martedì 7 febbraio 2017

La tutela giurisdizionale sul ricorso amministrativo

1               La tutela giurisdizionale sul ricorso gerarchico.


La proposizione del ricorso gerarchico non ha alcun effetto alternativo al rimedio giurisdizionale.
Il ricorrente non ha il vincolo di attendere la decisione sull'originaria impugnativa; l'interessato può, infatti, rinunciando in tal modo al ricorso, impugnare il medesimo atto in sede giurisdizionale anche quando dal ricorso amministrativo non sia decorso il termine di 90 giorni per pronunciarsi e sempre che il ricorrente non abbia avuto notizia dell'intervenuta decisione.
E' solo necessario che il ricorso giurisdizionale sia fatto nei termini prescritti.
Più complesso è il rapporto fra la decisione tardiva sul ricorso amministrativo ed il ricorso giurisdizionale eventualmente proposto.
Essa, se è favorevole al ricorrente, fa cessare la materia del contendere purché i controinteressati o l'amministrazione non abbiano impugnato la decisione stessa presso il giudice amministrativo.
I due ricorsi, evidentemente connessi, vanno riuniti.
Se la decisione non è favorevole i suoi effetti restano assorbiti dal successivo ricorso giurisdizionale. Cons. Stato, Ad. Pl., 27 gennaio 1978, n. 2. T.A.R. Marche, 22 marzo 1989, n. 54, in Foro Amm., 1989, 2821.
La regola secondo cui l'esaurimento dei ricorsi amministrativi ordinari costituiva il presupposto per adire gli organi giurisdizionali ordinari della giustizia amministrativa è stata superata dall'art. art. 7, D.L.vo 2 luglio 2010, n.104, cod. proc. amm.
Esso dispone che nei confronti di atti o provvedimenti emessi da pubbliche amminsitrazioni è possibile l'impugnativa in sede giurisdizionale.
La norma rimette all'interessato la scelta se percorrere o meno la via gerarchica prima di quella giurisdizionale e consente - in base alla regola della prevalenza del ricorso giurisdizionale - a chi abbia presentato un ricorso amministrativo di proporre successivamente, in via immediata, un'impugnativa giurisdizionale.
La giurisprudenza ha evidenziato che in tal caso il primo ricorso diviene improcedibile.
Si deve ravvisare, infatti, in detto comportamento una rinuncia implicita al ricorso amministrativo precedentemente proposto. (Cons. Stato, sez. II, 12 febbraio 1996, n. 88, in Cons. Stato, 1998, I, 141).
Nel ricorso giurisdizionale possono essere proposti motivi dedotti nel precedente ricorso amministrativo; esso deve ritenersi tuttora operante, anche in relazione alla disciplina contenuta nel D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, che comportano l'identità di contenuto ed il divieto di ampliare il thema decidendum. Cons. Stato, sez. IV, 14 luglio 1997, n. 711, in Cons. St., 1997, I, 1001.
La decisione emessa sul ricorso gerarchico è impugnabile presso il T.A.R.
La giurisprudenza ha dichiarato ammissibile il ricorso giurisdizionale amministrativo di primo grado anche se proposto avverso un'ordinanza contingibile e urgente del sindaco, nei riguardi della quale il privato abbia, pendente il termine d'impugnazione, richiesto al prefetto un atto cautelare di sospensione senza contestualmente proporre un ricorso amministrativo gerarchico o d'altro tipo.
L'improcedibilità dell'istanza cautelare, che, com'è noto, può essere posta solo innanzi all'autorità gerarchicamente sovraordinata in sede di gravame gerarchico, art. 3, D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, implica solo l'impossibilità dell'organo irritualmente adito di disporre l'invocata sospensione, ma non preclude al ricorrente di adire il giudice. Cons. Stato, sez. V, 15 aprile 1996, n. 425, in Foro amm., 1996, 1227.

