1
La
tutela giurisdizionale sul ricorso gerarchico.
La proposizione
del ricorso gerarchico non ha alcun effetto alternativo al rimedio
giurisdizionale.
Il ricorrente
non ha il vincolo di attendere la decisione sull'originaria impugnativa;
l'interessato può, infatti, rinunciando in tal modo al ricorso, impugnare il
medesimo atto in sede giurisdizionale anche quando dal ricorso amministrativo
non sia decorso il termine di 90 giorni per pronunciarsi e sempre che il
ricorrente non abbia avuto notizia dell'intervenuta decisione.
E' solo
necessario che il ricorso giurisdizionale sia fatto nei termini prescritti.
Più complesso è
il rapporto fra la decisione tardiva sul ricorso amministrativo ed il ricorso
giurisdizionale eventualmente proposto.
Essa, se è
favorevole al ricorrente, fa cessare la materia del contendere purché i
controinteressati o l'amministrazione non abbiano impugnato la decisione stessa
presso il giudice amministrativo.
I due ricorsi,
evidentemente connessi, vanno riuniti.
Se la decisione
non è favorevole i suoi effetti restano assorbiti dal successivo ricorso
giurisdizionale. Cons. Stato, Ad. Pl., 27 gennaio 1978, n. 2. T.A.R. Marche, 22
marzo 1989, n. 54, in Foro Amm., 1989, 2821.
La
regola secondo cui l'esaurimento dei ricorsi amministrativi ordinari costituiva
il presupposto per adire gli organi giurisdizionali ordinari della giustizia amministrativa
è stata superata dall'art. art. 7, D.L.vo 2 luglio 2010, n.104, cod. proc. amm.
Esso dispone che
nei confronti di atti o provvedimenti emessi da pubbliche amminsitrazioni è
possibile l'impugnativa in sede giurisdizionale.
La norma rimette
all'interessato la scelta se percorrere o meno la via gerarchica prima di
quella giurisdizionale e consente - in base alla regola della prevalenza del
ricorso giurisdizionale - a chi abbia presentato un ricorso amministrativo di
proporre successivamente, in via immediata, un'impugnativa giurisdizionale.
La
giurisprudenza ha evidenziato che in tal caso il primo ricorso diviene
improcedibile.
Si deve
ravvisare, infatti, in detto comportamento una rinuncia implicita al ricorso
amministrativo precedentemente proposto. (Cons. Stato, sez. II, 12 febbraio
1996, n. 88, in Cons. Stato, 1998, I, 141).
Nel ricorso
giurisdizionale possono essere proposti motivi dedotti nel precedente ricorso
amministrativo; esso deve ritenersi tuttora operante, anche in relazione alla disciplina
contenuta nel D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, che comportano l'identità di
contenuto ed il divieto di ampliare il thema decidendum. Cons. Stato,
sez. IV, 14 luglio 1997, n. 711, in Cons. St., 1997, I, 1001.
La
decisione emessa sul ricorso gerarchico è impugnabile presso il T.A.R.
La
giurisprudenza ha dichiarato ammissibile il ricorso giurisdizionale
amministrativo di primo grado anche se proposto avverso un'ordinanza
contingibile e urgente del sindaco, nei riguardi della quale il privato abbia,
pendente il termine d'impugnazione, richiesto al prefetto un atto cautelare di
sospensione senza contestualmente proporre un ricorso amministrativo gerarchico
o d'altro tipo.
L'improcedibilità
dell'istanza cautelare, che, com'è noto, può essere posta solo innanzi
all'autorità gerarchicamente sovraordinata in sede di gravame gerarchico, art.
3, D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, implica solo l'impossibilità dell'organo
irritualmente adito di disporre l'invocata sospensione, ma non preclude al
ricorrente di adire il giudice. Cons. Stato, sez. V, 15 aprile 1996, n. 425, in
Foro amm., 1996, 1227.
2
La
tutela giurisdizionale sul ricorso straordinario al Presidente della
Repubblica.
La dottrina
sostiene la tesi della non impugnabilità in sede giurisdizionale delle
decisioni dei ricorsi straordinari relativamente al contenuto. Essa rileva che,
in ossequio al principio dell'alternatività, il Consiglio di Stato non deve
essere chiamato due volte ad esprimersi sullo stesso oggetto.
