sabato 4 febbraio 2017

giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di urbanistica ed edilizia.

La giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

L’art. 34 del D.L.vo 80 del 1998 attribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie relative ad atti, provvedimenti e comportamenti della pubblica amministrazione in materia di urbanistica ed edilizia. A. TRAVI, Formulario annotato della giustizia amministrativa, 2008, 106.

Il comma 2 dell’art. 34 del D.L.vo 80/1998 afferma che rientrano nella materia urbanistica tutti gli aspetti dell’uso del territorio.
L’art. 7, L. 205/2000, che sostituisce l’art. 35, L. 80/1998, riconosce al giudice amministrativo operante in sede di giurisdizione esclusiva il potere di disporre di tutti i mezzi di prova previsti dal c.p.c. con l’unica eccezione delle prove legali, ossia del giuramento e della confessione. M.A. SANDULLI, Profili della nuova giurisdizione esclusiva del g.a. in materia urbanistica ed edilizia, in Riv. Giur. Ed., 2001, II, 87.

Sui nuovi contenuti della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo si rinvia alla Voce: Giurisdizione amministrativa par. 5.1.

1.1. Il risarcimento del danno.

Il giudice amministrativo, investito della giurisdizione esclusiva sulla controversia in materia di urbanistica ed edilizia, può disporre il risarcimento del danno ingiusto, anche attraverso la reintegrazione in forma specifica, ex art. 35, D.L.vo 80/1998.
606/1
L'obbligazione risarcitoria della pubblica amministrazione deriva da qualsiasi violazione del dovere funzionale dell'operatore pubblico, suscettibile di provocare danno a taluno e si può escludere il risarcimento solo ove non sia chiaro o provato il nesso causale tra lesione e nocumento, idoneo a trasformare quest'ultimo in danno.
La norma distingue fra il giudizio di annullamento che accerta la illegittimità dell’atto e la sua potenziale risarcibilità emettendo i criteri cui il risarcimento deve ispirarsi e il giudizio di determinazione del risarcimento del danno.
La seconda parte del comma 2 dell'art. 35, L. 80/1998, mod. art. 7, comma 1,lett. c, L. 205/2000 dispone, infatti, se le parti non giungono ad un accordo, che, col ricorso previsto dall'art. 27, comma 1, n. 4, del t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, può essere chiesta la determinazione della somma dovuta.
Non è più necessario adire il giudice ordinario dopo avere ottenuto l’annullamento del provvedimento dal giudice amministrativo.
La Corte di Cassazione, inoltre,, con una sentenza che ha radicalmente mutato l’indirizzo precedente, ha sostenuto che l’atto illegittimo della pubblica amministrazione, che sia causa di un danno ingiusto, comporta la possibilità di agire contro l’amministrazione per ottenere il risarcimento del danno, prima ancora che sia stato disposto l’annullamento del provvedimento dal giudice amministrativo. Cass. civ., Sez. U., 26.3.1999, n. 500, in Guida Dir., 1999, n. 31, 37.
La sentenza è di grande importanza teorica, perché consacra il principio della risarcibilità degli interessi legittimi, ma di fatto è superata dal chiaro dettato legislativo che sottrae al giudice ordinario tale giurisdizione. Essa, infatti è stata attribuita per le cause successive al 30 giugno 1998 al giudice amministrativo almeno nelle principali materie, quali l’urbanistica ed i servizi pubblici, in cui ha giurisdizione esclusiva.
Il giudice amministrativo può disporre il risarcimento anche mediante il semplice rinvio a dei criteri, sulla base di quali l’amministrazione deve proporre all’avente titolo il pagamento di una somma entro un congruo termine.
In carenza di un accordo è ammesso il ricorso in ottemperanza, previsto dall'art. 24, 1° co., n. 4 del r.d. 26.6.1924, n. 1054, per richiedere la somma dovuta.
In tale eventualità appare evidente che le spese debbano essere addebitate, in caso di ulteriore omissione o di mancato rispetto delle modalità fissate dal giudice amministrativo, all’amministrazione soccombente.
I diritti patrimoniali consequenziali non sono più riservati alla giurisdizione del giudice ordinario. Questi sono attratti nell’orbita del giudice amministrativo, risparmiando al ricorrente un ulteriore processo.
Rimangono riservate al giudice ordinario le questioni pregiudiziali concernenti lo stato e la capacità dei privati individui, salve la capacità di stare in giudizio e la risoluzione dell’incidente di falso, ex art. 35, co. 4, D.L.vo 80/1998..
La giurisprudenza ha precisato i limiti temporali del riparto della giurisdizione.
Nelle materie già devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo la competenza a conoscere il risarcimento del danno è del giudice amministrativo se la domanda è proposta successivamente al 23.4.1998, data di entrata in vigore del D. L.vo 80/1998. T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 10.3.1999, n. 307, in Guida Dir., 1999, n. 23, 94.
La quantificazione del danno spetta al ricorrente che non però l’onere di fornire la prova del risarcimento del danno e della sua quantificazione già nel ricorso introduttivo.
Il giudice amministrativo può invitare la parte ad articolare i mezzi istruttori e a fornire documenti, rinviando ad altra udienza.

