giovedì 2 febbraio 2017

La classificazione dei procedimenti.

18. La classificazione dei procedimenti.

La dottrina classifica i procedimenti amministrativi secondo vari parametri. Ad esempio, con riguardo agli effetti, essi possono produrre esiti favorevoli, in tal caso sono denominati provvedimenti ampliativi, o limitativi, e allora sono denominati provvedimenti restrittivi delle posizioni giuridiche degli assegnatari.
I procedimenti di rilascio di concessione o autorizzazione rientrano fra i provvedimenti ampliativi.
La ripartizione dei procedimenti amministrativi che seguiremo è quella che li classifica in rapporto alle varie funzioni esercitate. 
Diversamente, altri autori fondano le classificazioni dei procedimenti sulla struttura degli stessi. R. VILLALTA G. SALA, voce Procedimento amministrativo, in Dig. Disc. Pubbl., 1996, XI, 585.

19. La funzione autorizzatoria.

I procedimenti autorizzatori hanno per oggetto la rimozione di un ostacolo al fine di consentire al soggetto richiedente l’esercizio di un potere.
Oggetto del procedimento è il rilascio di una autorizzazione, che può essere permissiva o costitutiva, poiché essa è correlata al potere del soggetto; ad esso si riconosce un interesse legittimo al rilascio, tutelabile presso la giustizia amministrativa.
Trattandosi della rimozione di un limite ad un potere che già esiste nel richiedente, la discrezionalità della pubblica amministrazione nell’esame della richiesta appare ridotta al controllo dei requisiti richiesti e vincolata alla legittimità del procedimento.
Il procedimento si presenta con una struttura ben precisa: richiesta, verifica di legittimità, autorizzazione.
Di norma, tale procedimento non prevede contraddittorio col richiedente poiché la richiesta deve essere coincidente con la tipicità delle previsioni normative per potere essere accolta.

20. La funzione concessoria.

Nel procedimento concessorio la discrezionalità dell’amministrazione acquista maggior rilevanza. La richiesta del privato è, in questo caso, tesa ad ottenere un provvedimento costitutivo o traslativo di un potere che non appartiene al richiedente, come nel procedimento autorizzatorio, ma che è dell’amministrazione.
Questo comporta non solo un più approfondito accertamento da parte dell’amministrazione nel disporre di un suo potere, ma anche un esame dei vari interessi che si manifestano, qualora vi siano più soggetti richiedenti.
In taluni casi la concessione è rilasciata ad un soggetto predeterminato, come alla R.A.I. per l’esercizio del servizio radiotelevisivo, ma anche in tale eventualità, pur in presenza di un solo richiedente ex lege, il procedimento concessorio non perde la sua tipicità.
La peculiarità del potere della pubblica amministrazione, che sta alla base del procedimento concessorio, si manifesta nella correlativa possibilità di gestione del medesimo potere con atti di verifica del corretto esercizio della concessione e nella possibilità di intervento, con la revoca della concessione, prima della sua scadenza.
Oggetto del procedimento è un potere dell’amministrazione che può essere il più vario, come l’esercizio delle facoltà relative all’uso di un bene demaniale ovvero la concessione di un servizio pubblico di trasporto urbano o di informazione radiotelevisiva.
E’ necessario precisare che per i beni demaniali la concessione si può rilasciare solo nei limiti di espressa riserva di legge poiché essi, per espressa definizione, sono inalienabili e soggetti a pubblica destinazione.
I richiedenti sono coloro che aspirano ad essere concessionari del bene e del servizio.
Essi hanno un interesse legittimo al procedimento concessorio che deve svolgersi nel rispetto delle norme.
La presenza di più richiedenti comporta una particolare attenzione alla scelta del soggetto che, in ogni caso, deve possedere i requisiti eventualmente richiesti.
A tale punto il procedimento amministrativo di concessione deve essere distinto dalla concessione come mezzo per la realizzazione di opere pubbliche che è, ad esempio, disciplinata dalla L. 80/1987.
Tale legge prevede la scelta di concessionari che si assumono il compito di realizzare le opere e, eventualmente, la loro gestione.
Nel procedimento di concessione la scelta fra i concessionari è realizzata, di norma, attraverso un subprocedimento che deve garantire la massima trasparenza ed imparzialità.
L’amministrazione pubblica ricorre alla pubblicazione di bandi di concorso che prevedono tempi e modalità di presentazione delle domande; le scelte discrezionali devono essere motivate e sono soggette al sindacato di legittimità del giudice amministrativo.
La concessione trova puntuale disciplina nella stipula di una convenzione contratto, come un diritto soggettivo perfetto.
La presenza di posizioni di interesse legittimo e di diritto soggettivo ha portato il legislatore ad attribuire la competenza esclusiva al giudice amministrativo che deve pronunciarsi, quindi, anche su diritti soggettivi; salvo le questioni afferenti canoni od indennità relative alla concessione che rimangono attribuite al giudice ordinario.