Detta teoria
risponde anche ad un bisogno di ordine eminentemente pratico teso a favorire
l'utilizzazione dell'istituto. Ben pochi sarebbero portati a servirsene se
quanto deciso potesse essere in toto rimesso in discussione, attraverso
l'impugnativa in sede giurisdizionale dell'atto decisorio per qualunque motivo
di legittimità. L. MAZZAROLLI, Riflessioni sul ricorso straordinario al
presidente della repubblica, in Dir. amm. 2004, 4, 693.
La
giurisprudenza ha sostenuto l'estensione dell'esclusione dell'impugnabilità
anche alle questioni di forma e di procedura riferibili a fasi precedenti
all'espressione, da parte del Consiglio di Stato, del parere di sua spettanza. T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 3 maggio 2005, n. 3292
L'esito di un
ricorso straordinario non è mai impugnabile in sede giurisdizionale, con la
sola eccezione della non conformità del decreto del Capo dello Stato al parere
reso dal Consiglio di Stato senza che sia stato seguito il procedimento di cui
all'art. 14 del D.L.vo n. 1199 del 1971.
L'impugnabilità
della decisione del ricorso straordinario è circoscritta ai soli vizi di forma
e del procedimento, mentre è impedita la valutazione di contestazioni che
comportino un qualsiasi riesame del giudizio formulato dal Consiglio di Stato
in sede consultiva. Infatti, se fosse ammissibile il controllo di legittimità
della determinazione sul merito del ricorso straordinario, il giudice
amministrativo sarebbe investito della cognizione sui vizi dell'atto lesivo,
per la via mediata della denuncia degli errores in iudicando che
inficiano quella decisione; il che eliderebbe l'effetto preclusivo determinato
dalla proposizione del ricorso straordinario e vanificherebbe il principio di
alternatività tra ricorso straordinario e ricorso giurisdizionale. T.A.R. Sicilia Catania, sez. IV, 21 giugno 2007, n.
1075
La Corte costituzionale
ha respinto l’eccezione di incostituzionalità affermando che è manifestamente
inammissibile, per difetto di rilevanza, la questione di legittimità
costituzionale – sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 113 cost., dal
T.A.R. per l'Emilia Romagna, sez. di Parma, con l'ordinanza emessa il 27
ottobre 1986 - dell'art. 10, comma 3, D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, nella
parte in cui, in caso di ricorso straordinario al Presidente della Repubblica
avverso un atto amministrativo definitivo, preclude ai controinteressati che
non abbiano chiesto che il ricorso sia deciso in sede giurisdizionale,
l'impugnazione dinanzi al consiglio di Stato della decisione di accoglimento,
salvo che per i vizi di forma o di procedimento. Corte cost., 21 luglio 1988,
n. 856, in Giur. cost., 1988, I, 4064.
3
Il
ricorso per revocazione.
Contro la
decisione sul ricorso straordinario può proporsi il ricorso per revocazione
allo stesso Presidente della Repubblica, ex art. 15, D.P.R. 24 novembre 1971,
n. 1199.
I casi di revocazione
per i quali può attivarsi il ricorso sono quelli previsti dall’art. 395, c.p.c.
La
giurisprudenza ha precisato che l'omessa trasmissione al Consiglio di Stato di
una memoria difensiva prodotta dal controinteressato vizia il parere espresso
dal Consiglio stesso per errore di fatto. Si è supposta, infatti insistente una
memoria risultante positivamente dagli atti di causa.
Tale errore di
fatto consente la proposizione di un ricorso per revocazione avverso il D.P.R.
decisorio. Cons. St., sez. IV, 6 maggio 2002, n. 2428, in Giur. it.,
2002, 2410.
Nei casi
previsti nei numeri 4 e 5 dell'art. 395 del codice di procedura civile il ricorso
per revocazione deve essere proposto nel termine di sessanta giorni dalla data
della notificazione o della comunicazione in via amministrativa o della
pubblicazione del decreto impugnato nei modi stabiliti dai regolamenti
particolari delle singole amministrazioni; negli altri casi il termine di
sessanta giorni decorre dal giorno della scoperta o dell'accertamento del dolo
o della falsità o del recupero dei documenti.
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