venerdì 3 febbraio 2017

Processo amministrativo.Ricorso giurisdizionale


IL RICORSO GIURISDIZIONALE


1                Il contenuto del ricorso giurisdizionale


Il giudizio amministrativo non si instaura, come il giudizio civile, con una citazione a comparire ad udienza fissa avente data fissa, ma con un ricorso al giudice purché provveda ad annullare il provvedimento impugnato. R. VILLALTA e L. BERTONAZZI, Contenuto del ricorso, in  QUARANTA e V. LOPILATO, Il processo amministrativo, 2011,
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Gli effetti sostanziali non cambiano, anche se proceduralmente si attribuisce al giudice un più esteso potere, almeno teorico, in ordine all'istruttoria con la possibilità di richiedere direttamente alla amministrazione documentazioni e certificazioni.
L’art. 40, D.L.vo 2 luglio 2010, n.104,  cod. proc. amm.,  precisa il ricorso deve contenere:
a) gli elementi identificativi del ricorrente, del suo difensore e delle parti nei cui confronti il ricorso è proposto. E' ammesso il ricorso collettivo di più ricorrenti avverso uno stesso provvedimento purché gli interessi dei ricorrenti al ricorso non siano in contrasto tra loro; ed il ricorso cumulativo contro più provvedimenti tra di loro connessi;.
b) l'indicazione dell'oggetto della domanda, ivi compreso l'atto o il provvedimento eventualmente impugnato, e la data della sua notificazione, comunicazione o comunque della sua conoscenza. Nel caso di ricorso contro il silenzio rifiuto si devono indicare gli estremi dell'atto di diffida. Si può anche ricorrere contro un comportamento dell'amministrazione per ottenere una sentenza di accertamento in tal caso non vi è alcun provvedimento oggetto di impugnazione ma vi è un’azione di accertamento dell’inesistenza dei presupposti come ad esempio, nel caso di denuncia di inizio di attività;
c) l'esposizione sommaria dei fatti, i motivi specifici su cui si fonda il ricorso, l'indicazione dei mezzi di prova e dei provvedimenti chiesti al giudice.
Il fatto ha una grossa rilevanza per identificare la successione degli avvenimenti che costituiscono il presupposto del provvedimento.
Essi possono costituire eventuali vizi di legittimità come ad esempio il travisamento dei fatti su cui si fonda la motivazione del provvedimento.
Sostanziale per l'impugnativa e' l'indicazione dei motivi che devono essere portati a sostegno del ricorso.
Non sono ammessi motivi nuovi se non nei termini di proposizione del ricorso a riconferma del principio di decadenza del termine di presentazione del ricorso.
Motivi aggiunti possono essere prodotti solo se sopravvengono nuovi fatti, successivamente all'atto impugnato, ovvero se vengono prodotti nuovi documenti.
Essi devono essere fatti valere con apposito atto notificato alle controparti.
Nel processo amministrativo i motivi aggiunti sono ammissibili solo se relativi a vizi del provvedimento impugnato, che emergano per la prima volta dalla documentazione di cui il ricorrente non era a conoscenza al momento della notificazione dell'atto introduttivo del giudizio; di conseguenza sono inammissibili quei motivi che il ricorrente avrebbe dovuto proporre ab initio, tranne nel caso che non fossero a lui sconosciuti per fatto a lui non imputabile. Si ha la possibilità di proporre motivi aggiunti nel caso in cui dalla conoscenza integrale del provvedimento o degli atti endoprocedimentali emergano ulteriori profili di illegittimità o vizi percepibili solo in seguito all'integrale cognizione del provvedimento lesivo. T.A.R. Basilicata Potenza, sez. I, 4 dicembre 2009, n. 854.
Le richieste istruttorie hanno per oggetto la produzione di documenti ovvero l'ammissione di prove testimoniali per la giurisdizione di merito.
Sono richieste pregiudiziali quelle relative alla sospensione del giudizio per l'esame di una questione civile o alla richiesta di remissione degli atti alla Corte Costituzionale.
Sono richieste cautelari quelle relative alla sospensione degli effetti dell'atto impugnato.
Il petitum è elemento essenziale del ricorso. Esso può avere varia natura. Si possono avere richieste strumentali alla decisione.
La richiesta qualificante è quella relativa all'annullamento dell'atto amministrativo, nel giudizio di legittimità.
Essa può anche consistere nella richiesta di riforma o di ottemperanza o di condanna al risarcimento del danno caso di giurisdizione esclusiva;
d) la sottoscrizione del ricorrente, se essa sta in giudizio personalmente, oppure del difensore, con indicazione, in questo caso, della procura speciale.
 L'indicazione del tribunale adito non è indicata tassativamente come requisito obbligatorio del ricorso.
La carenza di questi elementi ovvero l'incertezza assoluta della persona del ricorrente o dell'oggetto della domanda provocano la nullità del ricorso.
Il difensore indica nel primo scritto difensivo utile il numero di fax o l'indirizzo di posta elettronica presso cui dichiara di volere ricevere la comunicazione, ex art. 176, modificato dall'art. 2 del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, conv. L. 80/2005.
L’obbligo è ribadito dall’art. 136, D.L.vo 2 luglio 2010, n.104,  cod. proc. amm., che impone ai difensori costituiti di fornire copia in via informatica di tutti gli atti di parte depositati e, ove possibile, dei documenti prodotti e di ogni altro atto di causa. Il difensore attesta la conformità tra il contenuto del documento in formato elettronico e quello cartaceo. Il deposito del materiale informatico, ove non sia effettuato unitamente a quello cartaceo, è eseguito su richiesta della segreteria e nel termine da questa assegnato, esclusa ogni decadenza.
L’art. 5, D.L.vo  cod. proc. amm. all. 2,  obbliga ciascuna parte, all’atto della propria costituzione in giudizio, a consegnare  il proprio fascicolo, contenente gli originali degli atti ed i documenti di cui intende avvalersi nonché il relativo indice.
Gli atti devono essere depositati in numero di copie corrispondente ai componenti del collegio e alle altre parti costituite. Il segretario deve rifiutare il fascicolo di parte e i depositi successivi che non contengano le copie degli atti previsti.

1.1) Il processo amministrativo telematico.

