mercoledì 8 febbraio 2017

Il recesso e la risoluzione del contratto.



L’art. 134, D. L.vo 163/2006, ripropone il principio del diritto di recesso della stazione appaltante.
Il recesso è un’iniziativa unilaterale della stazione appaltante che scioglie il vincolo negoziale e che è immediatamente produttiva di effetti non essendo necessaria alcuna accettazione da parte dell’appaltatore.
L'esercizio del diritto di recesso è preceduto da una formale comunicazione all'appaltatore da darsi con un preavviso non inferiore a venti giorni, decorsi i quali la stazione appaltante prende in consegna i lavori ed effettua il collaudo definitivo.
Tale comunicazione non ha però modificato la natura del diritto potestativo della stazione appaltante. E. LORIA, Consiglio dei lavori: pareri compartecipati, in Guida Diritto Dossier, 2006, n. 7, 92.
La stazione appaltante deve procedere al pagamento dei lavori eseguiti e del valore dei materiali utili esistenti in cantiere, oltre al decimo dell'importo delle opere non eseguite. Il decimo dell'importo delle opere non eseguite è calcolato sulla differenza tra l'importo dei quattro quinti del prezzo posto a base di gara, depurato del ribasso d'asta, e l'ammontare netto dei lavori eseguiti. La norma ripropone la precedente disposizione legislativa che ha avuto l’avvallo giurisprudenziale secondo la quale - per determinare il lucro cessante di un'impresa illegittimamente non dichiarata aggiudicataria di un appalto di opere pubbliche - può utilizzarsi in via equitativa, ai sensi dell'art. 1226, c.c., l'art. 345, l. 20 marzo 1865 n. 2248, allegato F, e l'art. 122, D.P.R. 21 dicembre 1999 n. 554, laddove si quantifica nel 10% del valore dell'appalto l'importo da corrispondere all'appaltatore in caso di recesso facoltativo dell'amministrazione, quando si determini in modo forfetario ed automatico il margine di guadagno presunto nell'esecuzione di appalti di lavori pubblici. L'utile va, pertanto, determinato nella misura del 10% dei quattro quinti del prezzo posto a base di gara, depurato dal ribasso offerto dalla ricorrente, nel senso che tale percentuale va riferita non all'importo considerato nel bando come base d'asta, ma al valore risultante dall'applicazione della percentuale di ribasso offerta dalla impresa che vanta la pretesa al risarcimento. T.A.R. Sicilia Catania, sez. III, 20 ottobre 2005, n. 1792, in Foro amm. TAR, 2005, 10 3324.
La risoluzione del contratto è prevista per reati accertati e per grave inadempimento, grave irregolarità e grave ritardo dell’appaltatore.
L’art. 135, D. L.vo 163/2006, consente al responsabile del procedimento di valutare, in relazione allo stato dei lavori e alle eventuali conseguenze nei riguardi delle finalità dell'intervento, l'opportunità di procedere alla risoluzione del contratto qualora nei confronti dell'appaltatore sia intervenuta l'emanazione di un provvedimento definitivo che dispone l'applicazione di una o più misure di prevenzione ovvero sia intervenuta sentenza di condanna passata in giudicato per frode nei riguardi della stazione appaltante nonché per violazione degli obblighi attinenti alla sicurezza sul lavoro.
Nel caso di risoluzione, l'appaltatore ha diritto soltanto al pagamento dei lavori regolarmente eseguiti, decurtato degli oneri aggiuntivi derivanti dallo scioglimento del contratto. Nel caso di grave inadempimento l’art. 136, D. L.vo 163/2006, prevede una preventiva contestazione degli addebiti all’appaltatore da parte del responsabile del procedimento.

Su indicazione del responsabile del procedimento il direttore dei lavori formula la contestazione degli addebiti all'appaltatore, assegnando un termine non inferiore a quindici giorni per la presentazione delle proprie controdeduzioni al responsabile del procedimento.
Successivamente la stazione appaltante, su proposta del responsabile del procedimento, può disporre la risoluzione del contratto.

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