18. La
classificazione dei procedimenti.
La dottrina
classifica i procedimenti amministrativi secondo vari parametri. Ad esempio,
con riguardo agli effetti, essi possono produrre esiti favorevoli, in tal caso
sono denominati provvedimenti ampliativi, o limitativi, e allora sono
denominati provvedimenti restrittivi delle posizioni giuridiche degli
assegnatari.
I procedimenti
di rilascio di concessione o autorizzazione rientrano fra i provvedimenti
ampliativi.
La ripartizione
dei procedimenti amministrativi che seguiremo è quella che li classifica in
rapporto alle varie funzioni esercitate.
Diversamente,
altri autori fondano le classificazioni dei procedimenti sulla struttura degli
stessi. R. VILLALTA G. SALA, voce Procedimento amministrativo, in Dig. Disc.
Pubbl., 1996, XI, 585.
19. La funzione
autorizzatoria.
I procedimenti
autorizzatori hanno per oggetto la rimozione di un ostacolo al fine di
consentire al soggetto richiedente l’esercizio di un potere.
Oggetto del
procedimento è il rilascio di una autorizzazione, che può essere permissiva o
costitutiva, poiché essa è correlata al potere del soggetto; ad esso si
riconosce un interesse legittimo al rilascio, tutelabile presso la giustizia
amministrativa.
Trattandosi
della rimozione di un limite ad un potere che già esiste nel richiedente, la
discrezionalità della pubblica amministrazione nell’esame della richiesta
appare ridotta al controllo dei requisiti richiesti e vincolata alla
legittimità del procedimento.
Il procedimento
si presenta con una struttura ben precisa: richiesta, verifica di legittimità,
autorizzazione.
Di norma, tale
procedimento non prevede contraddittorio col richiedente poiché la richiesta
deve essere coincidente con la tipicità delle previsioni normative per potere
essere accolta.
20. La funzione
concessoria.
Nel procedimento
concessorio la discrezionalità dell’amministrazione acquista maggior rilevanza.
La richiesta del privato è, in questo caso, tesa ad ottenere un provvedimento
costitutivo o traslativo di un potere che non appartiene al richiedente, come
nel procedimento autorizzatorio, ma che è dell’amministrazione.
Questo comporta
non solo un più approfondito accertamento da parte dell’amministrazione nel
disporre di un suo potere, ma anche un esame dei vari interessi che si
manifestano, qualora vi siano più soggetti richiedenti.
In taluni casi
la concessione è rilasciata ad un soggetto predeterminato, come alla R.A.I. per
l’esercizio del servizio radiotelevisivo, ma anche in tale eventualità, pur in
presenza di un solo richiedente ex lege, il procedimento concessorio non
perde la sua tipicità.
La peculiarità
del potere della pubblica amministrazione, che sta alla base del procedimento
concessorio, si manifesta nella correlativa possibilità di gestione del
medesimo potere con atti di verifica del corretto esercizio della concessione e
nella possibilità di intervento, con la revoca della concessione, prima della
sua scadenza.
Oggetto del
procedimento è un potere dell’amministrazione che può essere il più vario, come
l’esercizio delle facoltà relative all’uso di un bene demaniale ovvero la
concessione di un servizio pubblico di trasporto urbano o di informazione
radiotelevisiva.
E’ necessario
precisare che per i beni demaniali la concessione si può rilasciare solo nei
limiti di espressa riserva di legge poiché essi, per espressa definizione, sono
inalienabili e soggetti a pubblica destinazione.
I richiedenti
sono coloro che aspirano ad essere concessionari del bene e del servizio.
Essi hanno un
interesse legittimo al procedimento concessorio che deve svolgersi nel rispetto
delle norme.
La presenza di
più richiedenti comporta una particolare attenzione alla scelta del soggetto
che, in ogni caso, deve possedere i requisiti eventualmente richiesti.
A tale punto il
procedimento amministrativo di concessione deve essere distinto dalla
concessione come mezzo per la realizzazione di opere pubbliche che è, ad
esempio, disciplinata dalla L. 80/1987.
