Il problema di
come vincolare le aree attraverso gli strumenti urbanistici generali deve
essere risolto dalla normativa urbanistica alla luce dei principi
costituzionali che prevedono un congruo indennizzo per ogni limitazione al
diritto di proprietà ed il pieno rispetto del principio di uguaglianza dei
cittadini, evitando che alla creazione di rendite di posizione faccia riscontro
l'espropriazione senza indennizzo.
Per tali motivi
la Corte costituzionale dichiarò l'illegittimità dell'art.7 della legge
urbanistica che prevedeva la possibilità di istituire vincoli senza indennizzo
a tempo indeterminato.
Per essere in
sintonia col sistema ,le disposizioni di piano devono trovare attuazione entro
termini precisi,in modo che il potere ablatorio della pubblica amministrazione
si accompagni alla corresponsione del risarcimento entro termini ben definiti.
Corte
Cost.29-5-1968 n.55 ,in Riv.Giur.Ed. 1968,777.
Per rispondere
alle censure della corte il legislatore approvò la L.1187/1968 che disponeva la
perdita di efficacia dei vincoli di piano entro cinque anni dalla approvazione
dello strumento urbanistico,se non fossero stati approvati i relativi piani
attuativi ovvero non fosse stato perfezionato l'esproprio delle aree
interessate al vincolo.
Naturalmente la
programmazione esecutiva non è stata predisposta per tutte le aree vincolate ed
il legislatore è stato costretto all' emanazione di numerose leggi tampone fino
all'approvazione della legge sul regime dei suoli.
Secondo alcuni
essa comportava il superamento delle obiezioni fatte dalla corte costituzionale
in quanto l'attività edificatoria è subordinata alla concessione rilasciata
dalla pubblica autorità.
Non vi sono
vincoli che colpiscono la proprietà fondiaria poichè è impossibile esercitare
lo ius aedificandi prima del rilascio della concessione edilizia ovvero
dell'esercizio del potere programmatorio comunale attraverso il programma
pluriennale di attuazione.
A. Predieri ,La
legge 28-1-1977 n.10,1977,337.
Pareva priva di
sostenitori la tesi di coloro che ritenevano che, pur con l'entrata in vigore
della legge sul regime dei suoli, il sistema non fosse affatto perequato
rimanendo di fatto il vincolo senza indennizzo a tempo determinato, poichè lo
ius aedificandi pur con la nuova legislazione rimaneva in capo alla proprietà
fondiaria .
Gli stessi
problemi si riproponevano fino a che la strumentazione urbanistica non avesse
dato attraverso gli strumenti esecutivi o l'esproprio attuazione ai piani
generali nei termini di legge.
N.Centofanti,Legislazione
urbanistica e concessione ad edificare,1988,35.
La corte
costituzionale ha avvalorato questa impostazione affermando che il principio
del vincolo quinquennale fissato dalla L.1187/1968 dever intendersi tuttora vigente,mentre
la giustizia amministrativa ha dato delle ulteriori indicazioni in ordine agli
effetti che derivano dalla scadenza del termine quinquennale dei vincoli.
Le aree
interessate al vincolo scaduto sono soggette alla disciplina prevista
dall'art.4 L.10/1977 per i comuni sprovvisti degli strumenti urbanistici
generali.
Corte
Cost.27-4-1982 n.92 in Nuova Rass.1983,2626.Cons.Stato Ad. Pl.2-4-1984 n.7,in
Riv.Giur.Ed.1984,317.
Scaduto
infruttuosamente il quinquennio la cessazione di efficacia del vincolo urbanistico
comporta il venir meno della sua esecutorietà e della sua sussistenza quale
previsione urbanistica a cui corrisponde la necessaria riespansione delle
ordinarie facoltà del diritto di proprietà nei limiti dell'art.4 L.10 citata.
Così ad esempio
la presenza di un vincolo a parco oramai scaduto rende illegittima la delibera
di approvazione del progetto del parco ed i conseguenti atti ablatori.
Cons.Stato,Sez.IV,3-12-1990
n.941, in Riv.Giur.Ed. 1990,90.
Altra
giurisprudenza legittima ,pur con l'intervenuta decadenza l'attuazione delle
previsioni di piano purchè il proprietario,nei cui confronti il vincolo non è
più opponibile, consenta o faccia acquiescenza alla realizzazione dell'opera
pubblica ,che in tal caso non può essere considerata illegittima, pur in
presenza dell'intervenuta decadenza del vincolo ,affermando quindi che la
decadenzaha effetti dichiarativi e non costitutivi.
Cons.Stato,Sez.IV,20-3-1992,in
Riv. Giur.Ed.1992,441.
I vincoli di
inedificabilità che hanno perso efficacia per il decorso quinquennio dalla loro
imposizione possono essere reiterati.
La delibera
impositiva dei vincoli deve essere congruamente motivata sull'asserità
necessità e sul pubblico interesse che giustificano la riproposizione del
vincolo (e perchè non sulle ragioni della loro mancata attuazione).
La deliberazione
deve osservare la procedura prevista per l'adozione degli atti pianificatori
quali ad esempio il deposito del progetto,la ricezione delle osservazioni e
opposizioni da parte dei privati,pena l'illegittimità.
Cons.Stato,Sez.V,28-1-1992
n. 82, in Riv.Giur.Ed. 1992,86.
Non viene presa
in considerazione l'obiezione che in tal modo le aree, comprese nel perimetro
dei centri abitati, passano per effetto della caducazione del vincolo da un
regime di inedificabilità temporanea ad un regime di inedificabilità
permanente.
