martedì 7 febbraio 2017

IL RICORSO STRAORDINARIO AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

     

1               Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica


Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica è il ricorso amministrativo avverso atti amministrativi definitivi ovvero che abbiano già esperito gli ordinari ricorsi amministrativi nell'ambito dell'amministrazione di appartenenza, ai sensi del D.P.R. 1199/1971, art. 8.
Questo ricorso è rimedio concorrente, ma alternativo con i ricorsi giurisdizionali, fatta salva la possibilità dei controinteressati di richiedere che il ricorso sia trasferito in sede giurisdizionale.
In Sicilia, ai sensi dell'art. 23, c.  4, dello statuto della Regione - approvato con R.D.L. 15 maggio 1946 n. 455, convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2 - i ricorsi amministrativi, avanzati in linea straordinaria contro atti amministrativi regionali, sono decisi dal Presidente della Regione, sentito il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana.
Le competenze che il D.P.R. n. 1199 del 1971 assegna, nell'istruttoria del ricorso, al Ministero sono da intendersi attribuite al competente Assessorato il quale, ove intenda proporre una decisione difforme dal parere del Consiglio di Giustizia Amministrativa, deve sottoporre l'affare alla Giunta Regionale. T.A.R. Sicilia Catania, sez. IV, 16 aprile 2007, n. 623.
Il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica è rimedio amministrativo abbastanza normale ed utilizzato, specie in materia di pubblico impiego, poiché consente al ricorrente di impugnare atti amministrativi, senza l'ausilio del difensore, direttamente.
Il ricorso straordinario non è necessariamente un rimedio impugnatorio, e può avere ad oggetto anche l'accertamento della sussistenza in capo al ricorrente di un diritto soggettivo, oltre che l'annullamento di un atto, e può vertere, oltre che sull'impugnazione di un provvedimento, anche su un rapporto obbligatorio con una p.a.; in questi casi la sua presentazione non è soggetta al termine decadenziale.
La domanda di risarcimento può essere proposta anche in sede di ricorso straordinario che è preordinato ad assicurare la tutela contenziosa in coerenza alla natura delle posizioni giuridiche soggettive dedotte, tenuto anche conto della sua alternatività e fungibilità rispetto al ricorso giurisdizionale. T.A.R. Sicilia Catania, sez. IV, 16 aprile 2007, n. 623.
Il ricorso deve essere proposto nel termine di centoventi giorni dalla data della notificazione o della comunicazione dell'atto impugnato o da quando l'interessato ne abbia avuto piena conoscenza.
Entro detti cento venti giorni il ricorso deve essere notificato nei modi e con le forme prescritti per i ricorsi giurisdizionali ad uno almeno dei controinteressati e presentato con la prova dell'eseguita notificazione all'organo che ha emanato l'atto o al Ministero competente, direttamente o mediante notificazione o mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento.L'organo che ha ricevuto il ricorso lo trasmette immediatamente al Ministero competente.
I controinteressati hanno a disposizione un termine di sessanta giorni dalla notificazione del ricorso per presentare al Ministero che istruisce l'affare deduzioni e documenti ed eventualmente per proporre ricorso incidentale.
Quando il ricorso sia stato notificato ad alcuni soltanto dei controinteressati, il Ministero ordina l'integrazione del procedimento, ex art. 9, D.P.R. 1199/1971.
L'istituto non presenta la necessaria caratteristica della celerità e difficilmente è concessa la sospensiva del provvedimento impugnato.
Trascorsi i centoventi giorni dalla presentazione del ricorso, il ricorrente può richiedere al Ministero se il ricorso è stato trasmesso al Consiglio di Stato per ottenere il prescritto parere.
In caso di risposta negativa il ricorrente può depositare direttamente al Consiglio di Stato il ricorso, DPR 1199/1971, art. 11.
Col sistema dei ricorsi amministrativi è la stessa pubblica amministrazione che giudica sui suoi atti, mentre con i ricorsi giurisdizionali da presentare alla giustizia amministrativa la decisione sugli atti dell'amministrazione è affidata ad organi esterni alla stessa p.a. che si presuppone abbiano una maggiore imparzialità.