21. La funzione programmatoria.

L’ampliamento delle posizioni giuridiche soggettive, prima affidata ai provvedimenti autorizzatori e concessori, coll’intensificarsi dell’attività della pubblica amministrazione è sempre più basato sull’esame di situazioni complesse. Esse trovano naturale contemperamento nello studio comparato dei cosiddetti interessi diffusi dei soggetti destinatari dell’azione amministrativa.
Le funzioni programmatorie trovano regolamentazione principale nella pianificazione urbanistica.
Il soggetto pianificatorio trova nel suo campo d’azione l’intervento necessario di più persone, ad esempio, il parere del genio civile - per le programmazioni in zone sismiche - e l’atto pianificatorio è spesso atto complesso ossia richiede l’intervento di un soggetto, diverso da quello pianificatore, che provvede all’approvazione del piano con possibilità di modifica, così da garantire altri interessi di grado più elevato.
L’atto semplicemente adottato incide però da subito sulle posizioni soggettive, consentendo una tutela giurisdizionale sull’atto prima della sua approvazione definitiva.
Il provvedimento programmatorio può essere considerato atto ampliativo poiché, ai sensi dell’art. 4 ultimo comma della L. 10/1977, la mancanza di pianificazione consente indici di fabbricabilità meramente simbolici. Gli effetti ampliativi si verificano, a mio avviso, anche dove l’azione amministrativa rimanda necessariamente a futuri provvedimenti ablatori. L’attribuzione di una qualifica giuridica è. infatti, di per se stessa attività ampliativa.
Se poi l’azione della p.a. prevede un’attuazione diretta dello strumento, vedi il piano di zona, a tale effetto ampliativo subentra, successivamente, un effetto ablatorio che, peraltro, in via di indennizzo, deve garantire un’equa riparazione della sottrazione forzosa del bene.
Questa, tuttavia, nel nostro sistema rimane un’evenienza subordinata ad interventi di natura particolare.
L’intervento programmatorio trova, infatti, normale attuazione attraverso provvedimenti amministrativi - come la concessione edilizia - o attraverso le convenzioni contratto – ad esempio, la convenzione di lottizzazione, le convenzioni relative al piano di recupero e quelle inerenti al piano integrato di recupero.
Il provvedimento amministrativo influenza l’azione del privato regolata da atti aventi contenuti contrattuali.
La rigidità procedimentale, sempre troppo lenta rispetto ai ritmi richiesti oggi dalle attività produttive, tenta di capovolgere questo schema, ribaltandolo.
L’attività di proposta di intervento - il cosiddetto accordo di programma - infatti, tende a porre esso
stesso l’avvio di meccanismi di variante allo strumento di programmazione.
Invece che dal provvedimento pianificatorio si parte dall’accordo fra soggetti attuatori, che possono essere pubblici o privati, per intervenire eventualmente a modificare, in sede attuativa, la stessa programmazione.

22. La funzione ablatoria.

La funzione ablatoria è esercitata nel rispetto dei principi stabiliti dall’art. 42 della costituzione repubblicana che si preoccupa di fissare i limiti del diritto di proprietà, allo scopo di assicurare la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti. L’espropriazione può avvenire salvo indennizzo che deve costituire un serio ristoro al sacrificio imposto al privato per motivi di interesse generale.
I procedimenti ablatori reali tendono a trasferire alla pubblica amministrazione beni di proprietà privata per realizzare opere di pubblica utilità.
Essi si sviluppano attraverso i procedimenti tipici - espressamente disciplinati dalla legge - della espropriazione, della requisizione e della occupazione.
I procedimenti ablatori personali limitano l’esercizio dei diritti della persona. Sono, ad esempio i limiti in materia sanitaria e le direttive in materia di tutela del lavoro.

