 106, 3° co., d.p.r. n. 616/1977 - che attribuisce al consiglio
comunale il potere di adozione del decreto di occupazione d'urgenza, non
trovi applicazione se sussistono leggi regionali che assegnano al sindaco la competenza a
provvedere. Cons. St., sez. IV, 11.6.1996, n. 795, in Riv. Giur. Ed., 1996,
950. T.A.R. Calabria, sez. Catanzaro, 5.9.1997, n. 540, in T.A.R., 1997, 4154.
N. CENTOFANTI, L’espropriazione per
pubblica utilità, 1999, 38.
L’art.
6, d.p.r. 8.6.2001, n. 327, consacra il principio che il procedimento di
espropriazione rientra nella competenza dell’autorità che deve realizzare
l’opera pubblica, essendo definitivamente superato il problema di una eventuale
parzialità di detto intervento.
E’ prevista l’istituzione di un ufficio per le
espropriazioni nelle amministrazioni statali regionali provinciali e comunali,
ove non ne sussista uno a cui attribuire i relativi poteri.
E’ il comune l’ente centrale per la realizzazione del
procedimento espropriativo, ex art. 7, d.p.r. 8.6.2001, n. 327, esso, infatti,
può espropriare:
- le aree, individuate dal piano regolatore generale,
inedificate o su cui vi siano costruzioni in contrasto con le destinazioni di
zona o che abbiano carattere provvisorio e quelle di espansione, secondo quanto
già previsto dall’art. 18, L.U.
In tal caso deve essere dichiarata la pubblica utilità
dell’opera non espressa nel provvedimento di approvazione del p.r.g.
- gli immobili ai quali va incorporata un’area
inserita in un piano particolareggiato e non utilizzata quando il suo
proprietario non intenda farne uso dopo l’avviso del dirigente dell’ufficio
espropriazioni.
In tal caso non deve essere dichiarata la pubblica
utilità dell’opera implicita nel provvedimento di approvazione del p.p.
L’esproprio
deve essere effettuato nel termine decennale di validità del piano.
5. L’ufficio per le
espropriazioni: il dirigente ed il responsabile del procedimento loro competenze.
La L. 241/1990 fa obbligo
alle amministrazioni di indicare un responsabile del procedimento, che è il
dirigente di ogni unità organizzativa, il quale può provvedere ad assegnare ad
altro dipendente la responsabilità dell’istruttoria o di un’altra fase, ad
esempio quella costitutiva o esecutoria, del provvedimento.
La struttura degli enti è
destinata ad una razionalizzazione, sotto il profilo organizzativo.
Si devono individuare i
responsabili e si deve definire il passaggio, necessariamente formale, fra i
soggetti che si occupano delle varie fasi.
Le funzioni in materia di
espropriazione sono particolarmente importanti poiché il procedimento deve
necessariamente raccordarsi con quelli programmatori e quelli finanziari, che
condizionano la stessa possibilità di addivenire ritualmente all’esproprio.
Una più precisa definizione
dei compiti del responsabile era attesa col regolamento di attuazione della L.
359/1992 mai, peraltro, emanato.
Tali funzioni si devono
raccordare con quelle del responsabile del procedimento ablatorio, peraltro
enunciate dall’art. 6, L. 241/1990, che riguardano le stesse condizioni, sia
sostanziali che procedurali, che valgono per l’emanazione del provvedimento, ex
art. 6, L. 241/1990.
Il responsabile, quindi, può avere funzioni
sostanziali in ordine alla valutazione nel merito del progetto, proponendo
modifiche, magari suggerite dalle osservazioni portate dagli interessati.
Mentre
l’art. 107 del T.U. delle leggi sull’ordinamento degli enti locali non
attribuisce funzioni particolari ai dirigenti in materia di espropriazione
l’art. 6, D.P.R. 8.6.2001, n. 327, attribuisce al dirigente dell’ufficio per le
espropriazioni funzioni costitutive in ordine al provvedimento di esproprio
anche se a volte non è esplicita nell’individuare la competenza alla emanazione
di determinati provvedimenti, indicando genericamente la competenza
dell’autorità espropriante, come nell’ipotesi di occupazione temporanea, art.
49, D.P.R. 8.6.2001, n. 327.