2               L’opposizione al ricorso straordinario.


Il ricorso straordinario è rimedio concorrente, ma alternativo, con i ricorsi giurisdizionali, infatti il controinteressato ha la possibilità di richiedere che il ricorso sia trasferito in sede giurisdizionale.
In tal caso il ricorrente deve costituirsi nel giudizio amministrativo in termini perentori.
La trasposizione in sede giurisdizionale del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica a seguito di opposizione del controinteressato deve essere eseguita, a pena di improcedibilità, dal ricorrente entro sessanta giorni dalla anzidetta opposizione mediante deposito nella segreteria del T.A.R. competente di un atto di costituzione in giudizio da notificare all'amministrazione e al controinteressato, ai sensi dell'art. 10, D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, in Cons. St., sez. IV, 31 maggio 2007, n. 2858.
Per il principio dell'alternatività il proposto ricorso straordinario rende inammissibile quello giurisdizionale in seguito notificato, nella parte in cui il secondo si sovrapponga al primo.
La giurisprudenza ritiene che tale principio ponga dei limiti all’attività del giudice successivamente adito per censurare l’atto consequenziale al provvedimento impugnato con ricorso.
L’esame giurisdizionale del provvedimento consequenziale è negato dal principio di alternatività fra ricorso straordinario e giurisdizionale e la sua ratio è tesa ad evitare che la medesima questione sfoci in pronunce divergenti.
La preventiva proposizione del ricorso straordinario avverso un atto presupposto rispetto a quello formante oggetto del successivo ricorso giurisdizionale, pur non comportando l'inammissibilità di quest'ultimo, ex art. 8, c. 2, D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, determina la sospensione del giudizio, ex artt. 295 e 298, c.p.c., nella attesa dell'esito del procedimento amministrativo concernente il ricorso straordinario avverso l'atto presupposto. T.A.R. Emilia Romagna Bologna, sez. I, 19 dicembre 2003, n. 2708.
La giurisprudenza precedente all’entrata in vigore del, D.L.vo 2 luglio 2010, n.104, cod. proc. amm.
ha precisato che la disciplina dei riti abbreviati riguarda solo i processi giurisdizionali in senso stretto e non si estende al procedimento introdotto con il ricorso straordinario al Capo dello Stato

3               La trasposizione in sede giurisdizionale. I termini dimezzati.


I controinteressati, entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione del ricorso, possono richiedere, con atto notificato al ricorrente e all'organo che ha emanato l'atto impugnato, che il ricorso sia deciso in sede giurisdizionale, ex art. 10, D.P.R. 1999/1971.
Il ricorrente che intenda insistere nel ricorso deve depositare presso la segreteria del giudice amministrativo competente, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento dell'atto di opposizione, l'atto di costituzione in giudizio, dandone avviso mediante notificazione all'organo che ha emanato l'atto impugnato ed ai contro interessati, ex art. 48, D.L.vo 2 luglio 2010, n.104, cod. proc. amm.
Nel caso di trasposizione del ricorso in sede giurisdizionale può sorgere un problema in ordine alle materie che prevedono termini dimezzati per il ricorso.
La giurisprudenza distingue: a) la notifica dell'atto di opposizione; b) la notifica dell'atto con cui il ricorrente straordinario dichiara di insistere nel ricorso davanti al TAR; c) il deposito, presso la segreteria del tribunale competente, dell'atto notificato dal ricorrente.
Il primo atto non assume ancora connotati tipicamente processuali e giurisdizionali, ma costituisce l'ultimo segmento della fase di svolgimento del procedimento di trattazione del ricorso straordinario.
La notifica dell'atto con cui si insiste nell'impugnazione ha la funzione di radicare la controversia, per la prima volta, dinanzi al giudice. Se è vero che tale atto si deve porre in rapporto di stretta connessione con il ricorso straordinario, resta però indiscutibile che esso esprima la volontà del soggetto interessato di proporre un ricorso, non più al Capo dello Stato, ma davanti al giudice.
Questa circostanza sembra sufficiente per affermare, allora, che il termine per la notifica dell'atto, pur essendo processuale, resta sottratto alla regola del dimezzamento dei termini, perché riconducibile, indiscutibilmente, alla categoria dei termini per la proposizione del ricorso.
Il termine successivo per il deposito dell'atto è senz'altro un termine processuale, ma non è per niente riconducibile alla nozione, pure ampia, di attività di proposizione del ricorso.
A tale riguardo la giurisprudenza ritiene che questo termine non si sottrae alla regola del dimezzamento del termine, in quanto la formula proposizione del ricorso va intesa con il significato - più ristretto - di notificazione.
I termini dimezzati cominciano ad applicarsi dal momento del deposito dell'atto di costituzione presso la segreteria del T.A.R.. Cons. St., sez. V, 24 luglio 2007, n. 4136.