23. La funzione certativa.

Tale funzione è volta a provare l’esistenza di fatti al soggetto richiedente che può utilizzare il documento che attesta la certificazione nei confronti di altri soggetti.
Tale funzione si fonda su una prima attività tesa all’accertamento dei fatti ed in una seconda attività che, appunto, si realizza nel dare rilevanza esterna a quanto precedentemente acquisito. I procedimenti certativi consistono nella mera certificazione dei dati in possesso dell’autorità amministrativa - ad esempio, dalla concessione edilizia rilasciata si acclara la dimensione di un fabbricato, ai fini di un pratica di condono edilizio - che dà certezza giuridica al richiedente.
Se, invece, la certificazione attesta una particolare qualità del bene il procedimento certativo sfocia in un provvedimento che manifesta tale qualità - ad esempio dichiarandone la pubblica utilità - e gli fa assumere particolari configurazioni giuridiche.
Nel primo caso l’atto, non essendo manifestazione di volontà, non è impugnabile; nel secondo la particolare degradazione del diritto soggettivo può essere oggetto di tutela.



24. La funzione esecutiva.

Una delle caratteristiche del provvedimento è la possibilità che l’amministrazione lo porti in esecuzione direttamente, a differenza del privato che, per realizzare il pieno soddisfacimento dei suoi diritti o interessi, deve ricorrere all’autorità giudiziaria.
Il procedimento esecutivo consente all’amministrazione di porre in esecuzione quei provvedimenti cui i destinatari rifiutino di ottemperare.
La dottrina distingue i procedimenti di esecuzione diretta - ad esempio la presa di possesso di un immobile di cui sia disposta l’espropriazione - dai procedimenti di esecuzione in danno in cui l’amministrazione si sostituisce, direttamente o tramite terzi, al soggetto passivo nell’esecuzione del provvedimento amministrativo, addebitandogli le relative spese di esecuzione; ad esempio nel caso in cui l’amministrazione provveda direttamente a dare corso ad un ordine di demolizione.


25. La funzione sanzionatoria.

Col procedimento sanzionatorio la pubblica amministrazione reprime le violazioni di una norma o di un provvedimento amministrativo.
L’attività repressiva trova fondamento nella potestà punitiva dello Stato che rinviene la sua fonte costituzionale nell’art. 25, comma 2.
Esso introduce il principio di stretta legalità, affermando che nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso.
Nell’ambito di tale nozione base si ritrovano diverse categorie di sanzioni amministrative: le sanzioni punitive, le sanzioni ripristinatorie e le sanzioni risarcitorie oltre ai provvedimenti di revoca o decadenza che hanno sicuramente caratteristiche sanzionatorie. C. E. PALIERO A. TRAVI, voce Sanzioni amministrative, in Enc. dir., 1989, 355.

26. L’accordo di programma.

Una forma di intervento nel procedimento amministrativo, che richiede l’azione coordinata di uno o più soggetti pubblici - quali comuni, province, regioni, amministrazioni statali e soggetti pubblici - è l’accordo di programma previsto dall’art. 27 della L. 142/1990, sost. dall’art. 34, D. LG. 18 agosto 2000, n. 267.
La modifica, introdotta dall'art. 17 comma 8, della L. 127/1997 attribuisce il potere decisorio ai massimi rappresentanti delle amministrazioni interessate.
Siamo di fronte ad una svolta nel nostro sistema degli enti locali poiché agli organi collegiali si sostituisce il rappresentante dell’amministrazione eletto direttamente dai cittadini.
La norma suscita perplessità di ordine costituzionale sia, in generale, per l’espropriazione di competenze proprie degli organi rappresentativi sia per l’invasione nell’ambito delle funzioni trasferite alle regioni, in materia di lavori pubblici di interesse regionale.
Importanti effetti vengono attribuiti all’approvazione dell’accordo che comporta la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza delle medesime opere; tale dichiarazione cessa di avere efficacia se le opere non hanno avuto inizio entro tre anni.
Il procedimento è previsto per la definizione e per l’attuazione di opere o di interventi che richiedano, per la loro completa realizzazione, l’azione integrata delle amministrazioni sopra menzionate.
Qualora il procedimento amministrativo coinvolga in ulteriori subprocedimenti autonomi l’attività di altre amministrazioni, i tempi dell’azione amministrativa possono allungarsi oltre misura in attesa che ogni amministrazione adotti gli atti necessari.
A tal punto il presidente della regione, il presidente della provincia ed il sindaco, in relazione alla competenza prevalente sull’opera, di propria iniziativa, anche su richiesta di soggetti interessati all’intervento, promuove la conclusione di un accordo di programma.
Ad esempio, nel caso di una cooperativa che abbia fruito di un contributo pubblico e che non possa iniziare i lavori in attesa di pareri su vincoli ambientali.
Il presidente della regione e gli altri soggetti interessati convocano una conferenza fra tutti i rappresentanti delle amministrazioni intervenute per cui i vari subprocedimenti sono ricondotti ad uno solo, poiché il concorso delle varie amministrazioni viene approvato con un unico atto formale.
Se l’intervento comporta variante agli strumenti urbanistici il consiglio comunale deve ratificare la adesione del sindaco entro trenta giorni, pena la decadenza dell’accordo medesimo.
La giurisprudenza ha sancito che la determinazione della conferenza di servizi su un progetto pubblico o di pubblica utilità costituisce, quando vi è anche l'assenso della regione, variante agli strumenti urbanistici sulla quale è sufficiente che si pronunci, in via definitiva, il Consiglio comunale. T.A.R. Molise, 18 settembre 2003, n. 673, in Foro Amm. T.A.R., 2003, 2703.