L’art. 136, cod. proc. amm., obbliga il difensore a depositare tutti gli atti di parte e, ove possibile, dei documenti prodotti e di ogni altro atto di causa su supporto informatico; la norma è priva però i effetti decadenziali potendo l’adempimento essere sollecitato dalla segreteria.
Il difensore attesta la conformità tra il contenuto del documento in formato elettronico e quello cartaceo.
Il difensore deve dichiarare la conformità sia con riguardo alla completezza della documentazione informatica rispetto a quella cartacea sia la corrispondenza fra i due modi di presentare la documentazione.
La norma è attuativa dei principi che tendono ad assicurare la snellezza, concentrazione ed effettività della tutela, anche al fine di garantire la ragionevole durata del processo, mediante il ricorso a procedure informatiche fissati dall’art. 44, lett. a), L. 69/2009. A. QUARANTA e V. LOPILATO, Il processo amministrativo, 2011, 1101.
Si può affermare che il fascicolo informatico sia una realtà nel processo amministrativo.
L’art. 13 delle norme di attuazione del cod. proc. amm. rinvia, comunque,  la partenza ufficiale  del processo telematico ad un futuro decreto attuativo che fisserà eventuali decadenze derivanti dal fatto di non avere proceduto alle incombenze relative a questo aspetto processuale.
Le strade della giustizia telematica del processo amministrativo divergono quindi da quelle del processo civile  le cui regole sono fissate in via autonoma.

2               Il contributo unificato nel D.P.R. 115/2002.


L’art. 9 della L. 23 dicembre 1999, n. 488, sostituisce il sistema precedente basato sulle imposte di bollo, le tasse ed i diritti di segreteria, istituendo un contributo unificato di iscrizione a ruolo secondo la tabella riportata in calce alla stessa legge.
Il valore della domanda, determinato in base all’ex art. 10 e segg. c.p.c., deve essere espresso in un’apposita dichiarazione, resa nell’atto introduttivo o nell’atto di precetto, ai sensi del comma 5 dello stesso art. 9.
Le modalità di determinazione del contributo sono disciplinate dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
Se il valore della causa è indeterminabile la normativa stabilisce un contributo di euro 340, ex art. 13, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, mod. L. 311/204.
In tutti gli altri casi il valore della causa deve essere dichiarato e a questo è ragguagliato il contributo relativo, unificato in relazione allo scaglione di riferimento.
Il pagamento deve essere effettuato prima dell’atto di deposito dei fascicoli per l’iscrizione a ruolo della causa; ne sono escluse le parti civili nel processo penale.
Per l’atto di precetto si pone il problema solo quando esso non riguardi il pagamento somme.
Qualora la domanda sia modificata in modo da aumentarne il valore, il convenuto deve dichiararlo e procedere al pagamento integrativo secondo le tabelle.
In questo modo si elimina il cosiddetto valore indeterminato, dato che si potrà sempre integrare successivamente un’eventuale differenza del valore espresso nella dichiarazione iniziale.
L’art. 13, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, prevede una tabella riguardante le spese per gli atti giudiziari, abolendo tutti gli oneri attuali.
La tabella, in particolare, per quanto inerisce ai procedimenti civili, penali ed amministrativi e, inoltre, per le materie tavolari, le procedure concorsuali e di volontaria giurisdizione, elimina le carte bollate e le relative marche, la tassa di iscrizione a ruolo, i diritti di cancelleria e di chiamata dell’ufficiale giudiziario.
Essa è suddivisa a scaglioni di valore delle cause, seguendo i criteri adottati per le tariffe professionali forensi.
Detto articolo prevede che il contributo sia commisurato non in funzione del valore del ricorso ma bensì in rapporto al suo contenuto.
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L’art. 37, comma 6,D.L 6 luglio 2011, n. 98, conv. L. 15 luglio 2011 , n. 111, aumenta l’entità del contributo unificato da versare E. SACCHETTINI, Contributo unificato, in Guida Dir., 2001, 32, 15.
Viene infatti modificato l’art. 13, comma 6-bisD.P.R. 115/2002, fissando il contributo unificato per i ricorsi proposti davanti ai Tribunali amministrativi regionali e al Consiglio di Stato.
Il contributo dovuto è di euro 300 per i ricorsi previsti dagli articoli 116, D.L.vo 2 luglio 2010, n. 104, in materia di accesso ai documenti amministrativi, e 117,contro il silenzio della pubblica amministrazione, per quelli aventi ad oggetto il diritto di cittadinanza, di residenza, di soggiorno e di ingresso nel territorio dello Stato e per i ricorsi di esecuzione nella sentenza o di ottemperanza del giudicato.
La  norma in palese contraddizione con quanto affermato precedentemente afferma che non è dovuto alcun contributo per i ricorsi previsti dall'articolo 25 della citata L. 241 del 1990 avverso il diniego di accesso alle informazioni di cui al D.L.vo 19 agosto 2005, n. 195, di attuazione della direttiva 2003/4/CE sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale;
La norma precisa che  per le controversie concernenti rapporti di pubblico impiego, si applica il comma 3; che afferma la riduzione della metà del contributo per procedimenti speciali artt.633 e segg. c.p.c. 
Per i ricorsi cui si applica il rito abbreviato comune a determinate materie previsto dal libro IV, titolo V, del D.L.vo 2 luglio 2010, n. 104, nonché da altre disposizioni che richiamino il citato rito, il contributo dovuto è di euro 1.500;
Per i ricorsi di cui all'art. 119, comma 1, lettere a) e b), D.L.vo 2 luglio 2010, n. 104, che regolano rispettivamente  le controversie relative all’affidamento di lavori pubblici  e i provvedimenti adottati dalle autorità amministrative indipendenti  il contributo dovuto è di euro 4.000;
In tutti gli altri casi non previsti dalle lettere precedenti e per il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica nei casi ammessi dalla normativa vigente, il contributo dovuto è di euro 600.
I predetti importi sono aumentati della metà ove il difensore non indichi il proprio indirizzo di posta elettronica certificata e il proprio recapito fax, ai sensi dell'articolo 136 del codice del processo amministrativo di cui al D.L.vo  2 luglio 2010, n. 104.
La norma precisa che per ricorsi si intendono quello principale, quello incidentale e i motivi aggiunti che introducono domande nuove.;
La dottrina ritiene che tale elenco sia tassativo così che per tutti i riti speciali non contemplati si applica il contributo previsto in misura ordinaria R. DE NICTOLIS, Il nuovo contributo unificato nel processo amministrativo, in Urb. e app., 2007, 2, 137.
L'onere relativo al pagamento dei suddetti contributi è dovuto in ogni caso dalla parte soccombente, anche nel caso di compensazione giudiziale delle spese e anche se essa non si è costituita in giudizio.
La soccombenza si determina con il passaggio in giudicato della sentenza.
L’introduzione  del contributo unificato si traduce in un aumento del costo per le liti di minor valore e una diminuzione per quelle di maggior valore; la riforma comporta indirettamente, quindi, una diminuzione del contenzioso amministrativo.