4               La direttiva 27-7-1993 del Presidente del Consiglio dei Ministri.


Il termine fissato dall'art.11 del DPR.1199/1971 , che fissa 120 giorni per la chiusura della fase istruttoria e la trasmissione degli atti al Consiglio di Stato, è considerato meramente ordinatorio e difficilmente è rispettato.
Con l'entrata in vigore dell'art.2 della L.241/1990, che ribadisce il principio dell'obbligo della conclusione del procedimento amministrativo entro i termini preventivamente fissati, la situazione è destinata a mutare radicalmente.
Come era conseguentemente deducibile la giurisprudenza ha affermato che l'obbligo alla conclusione del procedimento è da riferirsi anche alla fase endoprocedimentale, anche se condizionata dall'emanazione dei regolamenti da approvarsi dalle singole amministrazioni nei termini previsti dalla legge.
La tutela amministrativa è rafforzata da quella penale inerente alle omissioni, sancita dalla L.86/1990.
L'obbligo al rispetto dei termini, come se non bastasse, è stato ribadito dalla direttiva 27 luglio1993 del Presidente del Consiglio dei Ministri, in Gazz.Uff.29 luglio 1993, n.176.
Questa prevede che, in caso di deposito del ricorso ad opera del ricorrente presso il Consiglio di Stato, per l’inottemperanza del ministero, questi deve provvedere alla richiesta istruttoria del Consiglio entro trenta giorni.
Esiste, a dire il vero, a temperare facili ottimismi, il problema che il Consiglio di Stato  non provveda tempestivamente alla richiesta istruttoria.
La direttiva sancisce l'obbligo per i ministeri competenti di dare comunicazione ai ricorrenti della ricevuta della presentazione del ricorso, del nominativo del responsabile del procedimento e del termine entro cui l'istruzione sarà presumibilmente completata, ai sensi del DPR. 392/1992, con il suggerimento di procedere a sanzioni disciplinari nei confronti dei funzionari inadempienti.

5               La richiesta di sospensiva.


Nell’ambito del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica può essere concessa al ricorrente, ove siano documentati danni gravi ed irreparabili, la sospensione dell’atto impugnato.
La sospensiva è disposta con atto motivato del Ministero competente, ai sensi dell’art. 8, D.P.R. 1199/2000, su conforme parere del Consiglio di Stato.
L’intervento legislativo segue la prassi già esistente, ma sostanzialmente non elimina i dubbi che la mancanza di contraddittorio fa sorgere sulla possibilità di un’immediata percezione da parte dell’organo amministrativo adito dei reali interessi delle parti in causa; esse devono, infatti, affidarsi a memorie scritte che non possono essere illustrate oralmente.
Non sono previste le misure cautelari che lo stesso articolo prevede, invece, per il processo amministrativo.

6               L’istruttoria.


L'organo al quale è assegnato il ricorso procede all’istruttoria del medesimo.
Se esso riconosce che l'istruttoria è incompleta o che i fatti affermati nell'atto impugnato sono in contraddizione con i documenti, può richiedere al Ministero competente nuovi chiarimenti o documenti ovvero ordinare al Ministero medesimo di disporre nuove verificazioni, autorizzando le parti ad assistervi ed a produrre nuovi documenti.
Se il ricorso è stato notificato ad alcuni soltanto dei controinteressati, l’organo competente sollecita lo stesso Ministero ad ordinare l'integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri, ex art. 13, D.P.R. 1199/2000,
Lo stesso art. 13, D.P.R. 1199/2000, mod. art. 69, L. n. 69 del 2009,  precisa che se l’organo istruttore  ritiene che il ricorso non possa essere deciso indipendentemente dalla risoluzione di una questione di legittimità costituzionale che non risulti manifestamente infondata, esso sospende l'espressione del parere e, riferendo i termini e i motivi della questione, ordina alla segreteria l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 23 e seguenti della L. 11 marzo 1953, n. 87 , nonché la notifica del provvedimento ai soggetti ivi indicati.
La dottrina ritiene che detta modfica risolva definitivamente la questione della natura giuridica dell'istituto nel senso della natura giurisdizionale del medesimo . L. BERTONAZZI, Recenti novità normative in tema di ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, in Urb. App., 2009, 1289.