Tale legge
prevede la scelta di concessionari che si assumono il compito di realizzare le
opere e, eventualmente, la loro gestione.
Nel procedimento
di concessione la scelta fra i concessionari è realizzata, di norma, attraverso
un subprocedimento che deve garantire la massima trasparenza ed imparzialità.
L’amministrazione
pubblica ricorre alla pubblicazione di bandi di concorso che prevedono tempi e
modalità di presentazione delle domande; le scelte discrezionali devono essere
motivate e sono soggette al sindacato di legittimità del giudice
amministrativo.
La concessione
trova puntuale disciplina nella stipula di una convenzione contratto, come un
diritto soggettivo perfetto.
La presenza di
posizioni di interesse legittimo e di diritto soggettivo ha portato il
legislatore ad attribuire la competenza esclusiva al giudice amministrativo che
deve pronunciarsi, quindi, anche su diritti soggettivi; salvo le questioni
afferenti canoni od indennità relative alla concessione che rimangono
attribuite al giudice ordinario.
21. La funzione
programmatoria.
L’ampliamento
delle posizioni giuridiche soggettive, prima affidata ai provvedimenti
autorizzatori e concessori, coll’intensificarsi dell’attività della pubblica
amministrazione è sempre più basato sull’esame di situazioni complesse. Esse
trovano naturale contemperamento nello studio comparato dei cosiddetti
interessi diffusi dei soggetti destinatari dell’azione amministrativa.
Le funzioni
programmatorie trovano regolamentazione principale nella pianificazione
urbanistica.
Il soggetto
pianificatorio trova nel suo campo d’azione l’intervento necessario di più
persone, ad esempio, il parere del genio civile - per le programmazioni in zone
sismiche - e l’atto pianificatorio è spesso atto complesso ossia richiede
l’intervento di un soggetto, diverso da quello pianificatore, che provvede
all’approvazione del piano con possibilità di modifica, così da garantire altri
interessi di grado più elevato.
L’atto
semplicemente adottato incide però da subito sulle posizioni soggettive,
consentendo una tutela giurisdizionale sull’atto prima della sua approvazione
definitiva.
Il provvedimento
programmatorio può essere considerato atto ampliativo poiché, ai sensi
dell’art. 4 ultimo comma della L. 10/1977, la mancanza di pianificazione
consente indici di fabbricabilità meramente simbolici. Gli effetti ampliativi
si verificano, a mio avviso, anche dove l’azione amministrativa rimanda
necessariamente a futuri provvedimenti ablatori. L’attribuzione di una
qualifica giuridica è. infatti, di per se stessa attività ampliativa.
Se poi l’azione
della p.a. prevede un’attuazione diretta dello strumento, vedi il piano di
zona, a tale effetto ampliativo subentra, successivamente, un effetto ablatorio
che, peraltro, in via di indennizzo, deve garantire un’equa riparazione della
sottrazione forzosa del bene.
Questa,
tuttavia, nel nostro sistema rimane un’evenienza subordinata ad interventi di
natura particolare.
L’intervento
programmatorio trova, infatti, normale attuazione attraverso provvedimenti
amministrativi - come la concessione edilizia - o attraverso le convenzioni
contratto – ad esempio, la convenzione di lottizzazione, le convenzioni
relative al piano di recupero e quelle inerenti al piano integrato di recupero.
Il provvedimento
amministrativo influenza l’azione del privato regolata da atti aventi contenuti
contrattuali.
La rigidità
procedimentale, sempre troppo lenta rispetto ai ritmi richiesti oggi dalle
attività produttive, tenta di capovolgere questo schema, ribaltandolo.
L’attività di
proposta di intervento - il cosiddetto accordo di programma - infatti, tende a
porre esso
stesso l’avvio
di meccanismi di variante allo strumento di programmazione.
Invece che dal
provvedimento pianificatorio si parte dall’accordo fra soggetti attuatori, che
possono essere pubblici o privati, per intervenire eventualmente a modificare,
in sede attuativa, la stessa programmazione.
