La
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
L’art. 34 del
D.L.vo 80 del 1998 attribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo tutte le controversie relative ad atti, provvedimenti e
comportamenti della pubblica amministrazione in materia di urbanistica ed
edilizia. A. TRAVI, Formulario annotato della giustizia amministrativa, 2008,
106.
Il comma 2
dell’art. 34 del D.L.vo 80/1998 afferma che rientrano nella materia urbanistica
tutti gli aspetti dell’uso del territorio.
L’art. 7, L.
205/2000, che sostituisce l’art. 35, L. 80/1998, riconosce al giudice
amministrativo operante in sede di giurisdizione esclusiva il potere di
disporre di tutti i mezzi di prova previsti dal c.p.c. con l’unica eccezione
delle prove legali, ossia del giuramento e della confessione. M.A. SANDULLI,
Profili della nuova giurisdizione esclusiva del g.a. in materia urbanistica ed
edilizia, in Riv. Giur. Ed., 2001, II, 87.
Sui nuovi
contenuti della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo si rinvia
alla Voce: Giurisdizione amministrativa par. 5.1.
1.1. Il
risarcimento del danno.
Il giudice
amministrativo, investito della giurisdizione esclusiva sulla controversia in
materia di urbanistica ed edilizia, può disporre il risarcimento del danno
ingiusto, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, ex art. 35,
D.L.vo 80/1998.
606/1
L'obbligazione
risarcitoria della pubblica amministrazione deriva da qualsiasi violazione del
dovere funzionale dell'operatore pubblico, suscettibile di provocare danno a
taluno e si può escludere il risarcimento solo ove non sia chiaro o provato il
nesso causale tra lesione e nocumento, idoneo a trasformare quest'ultimo in
danno.
La norma
distingue fra il giudizio di annullamento che accerta la illegittimità
dell’atto e la sua potenziale risarcibilità emettendo i criteri cui il
risarcimento deve ispirarsi e il giudizio di determinazione del risarcimento
del danno.
La seconda parte
del comma 2 dell'art. 35, L. 80/1998, mod. art. 7, comma 1,lett. c, L. 205/2000
dispone, infatti, se le parti non giungono ad un accordo, che, col ricorso
previsto dall'art. 27, comma 1, n. 4, del t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, può
essere chiesta la determinazione della somma dovuta.
Non è più
necessario adire il giudice ordinario dopo avere ottenuto l’annullamento del
provvedimento dal giudice amministrativo.
La Corte di
Cassazione, inoltre,, con una sentenza che ha radicalmente mutato l’indirizzo
precedente, ha sostenuto che l’atto illegittimo della pubblica amministrazione,
che sia causa di un danno ingiusto, comporta la possibilità di agire contro
l’amministrazione per ottenere il risarcimento del danno, prima ancora che sia
stato disposto l’annullamento del provvedimento dal giudice amministrativo.
Cass. civ., Sez. U., 26.3.1999, n. 500, in Guida Dir., 1999, n. 31, 37.
La sentenza è di
grande importanza teorica, perché consacra il principio della risarcibilità
degli interessi legittimi, ma di fatto è superata dal chiaro dettato
legislativo che sottrae al giudice ordinario tale giurisdizione. Essa, infatti
è stata attribuita per le cause successive al 30 giugno 1998 al giudice
amministrativo almeno nelle principali materie, quali l’urbanistica ed i
servizi pubblici, in cui ha giurisdizione esclusiva.
Il giudice
amministrativo può disporre il risarcimento anche mediante il semplice rinvio a
dei criteri, sulla base di quali l’amministrazione deve proporre all’avente
titolo il pagamento di una somma entro un congruo termine.
In carenza di un
accordo è ammesso il ricorso in ottemperanza, previsto dall'art. 24, 1° co., n.
4 del r.d. 26.6.1924, n. 1054, per richiedere la somma dovuta.
In tale
eventualità appare evidente che le spese debbano essere addebitate, in caso di
ulteriore omissione o di mancato rispetto delle modalità fissate dal giudice
amministrativo, all’amministrazione soccombente.
I diritti
patrimoniali consequenziali non sono più riservati alla giurisdizione del
giudice ordinario. Questi sono attratti nell’orbita del giudice amministrativo,
risparmiando al ricorrente un ulteriore processo.
Rimangono
riservate al giudice ordinario le questioni pregiudiziali concernenti lo stato
e la capacità dei privati individui, salve la capacità di stare in giudizio e
la risoluzione dell’incidente di falso, ex art. 35, co. 4, D.L.vo 80/1998..
La
giurisprudenza ha precisato i limiti temporali del riparto della giurisdizione.
Nelle
materie già devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo la
competenza a conoscere il risarcimento del danno è del giudice amministrativo
se la domanda è proposta successivamente al 23.4.1998, data di entrata in
vigore del D. L.vo 80/1998. T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 10.3.1999, n.
307, in Guida Dir., 1999, n. 23, 94.
La
quantificazione del danno spetta al ricorrente che non però l’onere di fornire
la prova del risarcimento del danno e della sua quantificazione già nel ricorso
introduttivo.
