sabato 4 febbraio 2017

Permesso di costruire. Silenzio e Diniego

7. Il silenzio assenso.

Solo in una ipotesi, tassativamente prevista, il silenzio sulla domanda del richiedente acquista effetti positivi, dato che l’art. 136 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, ha disposto l’abrogazione del silenzio assenso sulle domande di autorizzazione, ai sensi dell'art. 48 L. 457/1978, e del silenzio assenso sulle nuove costruzioni, disciplinato dall’art. 8 della L. 94/1982.
L’unica ipotesi di silenzio assenso residua è disciplinata dall'art. 35, comma 12 della L. 47/1985 sul condono edilizio.
Il decorrere del termine di 24 mesi dalla presentazione dell'istanza di condono per opere oggettivamente sanabili ha come effetto che il silenzio dell'amministrazione equivale ad accoglimento.
Si forma in capo al richiedente un diritto soggettivo perfetto, accertabile in sede di giurisdizione amministrativa che ha competenza esclusiva in tema di concessioni edilizie.
Il pagamento delle somme dovute, una volta determinata in via definitiva l'oblazione, è condizione di efficacia per la formazione del silenzio assenso la cui validità è connessa invece al fatto che l'opera sia oggettivamente condonabile.
L'accertamento dell'avvenuta formazione del silenzio accoglimento è affidato alla giustizia amministrativa. T.A.R. Lombardia, Brescia, 13 ottobre 1989, n. 959, in Riv. Giur. Ed., 1990, 987. Contra Cons. Stato, sez. V, 15 gennaio 1990, n. 23, in Riv. Giur. Ed., 1990, 366.

7.1. Il diniego.

Alla richiesta di rilascio del permesso di costruire deve seguire un provvedimento comunale.
L'art. 11 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, sancisce la obbligatorietà del rilascio del permesso di costruire.
Col diniego il responsabile del procedimento comunica all'interessato gli eventuali pareri contrari espressi dagli organi consultivi il cui giudiizo è obbligatorio per il rilascio.
La comunicazione deve essere notificata all'interessato, ai fini della decorrenza dei termini per l'impugnativa.
Per essere legittimo il provvedimento deve contenere una specifica esposizione dei motivi del rifiuto che devono trovare fondamento nella legge, o in un atto pianificatorio.
La motivazione del provvedimento deve consentire al giudice amministrativo di verificare la legittimità dell'atto impugnato.
Il diniego è stato dichiarato legittimo qualora venga negata una concessione edilizia per la realizzazione di lavori di adeguamento di un immobile al fine di adibirlo al gioco del "bingo" in ragione del contrasto del progetto con la destinazione residenziale della zona interessata, sulla scorta della considerazione che l'intervento, con l'attività alla quale sarebbe funzionale, determinerebbe un ulteriore maggiore appesantimento di condizioni di viabilità e di traffico già critiche, e che la mancata previsione di parcheggi nuocerebbe ancora di più alla vivibilità della zona. T.A.R. Lombardia Brescia, 23 gennaio 2003, n. 43.
Sono illegittime le motivazioni assolutamente vaghe e generiche che fanno riferimento a imprecisate destinazioni di zona.
Devono essere indicati i motivi di contrasto fra il progetto e la normativa vigente o le ragioni di pubblico interesse che ostano al rilascio del permesso di costruire.
La pubblica amministrazione, in sede di motivazione del provvedimento negativo, deve giustificare l'esistenza di eventuali vincoli ambientali producendo il relativo provvedimento.
In carenza di un rituale provvedimento di vincolo, la motivazione del diniego appare illegittima. Cons. Stato, sez. V, 12 settembre 1992, in Foro Amm., 1992, 1919.
Il generico giudizio negativo riguardo alla compatibilità dell'opera con l'ambiente, che giustifica il diniego del permesso di costruire, è giudizio altamente discrezionale; esso incide negativamente sulla sfera giuridica dell'interessato e concreta il vizio di carenza di motivazione, che ha come conseguenza logica e consequenziale la dichiarazione di illegittimità del diniego. 649/2
E’ stato dichiarato inammissibile il ricorso proposto avverso un provvedimento di diniego di concessione edilizia in sanatoria basato sull'inesistenza dell'immobile da condonare. Una domanda di sanatoria edilizia può riguardare esclusivamente opere concretamente sussistenti e non già opere che non esistono più per essere state già demolite. T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 10 gennaio 2003, n. 16.
È illegittimo, per difetto di motivazione, il diniego di rilascio di una concessione edilizia basato sul mero richiamo del contrasto tra l'intervento progettato e lo strumento urbanistico, tranne che, nel corso dell'eventuale giudizio instaurato avverso tale rigetto, la p.a. non produca un'univoca documentazione da cui evincasi l'effettivo contrasto tra progetto e piano regolatore, contro cui il ricorrente ben può proporre motivi aggiunti.
Il provvedimento di diniego della sanatoria deve essere annullato ove sia fondato su una generica affermazione di contrasto con norma di legge e regolamento in materia edilizia, senza precisare quali siano le specifiche disposizioni che si assumono ostative al rilascio della concessione. T.A.R. Liguria, sez. I, 10 dicembre 2002, n. 1187
E’ illegittimo il diniego di concessione edilizia fondato sulla decadenza del predetto piano attuativo.
La cessata efficacia del piano attuativo non rende automaticamente l'area interessata priva di disciplina urbanistica, alla stregua delle cosiddette "zone bianche", sussistendo comunque le norme generali di riferimento come il piano regolatore generale. T.A.R. Lazio, sez. II, 20 novembre 2002, n. 10164, in Foro amm. TAR, 2002, 3679.

