sabato 4 febbraio 2017

La tutela giurisdizionale del terzo sulla denuncia di inizio di attività.

La tutela giurisdizionale del terzo sulla denuncia di inizio di attività.

La dottrina precedente all’entrata in vigore della L. 80/2005 ha rilevato che l’istituto della denuncia di inizio di attività limita di fatto la tutela giurisdizionale del privato che non può esperire i rimedi dei ricorsi alla giustizia amministrativa nei confronti del silenzio tenuto dall’amministrazione sulla domanda presentata da chi intende eseguire l’attività. T.A.R. Liguria, sez. I, 22 gennaio 2003, n. 113, in Riv. Giur. Ed., 2001, 442.
Esclusa, quindi, l’applicabilità del rito speciale di cui all’art. 21 bis, L. 1034/1971, la giurisprudenza ritiene che il terzo sia legittimato ad agire a tutela degli interessi che ritenga lesi dal silenzio tenuto dall’amministrazione.
Egli deve instaurare un giudizio di cognizione contro l’amministrazione comunale davanti al giudice amministrativo, tendente all’accertamento della insussistenza dei requisiti e dei presupposti fissati dalla legge per iniziare l’attività edilizia, giustificato da un silenzio dell’amministrazione che l’attore ritiene illegittimo.
Il terzo può chiedere, inoltre, la tutela cautelare, ex art. 21, 8 comma, L. 1034/1971, mod. art. 1, comma 1, L. 205/2000, attraverso i provvedimenti non tipizzati ritenuti più idonei ad assicurare la decisione sul ricorso, come, ad esempio, la sospensione dei lavori.
Se l’amministrazione è silente nei trenta giorni successivi alla presentazione della d.i.a. il terzo che si ritiene leso nel suo interesse legittimo può attivare un giudizio di cognizione tendente ad accertare l’insussistenza dei requisiti di legge diffidando l’amministrazione ad esercitare la vigilanza ed impugnando l’eventuale rifiuto.
La giurisprudenza ha affermato che è censurabile dinanzi al giudice amministrativo l'esito dell'attività di controllo di cui alla L. 47 del 1985. T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 7 ottobre 2003, n. 4504, in Foro Amm. T.A.R., 2003, 2849.
La dottrina sottolinea che il g.a. deve ordinare alla p.a. di concludere il procedimento sull’istanza del privato senza potere accertare in via diretta la fondatezza dell’istanza repressiva. F. CARINGELLA, Corso di diritto amministrativo, 2004, 1357.
Il giudizio disciplinato dall'art. 21 bis, L. 6 dicembre 1971, n. 1034, è diretto ad accertare se il silenzio serbato da una pubblica amministrazione sull'istanza del privato violi l'obbligo di adottare il provvedimento esplicito richiesto, con la conseguenza che il giudice, anche qualora il provvedimento de quo abbia natura vincolata, non può sostituirsi all'ente in alcuna fase del giudizio, ma può e deve accertare esclusivamente se il silenzio sia illegittimo o no, imponendo all'amministrazione, nel caso di accoglimento del ricorso, di provvedere nel termine assegnato. Cons. St., A. P., 9 gennaio 2002, n. 1.
Nel caso che l’amministrazione accerti che le opere siano abusive, esse devono essere sanzionate con i procedimenti repressivi.
Se questo non avviene il terzo può agire col giudizio di ottemperanza per ottenere l’esecuzione della sentenza di primo grado, ove la stessa non sia stata sospesa dal Consiglio di Stato.
In relazione al disposto dell’art. 35, D.LG. 80/1998, mod. L. 205/2000, art. 7, 1 comma, lett. c), il terzo può chiedere il risarcimento dei danni eventualmente subiti per l’illegittimo comportamento dell’amministrazione A. BERRA, Qualche luce sulla tutela del terzo nei confronti della d.i.a.?, in Riv. Giur. Ed., 2003, II, 575.
Il legislatore ammette espressamente la possibilità di revocare o di annullare quello che non è mai stato considerato un provvedimento dell’amministrazione, ma un semplice atto di controllo, ex art. 3, comma 1, 3 c.p., L. 80/2005.
La dottrina appare fortemente critica su tale impostazione. I. CACCIAVILLANI, La nuova licenza: appunti di prima lettura alla luce dell’art. 3 del D.L. 4.3.2005, n. 35, in Nuova Rass., 2005, 710.
La giurisprudenza ritiene che in base alle nuove disposizioni introdotte con la L. 14 maggio 2005 n. 80, la "denuncia" (oggi "dichiarazione") di inizio attività in materia urbanistica è stata ridisciplinata nel senso che ove non sia stata interdetta nei termini l'esecuzione dell'opera, l'amministrazione, nel caso in cui l'opera edilizia non sia conforme alle disposizioni prescritte per la relativa realizzazione, può comunque esercitare i propri poteri di revoca, ex art. 21 quinquies, L. 241/1990, e di annullamento, ex art. 21 nonies, L. 241/1990.
Per effetto di tale modifiche normative il legislatore, ipotizzando l'adozione di provvedimenti di secondo grado, ha, pertanto, inteso la d.i.a. come un atto abilitativo tacito formatosi a seguito della denuncia del privato e del conseguente comportamento inerte dell'amministrazione e su tale provvedimento implicito il comune può esercitare i propri poteri di autotutela solo ove ricorrano i presupposti di legge; per cui, in assenza di tale annullamento e/o revoca, non possono assumersi provvedimenti sanzionatori, ove le opere in concreto realizzate siano conformi agli atti progettuali allegati alla denuncia di inizia attività. T.A.R. Abruzzo Pescara, 19 settembre 2005, n. 498, in Foro amm. TAR, 2005, 2904.
Tali conclusioni trovano conferma nel disposto dell'art. 21, comma 2 bis, L. 241/1990, che riferendosi espressamente alle attività iniziate dal privato assimila gli effetti della D.I.A. alla fattispecie del silenzio accumulando le due ipotesi nella categoria degli atti di assenso. T.A.R. Piemonte, sez. II, 19 aprile 2006, n. 1885. Nota C. VIVANI, La denuncia di inizio di attività riformata: il diritto soggettivo (a regime amministrativo) tra silenzio assenso e autotutela, in Urb. App., 2006, 837.



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