7               La decisione sul ricorso straordinario.


L'autorità amministrativa decidente è il Presidente della Repubblica su proposta del Ministro.
L’art. 14, D.P.R. 1199/2000, mod. art. 69, L. 69 del 2009, modificando radicalmente l’impostazione precedente afferma che il Presidente della Repubblica  è vincolato dal parere espresso dal Consiglio di Stato e deve risolvere la controversia secondo i criteri risultanti dalla pura e semplice applicazione delle norme di diritto, che caratterizzano le decisioni adottate in sede giudiziaria. L. CARBONE, La revisione del ricorso straordinario al presidente della repubblica e la riaffermata natura giurisdizionale del rimedio di tutela, in Foro amm. TAR, 2009, 9, 2664
Il parere del Consiglio di Stato è incardinato su alcune soluzioni tipiche e può concludere:
a)per la dichiarazione di inammissibilità, se riconosce che il ricorso non poteva essere proposto, fatta salva la facoltà dell'assegnazione di un breve termine per presentare all'organo competente il ricorso proposto, per errore ritenuto scusabile, contro atti non definitivi;
b) per l'assegnazione al ricorrente di un termine per la regolarizzazione, se ravvisa un’irregolarità sanabile, e, se questi non vi provvede, per la dichiarazione di improcedibilità del ricorso;
c) per la reiezione, se riconosce infondato il ricorso;
d) per l’accoglimento e la rimessione degli atti all'organo competente, se riconosce fondato il ricorso per il motivo di incompetenza;
e) per l'accoglimento, salvo gli ulteriori provvedimenti dell'amministrazione, se riconosce fondato il ricorso per altri motivi di legittimità, ex art. 13, comma 1, D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199.
Il decreto che decide il ricorso straordinario ha natura non giurisdizionale ma amministrativa, con la conseguenza che, per la sua esecuzione, non si può proporre il giudizio d'ottemperanza al giudice amministrativo perché la relativa decisione non concretizza il presupposto del giudicato formale. Cons. St., sez. IV, 22 settembre 2003, n. 5393.
La giurisprudenza ritiene che in caso di mancata esecuzione, da parte dell'Amministrazione, del decreto decisorio, o più in generale di mancata adozione dei provvedimenti consequenziali, l'interessato può attivare la procedura per la formalizzazione del silenzio inadempimento, ai sensi di quanto ora previsto dall'art. 2, c. 4, della L. n. 241/90, introdotto dall'art. 2 della L. 11 febbraio 2005, n. 15.
Decorso il termine previsto dal regolamento della singola Amministrazione per la conclusione dei vari tipi di procedimento, il ricorso avverso il silenzio, può essere proposto, anche senza necessità di diffida all'Amministrazione inadempiente, fin tanto che perdura l'inadempimento e, in ogni modo, non oltre un anno dalla scadenza del termine per provvedere. T.A.R. Sicilia Catania, sez. IV, 16 aprile 2007, n. 623



8) L’ azione di ottemperanza.

