4. La denuncia di inizio di attività. Il procedimento di rilascio.
La disciplina
della denuncia di attività è stata introdotta dall’art. 19, L. 241/1990.
Esso prevede
che, in tutti i casi in cui l’esercizio di un’attività sia subordinato ad
autorizzazioni, licenze, nulla osta, permessi o altri atti di consenso il cui
rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento dei presupposti o dei
requisiti di legge, senza la necessità che ai fini di tali accertamenti sia
necessario esperire prove che comportino valutazioni tecnico discrezionali,
l’attività medesima possa essere iniziata dal soggetto interessato con la
presentazione di una denuncia alla autorità amministrativa competente, salvo il
controllo successivo dell’amministrazione, Vedi voce Accesso al procedimento
amministrativo, par. 2.4.
Contestualmente
sono abrogate le norme di cui all’art. 48 della L. 457/1978, relative
all’autorizzazione ad edificare, così come integrate dall’art. 7 della L.
94/1982, le norme relative al silenzio assenso, di cui all’art. 8 della stessa
L. 94/1982, e gli artt. 10 e 26 sull’asseverazione della L. 47/1985.
L’art. 22 del
D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, precisa che gli interventi edilizi realizzabili
mediante denuncia di inizio di attività sono individuati in via residuale
rispetto alle categorie espressamente previste e sottoposte a permesso di
costruire, eventualmente integrate dalle ulteriori ipotesi individuate dalle
singole regioni.
L’indicazione
degli interventi che comportano trasformazione urbanistica ed edilizia del
territorio rende inutile l’elenco degli interventi edilizi minori.
Per questo tipo
di opere non è prevista la corresponsione del contributo di costruzione.
In tali ipotesi
il procedimento di rilascio viene sostituito da un procedimento assolutamente
semplificato, addossando al progettista la responsabilità di asseverare la
conformità delle opere alle disposizioni di piano o di regolamento edilizio ed
il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico sanitarie.
Il procedimento
di rilascio prevede che la denuncia di attività sia presentata allo sportello
unico trenta giorni prima dell’inizio dei lavori, ex art. 23, 1° co., D.P.R. 6
giugno 2001, n. 380.
Se il
responsabile del procedimento, nel termine indicato, non riscontra una delle
condizioni stabilite per la regolarità della denuncia notifica all’interessato
l’ordine motivato di non effettuare l’intervento.
Nel caso di
silenzio i lavori possono iniziare regolarmente dopo la scadenza del termine.
Quando
l’intervento oggetto di denuncia è sottoposto a un vincolo la cui tutela
compete all’amministrazione comunale il termine decorre dal rilascio del
relativo atto di assenso.
Qualora il
vincolo sia di competenza di altra amministrazione il competente ufficio
comunale convoca una conferenza di servizi.
Il termine in
tal caso decorre dal giorno dell’adozione del provvedimento da parte della
conferenza.
Il progettista
ha la responsabilità di asseverare la conformità delle opere alle disposizioni di
piano, di regolamento edilizio ed il rispetto delle norme di sicurezza ed
igienico sanitarie.
Il progettista
ha l’onere di individuare esattamente l’estensione delle varie fattispecie
tassativamente indicate dal legislatore.
Il progettista
che vuole essere tutelato deve identificare fattispecie assolutamente certe o
optare per richiedere il permesso di costruire.
Il progettista
deve produrre una relazione accompagnata dagli elaborati progettuali, che non
essendo indicati devono essere necessariamente stabiliti da un emanando
regolamento comunale, che asseveri la conformità delle opere da realizzare agli
strumenti urbanistici adottati od approvati ed ai regolamenti edilizi
esistenti, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico
sanitarie.
L’invenzione è
quella di attribuire al progettista la qualifica di incaricato di pubblico
servizio ai sensi della legge penale.
Le eventuali
disattenzioni acquistano immediatamente rilevanza penale, realizzando il reato
previsto dall’art. 481 del c.p., che sanziona la falsità ideologica in
certificato.
Il comune,
inoltre, che ritenga non veritiere le dichiarazioni presentate deve trasmettere
opportuna comunicazione agli ordini professionali competenti per l’irrogazione
delle sanzioni disciplinari.
Gli ordini sono
investiti da un numero imprecisato di comunicazioni ed a loro volta devono
trasmettere i loro provvedimenti di censura, di sanzione pecuniaria ovvero di
sospensione o addirittura radiazione nei casi più gravi agli altri ordini.
La esecuzione
delle opere in assenza della denuncia o in difformità della stessa o quando
questa è difforme dagli strumenti urbanistici comporta l’applicazione di una
sanzione pecuniaria pari al doppio del valore venale che l’immobile consegue
per la realizzazione delle opere partendo dalla soma minima di un milione, ex
art. 37, 1° co., del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
Se le opere
iniziano prima della denuncia la sanzione si applica nella misura minima,
sempre che le stesse siano conformi agli strumenti urbanistici.