Il giudice
amministrativo può invitare la parte ad articolare i mezzi istruttori e a
fornire documenti, rinviando ad altra udienza.
1.2.
Il risarcimento per diniego illegittimo sulla domanda di permesso di costruire.
L’azione è data
contro il comune per il solo fatto del ritardo, anche se successivamente il
commissario ad acta ha ritualmente provveduto su richiesta di attivare la
procedura sostitutiva.
Il danno emerge
qualora i ritardi nell’emanazione del provvedimento dipendano da incertezze
imputabili al Comune nella definizione dell'istanza, non implicante la
risoluzione di particolari questioni di ordine urbanistico ovvero nell'inerzia
dell'amministrazione nel conformarsi alla pronunzia giurisdizionale.
Detti elementi
confermano la violazione da parte del Comune di un'evidente regola di buona
amministrazione, e quindi lo svolgimento di attività provvedimentale contra
legem produttiva di danno risarcibile.
La
giurisprudenza precedente all’entrata in vigore del t.u. ed. ha dichiarato
sussistere la responsabilità del Comune per il danno illegittimamente cagionato
per il fatto di averne ritardato la facoltà edificatoria nel periodo
intercorrente tra la data di diniego della concessione edilizia e quella di
rilascio di quest'ultima da parte del commissario ad acta.
Il danno può
essere richiesto sia qualora l’annullamento sia stato pronunciato in sede di
autotutela spontanea sia in sede si autotutela contenziosa. L'interesse al
risarcimento del danno per l'illegittimo diniego di permesso di costruire è
stato dichiarato anche dopo che il provvedimento è stato assentito in via di
autotutela dal Comune. T.A.R. Lazio sez. II, 19 ottobre 2002, n. 8909.
Il danno
sofferto va quantificato a mezzo di apposita consulenza tecnica, mezzo
istruttorio ora pienamente consentito nelle materie di giurisdizione esclusiva,
come stabilito dall'art. 7, 3 comma, L. 21 luglio 2000, n. 205. T.A.R. Lazio,
sez. II, 14 giugno 2001, n. 5244, in App. Urb. Ed., 2002, 362.
Nel caso di
mancato rilascio del permesso di costruire, il giudice amministrativo tiene
distinta la responsabilità del responsabile del procedimento da quella degli
organi consultivi che supportano col loro parere il provvedimento di rilascio.
Per contro la
domanda di risarcimento del danno per illegittimità del diniego di permesso di
costruire non è ammissibile nel caso in cui non si abbia la certezza che il
provvedimento autorizzatorio debba essere rilasciato né l'esistenza di un
siffatto obbligo può essere dichiarata dal g.a., dal momento che la sua
giurisdizione esclusiva in materia non si estende al merito amministrativo. Nel
caso di specie, poiché il diniego è stato annullato a causa di un difetto di
motivazione del parere presupposto, sussiste l'obbligo per le amministrazioni
interessate di riesaminare la relativa domanda con salvezza degli ulteriori
provvedimenti, di conseguenza non è ancora possibile affermare che la richiesta
autorizzazione edilizia debba essere effettivamente rilasciata. T.A.R. Marche,
9 maggio 2002, n. 363, in Foro amm. TAR, 2002, 1591.
1.3.
Il risarcimento per il silenzio sulla domanda di permesso di costruire.
La
giurisprudenza ha precisato che è inammissibile la richiesta di risarcimento
nel caso di ricorso contro il silenzio dell’amministrazione.
Con tale procedura
il ricorrente può ottenere solo una pronuncia del giudice sulla illegittimità
dell’inerzia della pubblica amministrazione, con conseguente di condanna a
provvedere da parte del giudice.
Il sindacato del
giudice non può investire in tale rito il merito del provvedimento; va,
pertanto, disattesa la domanda di risarcimento del danno.
La controversia
verte in tema di sussistenza o meno dell'obbligo della p.a. di pronunciarsi in
senso positivo o in senso negativo. T.A.R. Campania, sez. II, Salerno, 12
giugno 2001, n. 870.
La dottrina è
favorevole all’indirizzo restrittivo in quanto il giudizio disciplinato
dall'art. 21 bis, l. n. 1034 del 1971 è diretto ad accertare se il silenzio
violi l'obbligo dell'amministrazione di adottare un provvedimento esplicito
sull'istanza del privato e, in caso affermativo, ad imporre all'amministrazione
di provvedere sull'istanza entro il termine assegnato nominando, in caso
d'inadempienza un commissario ad acta per l'esercizio, in via sostitutiva,
della potestà amministrativa appartenente all'organo rimasto inadempiente, non
potendo il giudice sostituirsi all'amministrazione e ordinare un provvedimento
determinato. Cons. St., A. Pl., 9 gennaio 2002, n. 1.
Il ritardo da
parte della p.a. nella definizione delle istanze del privato non comporta, per
ciò solo, l'affermazione della responsabilità per danni. Il sistema di tutela
degli interessi pretensivi consente il passaggio a riparazioni per equivalente
solo quando l'interesse pretensivo assuma a suo oggetto la tutela di interessi
sostanziali e, perciò, la mancata emanazione o il ritardo nella emanazione di
un provvedimento vantaggioso per l'interessato suscettibile di appagare un bene
della vita.