2               La tutela giurisdizionale sul ricorso straordinario al Presidente della Repubblica.


La dottrina sostiene la tesi della non impugnabilità in sede giurisdizionale delle decisioni dei ricorsi straordinari relativamente al contenuto. Essa rileva che, in ossequio al principio dell'alternatività, il Consiglio di Stato non deve essere chiamato due volte ad esprimersi sullo stesso oggetto.
Detta teoria risponde anche ad un bisogno di ordine eminentemente pratico teso a favorire l'utilizzazione dell'istituto. Ben pochi sarebbero portati a servirsene se quanto deciso potesse essere in toto rimesso in discussione, attraverso l'impugnativa in sede giurisdizionale dell'atto decisorio per qualunque motivo di legittimità. L. MAZZAROLLI, Riflessioni sul ricorso straordinario al presidente della repubblica, in Dir. amm. 2004, 4, 693.
La giurisprudenza ha sostenuto l'estensione dell'esclusione dell'impugnabilità anche alle questioni di forma e di procedura riferibili a fasi precedenti all'espressione, da parte del Consiglio di Stato, del parere di sua spettanza. T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 3 maggio 2005, n. 3292
L'esito di un ricorso straordinario non è mai impugnabile in sede giurisdizionale, con la sola eccezione della non conformità del decreto del Capo dello Stato al parere reso dal Consiglio di Stato senza che sia stato seguito il procedimento di cui all'art. 14 del D.L.vo n. 1199 del 1971.
L'impugnabilità della decisione del ricorso straordinario è circoscritta ai soli vizi di forma e del procedimento, mentre è impedita la valutazione di contestazioni che comportino un qualsiasi riesame del giudizio formulato dal Consiglio di Stato in sede consultiva. Infatti, se fosse ammissibile il controllo di legittimità della determinazione sul merito del ricorso straordinario, il giudice amministrativo sarebbe investito della cognizione sui vizi dell'atto lesivo, per la via mediata della denuncia degli errores in iudicando che inficiano quella decisione; il che eliderebbe l'effetto preclusivo determinato dalla proposizione del ricorso straordinario e vanificherebbe il principio di alternatività tra ricorso straordinario e ricorso giurisdizionale. T.A.R. Sicilia Catania, sez. IV, 21 giugno 2007, n. 1075
La Corte costituzionale ha respinto l’eccezione di incostituzionalità affermando che è manifestamente inammissibile, per difetto di rilevanza, la questione di legittimità costituzionale – sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 113 cost., dal T.A.R. per l'Emilia Romagna, sez. di Parma, con l'ordinanza emessa il 27 ottobre 1986 - dell'art. 10, comma 3, D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, nella parte in cui, in caso di ricorso straordinario al Presidente della Repubblica avverso un atto amministrativo definitivo, preclude ai controinteressati che non abbiano chiesto che il ricorso sia deciso in sede giurisdizionale, l'impugnazione dinanzi al consiglio di Stato della decisione di accoglimento, salvo che per i vizi di forma o di procedimento. Corte cost., 21 luglio 1988, n. 856, in Giur. cost., 1988, I, 4064.

3               Il ricorso per revocazione.


Contro la decisione sul ricorso straordinario può proporsi il ricorso per revocazione allo stesso Presidente della Repubblica, ex art. 15, D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199.
I casi di revocazione per i quali può attivarsi il ricorso sono quelli previsti dall’art. 395, c.p.c.
La giurisprudenza ha precisato che l'omessa trasmissione al Consiglio di Stato di una memoria difensiva prodotta dal controinteressato vizia il parere espresso dal Consiglio stesso per errore di fatto. Si è supposta, infatti insistente una memoria risultante positivamente dagli atti di causa.
Tale errore di fatto consente la proposizione di un ricorso per revocazione avverso il D.P.R. decisorio. Cons. St., sez. IV, 6 maggio 2002, n. 2428, in Giur. it., 2002, 2410.
Nei casi previsti nei numeri 4 e 5 dell'art. 395 del codice di procedura civile il ricorso per revocazione deve essere proposto nel termine di sessanta giorni dalla data della notificazione o della comunicazione in via amministrativa o della pubblicazione del decreto impugnato nei modi stabiliti dai regolamenti particolari delle singole amministrazioni; negli altri casi il termine di sessanta giorni decorre dal giorno della scoperta o dell'accertamento del dolo o della falsità o del recupero dei documenti.



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