5. Il potere di
autotutela del responsabile del procedimento.
Il
responsabile del procedimento ha il potere di annullare d'ufficio il permesso
di costruire che sia stato rilasciato per errore, in contrasto con le norme
legislative e regolamentari, di piano regolatore generale o speciale.
Questo potere
rientra in quello normale di autotutela che consente all'amministrazione di
modificare autoritariamente d'ufficio i suoi atti qualora ne riscontri,
successivamente, la difformità rispetto a fonti normative.
Tuttavia, quando
è escluso il comportamento fraudolento e colpevole dell'interessato, il potere
dell'amministrazione incontra un limite nella necessità di una approfondita
considerazione della situazione e di una concreta valutazione degli effetti
prodotti dall'atto. Cons. Stato, sez. V, 1 febbraio 1990, n. 50, in Cons.
Stato, 1990, 203.
L'annullamento
può essere dichiarato solo per vizi di legittimità che possono incidere sul
procedimento formativo del permesso di costruire ovvero per la mancanza di
ulteriori autorizzazioni che, pur essendo autonome ed indipendenti rispetto al
procedimento, sono requisiti di legittimità dello stesso.
Il provvedimento
di annullamento deve ripercorrere l'intero procedimento che ha portato
all'approvazione dell’atto che si intende annullare.
Gli organi che
hanno espresso eventuali pareri od atti di assenso devono indicare e motivare
nel parere l'interesse pubblico concreto ed attuale che giustifica la rimozione
della concessione.
La motivazione
non può limitarsi all'indicazione della mera esigenza di ripristinare la
legalità violata, ma deve esternare le concrete ragioni che impongono di
sacrificare l'interesse privato di conservazione della concessione a quello
pubblico che ne esige l'annullamento.
La motivazione è
tanto più necessaria nel caso in cui il permesso di costruire che si vuole
annullare abbia già avuto esecuzione con la realizzazione della costruzione,
trattandosi di un interesse privato consolidatosi nel tempo. Cons. Stato, sez.
V, 16 ottobre 1989, n. 641, in Cons. Stato, 1989, 1193.
L'annullamento
del permesso di costruire in sede di autotutela o giurisdizionale non implica
necessariamente l'adozione dei provvedimenti repressivi.
L'amministrazione
deve valutare la soluzione più idonea da adottare nel superiore interesse
pubblico.
Qualora non sia
possibile la rimozione dei vizi delle procedure amministrative, che hanno
portato all'annullamento, ovvero la riduzione in pristino il responsabile del
procedimento applica una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere
o delle loro parti abusivamente eseguite, valutato dall'agenzia del territorio,
ex art. 38, del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
I provvedimenti
comunali che autorizzano interventi non conformi alle prescrizioni di piano
possono essere annullati entro dieci anni dalla loro adozione da parte della
regione, ex art. 39, del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
6. La tutela
giurisdizionale sul procedimento e sul permesso di costruire.
Legittimati ad
impugnare il permesso di costruire sono tutti coloro che si trovano in una
situazione di stabile collegamento, che può derivare da un titolo di proprietà
ovvero da un rapporto contrattuale di locazione, con la zona in cui si intende
realizzare la costruzione, purché facciano valere un interesse di carattere
urbanistico quale è quello dell'osservanza delle prescrizioni relative alla
zona interessata. Cons. Stato, sez. V, 15 giugno 1988, n. 393, in Cons. Stato,
1988, 653.
In tal modo
l'interpretazione giurisprudenziale ha sostanzialmente limitato la
legittimazione a ricorrere, che l’art. 31 della legge urbanistica L. 1150/1942
– ora abrogato dall’art. 136 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 - estendeva a
“chiunque”.
Il termine
chiunque è stato considerato come equivalente alla forma impersonale.
La tutela comprende la verifica del rispetto dei tempi previsti dal rituale procedimento amministrativo.
La tutela comprende la verifica del rispetto dei tempi previsti dal rituale procedimento amministrativo.
Dalla scadenza
del termine previsto per l’emanazione del provvedimento decorrono i sessanta
giorni per adire alla giustizia amministrativa per ottenere l'annullamento del
diniego illegittimo.
L'azione contro
il silenzio diniego riveste oramai un carattere sussidiario rispetto ad altre
azioni ipotizzabili.
Il richiedente
ha la possibilità di agire per i danni arrecati a causa del comportamento
inadempiente del responsabile del procedimento che è anche il soggetto
competente all'adozione del provvedimento, secondo quanto previsto dall’art. 35
del D.L.vo 80/1998.
La tutela
amministrativa, almeno in questa fase, è destinata a concretizzarsi nel
risarcimento del danno ingiusto.
In tal senso si
manifesta l’interesse del ricorrente ad ottenere l'annullamento del diniego.
Questo non dà
alcun diritto ad edificare, ma tutt’al più concretizza la possibilità di
richiedere la nomina di un commissario ad acta.
L’art. 21, 1
comma, del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 dichiara l’ammissibilità
dell'intervento sostitutivo regionale anche qualora il richiedente si affidi
alla giustizia amministrativa.
Il provvedimento
può essere impugnato da terzi al fine di ottenere l’annullamento del permesso
di costruire.
La causa più
frequente di illegittimità è quella relativa al mancato rispetto della
disciplina delle distanze.
I privati
danneggiati dalle costruzioni dei confinanti, che pure hanno ottenuto dal
comune il permesso di costruire - che è rilasciato facendo salvi i diritti di
terzi - possono usufruire della cosiddetta doppia tutela.
Essi possono
adire il giudice ordinario per tutelare, ai sensi del secondo comma dell'art.
872 del c.c., il loro diritto soggettivo perfetto alla riduzione in pristino
delle opere realizzate in spregio alla disciplina delle distanze e al
risarcimento del danno, vedi infra par. 9.
Parallelamente
essi hanno la possibilità di richiedere al giudice amministrativo
l'annullamento della concessione che risulta illegittima per violazione delle
norme sulle distanze.
L'interesse del
privato si è gradualmente spostato da posizioni di tutela essenzialmente
diretta a salvaguardia della proprietà a posizioni che tendono a garantire il
più ordinato assetto della città.
Ad esempio,
censurando i provvedimenti che consentivano l’installazione di una attività
alberghiera o artigianale in zone destinate all'abitazione, ovvero che
autorizzavano tipologie diverse da quelle previste dal piano.
Spetta,
comunque, al responsabile del procedimento l'adozione dei provvedimenti
repressivi o di esecuzione dell'annullamento pronunciato dal T.A.R.
Il ricorrente,
in caso di omissione a provvedere, deve azionare un ulteriore ricorso per l'esecuzione
del giudicato ai sensi dell'art. 27, n. 4 del T.U. 1054/1924.
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