La
giurisprudenza distingue l’ipotesi in cui l’amministrazione ha rigettato le istanze
sia pure con ritardo da quelle in cui il danno dipende da istanze ancora
perdurante. L. VALLA, Il giudice amministrativo e il risarcimento del tempo
perduto, in Urb. App., 2006, 656.
Essa ritiene che
non sia possibile accordare il risarcimento del danno da ritardo della p.a. nel
caso in cui i provvedimenti adottati in ritardo risultino di carattere negativo
per colui che ha presentato la relativa istanza di rilascio e le statuizioni in
essi contenute siano divenute intangibili per la omessa proposizione di una
qualunque impugnativa.
Evidentemente il
diniego illegittimo annullato dal g.a. comporta la possibilità di risarcimento.
Nel caso di
un'istanza di condono edilizio il cui diniego sia stato ritenuto illegittimo ed
annullato con sentenza passata in giudicato per la pregressa formazione del
silenzio-accoglimento sull'istanza prodotta ex art. 35 l. n. 47 del 1985 e, a
seguito della decisione di annullamento, sia stata rilasciata la concessione in
sanatoria, la giurisprudenza ha accolto la domanda di risarcimento del danno
per lesione del correlato interesse legittimo pretensivo
Detta domanda
successivamente avanzata in via pura ed autonoma innanzi al g.a. dal
beneficiario del titolo in sanatoria, era finalizzata ad ottenere il ristoro
della perdita di utilità conseguente alla mancata utilizzazione dell'immobile
sanato, e dei maggiori costi sostenuti per l'ultimazione dello stesso. T.A.R. Puglia Bari, sez. III, 26 luglio 2004, n. 3472
Il g.a.
riconosce il risarcimento del danno causato al privato dal comportamento
dell'Amministrazione quando sia stata accertata la spettanza al bene della
vita, ovvero nelle ipotesi in cui non sia emanato o sia emanato in ritardo un
provvedimento vantaggioso per l'interessato
Inoltre, prima
dell'entrata in vigore dell'art. 6 bis, L. 80/2005, era necessaria, ai fini
della rituale formazione del silenzio-rifiuto, che la presentazione
dell'istanza fosse seguita, dopo la scadenza dei termini procedimentali, dalla
notifica di apposito atto di diffida, che nel sistema previgente rappresentava
la conditio sine qua non per la costituzione delle inadempienze pubblicistiche.
Solo per effetto
dell'entrata in vigore dell'art. 6 bis, L. 80 del 2005, non è vi è più la
necessità, ai fini della rituale formazione del silenzio-rifiuto, di notificare
l'apposito atto di diffida, dopo la presentazione dell'istanza rimasta senza
esito.
La controversia
con cui si chiede il risarcimento del danno da ritardo da parte della p.a.
nella definizione dei procedimenti di rilascio di titoli autorizzativi edilizi
appartiene alla giurisdizione del g.a.
In tale caso,
non si è di fronte a comportamenti della p.a. invasivi dei diritti soggettivi
del privato in violazione del neminem laedere che la sentenza n. 204 del 2004
della Corte costituzionale ha devoluto alla cognizione del g.o.
Si è, infatti,
in presenza della diversa ipotesi del mancato tempestivo soddisfacimento
dell'obbligo della autorità amministrativa di assolvere adempimenti
pubblicistici, aventi ad oggetto lo svolgimento di funzioni amministrative. Si
tratta di interessi legittimi pretensivi del privato, che ricadono, trattandosi
della materia urbanistico-edilizia nella giurisdizione esclusiva del g.a. Cons.
St., a. plen., 15 settembre 2005, n. 7, in Foro amm. CDS, 2005, f. 9, 2519.
1.4.
Il risarcimento per l’annullamento del permesso di costruire.
I provvedimenti
di autotutela sono soggetti al sindacato del giudice amministrativo, al fine di
verificare se il richiedente possa pretendere - una volta ottenuto
l’annullamento del provvedimento di secondo grado - i relativi danni
all’amministrazione comunale.
Nel caso di
annullamento di concessione edilizia la giurisprudenza precedente all’entrata
in vigore del t.u. ed. ha ritenuto che sussistono i presupposti del danno
qualora il preesistente permesso di costruire sia stato illegittimamente
annullato.
L'annullamento
di un preesistente titolo edilizio in sede di esercizio del potere sostitutivo
incide, infatti, su di una situazione giuridica soggettiva qualificabile, a
fronte del previo ottenimento del titolo edilizio e del successivo esercizio
del potere suddetto, in termini di interesse oppositivo; ai fini della
risarcibilità del danno a ciò è connesso altresì l'interesse al bene della vita
rinvenibile nell'interesse alla realizzazione ed al godimento dell'edificio
progettato sul terreno di proprietà dei ricorrenti. T.A.R. Liguria, sez. I, 18
marzo 2004, n. 276.
La
giurisprudenza ha anche elaborato i seguenti criteri di quantificazione dei
maggiori costi sostenuti dal richiedente in virtù del provvedimento di
annullamento evidente causa di ritardo nei lavori.