Teoricamente i
comuni sono obbligati a dotarsi di uno strumento urbanistico generale che
ricopra l'intero territorio ed in tal senso si ritiene che l'inedificabilità di
cui all'art.4 citato sia solo provvisoria.
In caso di
inerzia del comune ad adottare la nuova programmazione il privato può sempre
promuovere gli interventi sostitutivi della regione oppure agire in via
giurisdizionale seguendo il procedimento del silenzio rifiuto per fare
acclarare l'obbligo del comune di provvedere alla disciplina urbanistica della
zona.
In questo
ipotesi spetta sempre al comune discrezionalmente la scelta della nuova
destinazione da imprimere all'area mediante adeguata motivazione,e non si
capisce perchè gli amministratori debbano sconfessare precedenti scelte non
confermando la destinazione precedente.
Cons.Stato,Sez.IV,28-2-1992
n.226 in Riv.Giur.Ed.192,410.
Ma questa tutela
che la giustizia amministrativa si è sforzata di
costruire non
appare idonea a raggiungere l'effetto pratico che è in sostanza quello di far
mutare l'originaria localizzazione per l'accertata inadempienza comunale a
rispettare i tempi previsti dalle norme .
La questione di
legittimità delle norme che impongono un termine indeterminato o troppo lungo
alle destinazioni di zona è stata rimessa alla Corte Costituzionale.
TAR
Sicilia,Catania ord.12-5-1992 n.679 in Gazz.Uff. 21-10 1992,I serie speciale
che censura di sospetta illegittimità la LR Sicilia 30-4-1991 art.2 che proroga
il limite di inedificabilità decennale imposto al piano regolatore dalla LR
n.39/1973.
L'inadeguatezza
della tutela del giudice degli interesssi è stata rilevata dal giudice
ordinario che ha affermato come la tutela amministrativa sia carente poichè,
anche accertato l'obbligo del comune di provvedere alla disciplina urbanistica,
non deriverebbe alcuna indicazione sul contenuto di tale sistemazione e quindi
della modalità e tempi di utilizzo del terreno da parte della proprietà.
Corte
App.Firenze,Ord. 28-2-1992,in Gazz.Uff.7-10-1992 n.42.
Il giudice
ordinario ribalta il problema verificando la legittimità costituzionale delle
norme che, degradando il diritto soggettivo del proprietario a mero interesse,
gli precludono la via di ottenere il risarcimento del danno per un atto
sostanzialmente ablatorio e non supportato da vincoli imposti dal legislatore.
La tutela
risarcitoria trova un insormontabile ostacolo dal disposto dell'art.4 L.10/1977
che non fissando alcun termine perentorio dopo la scadenza del vincolo per
l'adozione della strumentazione urbanistica consente al comune di mantenere a
tempo indeterminato situazioni paragonabili alla inedificabilità assoluta con
conseguenze patrimoniali pregiudizievoli per il proprietario a causa del
protrarsi dell'inerzia a tempo indeterminato.
Questo articolo
osserva il giudice ordinario pare in palese contrasto con gli art.42 ,3 e 24
della costituzione nella parte in cui non prevede che il protrarsi dell'inerzia
dell'amministrazione
dopo la scadenza del vincolo ed oltre un certo lasso di tempo non determini il
diritto all'indennizzo per il proprietario. La Corte Costituzionale con
sentenza 185/1993 ha dichiarato la questione inammissibile poichè fissare i
tempi e le modalità di indennizzo è di competenza del legislatore.
La
Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimità costituzionale della
reiterazione dei vincoli ed ha disposto l’indennizzo per i vincoli scaduti e
reiterati dalle amministrazioni (Corte cost., 20.5.1999, n. 179, in Guida Dir.,
1999, n. 22, 133).
La Corte precisa
i caratteri che devono distinguere il vincolo perché possa essere soggetto ad
indennizzo.
Il vincolo deve
essere preordinato all’espropriazione o avere carattere espropriativo. Il
vincolo non deve superare la durata che il legislatore abbia fissato come
limite, non irragionevole e non arbitrario, affinché il vincolo stesso risulti
sopportabile da parte del singolo soggetto titolare del bene. Il vincolo non
deve superare, sotto il profilo quantitativo, la normale tollerabilità.
La Corte non
esclude che i vincoli decaduti possano essere reiterati in via amministrativa.
Possono,
infatti, sussistere ragioni giustificative accertate e motivate con congruo
provvedimento entro i limiti della ragionevolezza e della logicità.
Qualora i
vincoli assumano carattere patologico o quando vi sia una ripetizione o una
proroga sine die o all’infinito attraverso una reiterazione di proroghe, che si
aggiungano le une alle altre, o quando il limite temporale sia indeterminato e
senza una previsione di indennizzo, il sistema si scontra con i limiti posti
dalle norme costituzionali.
La Corte non
giunge a fissare i criteri per la concreta liquidazione del quantum
dell’indennizzo anche se pone le premesse per la loro definizione, ex art. 35,
D. L.vo 80/1998, vedi precedente par. 1.1.
L’indennizzo per
il protrarsi del vincolo è un ristoro non necessariamente integrale od
equivalente al sacrificio, per una serie di pregiudizi che si possono
verificare a danno del titolare del bene immobile colpito.
Esso deve essere
commisurato al mancato uso normale del bene ovvero alla diminuzione di prezzo
di mercato rispetto alla situazione giuridica antecedente alla pianificazione
che ha imposto il vincolo.
613s
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