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Il
ricorso straordinario al Presidente della Repubblica
Il ricorso
straordinario al Presidente della Repubblica è il ricorso amministrativo
avverso atti amministrativi definitivi ovvero che abbiano già esperito gli
ordinari ricorsi amministrativi nell'ambito dell'amministrazione di
appartenenza, ai sensi del D.P.R. 1199/1971, art. 8.
Questo ricorso è
rimedio concorrente, ma alternativo con i ricorsi giurisdizionali, fatta salva
la possibilità dei controinteressati di richiedere che il ricorso sia
trasferito in sede giurisdizionale.
In Sicilia, ai
sensi dell'art. 23, c. 4, dello statuto
della Regione - approvato con R.D.L. 15 maggio 1946 n. 455, convertito in legge
costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2 - i ricorsi amministrativi, avanzati in
linea straordinaria contro atti amministrativi regionali, sono decisi dal
Presidente della Regione, sentito il Consiglio di Giustizia Amministrativa per
la Regione Siciliana.
Le competenze
che il D.P.R. n. 1199 del 1971 assegna, nell'istruttoria del ricorso, al
Ministero sono da intendersi attribuite al competente Assessorato il quale, ove
intenda proporre una decisione difforme dal parere del Consiglio di Giustizia
Amministrativa, deve sottoporre l'affare alla Giunta Regionale. T.A.R. Sicilia Catania, sez. IV, 16 aprile 2007, n.
623.
Il ricorso
straordinario al Presidente della Repubblica è rimedio amministrativo
abbastanza normale ed utilizzato, specie in materia di pubblico impiego, poiché
consente al ricorrente di impugnare atti amministrativi, senza l'ausilio del
difensore, direttamente.
Il ricorso
straordinario non è necessariamente un rimedio impugnatorio, e può avere ad
oggetto anche l'accertamento della sussistenza in capo al ricorrente di un
diritto soggettivo, oltre che l'annullamento di un atto, e può vertere, oltre
che sull'impugnazione di un provvedimento, anche su un rapporto obbligatorio
con una p.a.; in questi casi la sua presentazione non è soggetta al termine
decadenziale.
La domanda di
risarcimento può essere proposta anche in sede di ricorso straordinario che è
preordinato ad assicurare la tutela contenziosa in coerenza alla natura delle
posizioni giuridiche soggettive dedotte, tenuto anche conto della sua
alternatività e fungibilità rispetto al ricorso giurisdizionale. T.A.R. Sicilia Catania, sez. IV, 16 aprile 2007, n.
623.
Il ricorso deve
essere proposto nel termine di centoventi giorni dalla data della notificazione
o della comunicazione dell'atto impugnato o da quando l'interessato ne abbia
avuto piena conoscenza.
Entro detti
cento venti giorni il ricorso deve essere notificato nei modi e con le forme
prescritti per i ricorsi giurisdizionali ad uno almeno dei controinteressati e
presentato con la prova dell'eseguita notificazione all'organo che ha emanato l'atto
o al Ministero competente, direttamente o mediante notificazione o mediante
lettera raccomandata con avviso di ricevimento.L'organo che ha ricevuto il
ricorso lo trasmette immediatamente al Ministero competente.
I
controinteressati hanno a disposizione un termine di sessanta giorni dalla
notificazione del ricorso per presentare al Ministero che istruisce l'affare
deduzioni e documenti ed eventualmente per proporre ricorso incidentale.
Quando il ricorso sia stato notificato ad alcuni soltanto dei controinteressati, il Ministero ordina l'integrazione del procedimento, ex art. 9, D.P.R. 1199/1971.
Quando il ricorso sia stato notificato ad alcuni soltanto dei controinteressati, il Ministero ordina l'integrazione del procedimento, ex art. 9, D.P.R. 1199/1971.
L'istituto non
presenta la necessaria caratteristica della celerità e difficilmente è concessa
la sospensiva del provvedimento impugnato.
Trascorsi i
centoventi giorni dalla presentazione del ricorso, il ricorrente può richiedere
al Ministero se il ricorso è stato trasmesso al Consiglio di Stato per ottenere
il prescritto parere.
In caso di
risposta negativa il ricorrente può depositare direttamente al Consiglio di
Stato il ricorso, DPR 1199/1971, art. 11.
Col sistema dei
ricorsi amministrativi è la stessa pubblica amministrazione che giudica sui
suoi atti, mentre con i ricorsi giurisdizionali da presentare alla giustizia
amministrativa la decisione sugli atti dell'amministrazione è affidata ad
organi esterni alla stessa p.a. che si presuppone abbiano una maggiore
imparzialità.