Ai
fini della quantificazione del danno derivante dalla ritardata esecuzione di
opere edilizie private in conseguenza di una illegittima adozione di
provvedimento di annullamento di concessione edilizia vanno utilizzati i seguenti
criteri di quantificazione:
a) maggiori
costi di progettazione e costruzione del manufatto documentati dai ricorrenti;
b) presunti
costi di demolizione, ivi compresi quelli di trasporto e smaltimento dei
materiali di risulta, del manufatto stesso;
c) importo dei
canoni di locazione non riscossi in virtù della mancata ultimazione del
manufatto, da calcolarsi, sulla base dei canoni medi di mercato per immobili
delle medesime caratteristiche, a partire dalla data di presunta ultimazione
del manufatto sino a quella della sentenza;
d) rivalutazione
monetaria delle somme sub a), b) e c) e degli interessi al tasso legale sulle
medesime somme via via rivalutate. T.A.R. Sicilia Catania, sez. I, 31 dicembre
2003, n. 2144, in Foro Amm. T.A.R., 2003, 3650.
Processualmente
la domanda risarcitoria non è procedibile in carenza di una richiesta
preventiva di annullamento dell'atto amministrativo che si intende lesivo, nei
termini di decadenza dell’azione. Il risarcimento del danno presuppone
l'accertamento da parte del giudice della sussistenza di un evento dannoso,
della qualificabilità del danno come ingiusto e della riferibilità dell'evento
dannoso alla condotta della p.a. e della imputabilità dell'evento dannoso a
dolo o colpa non dell'agente, ma dell'apparato amministrativo. T.A.R. Lombardia
Milano, sez. II, 11 dicembre 2002, n. 5109.
A maggior
ragione l’azione è data contro un illegittimo annullamento da parte
dell'amministrazione comunale del provvedimento rilasciato dal commissario.
La
responsabilità della p.a., conseguente all'adozione di un illegittimo
annullamento di una concessione edilizia rilasciata dal commissario ad acta, va
inserita nel contesto dell'art. 2043 c.c. Cons. St., sez. V, 6 agosto 2001, n. 4239,
in Riv. Giur. Ed., 2001, I, 900.
1.5.
Il risarcimento per l’annullamento del provvedimento di decadenza dal permesso
di costruire.
La decadenza per
mancato inizio dei lavori paralizza la possibilità di esercitare lo ius
aedificandi; l’atto illegittimo dell’amministrazione può comportare al richiedente
un danno ingiusto da risarcire.
Secondo la
giurisprudenza precedente all’entrata in vigore del t.u. ed. per esserci un
danno il provvedimento deve essere illegittimo per motivi sostanziali e non
meramente procedurali. Non è configurabile alcuna forma di responsabilità a
carico dell'amministrazione che abbia emesso un provvedimento di decadenza da
una concessione edilizia riconosciuto illegittimo soltanto per vizi di natura
formale - motivazione insufficiente nonché omessa comunicazione dell'avvio del
procedimento ai sensi della l. 241 del 1990 - laddove sia pacifica, con
l'inerzia del concessionario nel dare inizio alle opere, la fondatezza
sostanziale della misura. T.A.R. Lombardia, sez. Brescia, 17 ottobre 2002, n.
1500.
La richiesta è
rapportata ad un tempo specifico - dalla data dell’interruzione alla data della
possibile esecuzione dei lavori.
Essa è, quindi,
teoricamente ipotizzabile anche nel caso in cui gli stessi lavori non siano
eseguibili ad un determinato periodo per la successiva entrata in vigore di
nuova normazione urbanistica.
Tale nuovo
provvedimento ha, infatti, solo l’effetto di limitare nel tempo la richiesta
del danno, ma non di escluderla.
La
giurisprudenza ha ribadito che permane l'interesse alla decisione della
controversia relativa all'istanza di annullamento del diniego della richiesta
di inizio dei lavori, della diffida a dare inizio ad opere edilizie e della
dichiarazione di decadenza della concessione edilizia anche nel caso in cui
prima della realizzazione dell'intervento edificatorio sia intervenuto un nuovo
strumento urbanistico che abbia impresso all'area di proprietà del ricorrente
la destinazione a verde pubblico, ostativa alla realizzazione dell'intervento.
La questione
rileva ai fini risarcitori, previa dimostrazione della sussistenza dei
requisiti delineati dall'art. 2043 c.c. T.A.R. Marche, 3 febbraio 2004, n. 11.
La domanda
risarcitoria non è fondata nel caso in cui l'amministrazione, a seguito di due
accertamenti di tecnici comunali, abbia assunto il provvedimento di decadenza
della concessione edilizia per la realizzazione di un complesso di campi da
tennis oltre un anno dopo il rilascio del provvedimento ampliativo e la società
interessata non abbia intrapreso alcuna iniziativa volta a contestare
l'accertamento dell'inerzia come rilevata dagli organi comunali, in merito
all'acquisizione dell'area, non abbia avanzato richieste finalizzate alla
stipulazione della convenzione per l'assegnazione dell'area né rivolte
all'ottenimento di una nuova concessione edilizia.