1.2. Il risarcimento per diniego illegittimo sulla domanda di permesso di costruire.

L’azione è data contro il comune per il solo fatto del ritardo, anche se successivamente il commissario ad acta ha ritualmente provveduto su richiesta di attivare la procedura sostitutiva.
Il danno emerge qualora i ritardi nell’emanazione del provvedimento dipendano da incertezze imputabili al Comune nella definizione dell'istanza, non implicante la risoluzione di particolari questioni di ordine urbanistico ovvero nell'inerzia dell'amministrazione nel conformarsi alla pronunzia giurisdizionale.
Detti elementi confermano la violazione da parte del Comune di un'evidente regola di buona amministrazione, e quindi lo svolgimento di attività provvedimentale contra legem produttiva di danno risarcibile.
La giurisprudenza precedente all’entrata in vigore del t.u. ed. ha dichiarato sussistere la responsabilità del Comune per il danno illegittimamente cagionato per il fatto di averne ritardato la facoltà edificatoria nel periodo intercorrente tra la data di diniego della concessione edilizia e quella di rilascio di quest'ultima da parte del commissario ad acta.
Il danno può essere richiesto sia qualora l’annullamento sia stato pronunciato in sede di autotutela spontanea sia in sede si autotutela contenziosa. L'interesse al risarcimento del danno per l'illegittimo diniego di permesso di costruire è stato dichiarato anche dopo che il provvedimento è stato assentito in via di autotutela dal Comune. T.A.R. Lazio sez. II, 19 ottobre 2002, n. 8909.
Il danno sofferto va quantificato a mezzo di apposita consulenza tecnica, mezzo istruttorio ora pienamente consentito nelle materie di giurisdizione esclusiva, come stabilito dall'art. 7, 3 comma, L. 21 luglio 2000, n. 205. T.A.R. Lazio, sez. II, 14 giugno 2001, n. 5244, in App. Urb. Ed., 2002, 362.
Nel caso di mancato rilascio del permesso di costruire, il giudice amministrativo tiene distinta la responsabilità del responsabile del procedimento da quella degli organi consultivi che supportano col loro parere il provvedimento di rilascio.
Per contro la domanda di risarcimento del danno per illegittimità del diniego di permesso di costruire non è ammissibile nel caso in cui non si abbia la certezza che il provvedimento autorizzatorio debba essere rilasciato né l'esistenza di un siffatto obbligo può essere dichiarata dal g.a., dal momento che la sua giurisdizione esclusiva in materia non si estende al merito amministrativo. Nel caso di specie, poiché il diniego è stato annullato a causa di un difetto di motivazione del parere presupposto, sussiste l'obbligo per le amministrazioni interessate di riesaminare la relativa domanda con salvezza degli ulteriori provvedimenti, di conseguenza non è ancora possibile affermare che la richiesta autorizzazione edilizia debba essere effettivamente rilasciata. T.A.R. Marche, 9 maggio 2002, n. 363, in Foro amm. TAR, 2002, 1591.

1.3. Il risarcimento per il silenzio sulla domanda di permesso di costruire.

La giurisprudenza ha precisato che è inammissibile la richiesta di risarcimento nel caso di ricorso contro il silenzio dell’amministrazione.
Con tale procedura il ricorrente può ottenere solo una pronuncia del giudice sulla illegittimità dell’inerzia della pubblica amministrazione, con conseguente di condanna a provvedere da parte del giudice.
Il sindacato del giudice non può investire in tale rito il merito del provvedimento; va, pertanto, disattesa la domanda di risarcimento del danno.
La controversia verte in tema di sussistenza o meno dell'obbligo della p.a. di pronunciarsi in senso positivo o in senso negativo. T.A.R. Campania, sez. II, Salerno, 12 giugno 2001, n. 870.
La dottrina è favorevole all’indirizzo restrittivo in quanto il giudizio disciplinato dall'art. 21 bis, l. n. 1034 del 1971 è diretto ad accertare se il silenzio violi l'obbligo dell'amministrazione di adottare un provvedimento esplicito sull'istanza del privato e, in caso affermativo, ad imporre all'amministrazione di provvedere sull'istanza entro il termine assegnato nominando, in caso d'inadempienza un commissario ad acta per l'esercizio, in via sostitutiva, della potestà amministrativa appartenente all'organo rimasto inadempiente, non potendo il giudice sostituirsi all'amministrazione e ordinare un provvedimento determinato. Cons. St., A. Pl., 9 gennaio 2002, n. 1.