2
L’opposizione
al ricorso straordinario.
Il ricorso
straordinario è rimedio concorrente, ma alternativo, con i ricorsi
giurisdizionali, infatti il controinteressato ha la possibilità di richiedere
che il ricorso sia trasferito in sede giurisdizionale.
In tal caso il
ricorrente deve costituirsi nel giudizio amministrativo in termini perentori.
La trasposizione
in sede giurisdizionale del ricorso straordinario al Presidente della
Repubblica a seguito di opposizione del controinteressato deve essere eseguita,
a pena di improcedibilità, dal ricorrente entro sessanta giorni dalla anzidetta
opposizione mediante deposito nella segreteria del T.A.R. competente di un atto
di costituzione in giudizio da notificare all'amministrazione e al
controinteressato, ai sensi dell'art. 10, D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, in Cons. St., sez. IV, 31 maggio 2007, n. 2858.
Per il principio
dell'alternatività il proposto ricorso straordinario rende inammissibile quello
giurisdizionale in seguito notificato, nella parte in cui il secondo si
sovrapponga al primo.
La
giurisprudenza ritiene che tale principio ponga dei limiti all’attività del
giudice successivamente adito per censurare l’atto consequenziale al
provvedimento impugnato con ricorso.
L’esame giurisdizionale
del provvedimento consequenziale è negato dal principio di alternatività fra
ricorso straordinario e giurisdizionale e la sua ratio è tesa ad evitare
che la medesima questione sfoci in pronunce divergenti.
La preventiva
proposizione del ricorso straordinario avverso un atto presupposto rispetto a
quello formante oggetto del successivo ricorso giurisdizionale, pur non
comportando l'inammissibilità di quest'ultimo, ex art. 8, c. 2, D.P.R.
24 novembre 1971, n. 1199, determina la sospensione del giudizio, ex
artt. 295 e 298, c.p.c., nella attesa dell'esito del procedimento
amministrativo concernente il ricorso straordinario avverso l'atto presupposto.
T.A.R. Emilia Romagna Bologna, sez. I, 19 dicembre 2003, n. 2708.
La
giurisprudenza precedente all’entrata in vigore del, D.L.vo 2 luglio 2010,
n.104, cod. proc. amm.
ha precisato che
la disciplina dei riti abbreviati riguarda solo i processi giurisdizionali in
senso stretto e non si estende al procedimento introdotto con il ricorso
straordinario al Capo dello Stato
3
La
trasposizione in sede giurisdizionale. I termini dimezzati.
I
controinteressati, entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione del
ricorso, possono richiedere, con atto notificato al ricorrente e all'organo che
ha emanato l'atto impugnato, che il ricorso sia deciso in sede giurisdizionale,
ex art. 10, D.P.R. 1999/1971.
Il
ricorrente che intenda insistere nel ricorso deve depositare presso la
segreteria del giudice amministrativo competente, nel termine di sessanta
giorni dal ricevimento dell'atto di opposizione, l'atto di costituzione in
giudizio, dandone avviso mediante notificazione all'organo che ha emanato
l'atto impugnato ed ai contro interessati, ex
art. 48, D.L.vo 2
luglio 2010, n.104, cod. proc. amm.
Nel caso di
trasposizione del ricorso in sede giurisdizionale può sorgere un problema in
ordine alle materie che prevedono termini dimezzati per il ricorso.
La
giurisprudenza distingue: a) la notifica dell'atto di opposizione; b) la
notifica dell'atto con cui il ricorrente straordinario dichiara di insistere
nel ricorso davanti al TAR; c) il deposito, presso la segreteria del tribunale
competente, dell'atto notificato dal ricorrente.
Il primo atto
non assume ancora connotati tipicamente processuali e giurisdizionali, ma
costituisce l'ultimo segmento della fase di svolgimento del procedimento di
trattazione del ricorso straordinario.
La notifica
dell'atto con cui si insiste nell'impugnazione ha la funzione di radicare la
controversia, per la prima volta, dinanzi al giudice. Se è vero che tale atto
si deve porre in rapporto di stretta connessione con il ricorso straordinario,
resta però indiscutibile che esso esprima la volontà del soggetto interessato
di proporre un ricorso, non più al Capo dello Stato, ma davanti al giudice.