Il risarcimento
del danno presuppone l'accertamento da parte del giudice della sussistenza di
un evento dannoso, della qualificabilità del danno come ingiusto e della
riferibilità dell'evento dannoso alla condotta della p.a. e della imputabilità
dello stesso a dolo o colpa non dell'agente, ma dell'apparato amministrativo.
T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 11 dicembre 2002, n. 5109.
1.6.
Il risarcimento per l’annullamento dell’ordine di demolizione.
E’ stato
riconosciuto il danno derivante dall’annullamento di un ordine di demolizione.
Nel caso di
specie il giudice amministrativo ha riconosciuto il danno relativo
all’impossibilità di edificazione dalla data di sospensione dei lavori alla
data del passaggio in giudicato della sentenza d’annullamento del provvedimento
comunale.
Tale danno è
evidente e non abbisogna di particolare prova.
In caso
d’annullamento giurisdizionale di un ordine di demolizione di una casa per
civile abitazione, il danno per il mancato godimento è in re ipsa e la sua
entità, in mancanza di altri elementi può essere quantificata in via equitativa
tramite il ricorso al procedimento di liquidazione previsto dal art. 35, 2
comma , d.lg. 80/1998. T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 12 maggio 1999, n.
617.
Nella
fattispecie il giudice amministrativo ha ordinato al Comune di proporre a
favore del ricorrente il pagamento di una somma di denaro, indicando tempi e
modo di corresponsione, commisurata al valore locativo medio dell’immobile
oggetto di processo per il periodo della sospensione dei lavori.
Non sono stati
riconosciuti i maggiori costi dedotti dal ricorrente dovuti all’illegittima
sospensione dei lavori.
In linea teorica
il T.A.R. non ha escluso tale possibilità di risarcimento, ma l’ha subordinata
ad una prova dei maggiori oneri da fornirsi con la produzione del contratto e
del relativo capitolato d’appalto, con documentazione contabile o fiscale
ovvero con l’elencazione dell’eventuale materiale distrutto o deperito per il
decorso del tempo durante la sospensione dei lavori.
Il giudice amministrativo
non ha riconosciuto i maggiori costi di progettazione richiesti, poiché i
progetti di variante approntati dal ricorrente non erano consequenziali al
provvedimento di sospensione, ma dipendono da esigenze tecniche obiettive non
imputabili all’amministrazione. La giurisdizione è, invece, del giudice
ordinario per le richieste avanzate in data antecedente l’entrata in vigore del
suddetto d. lg. 80/1998.
1.6.1. Il
risarcimento del danno per incompetenza nell’emanazione dei provvedimenti
edilizi. Non compete.
Per la più
recente giurisprudenza del Consiglio di Stato, non può essere messa in dubbio
la competenza dei dirigenti rispetto agli atti di gestione e ai provvedimenti
degli Enti locali, per lo meno a seguito delle modifiche apportate dalla L. 191/1998.
(Cons. St., Sez. V, 8 marzo 2005, n. 952).
Gli effetti dell'incompetenza dell'autorità che ha adottato atti sanzionatori, quali ad esempio un’ordinanza di demolizione devono esaminarsi alla luce della nuova disciplina della patologia del provvedimento amministrativo introdotta dalla recente legge n. 15/2005, che risulta immediatamente applicabile alle controversie pendenti (T.A.R. Sardegna, Sez. II, 25 marzo 2005, n. 483).
Gli effetti dell'incompetenza dell'autorità che ha adottato atti sanzionatori, quali ad esempio un’ordinanza di demolizione devono esaminarsi alla luce della nuova disciplina della patologia del provvedimento amministrativo introdotta dalla recente legge n. 15/2005, che risulta immediatamente applicabile alle controversie pendenti (T.A.R. Sardegna, Sez. II, 25 marzo 2005, n. 483).
Il primo comma
dell'art. 21 octies, L. 241/1990, ribadisce che è annullabile il provvedimento
amministrativo adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o
da incompetenza.
Il comma
successivo afferma che non è annullabile il provvedimento adottato in
violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la
natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo
non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Da una
lettura combinata del primo e del secondo comma dell'art. 21 octies, L.
241/1990, si desume che quando è accertata l'incompetenza relativa dell'organo
adottante il provvedimento deve essere necessariamente annullato, non potendo
trovare applicazione la disposizione che ne preclude l'annullamento laddove sia
palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da
quello in concreto adottato.
Tale
disposizione si riferisce soltanto ai casi in cui il provvedimento sia stato
adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma.
Né sembra
possibile includere le norme sulla competenza tra le norme sul procedimento
amministrativo o tra le norme sulla forma degli atti.
Il legislatore
ha inteso confermare la tripartizione dei vizi di legittimità dell'atto
amministrativo, in base alla quale la violazione delle norme sulla competenza
configura il vizio di incompetenza, mentre la violazione di norme sul
procedimento o sulla forma rientra nell'ambito più generale della violazione di
legge.
La scelta
legislativa di escludere l'applicazione dell'art. 21 octies, comma 2, prima parte,
L. 241/1990, nel caso in cui il provvedimento vincolato sia stato adottato da
un'autorità incompetente può destare perplessità nei casi come quello in esame,
in cui l'azione di annullamento è strumentale ad una domanda di risarcimento
danni.