Il ritardo da parte della p.a. nella definizione delle istanze del privato non comporta, per ciò solo, l'affermazione della responsabilità per danni. Il sistema di tutela degli interessi pretensivi consente il passaggio a riparazioni per equivalente solo quando l'interesse pretensivo assuma a suo oggetto la tutela di interessi sostanziali e, perciò, la mancata emanazione o il ritardo nella emanazione di un provvedimento vantaggioso per l'interessato suscettibile di appagare un bene della vita.
La giurisprudenza distingue l’ipotesi in cui l’amministrazione ha rigettato le istanze sia pure con ritardo da quelle in cui il danno dipende da istanze ancora perdurante. L. VALLA, Il giudice amministrativo e il risarcimento del tempo perduto, in Urb. App., 2006, 656.
Essa ritiene che non sia possibile accordare il risarcimento del danno da ritardo della p.a. nel caso in cui i provvedimenti adottati in ritardo risultino di carattere negativo per colui che ha presentato la relativa istanza di rilascio e le statuizioni in essi contenute siano divenute intangibili per la omessa proposizione di una qualunque impugnativa.
Evidentemente il diniego illegittimo annullato dal g.a. comporta la possibilità di risarcimento.
Nel caso di un'istanza di condono edilizio il cui diniego sia stato ritenuto illegittimo ed annullato con sentenza passata in giudicato per la pregressa formazione del silenzio-accoglimento sull'istanza prodotta ex art. 35 l. n. 47 del 1985 e, a seguito della decisione di annullamento, sia stata rilasciata la concessione in sanatoria, la giurisprudenza ha accolto la domanda di risarcimento del danno per lesione del correlato interesse legittimo pretensivo
Detta domanda successivamente avanzata in via pura ed autonoma innanzi al g.a. dal beneficiario del titolo in sanatoria, era finalizzata ad ottenere il ristoro della perdita di utilità conseguente alla mancata utilizzazione dell'immobile sanato, e dei maggiori costi sostenuti per l'ultimazione dello stesso. T.A.R. Puglia Bari, sez. III, 26 luglio 2004, n. 3472
Il g.a. riconosce il risarcimento del danno causato al privato dal comportamento dell'Amministrazione quando sia stata accertata la spettanza al bene della vita, ovvero nelle ipotesi in cui non sia emanato o sia emanato in ritardo un provvedimento vantaggioso per l'interessato
Inoltre, prima dell'entrata in vigore dell'art. 6 bis, L. 80/2005, era necessaria, ai fini della rituale formazione del silenzio-rifiuto, che la presentazione dell'istanza fosse seguita, dopo la scadenza dei termini procedimentali, dalla notifica di apposito atto di diffida, che nel sistema previgente rappresentava la conditio sine qua non per la costituzione delle inadempienze pubblicistiche.
Solo per effetto dell'entrata in vigore dell'art. 6 bis, L. 80 del 2005, non è vi è più la necessità, ai fini della rituale formazione del silenzio-rifiuto, di notificare l'apposito atto di diffida, dopo la presentazione dell'istanza rimasta senza esito.
La controversia con cui si chiede il risarcimento del danno da ritardo da parte della p.a. nella definizione dei procedimenti di rilascio di titoli autorizzativi edilizi appartiene alla giurisdizione del g.a.
In tale caso, non si è di fronte a comportamenti della p.a. invasivi dei diritti soggettivi del privato in violazione del neminem laedere che la sentenza n. 204 del 2004 della Corte costituzionale ha devoluto alla cognizione del g.o.
Si è, infatti, in presenza della diversa ipotesi del mancato tempestivo soddisfacimento dell'obbligo della autorità amministrativa di assolvere adempimenti pubblicistici, aventi ad oggetto lo svolgimento di funzioni amministrative. Si tratta di interessi legittimi pretensivi del privato, che ricadono, trattandosi della materia urbanistico-edilizia nella giurisdizione esclusiva del g.a. Cons. St., a. plen., 15 settembre 2005, n. 7, in Foro amm. CDS, 2005, f. 9, 2519.