22. La funzione
ablatoria.
La funzione
ablatoria è esercitata nel rispetto dei principi stabiliti dall’art. 42 della
costituzione repubblicana che si preoccupa di fissare i limiti del diritto di
proprietà, allo scopo di assicurare la funzione sociale e di renderla
accessibile a tutti. L’espropriazione può avvenire salvo indennizzo che deve
costituire un serio ristoro al sacrificio imposto al privato per motivi di
interesse generale.
I procedimenti
ablatori reali tendono a trasferire alla pubblica amministrazione beni di
proprietà privata per realizzare opere di pubblica utilità.
Essi si
sviluppano attraverso i procedimenti tipici - espressamente disciplinati dalla
legge - della espropriazione, della requisizione e della occupazione.
I procedimenti ablatori personali limitano l’esercizio dei diritti della persona. Sono, ad esempio i limiti in materia sanitaria e le direttive in materia di tutela del lavoro.
I procedimenti ablatori personali limitano l’esercizio dei diritti della persona. Sono, ad esempio i limiti in materia sanitaria e le direttive in materia di tutela del lavoro.
23. La funzione
certativa.
Tale funzione è
volta a provare l’esistenza di fatti al soggetto richiedente che può utilizzare
il documento che attesta la certificazione nei confronti di altri soggetti.
Tale funzione si
fonda su una prima attività tesa all’accertamento dei fatti ed in una seconda
attività che, appunto, si realizza nel dare rilevanza esterna a quanto
precedentemente acquisito. I procedimenti certativi consistono nella mera
certificazione dei dati in possesso dell’autorità amministrativa - ad esempio,
dalla concessione edilizia rilasciata si acclara la dimensione di un
fabbricato, ai fini di un pratica di condono edilizio - che dà certezza
giuridica al richiedente.
Se, invece, la
certificazione attesta una particolare qualità del bene il procedimento
certativo sfocia in un provvedimento che manifesta tale qualità - ad esempio
dichiarandone la pubblica utilità - e gli fa assumere particolari
configurazioni giuridiche.
Nel primo caso
l’atto, non essendo manifestazione di volontà, non è impugnabile; nel secondo
la particolare degradazione del diritto soggettivo può essere oggetto di
tutela.
24. La funzione
esecutiva.
Una delle
caratteristiche del provvedimento è la possibilità che l’amministrazione lo
porti in esecuzione direttamente, a differenza del privato che, per realizzare
il pieno soddisfacimento dei suoi diritti o interessi, deve ricorrere
all’autorità giudiziaria.
Il procedimento
esecutivo consente all’amministrazione di porre in esecuzione quei
provvedimenti cui i destinatari rifiutino di ottemperare.
La dottrina
distingue i procedimenti di esecuzione diretta - ad esempio la presa di
possesso di un immobile di cui sia disposta l’espropriazione - dai procedimenti
di esecuzione in danno in cui l’amministrazione si sostituisce, direttamente o
tramite terzi, al soggetto passivo nell’esecuzione del provvedimento
amministrativo, addebitandogli le relative spese di esecuzione; ad esempio nel
caso in cui l’amministrazione provveda direttamente a dare corso ad un ordine
di demolizione.
25. La funzione
sanzionatoria.
Col procedimento
sanzionatorio la pubblica amministrazione reprime le violazioni di una norma o
di un provvedimento amministrativo.
L’attività
repressiva trova fondamento nella potestà punitiva dello Stato che rinviene la
sua fonte costituzionale nell’art. 25, comma 2.
Esso introduce
il principio di stretta legalità, affermando che nessuno può essere punito se
non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso.
Nell’ambito di
tale nozione base si ritrovano diverse categorie di sanzioni amministrative: le
sanzioni punitive, le sanzioni ripristinatorie e le sanzioni risarcitorie oltre
ai provvedimenti di revoca o decadenza che hanno sicuramente caratteristiche
sanzionatorie. C. E. PALIERO A. TRAVI, voce Sanzioni amministrative, in Enc.
dir., 1989, 355.