La giurisprudenza più recente  sembra preferire l’indirizzo che ammette il ricorso per l’ottemperanza per i decreti decisori di ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica. Cass. Civ., Sez. Un., 28 gennaio 2011, n.2065. M. ANDREIS, Ricorso straordinario e azione di ottemperanza, in Urb. App., 2011, 5,2011.
L’indirizzo interpretativo favorevole alla ammissibilità del ricorso in ottemperanza per ottenere l'esecuzione coatta di un Decreto del Presidente della Regione siciliana reso in sede di decisione di ricorso straordinario, è stato ribadito da Cons.giust.amm. Sicilia, sez. giurisd., 25 gennaio 2010, n. 82.
Il Collegio certamente non ignora il rilievo della natura non giurisdizionale del ricorso straordinario che è stato operato, per dichiarare l'inammissibilità del ricorso per l'ottemperanza al decreto decisorio del Capo dello Stato.
Si è osservato come dalla disciplina dell’istituto emerga un istituto di natura atipica, con spiccate caratteristiche giurisdizionali, attivabile dagli interessati in alternativa (per quanto qui rileva) al ricorso giurisdizionale, con contraddittorio garantito e con facoltà dei controinteressati di chiederne la trasposizione in sede giurisdizionale; sicché la preclusione dell'impugnazione ex art. 113 Cost. da parte del soccombente si spiega proprio in quanto vi è stata la definizione della controversia in una delle due sedi alternative offerte dall'ordinamento alla scelta di ambo le parti.
Il parere del Consiglio di Stato - e in Sicilia, di questo Consiglio a Sezioni riunite - esprime un'attività di pura e semplice applicazione del diritto oggettivo, da cui l'autorità decidente può discostarsi solo sulla base di una delibera del Consiglio dei ministri o, in Sicilia, della Giunta regionale, ove, come nella specie, manchi tale delibera, la decisione recepisce e fa proprio tout court il contenuto del parere, condividendone la natura.
Gli elementi giurisdizionali presenti, come esposto, nella disciplina del ricorso straordinario sono prevalenti e di questo dato normativo è necessario tenere conto nella definizione dei problemi connessi alla interpretazione della disciplina medesima e nella prospettiva fondamentale di una tutela efficace del cittadino nei confronti della attività della Pubblica amministrazione.
La decisione straordinaria, per la sua alternatività rispetto a quella giurisdizionale, è un segmento di un giudizio che tende ad una situazione assimilabile a quella della cosa giudicata in senso formale, una volta che le parti soccombenti non abbiano impugnato negli stretti limiti in cui ciò è possibile la decisione stessa.
Quanto ai mezzi di tutela esecutiva conseguenti all'accoglimento del ricorso straordinario - sul rilievo che il rito accelerato ex art. 21-bis dellaL. 6 dicembre 1971, n. 1034, è esperibile solo in caso di inerzia dell'Amministrazione, mentre in caso di atti violativi o elusivi della decisione non vi sarebbe altra via che un ordinario giudizio di cognizione, implicante due gradi di merito, e la relativa ottemperanza, sol per giungere, di fatto, al medesimo punto cui già si era prima di essi dato che in sede giurisdizionale sono comunque intangibili le statuizioni rese con la decisione giustiziale.
I n coerenza con le riferite caratteristiche dell'istituto giustiziale alternativo e con il principio di effettività della tutela del cittadino, si è ammesso il ricorso diretto allo strumento del ricorso in ottemperanza, ex art. 37 L. n. 1034/1971. Cons.giust.amm. Sicilia, sez. giurisd., 28 aprile 2008 n. 379.
Altra giurisprudenza afferma invece la natura amministrativa del ricorso straordinario ed impedisce l'esperibilità del giudizio di ottemperanza per l'esecuzione dei decreti decisori favorevoli ai ricorrenti straordinari. T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 16 marzo 2010, n. 4104.
Essa ribadisce che al fine di far valere il titolo alla puntuale esecuzione della decisione sul ricorso straordinario non è utilizzabile lo strumento del ricorso per l'ottemperanza, che è limitato all'esecuzione del giudicato, quanto piuttosto, in base al principio di effettività che deve assistere le decisioni emesse in esito a procedimenti latu sensu contenziosi, volti alla tutela di situazioni soggettive del privato, la pretesa al pieno e corretto adempimento all'atto decisorio non resta sfornita di tutela, rinvenendosi nella possibilità di rendere significativo con rituale diffida il comportamento omissivo dell'amministrazione per poi avvalersi dello strumento apprestato dall'art. 21 bis della l. n. 241 del 1990 ai fini della declaratoria di illegittimità del silenzio rifiuto con comminatoria dell'ordine di esecuzione T.A.R. Liguria Genova, sez. II, 12 novembre 2010, n. 10372.





Nessun commento:

Posta un commento