27. La conferenza di servizi.

La conferenza ha lo scopo di effettuare un esame contestuale dei vari interessi pubblici per acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi di altre pubbliche amministrazioni al fine di consentire la più celere esecuzione delle opere pubbliche, art. 14, L. 241/1990, mod. art. 8, L. 15/2005.
In tal modo si impedisce che il ricorso ad una serie di autorizzazioni presso enti diversi allunghi senza termini certi la durata dei procedimenti amministrativi di approvazione.
L’amministrazione richiedente ha la possibilità di effettuare l’esame contestuale dei vari interessi pubblici e di acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi di altre pubbliche amministrazioni.
La conferenza è indetta dalla amministrazione procedente: la dottrina ritiene che sussista una valutazione di discrezionalità relativa alla sua convocazione non censurabile nel merito. F. CARINGELLA, Corso di diritto amministrativo, 2004, 1478.
La norma prevede l’obbligo di convocazione nel caso che l’amministrazione procedente non ottenga intese o assensi obbligatori.
L’art. 9, L. 69/2009, prevede che alla conferenza di servizi devono essere convocati i soggetti proponenti il progetto dedotto in conferenza alla quale gli stessi partecipano senza diritto di voto.
Alla conferenza possono partecipare, senza diritto di voto, i concessionari e i gestori di pubblici servizi, nel caso in cui il procedimento amministrativo o il progetto dedotto in conferenza implichi loro adempimenti ovvero abbia effetto diretto o indiretto sulla loro attività. Agli stessi è inviata, anche per via telematica e con congruo anticipo, comunicazione della convocazione della conferenza di servizi. Alla conferenza possono partecipare inoltre, senza diritto di voto, le amministrazioni preposte alla gestione delle eventuali misure pubbliche di agevolazione.
Tali soggetti hanno tutti un interesse legittimo alla partecipazione che può essere tutelato in via giurisdizionale.
La giurisprudenza aveva peraltro già afferamto il rpincipio che qualora le fasi procedimentali vengano sostituite da diversi modelli di procedimento o di adozione delle decisioni come la conferenza di servizi, è onere delle amministrazioni procedenti di individuare tempi e modi per consentire la partecipazione dei privati la cui sfera giuridica viene interessata dagli effetti dell'azione amministrativa. Cons. St., sez. VI, 5 dicembre 2007, n. 6183.