26. L’accordo di
programma.
Una forma di
intervento nel procedimento amministrativo, che richiede l’azione coordinata di
uno o più soggetti pubblici - quali comuni, province, regioni, amministrazioni
statali e soggetti pubblici - è l’accordo di programma previsto dall’art. 27
della L. 142/1990, sost. dall’art. 34, D. LG. 18 agosto 2000, n. 267.
La modifica,
introdotta dall'art. 17 comma 8, della L. 127/1997 attribuisce il potere
decisorio ai massimi rappresentanti delle amministrazioni interessate.
Siamo di fronte
ad una svolta nel nostro sistema degli enti locali poiché agli organi
collegiali si sostituisce il rappresentante dell’amministrazione eletto
direttamente dai cittadini.
La norma suscita
perplessità di ordine costituzionale sia, in generale, per l’espropriazione di
competenze proprie degli organi rappresentativi sia per l’invasione nell’ambito
delle funzioni trasferite alle regioni, in materia di lavori pubblici di
interesse regionale.
Importanti
effetti vengono attribuiti all’approvazione dell’accordo che comporta la
dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza delle medesime
opere; tale dichiarazione cessa di avere efficacia se le opere non hanno avuto
inizio entro tre anni.
Il procedimento
è previsto per la definizione e per l’attuazione di opere o di interventi che
richiedano, per la loro completa realizzazione, l’azione integrata delle
amministrazioni sopra menzionate.
Qualora il
procedimento amministrativo coinvolga in ulteriori subprocedimenti autonomi
l’attività di altre amministrazioni, i tempi dell’azione amministrativa possono
allungarsi oltre misura in attesa che ogni amministrazione adotti gli atti
necessari.
A tal punto il
presidente della regione, il presidente della provincia ed il sindaco, in
relazione alla competenza prevalente sull’opera, di propria iniziativa, anche
su richiesta di soggetti interessati all’intervento, promuove la conclusione di
un accordo di programma.
Ad esempio, nel
caso di una cooperativa che abbia fruito di un contributo pubblico e che non
possa iniziare i lavori in attesa di pareri su vincoli ambientali.
Il presidente
della regione e gli altri soggetti interessati convocano una conferenza fra
tutti i rappresentanti delle amministrazioni intervenute per cui i vari
subprocedimenti sono ricondotti ad uno solo, poiché il concorso delle varie
amministrazioni viene approvato con un unico atto formale.
Se l’intervento
comporta variante agli strumenti urbanistici il consiglio comunale deve
ratificare la adesione del sindaco entro trenta giorni, pena la decadenza
dell’accordo medesimo.
La
giurisprudenza ha sancito che la determinazione della conferenza di servizi su
un progetto pubblico o di pubblica utilità costituisce, quando vi è anche
l'assenso della regione, variante agli strumenti urbanistici sulla quale è
sufficiente che si pronunci, in via definitiva, il Consiglio comunale. T.A.R. Molise,
18 settembre 2003, n. 673, in Foro Amm. T.A.R., 2003, 2703.
27. La
conferenza di servizi.
La conferenza ha
lo scopo di effettuare un esame contestuale dei vari interessi pubblici per
acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi di altre pubbliche
amministrazioni al fine di consentire la più celere esecuzione delle opere
pubbliche, art. 14, L. 241/1990, mod. art. 8, L. 15/2005.
In tal modo si
impedisce che il ricorso ad una serie di autorizzazioni presso enti diversi
allunghi senza termini certi la durata dei procedimenti amministrativi di
approvazione.
L’amministrazione
richiedente ha la possibilità di effettuare l’esame contestuale dei vari
interessi pubblici e di acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi di
altre pubbliche amministrazioni.
La conferenza è
indetta dalla amministrazione procedente: la dottrina ritiene che sussista una
valutazione di discrezionalità relativa alla sua convocazione non censurabile
nel merito. F. CARINGELLA, Corso di diritto amministrativo, 2004, 1478.
La norma prevede
l’obbligo di convocazione nel caso che l’amministrazione procedente non ottenga
intese o assensi obbligatori.
