Il permesso
di costruire. La riforma del T.U. 380/2001.
Il
T.U. sull’edilizia approvato con D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, definisce le
categorie di interventi che comportano una trasformazione urbanistica ed
edilizia del territorio e che sono soggetti al preventivo rilascio del permesso
di costruire.
Esso
riduce a due i provvedimenti che consentono la realizzazione di opere edilizie:
il permesso di costruire disciplinato dall’art. 10 e segg., D.P.R. 6 giugno
2001, n. 380, e la denuncia di inizio di attività, regolata dall’art. 22,
D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
Gli interventi
per i quali è richiesto il rilascio del permesso di costruire sono i seguenti:
a) gli
interventi di nuova costruzione;
b) gli
interventi di ristrutturazione urbanistica;
c) gli
interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in
tutto o in parte diverso dal precedente, secondo la modifica portata dall’art.
1, comma 1, lett. b), D.L.vo 301/2002, e che comportino aumento di unità
immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti e delle
superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee
A, comportino mutamenti della destinazione d’uso.
Tali interventi
possono essere facoltativamente soggetti a d.i.a., vedi par. 4.1.
Tali definizioni
sono ulteriormente precisate dall’art. 3 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
Dette
disposizioni operano direttamente nei riguardi delle regioni a statuto
ordinario fino a quando esse non si adeguano al dettato normativo, ex art. 2,
3° co., del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
Le leggi
regionali – come ad esempio la L.R. Toscana 14 ottobre 1999, n. 52, e la L.R.
Lombardia 18 novembre 1999, n. 22, confermata dalla L.R. Lombardia 16 febbraio
2000, n. 193 - che hanno notevolmente esteso l’ambito di efficacia della
denuncia di inizio di attività in materia edilizia fino al punto di sostituire
la concessione edilizia, P. MANTINI, L’urbanistica tra riforma costituzionale
incrementale e autonomia amministrativa, in Riv. Giur. Ed., 2001, II, 118,
devono, pertanto, adeguarsi alla nuova normativa.
3.1. Il
procedimento di rilascio. Lo sportello unico.
Il procedimento
di rilascio del permesso di costruire è previsto dall’art. 20, D.P.R. 6 giugno
2001, n. 380.
Il T.U.
trasforma in regolamentari alcune disposizioni prima legislative, con
l’obiettivo di ridurre i tempi procedimentali secondo la delega di cui all’art.
7, 2° co., lett. a), L. 50/1999, mod. art. 1, 6° co., lett. e), L. 340/2000.
In attuazione a
tali criteri di semplificazione procedurale viene creato lo sportello unico per
l’edilizia che deve essere istituito dalle amministrazioni comunali.
Esso ha il
compito di fornire al cittadino tutte le informazioni in materia di costruzioni
e, soprattutto, di curare i rapporti tra l’amministrazione comunale, il privato
e le altre amministrazioni chiamate a pronunciarsi sull’intervento edilizio, ex
art. 5, 2° co., lett. e), D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 .
L’art. 5, 4°
co., D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, identifica gli atti di assenso che devono
essere acquisiti dall’ufficio dello sportello unico come, ad esempio,
l’autorizzazione regionale per le costruzioni in zone sismiche o gli atti di
assenso previsti dal T.U. sui beni culturali ed ambientali.
Fra i pareri
obbligatori non è più contemplato quello della commissione edilizia la cui
formazione è condizionata dalle disposizioni del regolamento edilizio comunale.
Lo sportello
unico comunica entro dieci giorni il nominativo del responsabile del
procedimento.
La fase
preparatoria al provvedimento è affidata al responsabile del procedimento che
deve valutare la conformità del progetto alla normativa vigente e formulare una
proposta di provvedimento entro sessanta giorni dalla presentazione della
domanda, ex art. 20, 3° co., D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
Viene ribadito
che l’esame delle domande si svolge secondo l’ordine di presentazione.
Tale impostazione appare in linea con quanto disposto dall’art. 107 del D. L.vo 18 agosto 2000, n. 267, che attribuisce ai dirigenti tutti i compiti di attuazione degli obiettivi e dei programmi definiti con gli atti di indirizzo adottati dall’organo politico, secondo le modalità stabilite dallo statuto e dai regolamenti dell’ente.