1.4. Il risarcimento per l’annullamento del permesso di costruire.

I provvedimenti di autotutela sono soggetti al sindacato del giudice amministrativo, al fine di verificare se il richiedente possa pretendere - una volta ottenuto l’annullamento del provvedimento di secondo grado - i relativi danni all’amministrazione comunale.
Nel caso di annullamento di concessione edilizia la giurisprudenza precedente all’entrata in vigore del t.u. ed. ha ritenuto che sussistono i presupposti del danno qualora il preesistente permesso di costruire sia stato illegittimamente annullato.
L'annullamento di un preesistente titolo edilizio in sede di esercizio del potere sostitutivo incide, infatti, su di una situazione giuridica soggettiva qualificabile, a fronte del previo ottenimento del titolo edilizio e del successivo esercizio del potere suddetto, in termini di interesse oppositivo; ai fini della risarcibilità del danno a ciò è connesso altresì l'interesse al bene della vita rinvenibile nell'interesse alla realizzazione ed al godimento dell'edificio progettato sul terreno di proprietà dei ricorrenti. T.A.R. Liguria, sez. I, 18 marzo 2004, n. 276.
La giurisprudenza ha anche elaborato i seguenti criteri di quantificazione dei maggiori costi sostenuti dal richiedente in virtù del provvedimento di annullamento evidente causa di ritardo nei lavori.
Ai fini della quantificazione del danno derivante dalla ritardata esecuzione di opere edilizie private in conseguenza di una illegittima adozione di provvedimento di annullamento di concessione edilizia vanno utilizzati i seguenti criteri di quantificazione:
a) maggiori costi di progettazione e costruzione del manufatto documentati dai ricorrenti;
b) presunti costi di demolizione, ivi compresi quelli di trasporto e smaltimento dei materiali di risulta, del manufatto stesso;
c) importo dei canoni di locazione non riscossi in virtù della mancata ultimazione del manufatto, da calcolarsi, sulla base dei canoni medi di mercato per immobili delle medesime caratteristiche, a partire dalla data di presunta ultimazione del manufatto sino a quella della sentenza;
d) rivalutazione monetaria delle somme sub a), b) e c) e degli interessi al tasso legale sulle medesime somme via via rivalutate. T.A.R. Sicilia Catania, sez. I, 31 dicembre 2003, n. 2144, in Foro Amm. T.A.R., 2003, 3650.
Processualmente la domanda risarcitoria non è procedibile in carenza di una richiesta preventiva di annullamento dell'atto amministrativo che si intende lesivo, nei termini di decadenza dell’azione. Il risarcimento del danno presuppone l'accertamento da parte del giudice della sussistenza di un evento dannoso, della qualificabilità del danno come ingiusto e della riferibilità dell'evento dannoso alla condotta della p.a. e della imputabilità dell'evento dannoso a dolo o colpa non dell'agente, ma dell'apparato amministrativo. T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 11 dicembre 2002, n. 5109.
A maggior ragione l’azione è data contro un illegittimo annullamento da parte dell'amministrazione comunale del provvedimento rilasciato dal commissario.
La responsabilità della p.a., conseguente all'adozione di un illegittimo annullamento di una concessione edilizia rilasciata dal commissario ad acta, va inserita nel contesto dell'art. 2043 c.c. Cons. St., sez. V, 6 agosto 2001, n. 4239, in Riv. Giur. Ed., 2001, I, 900.

1.5. Il risarcimento per l’annullamento del provvedimento di decadenza dal permesso di costruire.

La decadenza per mancato inizio dei lavori paralizza la possibilità di esercitare lo ius aedificandi; l’atto illegittimo dell’amministrazione può comportare al richiedente un danno ingiusto da risarcire.
Secondo la giurisprudenza precedente all’entrata in vigore del t.u. ed. per esserci un danno il provvedimento deve essere illegittimo per motivi sostanziali e non meramente procedurali. Non è configurabile alcuna forma di responsabilità a carico dell'amministrazione che abbia emesso un provvedimento di decadenza da una concessione edilizia riconosciuto illegittimo soltanto per vizi di natura formale - motivazione insufficiente nonché omessa comunicazione dell'avvio del procedimento ai sensi della l. 241 del 1990 - laddove sia pacifica, con l'inerzia del concessionario nel dare inizio alle opere, la fondatezza sostanziale della misura. T.A.R. Lombardia, sez. Brescia, 17 ottobre 2002, n. 1500.
La richiesta è rapportata ad un tempo specifico - dalla data dell’interruzione alla data della possibile esecuzione dei lavori.
Essa è, quindi, teoricamente ipotizzabile anche nel caso in cui gli stessi lavori non siano eseguibili ad un determinato periodo per la successiva entrata in vigore di nuova normazione urbanistica.
Tale nuovo provvedimento ha, infatti, solo l’effetto di limitare nel tempo la richiesta del danno, ma non di escluderla.
La giurisprudenza ha ribadito che permane l'interesse alla decisione della controversia relativa all'istanza di annullamento del diniego della richiesta di inizio dei lavori, della diffida a dare inizio ad opere edilizie e della dichiarazione di decadenza della concessione edilizia anche nel caso in cui prima della realizzazione dell'intervento edificatorio sia intervenuto un nuovo strumento urbanistico che abbia impresso all'area di proprietà del ricorrente la destinazione a verde pubblico, ostativa alla realizzazione dell'intervento.
La questione rileva ai fini risarcitori, previa dimostrazione della sussistenza dei requisiti delineati dall'art. 2043 c.c. T.A.R. Marche, 3 febbraio 2004, n. 11.
La domanda risarcitoria non è fondata nel caso in cui l'amministrazione, a seguito di due accertamenti di tecnici comunali, abbia assunto il provvedimento di decadenza della concessione edilizia per la realizzazione di un complesso di campi da tennis oltre un anno dopo il rilascio del provvedimento ampliativo e la società interessata non abbia intrapreso alcuna iniziativa volta a contestare l'accertamento dell'inerzia come rilevata dagli organi comunali, in merito all'acquisizione dell'area, non abbia avanzato richieste finalizzate alla stipulazione della convenzione per l'assegnazione dell'area né rivolte all'ottenimento di una nuova concessione edilizia.
Il risarcimento del danno presuppone l'accertamento da parte del giudice della sussistenza di un evento dannoso, della qualificabilità del danno come ingiusto e della riferibilità dell'evento dannoso alla condotta della p.a. e della imputabilità dello stesso a dolo o colpa non dell'agente, ma dell'apparato amministrativo. T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 11 dicembre 2002, n. 5109.