L’art. 9, L.
69/2009, prevede che alla conferenza di servizi devono essere convocati i
soggetti proponenti il progetto dedotto in conferenza alla quale gli stessi
partecipano senza diritto di voto.
Alla conferenza
possono partecipare, senza diritto di voto, i concessionari e i gestori di
pubblici servizi, nel caso in cui il procedimento amministrativo o il progetto
dedotto in conferenza implichi loro adempimenti ovvero abbia effetto diretto o
indiretto sulla loro attività. Agli stessi è inviata, anche per via telematica
e con congruo anticipo, comunicazione della convocazione della conferenza di
servizi. Alla conferenza possono partecipare inoltre, senza diritto di voto, le
amministrazioni preposte alla gestione delle eventuali misure pubbliche di
agevolazione.
Tali soggetti
hanno tutti un interesse legittimo alla partecipazione che può essere tutelato
in via giurisdizionale.
La
giurisprudenza aveva peraltro già afferamto il rpincipio che qualora le fasi
procedimentali vengano sostituite da diversi modelli di procedimento o di
adozione delle decisioni come la conferenza di servizi, è onere delle
amministrazioni procedenti di individuare tempi e modi per consentire la
partecipazione dei privati la cui sfera giuridica viene interessata dagli
effetti dell'azione amministrativa. Cons. St., sez.
VI, 5 dicembre 2007, n. 6183.
Se l’ente
competente alla redazione del parere non lo esprime entro trenta giorni dalla
ricezione della richiesta la conferenza diviene obbligatoria; in tal caso il
silenzio sulla mancata convocazione può essere oggetto di tutela, art. 14 della
L. 241/1990, mod. art. 8, L. 15/2005.
Il
legislatore ha disciplinato un percorso obbligatorio che prescinde da soluzioni
discrezionali e che è predeterminato dalle amministrazioni partecipanti.
Queste norme,
avendo natura di norme quadro generali, si applicano alle altre conferenze di
servizi disciplinate dalla legislazione speciale.
Per meglio
intendere la portata dell’istituto è opportuno distinguere le due fasi che lo
costituiscono: la prima, che è istruttoria, è tesa alla ricerca del consenso;
la seconda, che è costitutiva, è tesa a raggiungere un provvedimento esecutivo.
V. ITALIA, Lo snellimento dell’attività amministrativa, 1997, 243.
La conferenza di
servizi non costituisce organo amministrativo straordinario; ciascun rappresentante
imputa gli effetti giuridici degli atti che compie all'amministrazione
rappresentata, competente in forza della normativa di settore; di conseguenza
la giurisprudenza ha ritenuto che la legittimazione passiva in sede
giurisdizionale non compete alla conferenza, priva di soggettività autonoma, ma
alle singole amministrazioni che - per il tramite del loro rappresentante -
abbiano adottato statuizioni di natura esoprocedimentale già rientranti nella
sfera di competenza di ogni singola amministrazione. T.A.R. Marche, 5.8.2004,
n. 976, Foro Amm. T.A.R., 2004, 2102.
La dottrina
concorda affermando che le amministrazioni sono gli unici centri cui si possono
imputare le volontà che hanno formato il provvedimento; pertanto, la
legittimazione passiva in sede processuale compete solo all’amministrazione o
alle amministrazioni che abbiano adottato le statuizioni rilevanti all’esterno
e non alla conferenza. F. CARINGELLA, Corso di diritto amministrativo,
2004, 1472.
La conferenza
deve sempre muoversi nel rispetto della normativa vigente non essendo ad essa
conferito alcun potere di deroga rispetto ad atti amministrativi generali
efficaci.
La decisione
assunta dalla Conferenza dei servizi non è vincolante per il Consiglio
comunale, atteso che, quando necessita la variante urbanistica, la stessa deve
essere approvata dal consiglio comunale. T.A.R. Marche, 1 aprile 2004, n. 145, Foro
Amm. T.A.R., 2004, 1041.
28. La disciplina
generale.
