1 La retrocessione totale.
La restituzione
totale del bene è ammessa per mancata esecuzione dell'opera o per mancato
inizio della sua realizzazione, ai sensi dell'art. 46, D.P.R. 8.6.2001, n. 327.
Il nuovo testo
normativo prevede, differentemente dalla normativa precedente, il termine di
dieci anni decorrente dalla data in cui è stato eseguito il decreto di
esproprio con l’immissione del possesso per potere inoltrare la richiesta.
il
diritto soggettivo alla retrocessione,
azionabile davanti al g.o., sorge automaticamente per effetto della mancata
realizzazione dell'opera, e quindi a prescindere da qualsiasi valutazione
discrezionale dell'Amministrazione. T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 02 luglio 2009, n. 6403
Gli espropriati,
in quanto titolari, al riguardo, di uno ius ad rem di carattere
potestativo a contenuto patrimoniale, possono chiedere che l'autorità
giudiziaria pronunzi la decadenza della dichiarazione di pubblica utilità e che
siano loro restituiti i beni espropriati.
Si tratta in
ogni caso di un nuovo procedimento che deve concretizzarsi con un atto di
trasferimento da parte dell’amministrazione espropriante ai precedenti
proprietari.
La richiesta non
può essere formulata se vi è stato un inizio di esecuzione dell’opera da parte
dell’amministrazione.
E’ stato
affermato che non può ritenersi ineseguita l'opera quando, nel termine
prescritto, essa sia stata realizzata nelle strutture essenziali.
L'accertamento
del requisito dell'esecuzione dell'opera nei termini sopra indicati, è
riservato al giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità, solo
nei limiti di cui all'art. 360 n. 5 c.p.c. Cons. St., sez. IV, 19 febbraio 2007, n.
874, in Foro amm. CDS, 2007, 2, 486.
Nel caso in cui
l'intero immobile oggetto di espropriazione non sia più ritenuto di pubblico
interesse, dato che la pubblica amministrazione non ha titolo per ritenerlo,
esso deve essere restituito al privato precedente proprietario espropriato, ove
venga richiesta la retrocessione, si deve però attendere la scadenza del
termine decennale
Ad esempio, se
le disposizioni del nuovo piano regolatore modificano radicalmente l'assetto
territoriale prima programmato e gli immobili non utilizzati risultano
giuridicamente sottratti, in modo irreversibile, alla destinazione loro
impressa con la dichiarazione di pubblica utilità giustificativa della
espropriazione, si determina una situazione di giuridica inutilizzabilità degli
stessi, che attribuisce al privato il diritto di ottenere la retrocessione.
Non è più
possibile, infatti, dare agli immobili la destinazione prevista nel decreto di
espropriazione e non attuata prima delle modifiche intervenute nella pianificazione.
L'ente
espropriante stabilisce il corrispettivo per la retrocessione che è pari alla
determinazione attuale dell'indennità di esproprio, avendo presente la natura
attuale di edificabilità o meno dell’immobile, con riferimento al momento del
ritrasferimento.
Se il
richiedente non concorda sul corrispettivo della retrocessione può richiedere
che esso sia determinato dall’UTE o dalla commissione provinciale prevista
dall’art. 41, D.P.R. 8.6.2001, n. 327.
Avverso la stima
è sempre proponibile ricorso alla Corte d’appello del distretto in cui si trova
il bene espropriato.
Il richiedente
la retrocessione deve corrisponderne il prezzo, entro il termine fissato
dall’amministrazione, a pena di decadenza dal diritto.
L'art. 48, 3°
co., D.P.R. 8.6.2001, n. 327, prevede che, anche qualora le aree dichiarate di
pubblica utilità non vengano utilizzate, i comuni possono esercitare il diritto
alla prelazione entro 180 giorni dal momento in cui l’ente espropriante o il
proprietario notificano al comune l’accordo relativo alla retrocessione
indicante l’area ed il corrispettivo.
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