1.6. Il risarcimento per l’annullamento dell’ordine di demolizione.

E’ stato riconosciuto il danno derivante dall’annullamento di un ordine di demolizione.
Nel caso di specie il giudice amministrativo ha riconosciuto il danno relativo all’impossibilità di edificazione dalla data di sospensione dei lavori alla data del passaggio in giudicato della sentenza d’annullamento del provvedimento comunale.
Tale danno è evidente e non abbisogna di particolare prova.
In caso d’annullamento giurisdizionale di un ordine di demolizione di una casa per civile abitazione, il danno per il mancato godimento è in re ipsa e la sua entità, in mancanza di altri elementi può essere quantificata in via equitativa tramite il ricorso al procedimento di liquidazione previsto dal art. 35, 2 comma , d.lg. 80/1998. T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, 12 maggio 1999, n. 617.
Nella fattispecie il giudice amministrativo ha ordinato al Comune di proporre a favore del ricorrente il pagamento di una somma di denaro, indicando tempi e modo di corresponsione, commisurata al valore locativo medio dell’immobile oggetto di processo per il periodo della sospensione dei lavori.
Non sono stati riconosciuti i maggiori costi dedotti dal ricorrente dovuti all’illegittima sospensione dei lavori.
In linea teorica il T.A.R. non ha escluso tale possibilità di risarcimento, ma l’ha subordinata ad una prova dei maggiori oneri da fornirsi con la produzione del contratto e del relativo capitolato d’appalto, con documentazione contabile o fiscale ovvero con l’elencazione dell’eventuale materiale distrutto o deperito per il decorso del tempo durante la sospensione dei lavori.
Il giudice amministrativo non ha riconosciuto i maggiori costi di progettazione richiesti, poiché i progetti di variante approntati dal ricorrente non erano consequenziali al provvedimento di sospensione, ma dipendono da esigenze tecniche obiettive non imputabili all’amministrazione. La giurisdizione è, invece, del giudice ordinario per le richieste avanzate in data antecedente l’entrata in vigore del suddetto d. lg. 80/1998.
1.6.1. Il risarcimento del danno per incompetenza nell’emanazione dei provvedimenti edilizi. Non compete.

