7. Il silenzio
assenso.
Solo in una
ipotesi, tassativamente prevista, il silenzio sulla domanda del richiedente
acquista effetti positivi, dato che l’art. 136 del D.P.R. 6 giugno 2001, n.
380, ha disposto l’abrogazione del silenzio assenso sulle domande di
autorizzazione, ai sensi dell'art. 48 L. 457/1978, e del silenzio assenso sulle
nuove costruzioni, disciplinato dall’art. 8 della L. 94/1982.
L’unica ipotesi
di silenzio assenso residua è disciplinata dall'art. 35, comma 12 della L.
47/1985 sul condono edilizio.
Il decorrere del
termine di 24 mesi dalla presentazione dell'istanza di condono per opere
oggettivamente sanabili ha come effetto che il silenzio dell'amministrazione
equivale ad accoglimento.
Si forma in capo al richiedente un diritto soggettivo perfetto, accertabile in sede di giurisdizione amministrativa che ha competenza esclusiva in tema di concessioni edilizie.
Si forma in capo al richiedente un diritto soggettivo perfetto, accertabile in sede di giurisdizione amministrativa che ha competenza esclusiva in tema di concessioni edilizie.
Il pagamento
delle somme dovute, una volta determinata in via definitiva l'oblazione, è
condizione di efficacia per la formazione del silenzio assenso la cui validità
è connessa invece al fatto che l'opera sia oggettivamente condonabile.
L'accertamento
dell'avvenuta formazione del silenzio accoglimento è affidato alla giustizia
amministrativa. T.A.R. Lombardia, Brescia, 13 ottobre 1989, n. 959, in Riv.
Giur. Ed., 1990, 987. Contra Cons. Stato, sez. V, 15 gennaio 1990, n. 23, in
Riv. Giur. Ed., 1990, 366.
7.1. Il diniego.
Alla richiesta
di rilascio del permesso di costruire deve seguire un provvedimento comunale.
L'art.
11 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, sancisce la obbligatorietà del rilascio
del permesso di costruire.
Col diniego il
responsabile del procedimento comunica all'interessato gli eventuali pareri
contrari espressi dagli organi consultivi il cui giudiizo è obbligatorio per il
rilascio.
La comunicazione
deve essere notificata all'interessato, ai fini della decorrenza dei termini
per l'impugnativa.
Per essere
legittimo il provvedimento deve contenere una specifica esposizione dei motivi
del rifiuto che devono trovare fondamento nella legge, o in un atto
pianificatorio.
La motivazione
del provvedimento deve consentire al giudice amministrativo di verificare la
legittimità dell'atto impugnato.
Il diniego è
stato dichiarato legittimo qualora venga negata una concessione edilizia per la
realizzazione di lavori di adeguamento di un immobile al fine di adibirlo al
gioco del "bingo" in ragione del contrasto del progetto con la
destinazione residenziale della zona interessata, sulla scorta della
considerazione che l'intervento, con l'attività alla quale sarebbe funzionale,
determinerebbe un ulteriore maggiore appesantimento di condizioni di viabilità
e di traffico già critiche, e che la mancata previsione di parcheggi nuocerebbe
ancora di più alla vivibilità della zona. T.A.R. Lombardia Brescia, 23 gennaio 2003, n. 43.
Sono illegittime
le motivazioni assolutamente vaghe e generiche che fanno riferimento a
imprecisate destinazioni di zona.
Devono essere
indicati i motivi di contrasto fra il progetto e la normativa vigente o le
ragioni di pubblico interesse che ostano al rilascio del permesso di costruire.
La pubblica
amministrazione, in sede di motivazione del provvedimento negativo, deve
giustificare l'esistenza di eventuali vincoli ambientali producendo il relativo
provvedimento.
In carenza di un
rituale provvedimento di vincolo, la motivazione del diniego appare
illegittima. Cons. Stato, sez. V, 12 settembre 1992, in Foro Amm., 1992, 1919.
Il generico
giudizio negativo riguardo alla compatibilità dell'opera con l'ambiente, che
giustifica il diniego del permesso di costruire, è giudizio altamente
discrezionale; esso incide negativamente sulla sfera giuridica dell'interessato
e concreta il vizio di carenza di motivazione, che ha come conseguenza logica e
consequenziale la dichiarazione di illegittimità del diniego. 649/2
E’ stato
dichiarato inammissibile il ricorso proposto avverso un provvedimento di
diniego di concessione edilizia in sanatoria basato sull'inesistenza
dell'immobile da condonare. Una domanda di sanatoria edilizia può riguardare
esclusivamente opere concretamente sussistenti e non già opere che non esistono
più per essere state già demolite. T.A.R. Lombardia Milano, sez. II, 10 gennaio 2003, n.