Questa
circostanza sembra sufficiente per affermare, allora, che il termine per la
notifica dell'atto, pur essendo processuale, resta sottratto alla regola del
dimezzamento dei termini, perché riconducibile, indiscutibilmente, alla categoria
dei termini per la proposizione del ricorso.
Il termine
successivo per il deposito dell'atto è senz'altro un termine processuale, ma
non è per niente riconducibile alla nozione, pure ampia, di attività di
proposizione del ricorso.
A tale riguardo
la giurisprudenza ritiene che questo termine non si sottrae alla regola del
dimezzamento del termine, in quanto la formula proposizione del ricorso va
intesa con il significato - più ristretto - di notificazione.
I termini
dimezzati cominciano ad applicarsi dal momento del deposito dell'atto di
costituzione presso la segreteria del T.A.R.. Cons. St., sez. V, 24 luglio 2007, n. 4136.
4
La
direttiva 27-7-1993 del Presidente del Consiglio dei Ministri.
Il termine
fissato dall'art.11 del DPR.1199/1971 , che fissa 120 giorni per la chiusura
della fase istruttoria e la trasmissione degli atti al Consiglio di Stato, è
considerato meramente ordinatorio e difficilmente è rispettato.
Con l'entrata in
vigore dell'art.2 della L.241/1990, che ribadisce il principio dell'obbligo
della conclusione del procedimento amministrativo entro i termini
preventivamente fissati, la situazione è destinata a mutare radicalmente.
Come era
conseguentemente deducibile la giurisprudenza ha affermato che l'obbligo alla
conclusione del procedimento è da riferirsi anche alla fase endoprocedimentale,
anche se condizionata dall'emanazione dei regolamenti da approvarsi dalle
singole amministrazioni nei termini previsti dalla legge.
La tutela
amministrativa è rafforzata da quella penale inerente alle omissioni, sancita
dalla L.86/1990.
L'obbligo al
rispetto dei termini, come se non bastasse, è stato ribadito dalla direttiva 27
luglio1993 del Presidente del Consiglio dei Ministri, in Gazz.Uff.29 luglio
1993, n.176.
Questa prevede
che, in caso di deposito del ricorso ad opera del ricorrente presso il
Consiglio di Stato, per l’inottemperanza del ministero, questi deve provvedere
alla richiesta istruttoria del Consiglio entro trenta giorni.
Esiste, a dire
il vero, a temperare facili ottimismi, il problema che il Consiglio di Stato non provveda tempestivamente alla richiesta
istruttoria.
La direttiva
sancisce l'obbligo per i ministeri competenti di dare comunicazione ai
ricorrenti della ricevuta della presentazione del ricorso, del nominativo del
responsabile del procedimento e del termine entro cui l'istruzione sarà
presumibilmente completata, ai sensi del DPR. 392/1992, con il suggerimento di
procedere a sanzioni disciplinari nei confronti dei funzionari inadempienti.
5
La
richiesta di sospensiva.
Nell’ambito del
ricorso straordinario al Presidente della Repubblica può essere concessa al
ricorrente, ove siano documentati danni gravi ed irreparabili, la sospensione
dell’atto impugnato.
La sospensiva è
disposta con atto motivato del Ministero competente, ai sensi dell’art. 8,
D.P.R. 1199/2000, su conforme parere del Consiglio di Stato.
L’intervento
legislativo segue la prassi già esistente, ma sostanzialmente non elimina i
dubbi che la mancanza di contraddittorio fa sorgere sulla possibilità di
un’immediata percezione da parte dell’organo amministrativo adito dei reali
interessi delle parti in causa; esse devono, infatti, affidarsi a memorie
scritte che non possono essere illustrate oralmente.
Non sono
previste le misure cautelari che lo stesso articolo prevede, invece, per il
processo amministrativo.
6
L’istruttoria.
L'organo al quale è assegnato il ricorso procede
all’istruttoria del medesimo.
Se esso riconosce che l'istruttoria è incompleta o che i
fatti affermati nell'atto impugnato sono in contraddizione con i documenti, può
richiedere al Ministero competente nuovi chiarimenti o documenti ovvero
ordinare al Ministero medesimo di disporre nuove verificazioni, autorizzando le
parti ad assistervi ed a produrre nuovi documenti.