La disciplina
generale della conferenza di servizi risponde alle finalità di raggiungere la
massima celerità nell’esecuzione delle opere pubbliche.
Il legislatore
ha disciplinato, infatti, un percorso obbligatorio che prescinde da soluzioni
discrezionali e che è predeterminato dalle amministrazioni partecipanti.
Queste norme,
avendo natura di norme quadro generali, si applicano alle altre conferenze di
servizi disciplinate dalla legislazione speciale.
Il procedimento
acquista una scansione particolarmente celere.
E’ regolamentata
la modalità di convocazione, entro 15 o 30 giorni dalla data di indizione,
riducendo la possibilità di assenze attraverso un meccanismo di contraddittorio
con le amministrazioni interessate che devono concordare la data di convocazione
in caso di impedimento, art. 14 ter, L. 241/1990, mod. art. 10, L.
15/2005.
Le stesse tappe
procedimentali sono scandite con rigidità temporale, imponendo alla conferenza
di definire entro la seconda riunione i tempi per l’adozione della decisione conclusiva.
Con la riforma
portata dalla L. 15/2005 il silenzio della conferenza, dopo novanta giorni
dalla convocazione, comporta la possibilità per l’amministrazione procedente di
decidere. G. NUNZIATA, Colpo di acceleratore con la conferenza di servizi,
in Guida Dir., 2005, 72.
Scaduto il termine l'amministrazione procedente, in caso di
VIA statale, può adire direttamente il consiglio dei ministri ai sensi
dell'articolo 26, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 2006, n. 152; in
tutti gli altri casi, valutate le specifiche risultanze della conferenza e
tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede, adotta la
determinazione motivata di conclusione del procedimento che sostituisce a tutti
gli effetti, ogni autorizzazione, concessione, nulla osta o atto di assenso
comunque denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti.
La mancata partecipazione alla conferenza di servizi ovvero
la ritardata o mancata adozione della determinazione motivata di conclusione
del procedimento sono valutate ai fini della responsabilità dirigenziale o
disciplinare e amministrativa, nonché ai fini dell'attribuzione della
retribuzione di risultato.
Il privato può dimostrare il danno derivante dalla mancata
osservanza del termine di conclusione del procedimento, ex art. 14 ter, comma 6 bis, sost. dall'articolo 49, comma 2, lettera d) del D.L. 31
maggio 2010, n. 78.
L’art.
49, D.L. 78/2010, modifica l’articolo
14-ter, L. 241/1990, che regolamenta i lavori
della conferenza di servizi, prevedendo che i risultati e le prescrizioni
conseguiti nell’ambito della VAS devono essere utilizzati senza modificazioni
ai fini della VIA, qualora effettuata dalla medesima autorità competente ad
effettuare la VAS.
In tal modo si accelera il rilascio degli
assensi da parte delle amministrazioni coinvolte e si evita la duplicazione di
valutazioni già effettuate in sede di VAS.
E’ necessaria la coincidenza tra
l’autorità competente ad effettuare la VAS e l’autorità competente ad
effettuare la VIA.
29. Il dissenso
motivato.
Il
procedimento può proseguire anche con approvazione a maggioranza; la norma
richiede che i pareri contrari siano motivati.
Il dissenso
per essere legittimo deve essere espresso direttamente nell’ambito delle
riunioni della conferenza, deve essere congruamente motivato e deve esprimere
le indicazioni richieste perché il progetto sia oggetto di approvazione, art.
14 quater, L. 241/1990, sost. art. 12, L. 340/2000.
In forza del combinato disposto dell'art. 12 comma 4 d.lg.
n. 387 del 2003 e dell'art. 14 quater comma 1 l. 241 del 1990, nell'ambito
della conferenza di servizi finalizzata al rilascio dell'autorizzazione unica
alla costruzione e all'esercizio degli impianti di produzione di energia
elettrica alimentati da fonti rinnovabili, sussiste l'obbligo
dell'amministrazione dissenziente nel caso di specie, il Comune sul cui
territorio deve sorgere l'impianto di esprimere la propria opposizione con un
atto "costruttivo", che oltre ad essere congruamente motivato, deve
anche "recare le specifiche indicazioni delle modifiche progettuali
necessarie ai fini dell'assenso. T.A.R. Lazio Latina, sez. I, 22/12/2009, n.