16.
È illegittimo,
per difetto di motivazione, il diniego di rilascio di una concessione edilizia
basato sul mero richiamo del contrasto tra l'intervento progettato e lo
strumento urbanistico, tranne che, nel corso dell'eventuale giudizio instaurato
avverso tale rigetto, la p.a. non produca un'univoca documentazione da cui
evincasi l'effettivo contrasto tra progetto e piano regolatore, contro cui il
ricorrente ben può proporre motivi aggiunti.
Il provvedimento
di diniego della sanatoria deve essere annullato ove sia fondato su una
generica affermazione di contrasto con norma di legge e regolamento in materia
edilizia, senza precisare quali siano le specifiche disposizioni che si
assumono ostative al rilascio della concessione. T.A.R. Liguria, sez. I, 10 dicembre 2002, n. 1187
E’ illegittimo
il diniego di concessione edilizia fondato sulla decadenza del predetto piano
attuativo.
La cessata
efficacia del piano attuativo non rende automaticamente l'area interessata
priva di disciplina urbanistica, alla stregua delle cosiddette "zone
bianche", sussistendo comunque le norme generali di riferimento come il
piano regolatore generale. T.A.R. Lazio, sez. II, 20 novembre 2002, n. 10164, in Foro amm.
TAR, 2002, 3679.
7.2. Effetti
dell'annullamento giurisdizionale del diniego e del silenzio.
Per costante
giurisprudenza il silenzio rifiuto è illegittimo, come il diniego non
validamente motivato.
Il commissario
ad acta nominato nel giudizio amministrativo provvede sulla richiesta.
In tal caso si
riduce il problema della tutela che ha trovato in precedenza ostacolo nel fatto
che, nel frattempo, la disciplina urbanistica è mutata in senso ovviamente
restrittivo, impedendo la realizzazione di opere consentite precedentemente.
La
giurisprudenza prevalente si è attestata ad affermare che il provvedimento del
sindaco, ora responsabile del procedimento, deve tenere conto delle norme in
vigore al momento della notifica della sentenza di annullamento.
653/1
L'annullamento
in sede giurisdizionale del diniego di permesso di costruire comporta, infatti,
l'obbligo per il comune di riesaminare l'originaria domanda tenendo conto
dell'eventuale disciplina pianificatoria sopravvenuta nel corso del giudizio,
anche in relazione alle misure di salvaguardia, salvi gli effetti della
notificazione della sentenza di annullamento. T.A.R. Campania Napoli, sez. II,
21 febbraio 2003, n. 1045, in Foro amm. TAR, 2003, 696.
L'amministrazione
deve provvedere rispettando queste norme senza adottare successivamente nuove
disposizioni programmatorie in contrasto col giudicato amministrativo.
Al fine di
riconoscere una effettiva tutela al giudicato si è riconosciuto in capo al
ricorrente un interesse pretensivo, da fare valere con apposita istanza
all’autorità titolare del potere di pianificazione.
Il comune ha,
quindi, l'obbligo di rivedere il piano vigente, non però di adeguarlo alle
richieste, al fine di valutare se ad esso possa essere portata deroga che
recuperi, compatibilmente con l'interesse pubblico, la previsione del
precedente piano sulla quale si fondava la domanda di concessione che il T.A.R.
ha riconosciuto legittima, annullando i provvedimenti comunali di diniego o di
silenzio.
La
giurisprudenza ammette il risarcimento del danno derivante dalla ritardata
esecuzione di opere edilizie private in conseguenza di una illegittima adozione
di provvedimento di annullamento del permesso di costruire.
Essa ritiene che
debbano utilizzarsi i seguenti criteri di quantificazione: a) maggiori costi di
progettazione e costruzione del manufatto documentati dai ricorrenti; b)
presunti costi di demolizione, ivi compresi quelli di trasporto e smaltimento
dei materiali di risulta, del manufatto stesso; c) importo dei canoni di
locazione non riscossi in virtù della mancata ultimazione del manufatto, da
calcolarsi, sulla base dei canoni medi di mercato per immobili delle medesime
caratteristiche, a partire dalla data di presunta ultimazione del manufatto
sino a quella della sentenza; d) rivalutazione monetaria delle somme sub a), b)
e c) e degli interessi al tasso legale sulle medesime somme via via rivalutate.
T.A.R. Sicilia Catania, sez. I, 31 dicembre 2003, n. 2144
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