sabato 4 febbraio 2017

Il potere di annullare il permesso di costruire. Autotutela. Ricorso giurisdizionale

5. Il potere di autotutela del responsabile del procedimento.

Il responsabile del procedimento ha il potere di annullare d'ufficio il permesso di costruire che sia stato rilasciato per errore, in contrasto con le norme legislative e regolamentari, di piano regolatore generale o speciale.
Questo potere rientra in quello normale di autotutela che consente all'amministrazione di modificare autoritariamente d'ufficio i suoi atti qualora ne riscontri, successivamente, la difformità rispetto a fonti normative.
Tuttavia, quando è escluso il comportamento fraudolento e colpevole dell'interessato, il potere dell'amministrazione incontra un limite nella necessità di una approfondita considerazione della situazione e di una concreta valutazione degli effetti prodotti dall'atto. Cons. Stato, sez. V, 1 febbraio 1990, n. 50, in Cons. Stato, 1990, 203.
L'annullamento può essere dichiarato solo per vizi di legittimità che possono incidere sul procedimento formativo del permesso di costruire ovvero per la mancanza di ulteriori autorizzazioni che, pur essendo autonome ed indipendenti rispetto al procedimento, sono requisiti di legittimità dello stesso.
Il provvedimento di annullamento deve ripercorrere l'intero procedimento che ha portato all'approvazione dell’atto che si intende annullare.
Gli organi che hanno espresso eventuali pareri od atti di assenso devono indicare e motivare nel parere l'interesse pubblico concreto ed attuale che giustifica la rimozione della concessione.
La motivazione non può limitarsi all'indicazione della mera esigenza di ripristinare la legalità violata, ma deve esternare le concrete ragioni che impongono di sacrificare l'interesse privato di conservazione della concessione a quello pubblico che ne esige l'annullamento.
La motivazione è tanto più necessaria nel caso in cui il permesso di costruire che si vuole annullare abbia già avuto esecuzione con la realizzazione della costruzione, trattandosi di un interesse privato consolidatosi nel tempo. Cons. Stato, sez. V, 16 ottobre 1989, n. 641, in Cons. Stato, 1989, 1193.
L'annullamento del permesso di costruire in sede di autotutela o giurisdizionale non implica necessariamente l'adozione dei provvedimenti repressivi.
L'amministrazione deve valutare la soluzione più idonea da adottare nel superiore interesse pubblico.
Qualora non sia possibile la rimozione dei vizi delle procedure amministrative, che hanno portato all'annullamento, ovvero la riduzione in pristino il responsabile del procedimento applica una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o delle loro parti abusivamente eseguite, valutato dall'agenzia del territorio, ex art. 38, del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
I provvedimenti comunali che autorizzano interventi non conformi alle prescrizioni di piano possono essere annullati entro dieci anni dalla loro adozione da parte della regione, ex art. 39, del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.

6. La tutela giurisdizionale sul procedimento e sul permesso di costruire.

Legittimati ad impugnare il permesso di costruire sono tutti coloro che si trovano in una situazione di stabile collegamento, che può derivare da un titolo di proprietà ovvero da un rapporto contrattuale di locazione, con la zona in cui si intende realizzare la costruzione, purché facciano valere un interesse di carattere urbanistico quale è quello dell'osservanza delle prescrizioni relative alla zona interessata. Cons. Stato, sez. V, 15 giugno 1988, n. 393, in Cons. Stato, 1988, 653.
In tal modo l'interpretazione giurisprudenziale ha sostanzialmente limitato la legittimazione a ricorrere, che l’art. 31 della legge urbanistica L. 1150/1942 – ora abrogato dall’art. 136 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 - estendeva a “chiunque”.
Il termine chiunque è stato considerato come equivalente alla forma impersonale.
La tutela comprende la verifica del rispetto dei tempi previsti dal rituale procedimento amministrativo.
Dalla scadenza del termine previsto per l’emanazione del provvedimento decorrono i sessanta giorni per adire alla giustizia amministrativa per ottenere l'annullamento del diniego illegittimo.
L'azione contro il silenzio diniego riveste oramai un carattere sussidiario rispetto ad altre azioni ipotizzabili.
Il richiedente ha la possibilità di agire per i danni arrecati a causa del comportamento inadempiente del responsabile del procedimento che è anche il soggetto competente all'adozione del provvedimento, secondo quanto previsto dall’art. 35 del D.L.vo 80/1998.
La tutela amministrativa, almeno in questa fase, è destinata a concretizzarsi nel risarcimento del danno ingiusto.
In tal senso si manifesta l’interesse del ricorrente ad ottenere l'annullamento del diniego.
Questo non dà alcun diritto ad edificare, ma tutt’al più concretizza la possibilità di richiedere la nomina di un commissario ad acta.
L’art. 21, 1 comma, del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 dichiara l’ammissibilità dell'intervento sostitutivo regionale anche qualora il richiedente si affidi alla giustizia amministrativa.
Il provvedimento può essere impugnato da terzi al fine di ottenere l’annullamento del permesso di costruire.
La causa più frequente di illegittimità è quella relativa al mancato rispetto della disciplina delle distanze.
I privati danneggiati dalle costruzioni dei confinanti, che pure hanno ottenuto dal comune il permesso di costruire - che è rilasciato facendo salvi i diritti di terzi - possono usufruire della cosiddetta doppia tutela.
Essi possono adire il giudice ordinario per tutelare, ai sensi del secondo comma dell'art. 872 del c.c., il loro diritto soggettivo perfetto alla riduzione in pristino delle opere realizzate in spregio alla disciplina delle distanze e al risarcimento del danno, vedi infra par. 9.
Parallelamente essi hanno la possibilità di richiedere al giudice amministrativo l'annullamento della concessione che risulta illegittima per violazione delle norme sulle distanze.
L'interesse del privato si è gradualmente spostato da posizioni di tutela essenzialmente diretta a salvaguardia della proprietà a posizioni che tendono a garantire il più ordinato assetto della città.
Ad esempio, censurando i provvedimenti che consentivano l’installazione di una attività alberghiera o artigianale in zone destinate all'abitazione, ovvero che autorizzavano tipologie diverse da quelle previste dal piano.
Spetta, comunque, al responsabile del procedimento l'adozione dei provvedimenti repressivi o di esecuzione dell'annullamento pronunciato dal T.A.R.

Il ricorrente, in caso di omissione a provvedere, deve azionare un ulteriore ricorso per l'esecuzione del giudicato ai sensi dell'art. 27, n. 4 del T.U. 1054/1924.

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