1345, in Riv. giur. Ed. , 2010, 2, 586. R. CHIEPPA e R.
GIOVAGNOLI, Manuale di diritto
amministrativo, 2011, 395.
A
seguito della modifica apportata dall’art. 49, D.L. 78/2010 sono state unificate le procedure in
tema di dissenso ove venga espresso motivato dissenso da parte di
un’amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale,
del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica
incolumità, la questione, in attuazione e nel rispetto del principio di leale
collaborazione e dell’articolo 120 della Costituzione, è rimessa
dall’amministrazione procedente alla deliberazione del Consiglio dei Ministri.
Il Consiglio dei Ministri si pronuncia entro
sessanta giorni, previa intesa con la Regione o le Regioni e le Province
autonome interessate, in caso di dissenso tra un’amministrazione statale e una
regionale o tra più amministrazioni regionali, ovvero previa intesa con la
Regione e gli enti locali interessati, in caso di dissenso tra
un’amministrazione statale o regionale e un ente locale o tra più enti locali.
Se l’intesa non è raggiunta nei successivi
trenta giorni, la deliberazione del Consiglio dei ministri può essere comunque
adottata.
Se il motivato dissenso è espresso da una
Regione o da una Provincia autonoma in una delle materie di propria competenza,
il Consiglio dei Ministri delibera in esercizio del proprio potere sostitutivo
con la partecipazione dei Presidenti delle Regioni o delle Province autonome
interessate.
30. La
semplificazione amministrativa.
La L. 59/1997,
detta Bassanini dal nome del suo presentatore, introduce un profondo
rinnovamento nella vita amministrativa del nostro paese dando delega al governo
di attuare un ampio conferimento di compiti e funzioni amministrative alle
regioni, alle province, ai comuni e agli altri enti locali. La legge, inoltre,
dà delega al governo di riordinare la presidenza del consiglio dei ministri, i
ministeri - anche attraverso la loro soppressione o fusione - e gli enti
pubblici nazionali.
La legge
Bassanini pone all’art. 20 le modalità per procedere alla delegificazione di
norme concernenti procedimenti amministrativi, individuando nell’allegato i
procedimenti da semplificare.
Il governo ha
l’obbligo di presentare entro il 31 gennaio di ogni anno un disegno di legge
che individua i singoli procedimenti; dopo l’approvazione della legge i
regolamenti sono emanati dal Presidente della Repubblica previa delibera del
Consiglio dei Ministri su proposta del presidente, previa acquisizione del
parere delle competenti commissioni parlamentari e del Consiglio di Stato.
I regolamenti
devono semplificare i procedimenti amministrativi in modo da:
- ridurre il
numero delle fasi procedimentali e delle amministrazioni intervenienti;
- ridurre i
termini;
- procedere ad
una regolamentazione uniforme per i procedimenti dello stesso tipo che si
svolgono presso amministrazioni diverse,
- individuare le
responsabilità delle precedure di verifica e di controllo;
- prevedere, per
i casi di mancato rispetto dei termini del procedimento, di mancata o ritardata
adozione del procedimento forme di indennizzo automatico e forfetario a favore
dei soggetti richiedenti il provvedimento; contestualmente individuare le modalità
di pagamento e gli uffici che assolvono all’obbligo di corrispondere
l’indennizzo, assicurando la massima pubblicità e conoscenza da parte del
pubblico delle misure adottate e la massima celerità nella corresponsione
dell’indennizzo.
Alla L. 59/1997
sono seguite la L. 127/1997 - detta Bassanini bis - e la L. 191/1998 - detta
Bassanini ter.
Fra le leggi
annuali di semplificazione si segnalano la L. 50/1999 e con la L. 340/2000, che
individuano nuovi procedimenti amministrativi oggetto di delegificazione.
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