3                La notifica      


Le domande si introducono con ricorso al tribunale amministrativo regionale competente.
Qualora sia proposta azione di annullamento il ricorso deve essere notificato, a pena di decadenza, alla pubblica amministrazione che ha emesso l'atto impugnato e ad almeno uno dei controinteressati che sia individuato nell'atto stesso entro il termine previsto dalla legge, decorrente dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza, ovvero, per gli atti di cui non sia richiesta la notificazione individuale, dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione se questa sia prevista dalla legge o in base alla legge, ex art. 41, D.L.vo 2 luglio 2010, n.104,  cod. proc. amm.,
L’azione di annullamento si deve avviare nel termine di decadenza di sessanta giorni, ex art. 29, D.L.vo  cod. proc. amm.
L’azione di risarcimento, se non proposta contestualmente alla azione di annullamento, può essere iniziata sino a centoventi giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza, ex art. 30, D.L.vo  cod. proc. amm.
L'azione contro il silenzio della p.a. può essere proposta fintanto che perdura l'inadempimento e, comunque, non oltre un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento, ex art. 31, D.L.vo  cod. proc. amm.
Rimane l’obbligo di integrare tali notifiche con ulteriori notifiche agli altri controinteressati prescritte dal tribunale amministrativo regionale.
La notificazione dei ricorsi nei confronti delle amministrazioni dello Stato è effettuata secondo le norme vigenti per la difesa in giudizio delle stesse.
Qualora la notifica debba essere effettuata nei confronti di una amministrazione dello Stato, questa deve essere appoggiata presso l'ufficio dell'Avvocatura dello Stato.
L'Avvocatura generale dello Stato con sede in Roma Via dei Portoghesi 12 provvede alla rappresentanza e difesa delle amministrazioni nei giudizi davanti alla Corte Costituzionale, alla Corte di Cassazione al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche ed alle altre supreme giurisdizioni anche se amministrative ,ed ai collegi arbitrali con sede in Roma ,nonché  nei procedimenti innanzi ai collegi internazionali e comunitari.
Le Avvocature distrettuali provvedono alla rappresentanza e difesa in giudizio delle amministrazioni nelle rispettive circoscrizioni.
Le funzioni dell'Avvocatura dello Stato sono estese alle regioni a statuto ordinario che decidano di avvalersene ,ai sensi dell'art. 10 della L.103/1979.
La notifica è effettuata a mezzo dell'ufficiale giudiziario che non può ricusare gli adempimenti relativi senza indicarne per iscritto i motivi.
L'ufficiale giudiziario è competente alla notificazione nell'ambito del mandamento ove ha sede l'ufficio a cui è addetto.
La competenza in materia di notificazione, a norma degli artt. 106, 107 D.P.R. 15 dicembre 1959 n. 1229, è attribuita in via concorrente ed alternativa così all'ufficiale giudiziario del luogo in cui la notificazione deve essere eseguita, come a quello addetto all'autorità giudiziaria davanti alla quale deve trattarsi l'affare cui ha riguardo l'atto da notificare. Consiglio Stato, sez. IV, 25 febbraio 1999, n. 224, in Foro amm. 1999, 334.
L'ufficiale giudiziario deve avvalersi del servizio postale per gli atti in materia civile e amministrativa da eseguirsi fuori del comune ove ha sede l'ufficio ,salvo su richiesta delegare il messo di conciliazione.
L'ufficiale giudiziario può compiere le notifiche per mezzo del servizio postale a soggetti residenti al di fuori della sua circoscrizione (senza, dunque, limitazioni territoriali) quando l'atto da notificare si riferisca a un procedimento di competenza delle autorità giudiziarie della sede alla quale è addetto. T.A.R. Sicilia Catania, sez. IV, 3 maggio 2008, n. 726.
La notifica deve essere effettuata mediante consegna al destinatario di copia conforme all'originale dell'atto da notificare ,a norma degli artt. 137 e segg.del c.p.c..
La ritualità della notifica deve essere verificata personalmente dal difensore pena la improcedibilità del ricorso ,salva la riammissione in termini per errore scusabile .
Le irregolarita' formali danno luogo alla improcedibilità del ricorso a meno che non si sanino attraverso l'applicazione analogica dell'istituto della sanatoria, ex art. 56 c.p.c., per effetto della comparizione delle parti.
Quando la notificazione del ricorso nei modi ordinari sia particolarmente difficile per
il numero delle persone da chiamare in giudizio il presidente del tribunale o della sezione cui è assegnato il ricorso può disporre, su richiesta di parte, che la notificazione sia effettuata per pubblici proclami prescrivendone le modalità.
Il termine per la notificazione del ricorso è aumentato di trenta giorni, se le parti o alcune di esse risiedono in altro Stato d'Europa, o di novanta giorni se risiedono fuori d' Europa.

4                Il controinteressato


L’art. 41, D.L.vo 2 luglio 2010, n.104,  cod. proc. amm. dispone che qualora sia proposta azione di annullamento il ricorso deve essere notificato, a pena di decadenza, ad almeno uno dei controinteressati che sia individuato nell'atto stesso.
Il principio del contradditorio si realizza attraverso la notifica del ricorso alla amministrazione che ha emanato l'atto e a coloro ai quali l'atto direttamente si riferisce, ovvero almeno ad uno di essi.
La giurisprudenza riconosce la qualità di controinteressato in senso tecnico a coloro che, da un lato, siano portatori di un interesse qualificato alla conservazione del provvedimento impugnato, di natura eguale e contraria a quello del ricorrente (c.d. elemento sostanziale), e, dall'altro lato, siano nominativamente indicati nel provvedimento stesso o comunque siano agevolmente individuabili in base ad esso (c.d. elemento formale). T.A.R. Liguria, sez. I, 18 settembre 2003, n. 1026, in Foro amm. TAR, 2003, 2577.
Conseguentemente il ricorso proposto avverso il provvedimento di diniego di un'autorizzazione amministrativa non deve essere notificato ad alcun controinteressato in quanto l'atto emanato lascia inalterata la situazione antecedente e, quindi, i soggetti controinteressati non possono essere individuati neanche tra coloro che operano nel settore nell'ambito del quale era stata chiesta l'autorizzazione. T.A.R. Basilicata, 22 dicembre 2003, n. 1053.
Chi ha interesse all'atto, il cosiddetto controinteressato, deve avere la possibilità di costituirsi in giudizio per far valere le sue ragioni a fianco dell'amministrazione resistente ovvero parallelamente al ricorrente per conseguire anche egli gli effetti del ricorso. R: GALLI, Corso di diritto amministrativo, 1996, 980.
C.E. GALLO, Manuale di giustizia amministrativa, 2010, 139.

