1 La giurisdizione ordinaria. La determinazione dell’indennizzo.
Il Testo Unico
espr. p.u., rispondendo esplicitamente alle richieste della dottrina in ordine
ad una maggiore chiarezza sul riparto della giurisdizione, prevede la
competenza del giudice ordinario nelle impugnazioni relative alla
determinazione dell’indennizzo, ex art. 54, comma 3, D.P.R. 8 giugno
2001, n. 327, al procedimento di nomina dei periti, ex art. 54, comma 1,
D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327; all’opposizione di terzo sull’indennità, ex
art. 23, comma 5 , D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, e alla determinazione
dell’indennità per occupazione, ex art. 50, comma 3 , D.P.R. 8 giugno
2001, n. 327.
L’art. 54, coma
3, D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, conserva nei confronti delle controversie
relative alla determinazione dell'indennità di espropriazione la competenza
funzionale della Corte di Appello nel cui territorio si trova il bene
espropriato.
La
mancanza del doppio grado di giurisdizione non è stata considerata dalla
giurisprudenza lesiva del principio costituzionale che fissa solo il diritto
alla difesa. Cass. civ., sez. I, 11 settembre 1993, n. 9480, in Giust. Civ.
Mass., 1993, 1388.
La domanda sul
pagamento del corrispettivo nel caso di cessione, non rientrando fra le
specifiche previsioni dell’art. 54, D.P.R. 327/2001, in tema di opposizione
alla stima dell'indennità, resta soggetta, secondo i comuni canoni di
competenza, al giudizio del giudice ordinario.
Le impugnazioni
sono semplificate dall’art. 54, D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, sotto il profilo
procedurale poiché esse sono rapportate direttamente alla notifica del
provvedimento da impugnare, mentre in precedenza erano condizionate al deposito
della relazione di stima da parte dell’U.T.E.
E’ stata
mantenuta la competenza funzionale della Corte d’Appello sulle controversie
relative alla nomina dei periti, alla stima fatta dai tecnici, alla
liquidazione delle spese di stima, ex art. 54, comma 1, D.P.R. 8 giugno
2001, n. 327.
Il
sistema del calcolo dell’indennità è stato razionalizzato, seguendo le
indicazioni giurisprudenziali che hanno dichiarato incostituzionale il sistema
di indennizzo basato sul valore agricolo medio formulato dalla L. 865/1971.
Rimane,
quindi, la distinzione introdotta in via provvisoria dall’art. 5 bis della L. 359/1992 fra aree
edificabili e aree non edificabili.
La Corte
costituzionale, 24 ottobre 2007, n. 348, ha bocciato i criteri vigenti per il calcolo
degli indennizzi
assegnati ai
proprietari di aree edificabili considerandoli troppo bassi.
Le precedenti
sentenze, come la 283/1993, nel dichiarare non fondata la questione relativa
all’art. 5-bis della L. 359 del 1992, hanno in ogni modo affermato che
l'indennità di espropriazione non garantisce all'espropriato il diritto ad un
indennizzo esattamente commisurato al valore venale del bene.
Esse in ogni
caso impongono che l’indennità non possa essere meramente simbolica ed
irrisoria, ma debba essere congrua, seria, adeguata.
La Corte ha
sempre posto in rilievo il carattere transitorio di tale disciplina,
giustificata dalla grave congiuntura economica che il Paese sta attraversando
ed ha precisato che la valutazione sull’adeguatezza dell’indennità deve essere
condotta in termini relativi, avendo riguardo al quadro storico-economico ed al
contesto istituzionale.
La sfavorevole
congiuntura economica non può essere considerata come motivo persistente.
Essa riveste il
carattere della eccezionalità.
I problemi di
equilibrio della finanza pubblica permangono anche al giorno d’oggi; essi,
però, non hanno il carattere straordinario ed acuto della situazione dei conti
pubblici verificatasi nel 1992, che ha portato allora il Parlamento e il
Governo italiano ad adottare misure di salvataggio drastiche e successivamente
non replicate.
Un’indennità
congrua, seria ed adeguata, richiesta dalla sentenza n. 283 del 1993, non può
adottare il valore di mercato del bene come mero punto di partenza per calcoli
successivi che si avvalgono di elementi del tutto sganciati da tale dato,
concepiti in modo tale da lasciare alle spalle la valutazione iniziale, per
addivenire ad un indennizzo troppo distante dal valore reale.
Per la Corte
europea dei diritti dell’uomo la legislazione dello Stato deve prevedere un
idoneo meccanismo di determinazione dei valori di espropriazione che possa
rientrare in quel margine di apprezzamento, all’interno del quale è legittimo
che il singolo Stato si discosti dagli standard previsti in via generale dalle
norme CEDU. M. CASTELLANETA, Certo il primato dei principi costituzionali,
in Guida Dir.,2007, 44,59.
La relatività
dei valori è stata affermata dalla stessa Corte costituzionale italiana.
I criteri di
calcolo fissi e indifferenziati rischiano, invece, di trattare allo stesso modo
situazioni diverse, rispetto alle quali il bilanciamento deve essere operato
dal legislatore avuto riguardo alla portata sociale delle finalità pubbliche
che si vogliono perseguire.
I criteri per la
determinazione dell’indennità di espropriazione riguardante aree edificabili
devono fondarsi sempre sulla base del valore del bene, avendo riguardo alla
situazione reale delle disposizioni di piano che regolano il suo utilizzo in
rapporto alle diverse destinazioni generali attribuite dalla zonizzazione.
Non possono
essere utilizzati criteri astratti che portano a differenziazioni di valori
che, non essendo supportate da dati reali, determinano inevitabilmente
situazioni di diseguaglianza contrarie all’art. 3 cost.
L’art. 2, comma
89 della L. 244/2007, modifica l’art. 37 del T.U. espr. accogliendo
l’invito rivolto dalla Corte costituzionale di introdurre nuove norme che
bilancino l’interesse individuale del proprietario del bene espropriato con la
funzione sociale della proprietà secondo i principi espressi dalla Corte
europea
La norma
distingue il caso di espropriazione isolata di un singolo bene dal caso in cui
l’espropriazione avvenga nell’ambito di iniziative aventi rilevante interesse
economico sociale.
Nel caso di
espropriazione isolata di un singolo bene l’indennità di espropriazione di
un’area edificabile è determinata nella misura pari al valore venale del bene.
Nel caso di
espropriazione collocata nell’ambito di iniziative aventi rilevante interesse
economico e sociale l’indennità è ridotta del venticinque per cento rispetto al
valore venale del bene. La misura dell’indennizzo, pur restando agganciata al
parametro del valore venale del bene espropriato, è ridotta in funzione del
peculiare fine di utilità sociale che l’espropriazione è diretta a realizzare.
N. CENTOFANTI, L’espropriazione per pubblica utilità, 2009, 369.
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