1 Le possibilità legali ed effettive di edificazione. Requisiti.
L’area
è edificabile se sussistono le possibilità legali ed effettive di edificazione,
valutando le caratteristiche oggettive dell’area, art. 37, 6° co., D.P.R.
8.6.2001, n. 327.
Le
possibilità legali di edificazione non sussistono qualora l’area sia sottoposta
a inedificabilità assoluta in base alla normativa o ad un atto di
pianificazione territoriale, art. 37, 4° co., D.P.R. 8.6.2001, n. 327.
Il
criterio dell'edificabilità di fatto ricorre in difetto della disciplina
legale, in assenza cioè di un vigente piano regolatore generale o in caso di
decadenza del vincolo quinquennale.
Le
caratteristiche dell’edificabilità di fatto sono valutate in base alla
effettive possibilità di edificazione fino alla redazione del regolamento
demandato al Ministero LLPP, art. 37, 5° co., D.P.R. 8.6.2001, n. 327.
In carenza di
regolamento valgono i criteri interpretativi fissati dalla giurisprudenza
In primis, l’area può
appartenere solo a queste due categorie: o è edificabile o non lo è.
L'art. 5 bis, L.
8 agosto 1992, n. 359 ha introdotto una generale ed incondizionata bipartizione
dei suoli, agricoli ed edificabili, che non ammette figure intermedie, ed è
associata ad una verifica oggettiva e non legata a valutazioni opinabili, che
può essere data solo dalla classificazione urbanistica dell'area in
considerazione.
Ne consegue che
non può essere classificata come edificabile un'area che gli strumenti
urbanistici non preordinati alla espropriazione assoggettino a vincolo di
inedificabilità, o alla quale gli stessi attribuiscano destinazione agricola,
dovendo, in tal caso, la relativa indennità di espropriazione essere
determinata secondo il criterio agricolo In
applicazione del principio, è stato ritenuto irrilevante il parere espresso dal
dirigente dell'ufficio legale dell'ente territoriale espropriante in ordine
alla edificabilità del suolo a fronte della classificazione dell'area in zona
"E" ovvero a destinazione agricola. Cass. Civ., sez. I, 28 gennaio 2010, n. 1890.
L’indirizzo
giurisprudenziale prevalente afferma che per il riconoscimento della natura
edificatoria del terreno non è necessario che ricorrano le due condizioni della
edificabilità legale e della edificabilità di fatto.
La norma viene
intesa nel senso che anche una sola delle due condizioni sia sufficiente per
considerare edificabile il terreno.
L'inclusione di
un terreno nella cosiddetta "zona omogenea", destinata dal piano
regolatore generale alla espansione edilizia, ne comporta il riconoscimento, tout
court, della natura edificatoria, indipendentemente da ogni ulteriore
valutazione in ordine alle concrete condizioni di fatto del bene, che assumono
rilevanza esclusiva nella sede della determinazione concreta dell'indennità di
espropriazione.
Si deve, in tal
caso, tenere conto delle specifiche caratteristiche del suolo, influenti
sull'apprezzamento economico di mercato, quali la posizione di contesto, le
eventuali prescrizioni di distanze da costruzioni limitrofe o infrastrutture
pubbliche, l'esistenza di opere di urbanizzazione, l'incidenza differenziata
degli oneri di urbanizzazione, ecc., non dovendo in alcun modo concorrere, con
il requisito della edificabilità legale, l'ulteriore, positivo accertamento di
fatto circa le oggettive e concrete possibilità di edificazione dell'area
espropriata. Cass. civ.
, sez. I, 01 febbraio 2007, n. 2207, in Resp. civ. e prev.,
2007, 4, 969.
Né limita le
possibilità edificatorie dell’area il fatto che la sua edificazione sia
condizionata all’approvazione di strumenti attuativi.
Lo
strumento urbanistico attuativo, ancorché previsto dal piano regolatore
generale, è necessario solo quando si tratta si asservire un'area non ancora
urbanizzata (o parzialmente urbanizzata) ad un insediamento di carattere
residenziale, mediante la costruzione di uno o più fabbricati che
obiettivamente esigono, per il loro armonico raccordo con il preesistente
aggregato abitativo, la realizzazione ed il potenziamento delle opere di
urbanizzazione primaria e secondaria.
Nel
caso di specie non è, pertanto, stato ritenuto applicabile ad area collocata
all'interno di zona omogenea classificata come totalmente edificata B1"
l'eventuale disposizione del P.R.G. (nella specie quella del comune di Ovada)
che preveda l'edificabilità di aree, divenute libere in seguito alla cessazione
di attività produttiva, solamente attraverso piani esecutivi obbligatori, con
la conseguenza che, ai fini del calcolo dell'indennità d'espropriazione, il
valore dell'area va determinato in base all'indice fondiario della zona in cui
essa è collocata. Cass. civ., sez. I, 12 gennaio 2000, n. 277, in Giust.
civ. Mass. 2000, 47.
Per
i proprietari coltivatori diretti l’art. 37, 9° co., D.P.R. 8.6.2001, n. 327,
prevede che l’area edificabile utilizzata per scopi agricoli sia indennizzata
con una somma pari al valore agricolo medio corrispondente al tipo di coltura
effettivamente praticato (quindi anche detta area deve considerarsi edificabile
pur priva di opere di urbanizzazione).
L'art. 37, 7°
co., D.P.R. 8.6.2001, n. 327, ispirandosi al principio per il quale non può
essere riconosciuta ad un soggetto una indennità di esproprio che abbia un
valore superiore a quello dichiarato dalla stesso soggetto ai fini fiscali,
prevede che l'indennità di esproprio deve essere ridotta ad un importo pari al valore
denunciato nell'ultima dichiarazione ICI.
Nel caso in cui
il proprietario abbia dichiarato ai fini dell’ICI un maggior valore rispetto
all’indennità corrispostagli, gli è dovuta una maggiorazione pari alla
differenza fra l’importo dell'imposta pagata dall’espropriato, con riferimento
all'ultimo quinquennio, e quello risultante dal computo dell’imposta effettuato
sulla base dell’indennità, unitamente agli interessi legali, ex art. 37, 8°
co., D.P.R. 8.6.2001, n. 327.
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