Per la più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato, non può essere messa in dubbio la competenza dei dirigenti rispetto agli atti di gestione e ai provvedimenti degli Enti locali, per lo meno a seguito delle modifiche apportate dalla L. 191/1998. (Cons. St., Sez. V, 8 marzo 2005, n. 952).
Gli effetti dell'incompetenza dell'autorità che ha adottato atti sanzionatori, quali ad esempio un’ordinanza di demolizione devono esaminarsi alla luce della nuova disciplina della patologia del provvedimento amministrativo introdotta dalla recente legge n. 15/2005, che risulta immediatamente applicabile alle controversie pendenti (T.A.R. Sardegna, Sez. II, 25 marzo 2005, n. 483).
Il primo comma dell'art. 21 octies, L. 241/1990, ribadisce che è annullabile il provvedimento amministrativo adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza.
Il comma successivo afferma che non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Da una lettura combinata del primo e del secondo comma dell'art. 21 octies, L. 241/1990, si desume che quando è accertata l'incompetenza relativa dell'organo adottante il provvedimento deve essere necessariamente annullato, non potendo trovare applicazione la disposizione che ne preclude l'annullamento laddove sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
Tale disposizione si riferisce soltanto ai casi in cui il provvedimento sia stato adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma.
Né sembra possibile includere le norme sulla competenza tra le norme sul procedimento amministrativo o tra le norme sulla forma degli atti.
Il legislatore ha inteso confermare la tripartizione dei vizi di legittimità dell'atto amministrativo, in base alla quale la violazione delle norme sulla competenza configura il vizio di incompetenza, mentre la violazione di norme sul procedimento o sulla forma rientra nell'ambito più generale della violazione di legge.
La scelta legislativa di escludere l'applicazione dell'art. 21 octies, comma 2, prima parte, L. 241/1990, nel caso in cui il provvedimento vincolato sia stato adottato da un'autorità incompetente può destare perplessità nei casi come quello in esame, in cui l'azione di annullamento è strumentale ad una domanda di risarcimento danni.
Qualora l'Amministrazione abbia agito nell'esercizio di un potere vincolato, perché l'ordine di demolizione - qualora si tratti di opere realizzate nelle zone indicate dall'art. 4, comma 2, della L. 47/1985 - deve seguire automaticamente all'accertamento dell'illecito, senza la necessità di una preventiva notifica della diffida a demolire e senza alcun margine per valutazioni discrezionali.
In tal caso il contenuto dispositivo del provvedimento impugnato non può essere diverso anche se sia stato adottato dal competente dirigente.
Non potendosi fare applicazione del secondo comma dell'art. 21 octies, L. 241/1990, l'ordinanza di demolizione deve essere inevitabilmente annullata e, quindi, si deve procedere all'esame della domanda di risarcimento dei danni cagionati dall'esecuzione di tale provvedimento.
La lesione dell'interesse legittimo di per sé non è sufficiente per affermare la risarcibilità del danno derivante dall'esecuzione del provvedimento impugnato.
L’affermazione non equivale certamente ad affermare la indiscriminata risarcibilità degli interessi legittimi come categoria generale.
Il risarcimento compete soltanto se l'attività illegittima della P.A. abbia determinato la lesione dell'interesse al bene della vita al quale l'interesse legittimo, secondo il concreto atteggiarsi del suo contenuto, effettivamente si collega, e che risulta meritevole di protezione alla stregua dell'ordinamento.
La lesione dell'interesse legittimo è condizione necessaria, ma non sufficiente, per accedere alla tutela risarcitoria ex art. 2043 c.c., poiché occorre altresì che risulti leso, per effetto dell'attività illegittima e colpevole della p.a., l'interesse al bene della vita al quale l'interesse legittimo si correla, e che il detto interesse al bene risulti meritevole di tutela alla luce dell'ordinamento positivo.
La giurisprudenza distingue inoltre tra interessi legittimi oppositivi e pretesivi.
Secondo le Sezioni Unite n. 500/1999 per quanto concerne gli interessi legittimi oppositivi, può ravvisarsi danno ingiusto nel sacrificio dell'interesse alla conservazione del bene o della situazione di vantaggio conseguente all'illegittimo esercizio del potere.
Circa gli interessi pretensivi, la cui lesione si configura nel caso di illegittimo diniego del richiesto provvedimento o di ingiustificato ritardo nella sua adozione, si deve invece esaminare la consistenza della protezione che l'ordinamento riserva alle istanze di ampliamento della sfera giuridica del pretendente.
Valutazione che implica un giudizio, da condurre in riferimento alla normativa di settore, sulla fondatezza o meno della istanza, onde stabilire se il pretendente fosse titolare non già di una mera aspettativa, come tale non tutelabile, bensì di una situazione suscettibile di determinare un oggettivo affidamento circa la sua conclusione positiva.
Per gli interessi legittimi pretensivi, anche rispetto agli interessi legittimi oppositivi il pregiudizio dell'interesse individuale conseguente all'illegittimo esercizio del potere amministrativo non comporta automaticamente un danno ingiusto.
Il danno può definirsi ingiusto solo in quanto l'interesse al bene risulti in concreto meritevole di tutela alla stregua dell'ordinamento giuridico (T.A.R. Lazio, Sez. I, 17 maggio 2004, n. 4551).
La spettanza del bene della vita non può basarsi soltanto sulla rilevata incompetenza dell'organo che ha adottato il provvedimento avversato, la quale di per sé non consente di accertare se l'interesse del ricorrente risulti in concreto meritevole di tutela. Pur essendo dedotta anche l'incompetenza dell’amministrazione risulta evidente l'infondatezza della domanda di risarcimento dei danni qualora il contenuto dispositivo dell'ordinanza di demolizione non può essere diverso anche se adottata dal competente dirigente. T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 12 aprile 2005, n. 3780.













