sabato 4 febbraio 2017

La denuncia di inizio di attività

4. La denuncia di inizio di attività. Il procedimento di rilascio.

La disciplina della denuncia di attività è stata introdotta dall’art. 19, L. 241/1990.
Esso prevede che, in tutti i casi in cui l’esercizio di un’attività sia subordinato ad autorizzazioni, licenze, nulla osta, permessi o altri atti di consenso il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento dei presupposti o dei requisiti di legge, senza la necessità che ai fini di tali accertamenti sia necessario esperire prove che comportino valutazioni tecnico discrezionali, l’attività medesima possa essere iniziata dal soggetto interessato con la presentazione di una denuncia alla autorità amministrativa competente, salvo il controllo successivo dell’amministrazione, Vedi voce Accesso al procedimento amministrativo, par. 2.4.
Contestualmente sono abrogate le norme di cui all’art. 48 della L. 457/1978, relative all’autorizzazione ad edificare, così come integrate dall’art. 7 della L. 94/1982, le norme relative al silenzio assenso, di cui all’art. 8 della stessa L. 94/1982, e gli artt. 10 e 26 sull’asseverazione della L. 47/1985.
L’art. 22 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, precisa che gli interventi edilizi realizzabili mediante denuncia di inizio di attività sono individuati in via residuale rispetto alle categorie espressamente previste e sottoposte a permesso di costruire, eventualmente integrate dalle ulteriori ipotesi individuate dalle singole regioni.
L’indicazione degli interventi che comportano trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio rende inutile l’elenco degli interventi edilizi minori.
Per questo tipo di opere non è prevista la corresponsione del contributo di costruzione.
In tali ipotesi il procedimento di rilascio viene sostituito da un procedimento assolutamente semplificato, addossando al progettista la responsabilità di asseverare la conformità delle opere alle disposizioni di piano o di regolamento edilizio ed il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico sanitarie.
Il procedimento di rilascio prevede che la denuncia di attività sia presentata allo sportello unico trenta giorni prima dell’inizio dei lavori, ex art. 23, 1° co., D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
Se il responsabile del procedimento, nel termine indicato, non riscontra una delle condizioni stabilite per la regolarità della denuncia notifica all’interessato l’ordine motivato di non effettuare l’intervento.
Nel caso di silenzio i lavori possono iniziare regolarmente dopo la scadenza del termine.
Quando l’intervento oggetto di denuncia è sottoposto a un vincolo la cui tutela compete all’amministrazione comunale il termine decorre dal rilascio del relativo atto di assenso.
Qualora il vincolo sia di competenza di altra amministrazione il competente ufficio comunale convoca una conferenza di servizi.
Il termine in tal caso decorre dal giorno dell’adozione del provvedimento da parte della conferenza.
Il progettista ha la responsabilità di asseverare la conformità delle opere alle disposizioni di piano, di regolamento edilizio ed il rispetto delle norme di sicurezza ed igienico sanitarie.
Il progettista ha l’onere di individuare esattamente l’estensione delle varie fattispecie tassativamente indicate dal legislatore.
Il progettista che vuole essere tutelato deve identificare fattispecie assolutamente certe o optare per richiedere il permesso di costruire.
Il progettista deve produrre una relazione accompagnata dagli elaborati progettuali, che non essendo indicati devono essere necessariamente stabiliti da un emanando regolamento comunale, che asseveri la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici adottati od approvati ed ai regolamenti edilizi esistenti, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico sanitarie.
L’invenzione è quella di attribuire al progettista la qualifica di incaricato di pubblico servizio ai sensi della legge penale.
Le eventuali disattenzioni acquistano immediatamente rilevanza penale, realizzando il reato previsto dall’art. 481 del c.p., che sanziona la falsità ideologica in certificato.
Il comune, inoltre, che ritenga non veritiere le dichiarazioni presentate deve trasmettere opportuna comunicazione agli ordini professionali competenti per l’irrogazione delle sanzioni disciplinari.
Gli ordini sono investiti da un numero imprecisato di comunicazioni ed a loro volta devono trasmettere i loro provvedimenti di censura, di sanzione pecuniaria ovvero di sospensione o addirittura radiazione nei casi più gravi agli altri ordini.
La esecuzione delle opere in assenza della denuncia o in difformità della stessa o quando questa è difforme dagli strumenti urbanistici comporta l’applicazione di una sanzione pecuniaria pari al doppio del valore venale che l’immobile consegue per la realizzazione delle opere partendo dalla soma minima di un milione, ex art. 37, 1° co., del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
Se le opere iniziano prima della denuncia la sanzione si applica nella misura minima, sempre che le stesse siano conformi agli strumenti urbanistici.
In ogni caso, essendo i lavori al di fuori delle fattispecie per le quali è necessario il rilascio di permesso di costruire, non si applicano le disposizioni di cui all’art. 44, del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, essendo estranei alle fattispecie che possano concretizzare la realizzazione di reati urbanistici.
La giurisprudenza non ha ritenuto mai applicabili le fattispecie penali dei reati edilizi.