5                Il ricorso incidentale.


Il ricorso incidentale ha sostanzialmente lo scopo di rimettere in termini il controinteressato che abbia, difformemente dal ricorrente, interesse a mantenere in vita il provvedimento amministrativo impugnato, ovvero ad impugnarlo per altre parti,a seguito del ricorso principale.
E' un ricorso che ha natura accessoria rispetto a quello principale e ne segue le sorti .
Il ricorso incidentale innanzi al giudice amministrativo mira all'annullamento del medesimo provvedimento impugnato dal ricorrente principale per motivi diversi da quelli da costui dedotti, onde le censure incidentali sono tali rispetto non già ad uno, piuttosto che ad un altro dei motivi del ricorso principale, bensì a quest'ultimo nel suo complesso.
Le parti resistenti e i controinteressati possono proporre domande il cui interesse sorge in dipendenza della domanda proposta in via principale, a mezzo di ricorso incidentale.
Il ricorso incidentale deve risolversi in una mera controimpugnazione su capi dipendenti o connessi con quelli contrastati in via principale, e non può avere ad oggetto doglianze autonome e indipendenti, e comunque sorrette dalla autonomia dell'interesse, poiché in tal caso è soggetto ai termini ordinari di impugnazione.  Consiglio Stato , sez. V, 29 dicembre 2009, n. 8920.
Il ricorso si propone nei termine di sessanta giorni  decorrenti dalla ricevuta notificazione del ricorso principale . Per i soggetti intervenuti il termine decorre dall'effettiva conoscenza della proposizione del ricorso principale, ex art. 42, D.L.vo 2 luglio 2010, n.104cod. proc. amm.
Il ricorso incidentale è notificato alle controparti personalmente o, se costituite, ai sensi dell'articolo 170 c.p.c.
Le altre parti possono presentare memorie e produrre documenti .
La cognizione del ricorso incidentale è attribuita al giudice competente per quello principale, salvo che la domanda introdotta con il ricorso incidentale sia devoluta alla competenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, ovvero alla competenza inderogabile di un tribunale amministrativo regionale; in tal caso la competenza a conoscere dell'intero giudizio spetta al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, ovvero al tribunale amministrativo regionale avente competenza inderogabile.
Dato il carattere accessorio del ricorso incidentale nei riguardi di quello principale, l'interesse a coltivare il primo viene meno per effetto delle cause d'estinzione o del rigetto del secondo. T.A.R. Sicilia Catania, sez. I, 7 novembre 2003, n. 1857.
L'inammissibilità o la rinunzia del ricorso principale fanno perdere efficacia a quello incidentale.
Il ricorso incidentale non può modificare l'oggetto del giudizio principale avendo natura accessoria.



6               I motivi aggiunti.


L’art. 43, D.L.vo 2 luglio 2010, n.104,   cod. proc. amm., riproduce l’art. 1, L. 205/2000, che  modifica sostanzialmente il modo di proporre ricorso contro tutti gli atti connessi all’oggetto del ricorso, precedentemente presentato, in pendenza del medesimo; ad esempio, se si impugna una variante di piano regolatore e, successivamente, il comune adotta un piano attuativo si porranno motivi aggiunti al ricorso principale qualora si voglia impugnare anche l’ultimo atto, con conseguente economia processuale.
La norma consente detto ricorso per motivi aggiunti sia al ricorrente principale che a quello incidentale consentendo quindi il ricorso anche a parti diverse dal ricorrente principale.
In tal caso, pur in carenza di una disposizione espressa, è necessario notificare alla amministrazione i motivi aggiunti per garantire il contraddittorio secondo una giurisprudenza più legalista del legislatore.
Tale giurisprudenza non tiene assolutamente conto dei criteri di parietarietà, che hanno ispirato il legislatore. Essi consentono all’amministrazione non solo di adottare una decisione tardiva ma impongono a pena di improcedibilità ed inammissibilità un adempimento procedurale non fissato dal legislatore, con la notifica di una memoria aggiunta su fatti nuovi, garantendo così una ulteriore ingiustificata procedura a tutela all’amministrazione inadempiente.
La disposizione che consente che tutti i provvedimenti adottati in pendenza del ricorso tra le stesse parti, connessi all'oggetto del ricorso stesso, siano impugnati mediante motivi aggiunti, è applicabile solo se l'atto successivamente adottato si inserisce nella medesima sequenza procedimentale di quello inizialmente impugnato, se pregiudica gli interessi della stessa parte lesa da quest'ultimo e se risulta adottato dalla medesima Amministrazione. T.A.R. Basilicata Potenza, 6 febbraio 2009, n. 19
La giurisprudenza, peraltro, ritiene che, nel caso in cui ancora non si conosca l'effettiva motivazione del provvedimento, non è configurabile per l'interessato l'onere di una doppia impugnazione prima con il ricorso introduttivo e poi con i motivi aggiunti; deve, invece, essere affermato il principio secondo il quale, in tale ipotesi in cui sia stata comunicata l'esistenza del provvedimento, senza la motivazione, il destinatario ha una mera facoltà, non un onere, di impugnare subito l'atto e poi articolare i motivi aggiunti.
Il ricorrente può attendere di conoscere la motivazione dell'atto per valutare se impugnarlo o meno. T.A.R. Campania Napoli, sez. IV, 24 marzo 2009, n. 1595.