1.7. Il risarcimento per il diniego illegittimo sulla domanda di lottizzazione.

La domanda di ristoro del danno subito per diniego sulla domanda di approvazione del progetto di lottizzazione è proponibile solo allorquando l'amministrazione si sia positivamente pronunciata sull'istanza, riconoscendo espressamente la spettanza del bene della vita anelato.
In ossequio al fondamentale principio di non ingerenza degli organi giurisdizionali in valutazioni riservate all'esclusiva valutazione delle pubbliche amministrazioni, deve ritenersi inibito al giudice amministrativo, seppure ai soli fini del giudizio risarcitorio, accertare incidentalmente la spettanza della positiva conclusione del procedimento di approvazione del progetto di lottizzazione. T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. II, 11 marzo 2004, n. 613, Foro Amm. T.A.R., 2004, 835.
La domanda di annullamento di un provvedimento amministrativo lesivo di posizioni giuridiche soggettive dei privati è pregiudiziale rispetto alla domanda risarcitoria; non è permessa al giudice amministrativo una cognizione al solo fine del giudizio risarcitorio della legittimità dell'atto non impugnato nei termini decadenziale.
Da questo deriva che la domanda risarcitoria è ammissibile se l'azione di annullamento è tempestivamente esercitata nel termine legale di decadenza, senza tuttavia imporre la formazione del giudicato sulla decisione costitutiva successiva alla domanda; pertanto è ammissibile la domanda risarcitoria per lesione di interessi legittimi proposta quando ancora non si sia formato il giudicato in ordine alla domanda di annullamento del provvedimento.

1.8. Il risarcimento per l’annullamento di variante a piano di lottizzazione.

La Suprema Corte ha radicalmente mutato l’indirizzo precedente; essa ha sostenuto che l’atto illegittimo della pubblica amministrazione, che sia causa di un danno ingiusto, comporta la possibilità di agire per ottenere il risarcimento del danno, prima ancora che sia stato disposto l’annullamento del provvedimento da parte del giudice amministrativo.
La fattispecie riguarda la richiesta di danno per mancata inclusione in una variante di piano regolatore di una lottizzazione precedentemente convenzionata con la proprietà.
La Corte ha respinto la richiesta di regolamento di giurisdizione fondata sulla mancanza di una preventiva sentenza del giudice amministrativo che accertasse l’illegittimità del provvedimento lesivo.
La sentenza ha grande valore di principio, anche se l’orientamento è
stato modificato a seguito dell’indirizzo che prevede la preventiva pregiudiziale amministrativa.
La Suprema Corte ha affermato che alla presenza di un atto illegittimo della pubblica amministrazione, che sia stato posto in essere con dolo o colpa e che sia stato causa di un danno ingiusto - diretta conseguenza del provvedimento – il suo destinatario ha titolo al risarcimento dei danni. Detto risarcimento compete anche se il ricorrente non è titolare non di un diritto soggettivo, ma di un interesse giuridicamente rilevante diverso dalla mera aspettativa. Ai fini della configurabilità della responsabilità aquiliana non assume rilievo la qualificazione formale della posizione giuridica vantata dal soggetto, essendo la tutela risarcitoria assicurata esclusivamente in relazione all’ingiustizia del danno.
La giurisprudenza ha, inoltre, precisato che tutela risarcitoria ha una funzione sussidiaria rispetto alla tutela giurisdizionale accordata con l'annullamento dell'atto impugnato.
Gli effetti conformativi derivanti dal giudicato di annullamento garantiscono la tutela della posizione di interesse legittimo.
Esso trova tutela risarcitoria solo qualora, a causa del decorso del tempo o di altri motivi, non sia, in tutto o in parte, possibile ottenere gli effetti conformativi dell'annullamento o comunque residuino dei danni. T.A.R. Marche, 20 gennaio 2003, n. 6.


1.8.1. Il risarcimento del danno per lesione interessi soggettivi. La mancata esecuzione da parte del comune di opere di urbanizzazione.