7.2. Effetti dell'annullamento giurisdizionale del diniego e del silenzio.

Per costante giurisprudenza il silenzio rifiuto è illegittimo, come il diniego non validamente motivato.
Il commissario ad acta nominato nel giudizio amministrativo provvede sulla richiesta.
In tal caso si riduce il problema della tutela che ha trovato in precedenza ostacolo nel fatto che, nel frattempo, la disciplina urbanistica è mutata in senso ovviamente restrittivo, impedendo la realizzazione di opere consentite precedentemente.
La giurisprudenza prevalente si è attestata ad affermare che il provvedimento del sindaco, ora responsabile del procedimento, deve tenere conto delle norme in vigore al momento della notifica della sentenza di annullamento.
653/1
L'annullamento in sede giurisdizionale del diniego di permesso di costruire comporta, infatti, l'obbligo per il comune di riesaminare l'originaria domanda tenendo conto dell'eventuale disciplina pianificatoria sopravvenuta nel corso del giudizio, anche in relazione alle misure di salvaguardia, salvi gli effetti della notificazione della sentenza di annullamento. T.A.R. Campania Napoli, sez. II, 21 febbraio 2003, n. 1045, in Foro amm. TAR, 2003, 696.

L'amministrazione deve provvedere rispettando queste norme senza adottare successivamente nuove disposizioni programmatorie in contrasto col giudicato amministrativo.
Al fine di riconoscere una effettiva tutela al giudicato si è riconosciuto in capo al ricorrente un interesse pretensivo, da fare valere con apposita istanza all’autorità titolare del potere di pianificazione.
Il comune ha, quindi, l'obbligo di rivedere il piano vigente, non però di adeguarlo alle richieste, al fine di valutare se ad esso possa essere portata deroga che recuperi, compatibilmente con l'interesse pubblico, la previsione del precedente piano sulla quale si fondava la domanda di concessione che il T.A.R. ha riconosciuto legittima, annullando i provvedimenti comunali di diniego o di silenzio.

La giurisprudenza ammette il risarcimento del danno derivante dalla ritardata esecuzione di opere edilizie private in conseguenza di una illegittima adozione di provvedimento di annullamento del permesso di costruire.
Essa ritiene che debbano utilizzarsi i seguenti criteri di quantificazione: a) maggiori costi di progettazione e costruzione del manufatto documentati dai ricorrenti; b) presunti costi di demolizione, ivi compresi quelli di trasporto e smaltimento dei materiali di risulta, del manufatto stesso; c) importo dei canoni di locazione non riscossi in virtù della mancata ultimazione del manufatto, da calcolarsi, sulla base dei canoni medi di mercato per immobili delle medesime caratteristiche, a partire dalla data di presunta ultimazione del manufatto sino a quella della sentenza; d) rivalutazione monetaria delle somme sub a), b) e c) e degli interessi al tasso legale sulle medesime somme via via rivalutate. T.A.R. Sicilia Catania, sez. I, 31 dicembre 2003, n. 2144




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