7               I vizi del ricorso.



L’art. 44, D.L.vo 2 luglio 2010, n.104,  cod. proc. amm., dispone espressamente  i motivi di nullità del ricorso
Il ricorso è nullo:
a) se manca la sottoscrizione. La giurisprudenza ha precisato che se la parte non ha sottoscritto il ricorso, il difensore che firma in suo nome deve essere munito di procura speciale. In base alla predetta regola, quindi, il ricorso introduttivo di un giudizio amministrativo può essere proposto o mediante duplice sottoscrizione della parte e del procuratore legale, senza necessità di procura ad litem, in calce o a margine del ricorso stesso, oppure mediante sottoscrizione del ricorso da parte del solo difensore purché munito di procura ad litem. Va considerato inammissibile il ricorso giurisdizionale sottoscritto dal solo avvocato o procuratore legale, al quale la rappresentanza tecnica sia stata conferita con mandato generale ad lites e non con mandato speciale. T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. I, 14 luglio 2008, n. 1047;
b) se vi è incertezza assoluta sulle parti o sull'oggetto della domanda.
c) per nullità della notificazione. La giurisprudenza ritiene che la notificazione del ricorso deve ritenersi inesistente quando manchi del tutto ovvero sia stata effettuata in un luogo o con riguardo a persona che non abbia alcun riferimento con il destinatario della notificazione stessa, risultando a costui del tutto estranea. La notificazione è affetta da nullità, ma sanabile con effetto ex tunc con la costituzione del convenuto ovvero con la rinnovazione della notifica cui la parte istante provveda spontaneamente o in esecuzione dell'ordine impartito dal giudice. Ciò è possibile quando, pur essendo eseguita la notifica mediante consegna a persona o in luogo diversi da quello stabilito dalla legge, un collegamento risulti tuttavia ravvisabile, così da rendere possibile che l'atto, pervenuto a persona non del tutto estranea al processo, giunga a conoscenza del destinatario. Cons. Stato, sez. V, 29 dicembre 2009, n. 8970.
L’art. 44, comma 3, D.L.vo 104/2010, afferma che la costituzione degli intimati sana la nullità della notificazione del ricorso, salvi i diritti acquisiti anteriormente alla comparizione, nonché le irregolarità .
Nei casi in cui sia nulla la notificazione e il destinatario non si costituisca in giudizio il giudice, se ritiene che l'esito negativo della notificazione dipenda da causa non imputabile al notificante, fissa al ricorrente un termine perentorio per rinnovarla. La rinnovazione impedisce ogni decadenza .
Se il ricorso contiene irregolarità, il collegio può ordinare che sia rinnovato entro un termine a tal fine fissato.


8                Il deposito del ricorso. L'instaurazione del giudizio.


L’art. 45, D.L.vo 2 luglio 2010, n.104, cod. proc. amm., dispone che il ricorso, con la prova delle avvenute notifiche, e con copia del provvedimento impugnato, ove in possesso del ricorrente, deve essere depositato nella segreteria del tribunale amministrativo regionale, entro trenta giorni dall'ultima notifica.
Il termine è perentorio, la sua inosservanza provoca la improcedibilità del ricorso.
E’ fatta salva la facoltà della parte di effettuare il deposito dell'atto, anche se non ancora pervenuto al destinatario, sin dal momento in cui la notificazione del ricorso si perfeziona per il notificante.
La parte che si avvale della facoltà di depositare anticipatamente alla avvenuta notifica il ricorso è tenuta a depositare la documentazione comprovante la data in cui la notificazione si è perfezionata anche per il destinatario. In assenza di tale prova le domande introdotte con l'atto non possono essere esaminate.
La giurisprudenza ha precisato che il mancato deposito dell'avviso di ricevimento qualifica come inesistente la notificazione e ciò preclude che possa o debba procedersi alla sua rinnovazione ai sensi dell'art. 291, primo comma, c.p.c. atteso che la produzione ed allegazione dell'avviso di ricevimento della notifica del ricorso è atto che rientra nella piena disponibilità della parte istante; il ricorrente può porre in essere ogni iniziativa di verifica prima che la causa sia trattenuta per la decisione ottenendo, eventualmente, il rilascio di duplicato in caso di smarrimento. Cons. Stato , sez. IV, 6 giugno 2008, n. 2697.
Nel termine stesso deve essere depositata copia del provvedimento impugnato, ove non depositata con il ricorso ovvero ove notificato o comunicato al ricorrente, e dei documenti di cui il ricorrente intenda avvalersi in giudizio.
La mancata produzione da parte del ricorrente della copia del provvedimento impugnato e della documentazione a sostegno del ricorso non implica decadenza.
In tal caso l’onere di produrre il provvedimento impugnato di fatto passa all'amministrazione.
L’amministrazione ha la facoltà di produrre, inoltre, gli atti e i documenti in base ai quali l'atto è stato emanato, quelli in esso citati e quelli che l'amministrazione ritiene utili al giudizio. Dell'avvenuta produzione del provvedimento impugnato, nonché degli atti e dei documenti in base ai quali l'atto è stato emanato, deve darsi comunicazione alle parti costituite. La giurisprudenza precedente ha confermato l'onere di esibizione posto a carico dell'Amministrazione, che permane in ogni successiva fase e grado del giudizio e può essere sempre reso esigibile per ordine del giudice. Cons. Stato , sez. VI, 6 maggio 2008, n. 2004.
 Ove l'amministrazione non provveda all'adempimento, il presidente, ovvero un magistrato da lui delegato, ordina, anche su istanza di parte, l'esibizione degli atti e dei documenti nel termine e nei modi opportuni


9               La costituzione delle parti intimate .



L’art. 46, D.L.vo 2 luglio 2010, n.104,  cod. proc. amm.,  prevede che nel termine di sessanta giorni dal perfezionamento nei propri confronti della notificazione del ricorso, le parti intimate possono costituirsi, presentare memorie, fare istanze, indicare i mezzi di prova di cui intendono valersi e produrre documenti.
L'amministrazione deve produrre l'eventuale provvedimento impugnato, nonché gli atti e i documenti in base ai quali l'atto è stato emanato, quelli in esso citati e quelli che l'amministrazione ritiene utili al giudizio.
Il termine non è considerato perentorio. Per la giurisprudenza i termini previsti per la costituzione delle parti intimate hanno carattere dilatorio, nel senso che impediscono una fissazione dell' udienza di discussione prima del loro scadere, e non perentorio.  T.A.R. Molise Campobasso, sez. I, 8 ottobre 2008, n. 737.
La costituzione delle parti è ammessa fino alla udienza in cui la causa passa in decisione con i limiti temporali previsti per la presentazione di memorie e documenti ossia fino a trenta giorni prima dell'udienza e di repliche fino a venti giorni liberi prima dell'udienza, ai sensi dell'art.73, D.L.vo  cod. proc. amm.



9.1              L'integrazione del contraddittorio.


L’integrazione del contraddittorio  è ordinata  dal presidente o dal collegio nei confronti degli altri soggetti quando il ricorso sia stato proposto solo contro taluno dei contro interessati, ex art. 49, D.L.vo  cod. proc. amm.
L'integrazione del contraddittorio non è ordinata nel caso in cui il ricorso sia manifestamente irricevibile, inammissibile, improcedibile o infondato ; in tali casi il collegio provvede con sentenza in forma semplificata .
Per la giurisprudenza la mancata notifica ad altro controinteressato del ricorso di primo grado non ne determina l'inammissibilità, ove sia stato notificato ad almeno un altro controinteressato; comporta però la necessità dell'integrazione del contraddittorio e, quindi, ai fini dell'appello, l'annullamento della sentenza di primo grado con rinvio della controversia al primo giudice. Consiglio Stato , sez. VI, 25 settembre 2009, n. 5792.
La norma ora impone al  giudice, nell'ordinare l'integrazione del contraddittorio, di fissare il relativo termine, indicando le parti cui il ricorso deve essere notificato. Se l'atto di integrazione del contraddittorio non è tempestivamente notificato e depositato, il giudice provvede  a dichiarare improcedibile il ricorso ai sensi dell'articolo 35, D.L.vo 2 luglio 2010, n.104,  cod. proc. amm.