Tale impostazione appare in linea con quanto disposto dall’art. 107 del D. L.vo 18 agosto 2000, n. 267, che attribuisce ai dirigenti tutti i compiti di attuazione degli obiettivi e dei programmi definiti con gli atti di indirizzo adottati dall’organo politico, secondo le modalità stabilite dallo statuto e dai regolamenti dell’ente.
Rientrano in
tali compiti i provvedimenti di assenso, il cui rilascio presupponga
accertamenti e valutazioni anche di natura discrezionale, nel rispetto di
criteri predeterminati dalla legge, dai regolamenti, da atti generali di
indirizzo, comprese le autorizzazioni e le concessioni edilizie, ora permessi
di costruire.
Il responsabile
deve richiedere d’ufficio le modifiche necessarie a rendere conforme il
progetto alla normativa vigente.
Il termine relativo
all’emanazione del provvedimento può essere interrotto una sola volta per
richiedere integrazioni alla domanda.
La fase
consultiva, ove sia necessaria, viene realizzata attraverso la convocazione di
una conferenza di servizi.
Essa deve esser
convocata anche su richiesta del richiedente entro i termini previsti dall’art.
14, L. 241/1990.
I termini per la
conclusione del procedimento sono tassativi.
Il responsabile
del procedimento ha sessanta giorni dal momento della presentazione della
domanda ovvero dalla data di integrazione della documentazione per curare
l'istruttoria e formulare la proposta di provvedimento.
La integrazione
istruttoria può essere richiesta una sola volta ed entro 15 giorni dalla
domanda; il termine appare di carattere ordinatorio, se fosse tassativo si
incentiverebbe la presentazione di progetti carenti di documentazione.
La fase
costitutiva è demandata al responsabile del procedimento che deve valutare i
pareri formulati dalle altre amministrazioni nella conferenza di servizio.
Entro quindici
giorni dalla scadenza del termine della formulazione della proposta o
dall’esito della conferenza di servizio il responsabile del procedimento deve
emanare il provvedimento conclusivo.
Sembra esclusa
ogni possibilità di diniego che non trovi motivazione in una tassativa
disposizione di legge.
Le ipotesi sono
due: o entro il termine dei settantacinque giorni – sessanta per formulare la
proposta e quindici per redigere il provvedimento - si addiviene alla rituale
fase costitutiva della concessione con la firma del provvedimento da parte del
responsabile e la notifica al richiedente o, scaduto il termine, si inizia la
fase di tutela giurisdizionale o la fase sostitutiva da parte della regione.
Pur cambiando la
fase procedimentale non cambia la natura giuridica dello ius aedificandi e la
qualificazione giuridica del richiedente che rimane di interesse legittimo che
si espande solo coll'emanazione del provvedimento concessorio
dell'amministrazione .
Il silenzio
sulla richiesta a provvedere non ha effetti costitutivi in ordine alla nascita
di un diritto a costruire, ma consente l'avvio della tutela giurisdizionale
davanti al giudice amministrativo o di procedure sostitutive.
Decorso il
termine per l’adozione del provvedimento la domanda di permesso di costruire si
intende rifiutata, art. 20, 9° co., D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, con la
possibilità di impugnare il silenzio rifiuto richiedendo l’eventuale
risarcimento del danno.
Scaduto il
termine per la emanazione del provvedimento il richiedente può attivare
l'intervento sostitutivo della regione, inoltrando apposita domanda allo
sportello unico affinché il responsabile del procedimento si pronunci entro
quindici giorni.
Tale domanda
deve essere comunicata al sindaco al fine di consentirgli la verifica
procedimentale onde evitare l’intervento sostitutivo.
Decorso
inutilmente anche questo termine l’interessato può inoltrare richiesta di
intervento sostitutivo al competente organo regionale il quale, nei successivi
quindici giorni, nomina un commissario ad acta che deve provvedere entro
sessanta giorni.
Trascorso detto
termine si intende rifiutata anche la domanda di intervento sostitutivo, con
conseguente possibilità di impugnativa giurisdizionale, ex art. 21, 2° co.,
D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
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