Se il ricorso è stato notificato ad alcuni soltanto dei
controinteressati, l’organo competente sollecita lo stesso Ministero ad
ordinare l'integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri, ex art. 13, D.P.R. 1199/2000,
Lo stesso art. 13, D.P.R. 1199/2000, mod. art. 69, L.
n. 69 del 2009, precisa che se l’organo istruttore ritiene che il ricorso non possa essere
deciso indipendentemente dalla risoluzione di una questione di legittimità
costituzionale che non risulti manifestamente infondata, esso sospende
l'espressione del parere e, riferendo i termini e i motivi della questione,
ordina alla segreteria l'immediata trasmissione degli atti alla Corte
costituzionale, ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 23 e seguenti
della L. 11 marzo 1953, n. 87 , nonché la notifica del provvedimento ai soggetti ivi
indicati.
La dottrina
ritiene che detta modfica risolva definitivamente la questione della natura
giuridica dell'istituto nel senso della natura giurisdizionale del medesimo . L.
BERTONAZZI, Recenti novità normative in tema di ricorso straordinario al
Presidente della Repubblica, in Urb. App., 2009, 1289.
7
La
decisione sul ricorso straordinario.
L'autorità
amministrativa decidente è il Presidente della Repubblica su proposta del
Ministro.
L’art. 14, D.P.R. 1199/2000, mod. art. 69, L. 69 del 2009,
modificando radicalmente l’impostazione precedente afferma che il Presidente
della Repubblica è vincolato dal parere
espresso dal Consiglio di Stato e deve risolvere la controversia secondo i criteri
risultanti dalla pura e semplice applicazione delle norme di diritto, che
caratterizzano le decisioni adottate in sede giudiziaria. L. CARBONE, La
revisione del ricorso straordinario al presidente della repubblica e la
riaffermata natura giurisdizionale del rimedio di tutela, in Foro amm. TAR, 2009,
9, 2664
Il parere del
Consiglio di Stato è incardinato su alcune soluzioni tipiche e può concludere:
a)per la
dichiarazione di inammissibilità, se riconosce che il ricorso non poteva essere
proposto, fatta salva la facoltà dell'assegnazione di un breve termine per
presentare all'organo competente il ricorso proposto, per errore ritenuto
scusabile, contro atti non definitivi;
b) per
l'assegnazione al ricorrente di un termine per la regolarizzazione, se ravvisa
un’irregolarità sanabile, e, se questi non vi provvede, per la dichiarazione di
improcedibilità del ricorso;
c) per la
reiezione, se riconosce infondato il ricorso;
d) per
l’accoglimento e la rimessione degli atti all'organo competente, se riconosce
fondato il ricorso per il motivo di incompetenza;
e) per
l'accoglimento, salvo gli ulteriori provvedimenti dell'amministrazione, se
riconosce fondato il ricorso per altri motivi di legittimità, ex art.
13, comma 1, D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199.
Il decreto che
decide il ricorso straordinario ha natura non giurisdizionale ma
amministrativa, con la conseguenza che, per la sua esecuzione, non si può
proporre il giudizio d'ottemperanza al giudice amministrativo perché la
relativa decisione non concretizza il presupposto del giudicato formale. Cons.
St., sez. IV, 22 settembre 2003, n. 5393.
La
giurisprudenza ritiene che in caso di mancata esecuzione, da parte
dell'Amministrazione, del decreto decisorio, o più in generale di mancata
adozione dei provvedimenti consequenziali, l'interessato può attivare la
procedura per la formalizzazione del silenzio inadempimento, ai sensi di quanto
ora previsto dall'art. 2, c. 4, della L. n. 241/90, introdotto dall'art. 2
della L. 11 febbraio 2005, n. 15.
Decorso il
termine previsto dal regolamento della singola Amministrazione per la
conclusione dei vari tipi di procedimento, il ricorso avverso il silenzio, può
essere proposto, anche senza necessità di diffida all'Amministrazione
inadempiente, fin tanto che perdura l'inadempimento e, in ogni modo, non oltre
un anno dalla scadenza del termine per provvedere. T.A.R. Sicilia Catania, sez. IV, 16 aprile 2007, n.
623
8) L’ azione di ottemperanza.
La giurisprudenza
più recente sembra preferire l’indirizzo
che ammette il ricorso per l’ottemperanza per i decreti decisori di ricorsi
straordinari al Presidente della Repubblica. Cass. Civ., Sez. Un., 28 gennaio
2011, n.2065. M. ANDREIS, Ricorso straordinario
e azione di ottemperanza, in Urb. App.,
2011, 5,2011.
L’indirizzo
interpretativo favorevole alla ammissibilità del ricorso in ottemperanza per
ottenere l'esecuzione coatta di un Decreto del Presidente della Regione
siciliana reso in sede di decisione di ricorso straordinario, è stato ribadito
da Cons.giust.amm.