9.2              L’intervento ad adiuvandum ed ad opponendum.


Nel giudizio possono intervenire volontariamente i terzi che ne abbiano interesse.
Il terzo può intervenire per aderire alle richieste del ricorrente ovvero per opporvisi.
L’art. 50, D.L.vo 2 luglio 2010, n.104, cod. proc. amm., dispone che l’intervento volontario in causa è proposto con atto diretto al giudice adito, recante l'indicazione delle generalità dell'interveniente .
L'atto deve contenere le ragioni su cui si fonda, con la produzione dei documenti giustificativi, e deve essere sottoscritto.
L'atto di intervento è notificato alle altre parti ed è depositato nei termini trenta giorni dall’ultima notifica ; nei confronti di quelle costituite è notificato ai sensi dell'articolo 170 del codice di procedura civile.
Il deposito dell'atto di intervento è ammesso fino a trenta giorni prima dell'udienza .
La giurisprudenza precedente ha precisato che l'atto di intervento deve essere depositato entro venti giorni (allora previsti) dalla data di notifica e che, entro i successivi venti giorni (allora previsti), le parti interessate possono presentare memorie, istanze e documenti. Il deposito, pertanto, dell'atto di intervento che si è effettuato nel giorno stesso fissato per la discussione nel merito del ricorso comporta l'inammissibilità dell'intervento nel giudizio di primo grado che si riflette sulla legittimazione a proporre appello quale interventore ad opponendum. Cons. St., sez. VI, 4 agosto 2009, n. 4892
L'intervento si può avere in ogni tempo poiché il termine di deposito non è stato considerato perentorio.
L'intervento è ammissibile se presentato prima dei trenta giorni anteriori all'udienza di trattazione, interpretando estensivamente la norma.
La giurisprudenza precedente ha ammesso l'applicazione della norma processualcivilistica dell'art. 107 c.p.c. (intervento per ordine del giudice), pur nella peculiarità del processo giurisdizionale amministrativo, solo in presenza di cause inscindibili in cui si ravvisa il ricorrere di un litisconsorzio necessario. T.A.R. Toscana Firenze, sez. I, 11 luglio 2000, n. 1609.
Ora l’art. 51 , D.L.vo 104/2010, ammette l‘intervento per ordine del giudice  potendo egli  indicare al ricorrente  gli atti da notificare ed il termine della notificazione.



10            L’istruttoria.


Il processo amministrativo è soggetto, rispetto a quello civile, ad una limitazione di mezzi di prova connessa alle peculiarità del rito.
La limitazione dell'onere probatorio che governa il processo amministrativo si fonda sulla naturale ineguaglianza delle parti, privato e p.a., e quindi sul generale possesso dei documenti da parte dei pubblici uffici che resistono in giudizio. T.A.R. Liguria, sez. I, 18 dicembre 2004, n. 1721.
Il D.L.vo 104/2010,  prevede un potenziamento dei mezzi probatori nell’ambito del processo amministrativo nelle controversie amministrative, con eccezione delle sole prove legali quali la confessione ed il giuramento.

F. G. SCOCA, Mezzi di prova ed attività istruttoria, in A. QUARANTA e V. LOPILATO, Il processo amministrativo, 2011, 536.



La dottrina rileva che la confessione ed il giuramento presuppongono che il giudice amministrativo sia inibito di estendere la propria conoscenza dei fatti oltre tali atti di disposizione operanti dalla parte, in contraddizione con al libertà di movimento che il metodo acquisitivo lascia al giudice amministrativo. F. BENVENUTI, L’istruttoria nel processo amministrativo, 1953, 348.
Il processo amministrativo è tendenzialmente ispirato al  metodo istruttorio dispositivo, tipico dei processi che originano da un atto di citazione nei quali vi è perfetta parità delle parti nel processo. T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 14 gennaio 2010, n. 252.
Sono le parti che debbono introdurre i fatti necessari a fondare le loro ragioni e non il giudice che ha l'obbligo di giudicare secondo quanto provato e prodotto dalle parti.
All'onere del ricorrente di affermare i fatti su cui si fonda la sua pretesa non corrisponde l'onere di provarli per cui sussiste un potere acquisitivo del giudice dei mezzi di prova.
Il principio dispositivo subisce importanti deroghe in quanto al giudice sono attribuiti importanti poteri istruttori L. R. PERFETTI,  Corso di diritto amministrativo, 2006, 536. 171
R. CHIEPPA, Il codice del processo amministrativo, 2010, 370.
Viene trasferito dalla parte al giudice il potere di disporre dei fatti introdotti nel ricorso; la parte ha solo il compito di introdurli. La giurisprudenza ha precisato che spetta alla parte che agisce in giudizio indicare e provare specificamente i fatti posti a base delle pretese avanzate, in base al principio generale, applicabile anche al processo amministrativo, dagli art. 2697 c.c. e 115 c.p.c. Se è vero, infatti, che nel processo amministrativo il sistema probatorio è retto dal principio dispositivo con metodo acquisitivo degli elementi di prova da parte del giudice, è altrettanto vero che, in mancanza di una prova compiuta a fondamento delle proprie pretese, il ricorrente debba avanzare un principio di prova perché il giudice possa esercitare i propri poteri istruttori. Cons. St., sez. V, 7 ottobre 2009, n. 6118.
In tal senso l’art. 46, D.L.vo 104/2010, demanda all'amministrazione l'esibizione del provvedimento impugnato qualora non sia stato prodotto precedentemente in giudizio, e, nel caso in cui ritenga incompleta l'istruzione, può ordinare qualunque altro mezzo istruttorio compresi gli atti e i documenti in base ai quali l’atto è stato emanato, quelli in esso citati e quelli che l’amministrazione ritiene utili al giudizio. Ove l'amministrazione non provveda al deposito del provvedimento impugnato e degli altri atti, il presidente o un magistrato da lui delegato ovvero il collegio ordina, anche su istanza di parte, l'esibizione degli atti e dei documenti nel termine e nei modi opportuni, ex art. 65, D.L.vo 104/2010.
Il presidente della sezione o un magistrato da lui delegato adotta, su istanza motivata di parte, i provvedimenti necessari per assicurare la completezza dell'istruttoria.
Il giudice può disporre anche l'assunzione degli altri mezzi di prova previsti dal codice di procedura civile, esclusi l'interrogatorio formale e il giuramento.