Qualora l'Amministrazione abbia agito nell'esercizio di un potere vincolato, perché l'ordine di demolizione - qualora si tratti di opere realizzate nelle zone indicate dall'art. 4, comma 2, della L. 47/1985 - deve seguire automaticamente all'accertamento dell'illecito, senza la necessità di una preventiva notifica della diffida a demolire e senza alcun margine per valutazioni discrezionali.
Qualora l'Amministrazione abbia agito nell'esercizio di un potere vincolato, perché l'ordine di demolizione - qualora si tratti di opere realizzate nelle zone indicate dall'art. 4, comma 2, della L. 47/1985 - deve seguire automaticamente all'accertamento dell'illecito, senza la necessità di una preventiva notifica della diffida a demolire e senza alcun margine per valutazioni discrezionali.
In tal caso il
contenuto dispositivo del provvedimento impugnato non può essere diverso anche
se sia stato adottato dal competente dirigente.
Non potendosi fare applicazione del secondo comma dell'art. 21 octies, L. 241/1990, l'ordinanza di demolizione deve essere inevitabilmente annullata e, quindi, si deve procedere all'esame della domanda di risarcimento dei danni cagionati dall'esecuzione di tale provvedimento.
La lesione dell'interesse legittimo di per sé non è sufficiente per affermare la risarcibilità del danno derivante dall'esecuzione del provvedimento impugnato.
Non potendosi fare applicazione del secondo comma dell'art. 21 octies, L. 241/1990, l'ordinanza di demolizione deve essere inevitabilmente annullata e, quindi, si deve procedere all'esame della domanda di risarcimento dei danni cagionati dall'esecuzione di tale provvedimento.
La lesione dell'interesse legittimo di per sé non è sufficiente per affermare la risarcibilità del danno derivante dall'esecuzione del provvedimento impugnato.
L’affermazione
non equivale certamente ad affermare la indiscriminata risarcibilità degli
interessi legittimi come categoria generale.
Il risarcimento
compete soltanto se l'attività illegittima della P.A. abbia determinato la
lesione dell'interesse al bene della vita al quale l'interesse legittimo,
secondo il concreto atteggiarsi del suo contenuto, effettivamente si collega, e
che risulta meritevole di protezione alla stregua dell'ordinamento.
La lesione
dell'interesse legittimo è condizione necessaria, ma non sufficiente, per
accedere alla tutela risarcitoria ex art. 2043 c.c., poiché occorre altresì che
risulti leso, per effetto dell'attività illegittima e colpevole della p.a.,
l'interesse al bene della vita al quale l'interesse legittimo si correla, e che
il detto interesse al bene risulti meritevole di tutela alla luce
dell'ordinamento positivo.
La giurisprudenza distingue inoltre tra interessi legittimi oppositivi e pretesivi.
La giurisprudenza distingue inoltre tra interessi legittimi oppositivi e pretesivi.
Secondo le
Sezioni Unite n. 500/1999 per quanto concerne gli interessi legittimi
oppositivi, può ravvisarsi danno ingiusto nel sacrificio dell'interesse alla
conservazione del bene o della situazione di vantaggio conseguente
all'illegittimo esercizio del potere.
Circa gli
interessi pretensivi, la cui lesione si configura nel caso di illegittimo
diniego del richiesto provvedimento o di ingiustificato ritardo nella sua
adozione, si deve invece esaminare la consistenza della protezione che
l'ordinamento riserva alle istanze di ampliamento della sfera giuridica del
pretendente.
Valutazione che
implica un giudizio, da condurre in riferimento alla normativa di settore,
sulla fondatezza o meno della istanza, onde stabilire se il pretendente fosse
titolare non già di una mera aspettativa, come tale non tutelabile, bensì di
una situazione suscettibile di determinare un oggettivo affidamento circa la
sua conclusione positiva.
Per gli
interessi legittimi pretensivi, anche rispetto agli interessi legittimi
oppositivi il pregiudizio dell'interesse individuale conseguente
all'illegittimo esercizio del potere amministrativo non comporta
automaticamente un danno ingiusto.
Il danno può
definirsi ingiusto solo in quanto l'interesse al bene risulti in concreto
meritevole di tutela alla stregua dell'ordinamento giuridico (T.A.R. Lazio,
Sez. I, 17 maggio 2004, n. 4551).
La spettanza del
bene della vita non può basarsi soltanto sulla rilevata incompetenza
dell'organo che ha adottato il provvedimento avversato, la quale di per sé non
consente di accertare se l'interesse del ricorrente risulti in concreto
meritevole di tutela. Pur essendo dedotta anche l'incompetenza
dell’amministrazione risulta evidente l'infondatezza della domanda di
risarcimento dei danni qualora il contenuto dispositivo dell'ordinanza di
demolizione non può essere diverso anche se adottata dal competente dirigente. T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 12 aprile 2005, n. 3780.
1.7.
Il risarcimento per il diniego illegittimo sulla domanda di lottizzazione.