Sicilia, sez. giurisd., 25 gennaio 2010, n. 82.
Il Collegio certamente non ignora il rilievo della natura non
giurisdizionale del ricorso straordinario che è stato operato, per dichiarare
l'inammissibilità del ricorso per l'ottemperanza al decreto decisorio del Capo
dello Stato.
Si è osservato come dalla disciplina dell’istituto emerga un istituto
di natura atipica, con spiccate caratteristiche giurisdizionali, attivabile
dagli interessati in alternativa (per quanto qui rileva) al ricorso
giurisdizionale, con contraddittorio garantito e con facoltà dei
controinteressati di chiederne la trasposizione in sede giurisdizionale; sicché
la preclusione dell'impugnazione ex
art. 113 Cost. da parte del soccombente si spiega proprio in
quanto vi è stata la definizione della controversia in una delle due sedi
alternative offerte dall'ordinamento alla scelta di ambo le parti.
Il parere del Consiglio di Stato - e in Sicilia, di questo Consiglio a
Sezioni riunite - esprime un'attività di pura e semplice applicazione del
diritto oggettivo, da cui l'autorità decidente può discostarsi solo sulla base
di una delibera del Consiglio dei ministri o, in Sicilia, della Giunta
regionale, ove, come nella specie, manchi tale delibera, la decisione recepisce
e fa proprio tout court il contenuto del parere, condividendone la
natura.
Gli elementi giurisdizionali presenti, come esposto, nella disciplina
del ricorso straordinario sono prevalenti e di questo dato normativo è
necessario tenere conto nella definizione dei problemi connessi alla
interpretazione della disciplina medesima e nella prospettiva fondamentale di
una tutela efficace del cittadino nei confronti della attività della Pubblica
amministrazione.
La decisione straordinaria, per la sua alternatività rispetto a quella
giurisdizionale, è un segmento di un giudizio che tende ad una situazione
assimilabile a quella della cosa giudicata in senso formale, una volta che le
parti soccombenti non abbiano impugnato negli stretti limiti in cui ciò è
possibile la decisione stessa.
Quanto ai mezzi di tutela esecutiva conseguenti all'accoglimento del
ricorso straordinario - sul rilievo che il rito accelerato ex art. 21-bis dellaL. 6 dicembre 1971,
n. 1034, è esperibile solo in caso di inerzia dell'Amministrazione, mentre in
caso di atti violativi o elusivi della decisione non vi sarebbe altra via che
un ordinario giudizio di cognizione, implicante due gradi di merito, e la
relativa ottemperanza, sol per giungere, di fatto, al medesimo punto cui già si
era prima di essi dato che in sede giurisdizionale sono comunque intangibili le
statuizioni rese con la decisione giustiziale.
I n coerenza con le riferite caratteristiche dell'istituto giustiziale
alternativo e con il principio di effettività della tutela del cittadino, si è
ammesso il ricorso diretto allo strumento del ricorso in ottemperanza, ex
art. 37
L. n. 1034/1971.
Cons.giust.amm. Sicilia, sez. giurisd., 28 aprile 2008 n. 379.
Altra
giurisprudenza afferma invece la natura amministrativa del ricorso
straordinario
ed impedisce l'esperibilità del giudizio di ottemperanza per
l'esecuzione dei decreti decisori favorevoli ai ricorrenti straordinari. T.A.R.
Lazio Roma, sez. I, 16 marzo 2010, n. 4104.
Essa ribadisce che al fine di far valere il titolo alla
puntuale esecuzione della decisione sul ricorso straordinario non è
utilizzabile lo strumento del ricorso per l'ottemperanza, che è limitato
all'esecuzione del giudicato, quanto piuttosto, in base al principio di
effettività che deve assistere le decisioni emesse in esito a procedimenti latu sensu contenziosi, volti alla
tutela di situazioni soggettive del privato, la pretesa al pieno e corretto
adempimento all'atto decisorio non resta sfornita di tutela, rinvenendosi nella
possibilità di rendere significativo con rituale diffida il comportamento omissivo
dell'amministrazione per poi avvalersi dello strumento apprestato dall'art. 21 bis della l. n. 241 del 1990 ai fini
della declaratoria di illegittimità del silenzio rifiuto con comminatoria
dell'ordine di esecuzione T.A.R.
Liguria Genova, sez. II, 12 novembre 2010, n. 10372.
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