11            Le prove.


La giurisprudenza ha riconosciuto che nel giudizio amministrativo vige il generale principio processualistico di cui all'art. 2697 c.c., in base al quale incombe sulla parte attrice l'onere di indicare e dimostrare specificamente i fatti posti a fondamento della pretesa azionata. Se è vero che tale principio subisce un'attenuazione nell'ipotesi in cui il giudizio verta su interessi legittimi, per effetto della intermediazione del provvedimento amministrativo, esso trova piena applicazione in sede di giurisdizione esclusiva, allorché gli elementi di prova della fondatezza della domanda giudiziale siano nella disponibilità della parte, anche mediante il procedimento di accesso alla documentazione amministrativa. L'omessa specificazione dei fatti che connotano la posizione del ricorrente, in relazione alla pretesa che lo stesso intende far valere, preclude al giudice amministrativo di entrare nel merito della domanda. Tale mancanza non può essere superata mediante incombenti da porre a carico dell'Amministrazione non avendo il giudice il potere di sopperire all'inerzia della parte onerata. T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 26 gennaio 2010, n. 963.
La norma si salda poi con quella di cui all'art. 116 dello stesso cod. proc. amm., che ammette ricorso  contro il silenzio sulle istanze di accesso ai documenti amministrativi, cui va aggiunta la novella semplificativa in tema di accesso agli atti di gara di cui alla Direttiva ricorsi recepita nell’art. 2, D.L.vo 53/2010.
Ne consegue che il tema probatorio nel giudizio amministrativo è ora essenzialmente assegnato alle parti, sicché il giudice non deve supplire con propri poteri istruttori ad incombenti cui la parte può diligentemente provvedere anche apprestando tutti i rimedi ordinamentali che la legge predispone
L'istruttoria ufficiosa subentra dunque quando il giudicante ritenga di dover attivare i suoi poteri d'ufficio al superiore fine di decidere, solo dopo però che le parti abbiano provato il tema del contendere.
In diversi termini, fattuali e conclusivi il Tribunale giudica la istanza istruttoria de qua occasione processuale di ampliamento eventuale del thema decidendi e non necessaria specificazione di quello già assegnato dal gravame. T.A.R. Campania Napoli, sez. VIII, 1 dicembre 2010, n. 26440.


Il metodo acquisitivo è ribadito dall’art. 63, D.L.vo 104/2010, che, da una parte riconosce che l'onere della prova a carico delle parti e dall’altra dispone che il giudice possa chiedere anche d'ufficio chiarimenti o documenti, possa ordinare a terzi di esibire in giudizio i documenti o quanto altro ritenga necessario e possa altresì disporre l'ispezione ai sensi dell'art. 118 c.p.c.
Spetta alle parti l'onere di fornire gli elementi di prova che siano nella loro disponibilità riguardanti i fatti posti a fondamento delle domande e delle eccezioni.
Il giudice deve valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento e può desumere argomenti di prova dal comportamento tenuto dalle parti nel corso del processo .
Spetta alle parti l'onere di fornire gli elementi di prova che siano nella loro disponibilità riguardanti i fatti posti a fondamento delle domande e delle eccezioni. Il giudice amministrativo può disporre, anche d'ufficio, l'acquisizione di informazioni e documenti utili ai fini del decidere che siano nella disponibilità della pubblica amministrazione.
Il giudice deve valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento e può desumere argomenti di prova dal comportamento tenuto dalle parti nel corso del processo , ai sensi dell’art. 64, D.L.vo cod. proc. amm.. In tal senso il giudice può desumere argomenti di prova dal contegno delle parti stesse nel processo, fino al punto di valutare, secondo il suo prudente apprezzamento (art. 116 comma I, c.p.c.), tale comportamento come ammissione dei fatti e delle circostanze dedotte dal ricorrente a sostegno del proprio diritto (fattispecie in tema di trasferimento del ricorrente disposto, al di là delle esplicitate ragioni giustificatrici dello stesso per « esigenze di servizio », per effettiva incompatibilità ambientale). T.A.R. Toscana Firenze, sez. I, 11 settembre 2008, n. 1931


12           La prova testimoniale.



L’art. 63, D.L.vo 104/2010,  sembra confermare la tendenza giurisprudenziale che non consente al collegio di ammettere l'esame testimoniale di altri soggetti - non richiesto dalla parte - attesi i perduranti e non giustificati limiti istruttori che riguardano la giurisdizione generale di legittimità e che dunque inibiscono l'ingresso alla testimonianza nel giudizio amministrativo quale mezzo di prova quando vengono in gioco interessi legittimi. T.A.R. Puglia Lecce, sez. II, 7 febbraio 2007, n. 328.
La prova testimoniale può essere ammessa solo su istanza di parte.  Essa è sempre assunta in forma scritta ai sensi del codice di procedura civile.
La giurisprudenza precedente ha posto una notevole preclusione alla ammissione della prova testimoniale che non può essere assunta in sede di processo amministrativo. Cons. St., sez. V, 4 febbraio 2004, n. 350, in Com. It., 2004, f. 4, 96.
Nel giudizio amministrativo di legittimità non è ammessa la prova testimoniale ed a maggior ragione è inammissibile la testimonianza scritta, formata senza le garanzie del contraddittorio imposte dal codice di procedura civile. Cons. St., sez. IV, 10 giugno 2004, n. 3772, in Foro amm. Cons. St., 2004, 1669.
La prova testimoniale è esperibile solo i sede di giurisdizione esclusiva
Il giudice amministrativo nelle controversie in cui esercita la giurisdizione esclusiva può disporre l'assunzione dei mezzi di prova previsti dal codice di procedura civile, nonché della consulenza tecnica d'ufficio, esclusi l'interrogatorio formale e il giuramento.
Le deposizioni testimoniali rese nel processo civile, a parte ogni altra questione sulla loro utilizzabilità nel processo amministrativo, non possono rappresentare ai fini del giudizio di legittimità prove inconfutabili, ma solo elementi di prova, non assistiti da alcuna presunzione di certezza, che possono concorrere a formare il libero convincimento del giudice. Cons. St., sez. IV, 18 dicembre 2001, n. 6299, in Foro amm., 2001, 3138.