Il
dirigente per le espropriazioni deve emanare ogni provvedimento conclusivo del
procedimento decreto di esproprio, art. 23, D.P.R. 8.6.2001, n. 327, o atto di
cessione volontaria, art. 45, D.P.R. 8.6.2001, n. 327,, o il provvedimento di
retrocessione del bene, art. 47, D.P.R. 8.6.2001, n. 327.
Il
responsabile del procedimento ha competenza per tutti gli atti preparatori e
per gli eventuali subprocedimenti, anche se il t.u. non è esplicito in tal
senso come ad esempio l’autorizzazione all’accesso ai fondi, art. 15, D.P.R.
8.6.2001, n. 327, la determinazione provvisoria dell’indennità di
espropriazione, art. 20, D.P.R. 8.6.2001, n. 327, comunicazione al proprietario
per richiedere se intenda avvalersi del procedimento di determinazione
definitiva dell’indennità di espropriazione e relativa nomina dei tecnici (su
indicazione dell’autorità espropriante) o richiesta di determinazione
dell’indennità alla commissione, art. 21, D.P.R. 8.6.2001, n. 327, verbale di
immissione nel possesso in esecuzione del decreto di esproprio, art. 24, D.P.R.
8.6.2001, n. 327, pagamento dell’indennità di esproprio o relativo deposito presso la Cassa depositi e
prestiti, art. 26, D.P.R. 8.6.2001, n. 327.
Non
sono ovviamente di sua competenza gli atti delegati all’autorità espropriante
quali la dichiarazione di pubblica utilità, art. 12, D.P.R. 8.6.2001, n. 327, o
l’approvazione del progetto definitivo, art. 16, D.P.R. 8.6.2001, n. 327.
Il
responsabile del procedimento deve inoltre istruire il provvedimento finale che
resta di competenza del dirigente dell’ufficio.
In primis viene fatto obbligo agli enti locali di istituire un
ufficio per le espropriazioni, anche comune ad altri enti, con a capo un
dirigente o in sua mancanza un dipendente con la qualifica più elevata.
Viene ribadito l’obbligo di designare per ogni
procedimento un responsabile che dirige, coordina e cura tutte le operazioni e
gli atti del procedimento; al responsabile sono di supporto e subordinati gli
organi tecnici dell’ente.
La necessità di concludere il procedimento entro tempi
determinati comporta una evidente responsabilità del funzionario addetto in
relazione alla sua mancata emanazione in tempo debito.
Il ritardo può causare un danno all’amministrazione
che soccomba sulla domanda di risarcimento formulata dalla proprietà o sulla
richiesta di danni derivanti dall’esecuzione dell’esproprio.
Un necessario coordinamento è
sicuramente da effettuarsi con il responsabile del procedimento di attuazione
dei lavori pubblici, disciplinato dall'art. 7, L. 109/1994, come mod. dall'art.
5, L. 415/1998.
Il responsabile dell’attuazione
dei lavori deve, infatti, segnalare eventuali disfunzioni, impedimenti e
ritardi nella realizzazione degli interventi, accertando la disponibilità delle
aree e degli immobili necessari.
Il responsabile unico del procedimento, al fine di
accelerare l’esecuzione dei lavori, può proporre all’amministrazione
aggiudicatrice la convocazione di una conferenza di servizi o promuovere la
conclusione di un accordo di programma, ex art. 7, 7° co., l. 109/1994.
Il regolamento di attuazione, D.P.R. 21 dicembre 1999,
n. 554, all’art. 8 comma 1, lett. b) verifica in via generale la conformità
ambientale, paesistica, territoriale ed urbanistica degli interventi e promuove
l’avvio delle procedure di variante urbanistica.
Nell’ambito di tali procedimenti è possibile esaminare
le problematiche relative al procedimento ablatorio, qualora ineriscano alla
sollecita esecuzione di lavori. N. CENTOFANTI, L’espropriazione per pubblica utilità, 1999, 145.
L’amministrazione
può delegare in tutto o in parte i propri poteri espropriativi al
concessionario che deve realizzare l’opera pubblica o di pubblica utilità, ex
art. 6, 8° co., D.P.R. 8.6.2001, n.
327.
Al fine di porre
chiaramente i limiti delle responsabilità fra amministrazione e concessionario
che hanno dato luogo a contrasti giurisprudenziali la norma impone
all’amministrazione di determinare chiaramente l’ambito della delega nella
concessione, al fine di definire se detta amministrazione conserva un potere di
indirizzo nel procedimento ablatorio.
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