La tutela
giurisdizionale del terzo sulla denuncia di inizio di attività.
La dottrina
precedente all’entrata in vigore della L. 80/2005 ha rilevato che l’istituto
della denuncia di inizio di attività limita di fatto la tutela giurisdizionale
del privato che non può esperire i rimedi dei ricorsi alla giustizia
amministrativa nei confronti del silenzio tenuto dall’amministrazione sulla
domanda presentata da chi intende eseguire l’attività. T.A.R. Liguria, sez. I,
22 gennaio 2003, n. 113, in Riv. Giur. Ed., 2001, 442.
Esclusa, quindi,
l’applicabilità del rito speciale di cui all’art. 21 bis, L. 1034/1971, la
giurisprudenza ritiene che il terzo sia legittimato ad agire a tutela degli interessi
che ritenga lesi dal silenzio tenuto dall’amministrazione.
Egli deve
instaurare un giudizio di cognizione contro l’amministrazione comunale davanti
al giudice amministrativo, tendente all’accertamento della insussistenza dei
requisiti e dei presupposti fissati dalla legge per iniziare l’attività
edilizia, giustificato da un silenzio dell’amministrazione che l’attore ritiene
illegittimo.
Il terzo può
chiedere, inoltre, la tutela cautelare, ex art. 21, 8 comma, L. 1034/1971, mod.
art. 1, comma 1, L. 205/2000, attraverso i provvedimenti non tipizzati ritenuti
più idonei ad assicurare la decisione sul ricorso, come, ad esempio, la
sospensione dei lavori.
Se
l’amministrazione è silente nei trenta giorni successivi alla presentazione
della d.i.a. il terzo che si ritiene leso nel suo interesse legittimo può
attivare un giudizio di cognizione tendente ad accertare l’insussistenza dei
requisiti di legge diffidando l’amministrazione ad esercitare la vigilanza ed
impugnando l’eventuale rifiuto.
La giurisprudenza
ha affermato che è censurabile dinanzi al giudice amministrativo l'esito
dell'attività di controllo di cui alla L. 47 del 1985. T.A.R. Lombardia Milano,
sez. II, 7 ottobre 2003, n. 4504, in Foro Amm. T.A.R., 2003, 2849.
La dottrina
sottolinea che il g.a. deve ordinare alla p.a. di concludere il procedimento
sull’istanza del privato senza potere accertare in via diretta la fondatezza
dell’istanza repressiva. F. CARINGELLA, Corso di diritto amministrativo, 2004,
1357.
Il giudizio
disciplinato dall'art. 21 bis, L. 6 dicembre 1971, n. 1034, è diretto ad
accertare se il silenzio serbato da una pubblica amministrazione sull'istanza
del privato violi l'obbligo di adottare il provvedimento esplicito richiesto,
con la conseguenza che il giudice, anche qualora il provvedimento de quo abbia
natura vincolata, non può sostituirsi all'ente in alcuna fase del giudizio, ma
può e deve accertare esclusivamente se il silenzio sia illegittimo o no,
imponendo all'amministrazione, nel caso di accoglimento del ricorso, di provvedere
nel termine assegnato. Cons. St., A. P., 9 gennaio 2002, n. 1.
Nel caso che l’amministrazione accerti che le opere siano abusive, esse devono essere sanzionate con i procedimenti repressivi.
Nel caso che l’amministrazione accerti che le opere siano abusive, esse devono essere sanzionate con i procedimenti repressivi.
Se questo non
avviene il terzo può agire col giudizio di ottemperanza per ottenere
l’esecuzione della sentenza di primo grado, ove la stessa non sia stata sospesa
dal Consiglio di Stato.
In relazione al
disposto dell’art. 35, D.LG. 80/1998, mod. L. 205/2000, art. 7, 1 comma, lett.
c), il terzo può chiedere il risarcimento dei danni eventualmente subiti per
l’illegittimo comportamento dell’amministrazione A. BERRA, Qualche luce sulla
tutela del terzo nei confronti della d.i.a.?, in Riv. Giur. Ed., 2003, II, 575.
Il legislatore
ammette espressamente la possibilità di revocare o di annullare quello che non
è mai stato considerato un provvedimento dell’amministrazione, ma un semplice
atto di controllo, ex art. 3, comma 1, 3 c.p., L. 80/2005.
La dottrina
appare fortemente critica su tale impostazione. I. CACCIAVILLANI, La nuova
licenza: appunti di prima lettura alla luce dell’art. 3 del D.L. 4.3.2005, n.
35, in Nuova Rass., 2005, 710.
La
giurisprudenza ritiene che in base alle nuove disposizioni introdotte con la L.
14 maggio 2005 n. 80, la "denuncia" (oggi "dichiarazione")
di inizio attività in materia urbanistica è stata ridisciplinata nel senso che
ove non sia stata interdetta nei termini l'esecuzione dell'opera,
l'amministrazione, nel caso in cui l'opera edilizia non sia conforme alle
disposizioni prescritte per la relativa realizzazione, può comunque esercitare
i propri poteri di revoca, ex art. 21 quinquies, L. 241/1990, e di
annullamento, ex art. 21 nonies, L. 241/1990.
Per effetto di
tale modifiche normative il legislatore, ipotizzando l'adozione di
provvedimenti di secondo grado, ha, pertanto, inteso la d.i.a. come un atto
abilitativo tacito formatosi a seguito della denuncia del privato e del
conseguente comportamento inerte dell'amministrazione e su tale provvedimento
implicito il comune può esercitare i propri poteri di autotutela solo ove
ricorrano i presupposti di legge; per cui, in assenza di tale annullamento e/o
revoca, non possono assumersi provvedimenti sanzionatori, ove le opere in
concreto realizzate siano conformi agli atti progettuali allegati alla denuncia
di inizia attività. T.A.R. Abruzzo Pescara, 19 settembre 2005, n. 498, in Foro amm.
TAR, 2005, 2904.
Tali conclusioni
trovano conferma nel disposto dell'art. 21, comma 2 bis, L. 241/1990, che
riferendosi espressamente alle attività iniziate dal privato assimila gli
effetti della D.I.A. alla fattispecie del silenzio accumulando le due ipotesi
nella categoria degli atti di assenso. T.A.R. Piemonte, sez. II, 19 aprile
2006, n. 1885. Nota C. VIVANI, La denuncia di inizio di attività riformata: il
diritto soggettivo (a regime amministrativo) tra silenzio assenso e autotutela,
in Urb. App., 2006, 837.
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