Se l’ente competente alla redazione del parere non lo esprime entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta la conferenza diviene obbligatoria; in tal caso il silenzio sulla mancata convocazione può essere oggetto di tutela, art. 14 della L. 241/1990, mod. art. 8, L. 15/2005.
Il legislatore ha disciplinato un percorso obbligatorio che prescinde da soluzioni discrezionali e che è predeterminato dalle amministrazioni partecipanti.
Queste norme, avendo natura di norme quadro generali, si applicano alle altre conferenze di servizi disciplinate dalla legislazione speciale.
Per meglio intendere la portata dell’istituto è opportuno distinguere le due fasi che lo costituiscono: la prima, che è istruttoria, è tesa alla ricerca del consenso; la seconda, che è costitutiva, è tesa a raggiungere un provvedimento esecutivo. V. ITALIA, Lo snellimento dell’attività amministrativa, 1997, 243.
La conferenza di servizi non costituisce organo amministrativo straordinario; ciascun rappresentante imputa gli effetti giuridici degli atti che compie all'amministrazione rappresentata, competente in forza della normativa di settore; di conseguenza la giurisprudenza ha ritenuto che la legittimazione passiva in sede giurisdizionale non compete alla conferenza, priva di soggettività autonoma, ma alle singole amministrazioni che - per il tramite del loro rappresentante - abbiano adottato statuizioni di natura esoprocedimentale già rientranti nella sfera di competenza di ogni singola amministrazione. T.A.R. Marche, 5.8.2004, n. 976, Foro Amm. T.A.R., 2004, 2102.
La dottrina concorda affermando che le amministrazioni sono gli unici centri cui si possono imputare le volontà che hanno formato il provvedimento; pertanto, la legittimazione passiva in sede processuale compete solo all’amministrazione o alle amministrazioni che abbiano adottato le statuizioni rilevanti all’esterno e non alla conferenza. F. CARINGELLA, Corso di diritto amministrativo, 2004, 1472.
La conferenza deve sempre muoversi nel rispetto della normativa vigente non essendo ad essa conferito alcun potere di deroga rispetto ad atti amministrativi generali efficaci.
La decisione assunta dalla Conferenza dei servizi non è vincolante per il Consiglio comunale, atteso che, quando necessita la variante urbanistica, la stessa deve essere approvata dal consiglio comunale. T.A.R. Marche, 1 aprile 2004, n. 145, Foro Amm. T.A.R., 2004, 1041.

28. La disciplina generale.

La disciplina generale della conferenza di servizi risponde alle finalità di raggiungere la massima celerità nell’esecuzione delle opere pubbliche.
Il legislatore ha disciplinato, infatti, un percorso obbligatorio che prescinde da soluzioni discrezionali e che è predeterminato dalle amministrazioni partecipanti.
Queste norme, avendo natura di norme quadro generali, si applicano alle altre conferenze di servizi disciplinate dalla legislazione speciale.
Il procedimento acquista una scansione particolarmente celere.
E’ regolamentata la modalità di convocazione, entro 15 o 30 giorni dalla data di indizione, riducendo la possibilità di assenze attraverso un meccanismo di contraddittorio con le amministrazioni interessate che devono concordare la data di convocazione in caso di impedimento, art. 14 ter, L. 241/1990, mod. art. 10, L. 15/2005.
Le stesse tappe procedimentali sono scandite con rigidità temporale, imponendo alla conferenza di definire entro la seconda riunione i tempi per l’adozione della decisione conclusiva.
Con la riforma portata dalla L. 15/2005 il silenzio della conferenza, dopo novanta giorni dalla convocazione, comporta la possibilità per l’amministrazione procedente di decidere. G. NUNZIATA, Colpo di acceleratore con la conferenza di servizi, in Guida Dir., 2005, 72.
Scaduto il termine l'amministrazione procedente, in caso di VIA statale, può adire direttamente il consiglio dei ministri ai sensi dell'articolo 26, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 2006, n. 152; in tutti gli altri casi, valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede, adotta la determinazione motivata di conclusione del procedimento che sostituisce a tutti gli effetti, ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti.
La mancata partecipazione alla conferenza di servizi ovvero la ritardata o mancata adozione della determinazione motivata di conclusione del procedimento sono valutate ai fini della responsabilità dirigenziale o disciplinare e amministrativa, nonché ai fini dell'attribuzione della retribuzione di risultato.
Il privato può dimostrare il danno derivante dalla mancata osservanza del termine di conclusione del procedimento, ex art. 14 ter, comma 6 bis, sost. dall'articolo 49, comma 2, lettera d) del D.L. 31 maggio 2010, n. 78.
L’art.  49, D.L.  78/2010, modifica l’articolo 14-ter, L. 241/1990,  che regolamenta i lavori della conferenza di servizi, prevedendo che i risultati e le prescrizioni conseguiti nell’ambito della VAS devono essere utilizzati senza modificazioni ai fini della VIA, qualora effettuata dalla medesima autorità competente ad effettuare la VAS.
In tal modo si accelera il rilascio degli assensi da parte delle amministrazioni coinvolte e si evita la duplicazione di valutazioni già effettuate in sede di VAS.
E’ necessaria la coincidenza tra l’autorità competente ad effettuare la VAS e l’autorità competente ad effettuare la VIA.