La domanda di
ristoro del danno subito per diniego sulla domanda di approvazione del progetto
di lottizzazione è proponibile solo allorquando l'amministrazione si sia
positivamente pronunciata sull'istanza, riconoscendo espressamente la spettanza
del bene della vita anelato.
In ossequio al
fondamentale principio di non ingerenza degli organi giurisdizionali in
valutazioni riservate all'esclusiva valutazione delle pubbliche
amministrazioni, deve ritenersi inibito al giudice amministrativo, seppure ai
soli fini del giudizio risarcitorio, accertare incidentalmente la spettanza
della positiva conclusione del procedimento di approvazione del progetto di
lottizzazione. T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. II, 11 marzo 2004, n. 613, Foro
Amm. T.A.R., 2004, 835.
La domanda di
annullamento di un provvedimento amministrativo lesivo di posizioni giuridiche
soggettive dei privati è pregiudiziale rispetto alla domanda risarcitoria; non
è permessa al giudice amministrativo una cognizione al solo fine del giudizio
risarcitorio della legittimità dell'atto non impugnato nei termini
decadenziale.
Da questo deriva
che la domanda risarcitoria è ammissibile se l'azione di annullamento è
tempestivamente esercitata nel termine legale di decadenza, senza tuttavia
imporre la formazione del giudicato sulla decisione costitutiva successiva alla
domanda; pertanto è ammissibile la domanda risarcitoria per lesione di
interessi legittimi proposta quando ancora non si sia formato il giudicato in
ordine alla domanda di annullamento del provvedimento.
1.8.
Il risarcimento per l’annullamento di variante a piano di lottizzazione.
La Suprema Corte
ha radicalmente mutato l’indirizzo precedente; essa ha sostenuto che l’atto
illegittimo della pubblica amministrazione, che sia causa di un danno ingiusto,
comporta la possibilità di agire per ottenere il risarcimento del danno, prima
ancora che sia stato disposto l’annullamento del provvedimento da parte del
giudice amministrativo.
La fattispecie
riguarda la richiesta di danno per mancata inclusione in una variante di piano
regolatore di una lottizzazione precedentemente convenzionata con la proprietà.
La Corte ha
respinto la richiesta di regolamento di giurisdizione fondata sulla mancanza di
una preventiva sentenza del giudice amministrativo che accertasse
l’illegittimità del provvedimento lesivo.
La sentenza ha
grande valore di principio, anche se l’orientamento è
stato modificato
a seguito dell’indirizzo che prevede la preventiva pregiudiziale
amministrativa.
La
Suprema Corte ha affermato che alla presenza di un atto illegittimo della
pubblica amministrazione, che sia stato posto in essere con dolo o colpa e che
sia stato causa di un danno ingiusto - diretta conseguenza del provvedimento –
il suo destinatario ha titolo al risarcimento dei danni. Detto risarcimento
compete anche se il ricorrente non è titolare non di un diritto soggettivo, ma
di un interesse giuridicamente rilevante diverso dalla mera aspettativa. Ai
fini della configurabilità della responsabilità aquiliana non assume rilievo la
qualificazione formale della posizione giuridica vantata dal soggetto, essendo
la tutela risarcitoria assicurata esclusivamente in relazione all’ingiustizia
del danno.
La
giurisprudenza ha, inoltre, precisato che tutela risarcitoria ha una funzione
sussidiaria rispetto alla tutela giurisdizionale accordata con l'annullamento
dell'atto impugnato.
Gli effetti
conformativi derivanti dal giudicato di annullamento garantiscono la tutela
della posizione di interesse legittimo.
Esso trova
tutela risarcitoria solo qualora, a causa del decorso del tempo o di altri
motivi, non sia, in tutto o in parte, possibile ottenere gli effetti
conformativi dell'annullamento o comunque residuino dei danni. T.A.R. Marche,
20 gennaio 2003, n. 6.
1.8.1.
Il risarcimento del danno per lesione interessi soggettivi. La mancata
esecuzione da parte del comune di opere di urbanizzazione.
Il comune, ove
in privato non abbia chiesto di eseguire direttamente i lavori, deve eseguire
le opere nel termine del triennio, ex art. 12, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
La disposizione
si riconnette all’art. 14, L. 109/1994.
Detta norma
prevede che l'attività di realizzazione dei lavori pubblici di singolo importo superiore
a 100.000 euro si svolga sulla base di un programma triennale e di suoi
aggiornamenti annuali che le amministrazioni comunali predispongono ed
approvano unitamente all'elenco dei lavori da realizzare nell'anno stesso.
Il programma
triennale indica le caratteristiche funzionali, tecniche, gestionali ed
economico-finanziarie degli interventi in esso previsti.
La
giurisprudenza ritiene legittime anche le opere non contenute nel programma
triennale.
In tal caso le
opere pubbliche, non inserite nel programma triennale, possono essere
realizzate sulla base di un autonomo piano finanziario che non utilizzi risorse
già previste tra i mezzi finanziari dell'amministrazione al momento della
formazione dell'elenco.
Il mancato
inserimento dell'opera non implica l'illegittimità della sua esecuzione quando
essa sia finanziata con fondi diversi da quelli previsti in sede di redazione
del programma medesimo. (T.A.R. Toscana, sez. III, 16 aprile 2004, n. 1162, in
Foro amm. TAR, 2004, 1017,2088 nota GRASSI).