4.1. La super denuncia di inizio di attività.

Il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, introducendo il permesso di costruire ha ricondotto la d.i.a entro confini ristretti, limitando la possibilità delle regioni di disciplinare il regime della denuncia di inizio di attività entro gli schemi introdotti dalla legge quadro.
La super d.i.a. è stata reintrodotta – in virtù della delega conferita con l’art. 1, 14 comma, L. 21 dicembre 2001, n. 443 - con l’art. 1, D.LG. 27 dicembre 2002, n. 301, che modifica l’art. 22, d.p.r. 6.6.2001, n. 380.
La modifica introdotta ammette la possibilità di realizzare taluni interventi attraverso la denuncia di inizio di attività anziché il permesso di costruire.
Col D.LG. 301/2002, art. 1, il legislatore statale adegua la disciplina della d.i.a. al nuovo riparto costituzionale della potestà legislativa.
La disciplina statale della d.i.a. è subordinata al fatto che le regioni non abbiano già disposto in materia e, comunque, è riconosciuto alle regioni il potere di differenziarsi, sia in senso ampliativo che in senso restrittivo rispetto alla disciplina statale. O. FORLENZA, Una novellazione affidata solo alla legge mette in fuori gioco la dichiarazione di attività, in Guida Dir., 2003, 7, 42.
La norma afferma come assentibili attraverso la d.i.a. alcune figure particolari di intervento rimettendo al richiedente la facoltà, per detti interventi, di domandare, in via alternativa alla d.i.a., il permesso di costruire.
Sono sottoponibili a d.i.a., con l’entrata in vigore del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, i seguenti interventi:
a) Gli interventi di ristrutturazione edilizia;
b) Gli interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica, se disciplinati da piani attuativi comunque denominati, ivi compresi gli accordi negoziali aventi valore di piano attuativo, che contengano precise disposizioni planovolumetriche, tipologiche, formali e costruttive.
La disposizione comprende, quindi, fra i piani attuativi anche le convenzioni di lottizzazione.
La norma non ammette soluzioni interpretative, poiché la disposizione di piano deve espressamente prevedere nella sua approvazione la possibilità di realizzare con d.i.a. gli interventi successivi.
In caso contrario il progetto di costruzione deve essere accompagnato da apposita relazione tecnica nella quale è asseverata l’esistenza di piani attuativi.
c) Gli interventi di nuova costruzione qualora siano in diretta esecuzione di strumenti urbanistici generali.
Lo strumento urbanistico generale può prevedere, recando precise disposizioni planovolumetriche, interventi diretti di costruzione.
Tale ipotesi consente di evitare la predisposizione di uno strumento attuativo di iniziativa privata, la cui richiesta è stata, peraltro, dichiarata illegittima dalla giurisprudenza, qualora si tratti di modesti insediamenti in zona già urbanizzata. T.A.R. Lombardia, sez. II, Milano, 29 dicembre 2001, n. 8448, Foro Amm., 2001, 3227.
Le regioni possono differenziarsi nelle determinazione delle ipotesi soggette a d.i.a., ma nell’ambito delle ipotesi facoltative restano ferme le sanzioni penali relative ad infrazioni attinenti alle costruzioni in assenza o in difformità del permesso di costruire.
La carenza di provvedimento o la difformità dei lavori dallo stesso comportano le sanzioni penali, poiché la scelta è data al richiedente, ma la sostanza del procedimento autorizzatorio è tale da fare scattare le sanzioni penali.
La giurisprudenza e la dottrina hanno, comunque, affermato che, in difetto di autorizzazioni di legge, come nel caso di mancanza del nulla osta dell’autorità preposta alla tutela del vincolo, è configurabile il reato urbanistico. L. BISONI Primi orientamenti interpretativi sull’assetto della tutela penale del territorio dopo la legge obiettivo, in Urb. App., 2002, 1231.
La possibilità di richiedere la super d.i.a. non attenua la repressione dell’abusivismo edilizio.
Gli interventi che possono, a discrezione del richiedente, usufruire del procedimento semplificato sono soggetti alle stesse sanzioni applicabili nel caso in cui per essi sia stata richiesto il permesso di costruire, vedi artt. 33 e segg. D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, mod. art. 1, D.LG. 301/2002.


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