29. Il dissenso motivato.

Il procedimento può proseguire anche con approvazione a maggioranza; la norma richiede che i pareri contrari siano motivati.
Il dissenso per essere legittimo deve essere espresso direttamente nell’ambito delle riunioni della conferenza, deve essere congruamente motivato e deve esprimere le indicazioni richieste perché il progetto sia oggetto di approvazione, art. 14 quater, L. 241/1990, sost. art. 12, L. 340/2000.
In forza del combinato disposto dell'art. 12 comma 4 d.lg. n. 387 del 2003 e dell'art. 14 quater comma 1 l. 241 del 1990, nell'ambito della conferenza di servizi finalizzata al rilascio dell'autorizzazione unica alla costruzione e all'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, sussiste l'obbligo dell'amministrazione dissenziente nel caso di specie, il Comune sul cui territorio deve sorgere l'impianto di esprimere la propria opposizione con un atto "costruttivo", che oltre ad essere congruamente motivato, deve anche "recare le specifiche indicazioni delle modifiche progettuali necessarie ai fini dell'assenso. T.A.R. Lazio Latina, sez. I, 22/12/2009, n. 1345, in  Riv. giur. Ed. , 2010, 2, 586. R. CHIEPPA e R. GIOVAGNOLI, Manuale di diritto amministrativo, 2011, 395.
A  seguito della modifica apportata dall’art. 49, D.L.  78/2010 sono state unificate le procedure in tema di dissenso ove venga espresso motivato dissenso da parte di un’amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, la questione, in attuazione e nel rispetto del principio di leale collaborazione e dell’articolo 120 della Costituzione, è rimessa dall’amministrazione procedente alla deliberazione del Consiglio dei Ministri.
Il Consiglio dei Ministri si pronuncia entro sessanta giorni, previa intesa con la Regione o le Regioni e le Province autonome interessate, in caso di dissenso tra un’amministrazione statale e una regionale o tra più amministrazioni regionali, ovvero previa intesa con la Regione e gli enti locali interessati, in caso di dissenso tra un’amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra più enti locali.
Se l’intesa non è raggiunta nei successivi trenta giorni, la deliberazione del Consiglio dei ministri può essere comunque adottata.
Se il motivato dissenso è espresso da una Regione o da una Provincia autonoma in una delle materie di propria competenza, il Consiglio dei Ministri delibera in esercizio del proprio potere sostitutivo con la partecipazione dei Presidenti delle Regioni o delle Province autonome interessate.



30. La semplificazione amministrativa.

La L. 59/1997, detta Bassanini dal nome del suo presentatore, introduce un profondo rinnovamento nella vita amministrativa del nostro paese dando delega al governo di attuare un ampio conferimento di compiti e funzioni amministrative alle regioni, alle province, ai comuni e agli altri enti locali. La legge, inoltre, dà delega al governo di riordinare la presidenza del consiglio dei ministri, i ministeri - anche attraverso la loro soppressione o fusione - e gli enti pubblici nazionali.
La legge Bassanini pone all’art. 20 le modalità per procedere alla delegificazione di norme concernenti procedimenti amministrativi, individuando nell’allegato i procedimenti da semplificare.
Il governo ha l’obbligo di presentare entro il 31 gennaio di ogni anno un disegno di legge che individua i singoli procedimenti; dopo l’approvazione della legge i regolamenti sono emanati dal Presidente della Repubblica previa delibera del Consiglio dei Ministri su proposta del presidente, previa acquisizione del parere delle competenti commissioni parlamentari e del Consiglio di Stato.
I regolamenti devono semplificare i procedimenti amministrativi in modo da:
- ridurre il numero delle fasi procedimentali e delle amministrazioni intervenienti;
- ridurre i termini;
- procedere ad una regolamentazione uniforme per i procedimenti dello stesso tipo che si svolgono presso amministrazioni diverse,
- individuare le responsabilità delle precedure di verifica e di controllo;
- prevedere, per i casi di mancato rispetto dei termini del procedimento, di mancata o ritardata adozione del procedimento forme di indennizzo automatico e forfetario a favore dei soggetti richiedenti il provvedimento; contestualmente individuare le modalità di pagamento e gli uffici che assolvono all’obbligo di corrispondere l’indennizzo, assicurando la massima pubblicità e conoscenza da parte del pubblico delle misure adottate e la massima celerità nella corresponsione dell’indennizzo.
Alla L. 59/1997 sono seguite la L. 127/1997 - detta Bassanini bis - e la L. 191/1998 - detta Bassanini ter.
Fra le leggi annuali di semplificazione si segnalano la L. 50/1999 e con la L. 340/2000, che individuano nuovi procedimenti amministrativi oggetto di delegificazione.



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