Il privato che
abbia corrisposto degli oneri di urbanizzazione e sia in attesa di vedere
realizzate le opere di urbanizzazione da parte del comune può verificare se la
loro imminente realizzazione sia prevista nel programma triennale approvato
dall’amministrazione o nei suoi aggiornamenti.
La
giurisprudenza ammette la domanda di risarcimento del danno ex art. 2043 c.c.
da comportamento della p.a. consistente nella mancata esecuzione delle opere di
urbanizzazione primaria relative ad alloggi costruiti dal privato in virtù
permesso di costruire rilasciatogli.
La richiesta di
risarcimento dei danni trae origine dal fatto che il comune non ha provveduto
al completamento delle opere di urbanizzazione primaria relative agli alloggi
costruiti in virtù dei provvedimenti ottenuti; opere per le quali è stato
versato il relativo contributo.
La
controversia in tal caso non ha per oggetto l'illegittimità di un atto o di un
provvedimento della pubblica amministrazione, ma solo la asserita illegittimità
di un suo comportamento - la mancata esecuzione delle opere di urbanizzazione
primaria cui si è innanzi fatto cenno - che ha sostenuto essere foriero di un
suo danno ingiusto.
Per
determinare la giurisdizione nel caso di specie bisogna rifarsi alle
determinazioni della Corte Costituzionale.
Essa
ha precisato che nel disegno voluto dal costituente, il riparto di
giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo non può mai
avvenire per il solo fatto che parte in causa sia la p. a., ma deve essere
effettuato sulla base della concreta situazione giuridica dedotta in giudizio,
distinguendo fra diritto soggettivo ed interesse legittimo.
Nel
determinare quali siano le particolari materie che, ai sensi dell'art. 103
cost., possono essere devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo, il legislatore non gode di discrezionalità illimitata, ma è
tenuto a rispettare il principio secondo cui le materie di giurisdizione
esclusiva debbono essere sempre individuate in base: a) al fatto che in esse la
p.a. agisca attraverso l'esercizio di poteri autoritativi; b) al fatto che esse
coinvolgano comunque (anche) interessi legittimi.
La Corte ha
dichiarato costituzionalmente illegittimo, per contrasto con l'art. 103 cost.,
l'art. 33, comma 1, D.LG. n. 80 del 1998, come sostituito dall'art. 7 lett. a),
L. 205 del 2000, nella parte in cui prevede che sono devolute alla
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo "tutte le controversie
in materia di pubblici servizi, ivi compresi quelli" anziché "le
controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici
servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi,
ovvero relative a provvedimenti adottati dalla p.a. o dal gestore di un
pubblico servizio in un procedimento amministrativo disciplinato dalla l. 241
del 1990, ovvero ancora relative all'affidamento di un pubblico servizio, ed
alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore. (Corte cost., 6.7.2004,
n. 204, DG, 2004, f. 29, 16 nota Rossetti; Medici. De Roberto A., La giustizia
amministrativa oggi, in Cons. St., 2004, II, 685).
Il D.LG. 31
marzo 1998, n. 80, non è applicabile nel caso di specie per effetto della
sentenza della Corte Cost. n. 281 del 2004.
Sussiste,
invece, la giurisdizione del giudice ordinario, al quale spetta, in linea di
principio, la competenza giurisdizionale a conoscere di questioni di diritto
soggettivo, tale essendo la natura della pretesa risarcitoria, che è distinta
dalla posizione giuridica soggettiva la cui lesione è fonte di danno ingiusto.
Essa può avere
natura di diritto soggettivo, di interesse legittimo, nelle sue varie
configurazioni, correlate alle diverse forme di protezione, o di interesse
comunque rilevante per l'ordinamento. (Cass. Civ., sez. un., 4 febbraio 2005, n. 2206).
La controversia
non ha origine nei provvedimenti autorizzatori edilizi né rientra quindi nella
materia delle urbanizzazioni, è sottratta alla giurisdizione del giudice
amministrativo.
Secondo il consolidato
orientamento giurisprudenziale l'azione di risarcimento del danno, di cui all'art. 2043, c. c., deve essere proposta davanti al
giudice ordinario, al quale spetta, in linea di principio, la competenza
giurisdizionale a conoscere di questioni di diritto soggettivo. (Cass. Civ., sez. un., 25 novembre 1998, n. 11934, in Giust. civ.
Mass., 1998, 2448).
Diversamente la
giurisprudenza ha ritenuto che il rilascio del permesso di costrire non obbliga
il comune nei confronti del privato, che ha versato il relativo contributo, nè
ad eseguire le opere di urbanizzazione primaria nè a prevederne l'attuazione.
Il privato,
titolare del permesso non vanta una posizione soggettiva tutelabile ma è
destinatario di un mero interesse di fatto, il cui mancato soddisfacimento non
può costituire fonte di danno risarcibile. Cass. Civ., sez. III, 22 dicembre 2004, n. 23816, in Riv. corte
conti, 2004, f. 6, 219.
Nessun commento:
Posta un commento