13           La consulenza tecnica d'ufficio e la verificazione.


Il giudice amministrativo può  disporre anche la consulenza tecnica d’ufficio. F. CARINGELLA G. DE MARZO F. DELLA VALLE R. GAROFOLI, La nuova giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, 2000, 569.
La normativa esprime la regola che, al di fuori di ogni ipotesi in cui si tratti di valutare il perseguimento del pubblico interesse e di attuare, quindi, discrezionalmente la subordinazione degli interessi dei privati a quello pubblico indicato da una norma, la valutazione dei fatti e dei presupposti dell'azione dell'amministrazione ben può essere riprodotta nel processo a mezzo di consulenza tecnica d'ufficio. T.A.R. Lombardia, sez. III, Milano, 30 giugno 1999, Ord. n. 204, in Riv. giur. ed., 1999, I, 1159.
L’art. 63, D.L.vo 104/2010,limita l’utilizzo della consulenza tecnica d’ufficio solo ai casi essa sia ritenuta indispensabile dal giudice . Come nota la dottrina essa non è utilizzabile per il solo fatto che dia intermini di principio, maggiori garanzie di terzietà. G. FONDERICO, Dietro al conquista del testo unico sul rito i rischi di possibili integrazioni e modifiche, in Guida Norm., 2010, 28, 11.ù
Gli artt. 66 e 67, D.L.vo 104/2010, disciplinano la verificazione e la consulenza tecnica senza indicarne la differenza.
La giurisprudenza ha precisato che la verificazione disposta dal giudice consiste in un mero accertamento disposto al fine di completare la conoscenza dei fatti che non siano desumibili dalle risultanze documentali e, sotto tale aspetto, si differenzia dalla consulenza tecnica d'ufficio che si estrinseca in una valutazione tecnica di determinate situazioni da utilizzare ai fini della decisione, con una valenza non meramente ricognitiva e circoscritta ad un fatto specifico. Cons. St., sez. IV, 21 novembre 2005, n. 6447. Mediante la verificazione il giudice chiede la ripetizione di un mero accertamento tecnico, ad esempio, il conteggio dei voti nel processo elettorale; mediante la consulenza tecnica , invece, egli compie un sindacato sulla discrezionalità tecnica già esercitata dalla amministrazione. A. MASARACCHIA, Nessuno spazio nel rito alle prove legali., in Giuda Dir., 2010, n. 32, 75.
L’art. 67, D.L.vo cod. proc. amm., regola le modalità per l’assunzione della consulenza tecnica d'ufficio
Con l'ordinanza con cui dispone la consulenza tecnica d'ufficio, il collegio nomina il consulente, formula i quesiti e fissa il termine entro cui il consulente incaricato deve comparire dinanzi al magistrato a tal fine delegato per assumere l'incarico e prestare giuramento.
L'ordinanza è comunicata al consulente tecnico a cura della segreteria.
Le eventuali istanze di astensione e ricusazione del consulente sono proposte, a pena di decadenza, entro lo stesso  termine dato dal giudice per l’accettazione della nomina  e sono decise dal presidente o dal magistrato delegato con decreto non impugnabile.
Il collegio con ordinanza dispone i successivi incombenti quali, fra l’altro,  la corresponsione al consulente tecnico di un anticipo sul suo compenso; la nomina  di consulenti tecnici delle parti; la trasmissione, ad opera del consulente tecnico d'ufficio.
La giurisprudenza ha però precisato che il  potenziamento dei mezzi istruttori utilizzabili ai fini del sindacato delle valutazioni di natura tecnico-specialistica consente il pieno e diretto accertamento dei fatti presi in esame all'amministrazione, ma non la sostituzione del giudice amministrativo ai giudizi di tipo tecnico formulati dall'amministrazione stessa. T.A.R. Sardegna, sez. I, 28 settembre 2004, n. 1434.
La consulenza tecnica, pur disposta d'ufficio dal giudice amministrativo, non è destinata ad esonerare la parte dalla prova dei fatti da essa dedotti e posti a base delle proprie richieste (fatti che devono essere dimostrati dalla medesima parte alla stregua dei criteri di ripartizione dell'onere della prova posti dall'art. 2697 c.c.), ma mira a fornire all'attività valutativa del giudice l'apporto di cognizioni tecniche non possedute da costui. Cons. St., sez. VI, 12 marzo 2004, n. 1261, in Foro amm. Cons. St., 2004, 913.
La giurisprudenza ha precisato che il sindacato giudiziale sulla discrezionalità tecnica nell'ambito della giurisdizione su interessi legittimi, anche in tema di pubbliche gare d'appalto, deve essere limitato ai vizi dell'atto amministrativo e non può che essere un riesame della correttezza o meno dell'operato dell'amministrazione: quindi, ove detto operato sia mancato oppure sia stato assistito la motivazione lacunosa o incongrua, il giudice amministrativo non può sostituirsi alla p.a. mediante consulenza tecnica d'ufficio, ma deve limitarsi a rilevare l'illegittimità dell'atto per carenza di motivazione ed ancor più di istruttoria. T.A.R. Liguria, sez. II, 7 settembre 2004, n. 1429, in Foro amm. T.A.R., 2004, 2501
E’ stato deciso che il giudizio di una commissione medica, istituita per la valutazione dei requisiti psico-fisici dei candidati all'assunzione in un corpo militare, è sindacabile dal giudice amministrativo, anche mediante l'utilizzo di consulenza tecnica volta a verificare la congruità dell'iter logico-argomentativo espresso dall'organo amministrativo. T.A.R. Sicilia Catania, sez. II, 16 giugno 2004, n. 1695, in Foro amm. T.A.R., 2004, 1878.
Ben può il giudice amministrativo, che deve giudicare la legittimità di un permesso di costruire rilasciato al controinteressato, avvalersi della consulenza tecnica per l'esatta determinazione delle altezze del fabbricato e per la verifica del corretto calcolo della volumetria. T.A.R. Lombardia Brescia, 22 marzo 2004, n. 231, in Foro amm. T.A.R., 2004, 600.

14           La dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà.


La dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà non è un mezzo di prova ammesso nel processo amministrativo, non avendo la stessa né la natura di prova documentale, poiché consiste in una dichiarazione resa a pubblico ufficiale per il processo, né di prova testimoniale, poiché non è resa davanti al giudice decidente nei modi e nelle forme previsti dalla legge.

La giurisprudenza rileva che non integra la prova richiesta per far ritenere esistente la piena conoscenza degli atti impugnati quella fornita dai resistenti, costituita da alcune dichiarazioni sostitutive nel caso di specie tutte provenienti da personale dell'impresa appaltatrice interessata alla esecuzione dei lavori. Esse non costituiscono prova e sono inammissibili nel giudizio amministrativo dal momento che la dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà non ha alcun valore probatorio; né è ammissibile, ai sensi dell'art. 2724 c.c., la prova testimoniale in sostituzione dell'atto scritto e cioè della notifica o comunicazione individuale. T.A.R. Sicilia Catania, sez. I, 24 febbraio 2003, n. 294, in Foro Amm. T.A.R., 2003, 787.

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