Il comune, ove in privato non abbia chiesto di eseguire direttamente i lavori, deve eseguire le opere nel termine del triennio, ex art. 12, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
La disposizione si riconnette all’art. 14, L. 109/1994.
Detta norma prevede che l'attività di realizzazione dei lavori pubblici di singolo importo superiore a 100.000 euro si svolga sulla base di un programma triennale e di suoi aggiornamenti annuali che le amministrazioni comunali predispongono ed approvano unitamente all'elenco dei lavori da realizzare nell'anno stesso.
Il programma triennale indica le caratteristiche funzionali, tecniche, gestionali ed economico-finanziarie degli interventi in esso previsti.
La giurisprudenza ritiene legittime anche le opere non contenute nel programma triennale.
In tal caso le opere pubbliche, non inserite nel programma triennale, possono essere realizzate sulla base di un autonomo piano finanziario che non utilizzi risorse già previste tra i mezzi finanziari dell'amministrazione al momento della formazione dell'elenco.
Il mancato inserimento dell'opera non implica l'illegittimità della sua esecuzione quando essa sia finanziata con fondi diversi da quelli previsti in sede di redazione del programma medesimo. (T.A.R. Toscana, sez. III, 16 aprile 2004, n. 1162, in Foro amm. TAR, 2004, 1017,2088 nota GRASSI).
Il privato che abbia corrisposto degli oneri di urbanizzazione e sia in attesa di vedere realizzate le opere di urbanizzazione da parte del comune può verificare se la loro imminente realizzazione sia prevista nel programma triennale approvato dall’amministrazione o nei suoi aggiornamenti.
La giurisprudenza ammette la domanda di risarcimento del danno ex art. 2043 c.c. da comportamento della p.a. consistente nella mancata esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria relative ad alloggi costruiti dal privato in virtù permesso di costruire rilasciatogli.
La richiesta di risarcimento dei danni trae origine dal fatto che il comune non ha provveduto al completamento delle opere di urbanizzazione primaria relative agli alloggi costruiti in virtù dei provvedimenti ottenuti; opere per le quali è stato versato il relativo contributo.
La controversia in tal caso non ha per oggetto l'illegittimità di un atto o di un provvedimento della pubblica amministrazione, ma solo la asserita illegittimità di un suo comportamento - la mancata esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria cui si è innanzi fatto cenno - che ha sostenuto essere foriero di un suo danno ingiusto.
Per determinare la giurisdizione nel caso di specie bisogna rifarsi alle determinazioni della Corte Costituzionale.
Essa ha precisato che nel disegno voluto dal costituente, il riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo non può mai avvenire per il solo fatto che parte in causa sia la p. a., ma deve essere effettuato sulla base della concreta situazione giuridica dedotta in giudizio, distinguendo fra diritto soggettivo ed interesse legittimo.
Nel determinare quali siano le particolari materie che, ai sensi dell'art. 103 cost., possono essere devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, il legislatore non gode di discrezionalità illimitata, ma è tenuto a rispettare il principio secondo cui le materie di giurisdizione esclusiva debbono essere sempre individuate in base: a) al fatto che in esse la p.a. agisca attraverso l'esercizio di poteri autoritativi; b) al fatto che esse coinvolgano comunque (anche) interessi legittimi.
La Corte ha dichiarato costituzionalmente illegittimo, per contrasto con l'art. 103 cost., l'art. 33, comma 1, D.LG. n. 80 del 1998, come sostituito dall'art. 7 lett. a), L. 205 del 2000, nella parte in cui prevede che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo "tutte le controversie in materia di pubblici servizi, ivi compresi quelli" anziché "le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi, ovvero relative a provvedimenti adottati dalla p.a. o dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento amministrativo disciplinato dalla l. 241 del 1990, ovvero ancora relative all'affidamento di un pubblico servizio, ed alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore. (Corte cost., 6.7.2004, n. 204, DG, 2004, f. 29, 16 nota Rossetti; Medici. De Roberto A., La giustizia amministrativa oggi, in Cons. St., 2004, II, 685).
Il D.LG. 31 marzo 1998, n. 80, non è applicabile nel caso di specie per effetto della sentenza della Corte Cost. n. 281 del 2004.
Sussiste, invece, la giurisdizione del giudice ordinario, al quale spetta, in linea di principio, la competenza giurisdizionale a conoscere di questioni di diritto soggettivo, tale essendo la natura della pretesa risarcitoria, che è distinta dalla posizione giuridica soggettiva la cui lesione è fonte di danno ingiusto.
Essa può avere natura di diritto soggettivo, di interesse legittimo, nelle sue varie configurazioni, correlate alle diverse forme di protezione, o di interesse comunque rilevante per l'ordinamento. (Cass. Civ., sez. un., 4 febbraio 2005, n. 2206).
La controversia non ha origine nei provvedimenti autorizzatori edilizi né rientra quindi nella materia delle urbanizzazioni, è sottratta alla giurisdizione del giudice amministrativo.
Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale l'azione di risarcimento del danno, di cui all'art. 2043, c. c., deve essere proposta davanti al giudice ordinario, al quale spetta, in linea di principio, la competenza giurisdizionale a conoscere di questioni di diritto soggettivo. (Cass. Civ., sez. un., 25 novembre 1998, n. 11934, in Giust. civ. Mass., 1998, 2448).
Diversamente la giurisprudenza ha ritenuto che il rilascio del permesso di costrire non obbliga il comune nei confronti del privato, che ha versato il relativo contributo, nè ad eseguire le opere di urbanizzazione primaria nè a prevederne l'attuazione.
Il privato, titolare del permesso non vanta una posizione soggettiva tutelabile ma è destinatario di un mero interesse di fatto, il cui mancato soddisfacimento non può costituire fonte di danno risarcibile. Cass. Civ., sez. III, 22 dicembre 2004, n. 23816, in Riv. corte conti, 2004, f. 6, 219.



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