In ogni caso,
essendo i lavori al di fuori delle fattispecie per le quali è necessario il
rilascio di permesso di costruire, non si applicano le disposizioni di cui
all’art. 44, del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, essendo estranei alle
fattispecie che possano concretizzare la realizzazione di reati urbanistici.
La
giurisprudenza non ha ritenuto mai applicabili le fattispecie penali dei reati
edilizi.
4.1. La super
denuncia di inizio di attività.
Il
D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, introducendo il permesso di costruire ha
ricondotto la d.i.a entro confini ristretti, limitando la possibilità delle
regioni di disciplinare il regime della denuncia di inizio di attività entro
gli schemi introdotti dalla legge quadro.
La super d.i.a.
è stata reintrodotta – in virtù della delega conferita con l’art. 1, 14 comma,
L. 21 dicembre 2001, n. 443 - con l’art. 1, D.LG. 27 dicembre 2002, n. 301, che
modifica l’art. 22, d.p.r. 6.6.2001, n. 380.
La modifica
introdotta ammette la possibilità di realizzare taluni interventi attraverso la
denuncia di inizio di attività anziché il permesso di costruire.
Col D.LG.
301/2002, art. 1, il legislatore statale adegua la disciplina della d.i.a. al
nuovo riparto costituzionale della potestà legislativa.
La disciplina
statale della d.i.a. è subordinata al fatto che le regioni non abbiano già
disposto in materia e, comunque, è riconosciuto alle regioni il potere di
differenziarsi, sia in senso ampliativo che in senso restrittivo rispetto alla
disciplina statale. O. FORLENZA, Una novellazione affidata solo alla legge
mette in fuori gioco la dichiarazione di attività, in Guida Dir., 2003, 7, 42.
La norma afferma
come assentibili attraverso la d.i.a. alcune figure particolari di intervento
rimettendo al richiedente la facoltà, per detti interventi, di domandare, in
via alternativa alla d.i.a., il permesso di costruire.
Sono
sottoponibili a d.i.a., con l’entrata in vigore del D.P.R. 6 giugno 2001, n.
380, i seguenti interventi:
a) Gli interventi
di ristrutturazione edilizia;
b) Gli
interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica, se
disciplinati da piani attuativi comunque denominati, ivi compresi gli accordi
negoziali aventi valore di piano attuativo, che contengano precise disposizioni
planovolumetriche, tipologiche, formali e costruttive.
La disposizione
comprende, quindi, fra i piani attuativi anche le convenzioni di lottizzazione.
La norma non
ammette soluzioni interpretative, poiché la disposizione di piano deve espressamente
prevedere nella sua approvazione la possibilità di realizzare con d.i.a. gli
interventi successivi.
In caso
contrario il progetto di costruzione deve essere accompagnato da apposita
relazione tecnica nella quale è asseverata l’esistenza di piani attuativi.
c) Gli
interventi di nuova costruzione qualora siano in diretta esecuzione di
strumenti urbanistici generali.
Lo strumento
urbanistico generale può prevedere, recando precise disposizioni
planovolumetriche, interventi diretti di costruzione.
Tale ipotesi
consente di evitare la predisposizione di uno strumento attuativo di iniziativa
privata, la cui richiesta è stata, peraltro, dichiarata illegittima dalla
giurisprudenza, qualora si tratti di modesti insediamenti in zona già
urbanizzata. T.A.R. Lombardia, sez. II, Milano, 29 dicembre 2001, n. 8448, Foro
Amm., 2001, 3227.
Le regioni
possono differenziarsi nelle determinazione delle ipotesi soggette a d.i.a., ma
nell’ambito delle ipotesi facoltative restano ferme le sanzioni penali relative
ad infrazioni attinenti alle costruzioni in assenza o in difformità del
permesso di costruire.
La carenza di
provvedimento o la difformità dei lavori dallo stesso comportano le sanzioni
penali, poiché la scelta è data al richiedente, ma la sostanza del procedimento
autorizzatorio è tale da fare scattare le sanzioni penali.
La
giurisprudenza e la dottrina hanno, comunque, affermato che, in difetto di
autorizzazioni di legge, come nel caso di mancanza del nulla osta dell’autorità
preposta alla tutela del vincolo, è configurabile il reato urbanistico. L.
BISONI Primi orientamenti interpretativi sull’assetto della tutela penale del
territorio dopo la legge obiettivo, in Urb. App., 2002, 1231.
La possibilità
di richiedere la super d.i.a. non attenua la repressione dell’abusivismo
edilizio.
Gli interventi
che possono, a discrezione del richiedente, usufruire del procedimento
semplificato sono soggetti alle stesse sanzioni applicabili nel caso in cui per
essi sia stata richiesto il permesso di costruire, vedi artt. 33 e segg. D.P.R.
6 giugno 2001, n. 380, mod. art. 1, D.LG. 301/2002.
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