venerdì 10 febbraio 2017

rappresentanza degli enti locali in giudizio. Risarcimento del danno

La rappresentanza degli enti locali in giudizio.

La giurisprudenza ha sancito che la rappresentanza in giudizio degli enti locali non spetta ai dirigenti, ancorché non prevista dallo statuto e che l'autorizzazione a stare in giudizio spetta all’organo collegiale, sia giunta o consiglio dell’ente locale.
Per gli enti locali, in particolare, l’art. 50, T.U. 267 del 2000, dispone che il Sindaco ed il Presidente della Provincia rappresentano l’ente.
Tale norma conferma uno dei principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico, secondo cui ogni ente è rappresentato in giudizio dal capo della propria amministrazione.
La giurisprudenza ha confermato che, secondo l'ordinamento degli enti locali, ex art. 36, L. 142 del 1990 come riprodotto oggi nel T.U. 267 del 2000, il sindaco è organo di rappresentanza legale del comune; pertanto legittimamente egli esercita siffatto potere non solo nell'ambito delle relazioni di natura sostanziale, come il conferimento della procura al difensore, ma anche nei rapporti processuali, quale la rappresentanza in giudizio dell'ente, senza bisogno di uno specifico mandato, implicito nella stessa determinazione di autorizzazione a resistere alla lite.
Rientra, dunque, nella sfera di attribuzioni legali della Giunta la competenza, di carattere generale e residuale rispetto a quella consiliare, a decidere la resistenza alle liti in giudizio.
In difetto di tale decisione è inammissibile la stessa costituzione in giudizio dell'ente, mentre spetta al sindaco la legitimatio ad causam (capacità processuale-procura al patrocinio legale) senza che occorra una specifica investitura e/o mandato da parte del comune. T.A.R. Puglia sez. II, Bari, 8 aprile 2002, n. 1698, in Foro amm. TAR, 2002, 1372.
All’organo collegiale compete di deliberare l’autorizzazione a stare in giudizio, dopo avere valutato la fondatezza delle ragioni dell’ente e le conseguenze che possono derivare dal giudizio.
Tale delibera abilita il capo dell’amministrazione a conferire mandato ad un legale per l’azione o per la resistenza in giudizio.
La dottrina ribadisce le posizioni giurisprudenziali affermando che il principio sancito dalla norma non può essere disatteso dallo statuto in relazione all’esercizio della rappresentanza dal momento che lo statuto non può sottrarre al Sindaco la titolarità della rappresentanza in giudizio. Cass. civ., sez. III, 26 febbraio 2003, n. 2878, in www.giust.amm. P. VIRGA, I dirigenti non possono rappresentare il comune in giudizio, in Nuova Rass., 2003, n.11, 1241.
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La giurisprudenza ammette, in deroga a tale principio, che lo statuto comunale ha il potere di attribuire, eventualmente, ai dirigenti tale competenza, purché sussista una previsione espressa, inequivocabile e ben definita. T.A.R. Sardegna Cagliari, sez. I, 29 aprile 2010, n. 1046.
Il principio è stato con chiarezza affermato dalla Corte di Cassazione. Nel nuovo sistema istituzionale e costituzionale degli enti locali, delineato dagli art. 6, 50 e 107 dell'ordinamento degli enti locali di cui al d.lg. n. 267 del 2000, interpretati alla luce della successiva evoluzione normativa e in particolare della riforma dell'art. 114 comma 2 Cost. e dell'art. 4 della L. n. 131 del 2003 di attuazione di tale riforma, lo Statuto del Comune può legittimamente affidare la rappresentanza a stare in giudizio ai dirigenti, nell'ambito dei rispettivi settori di competenza, quale espressione del potere gestionale loro proprio, ovvero a esponenti apicali della struttura burocratico-amministrativa del Comune, fermo restando che, ove una specifica previsione statutaria non sussista, il sindaco conserva l'esclusiva titolarità del potere di rappresentanza processuale del Comune. Cass. Civ. , sez. I, 19 dicembre 2008 , n. 29837.



3.6. Il risarcimento del danno per atti comunali illegittimi.

La giurisprudenza riconosce al giudice amministrativo la giurisdizione sui provvedimenti degli enti locali.
La tutela è ammessa sia per il diniego di provvedimenti dovuti sia per il ritardo per il loro rilascio, ai sensi dell'art. 34 d.lg. 31 marzo 1998 n. 80.
Rientra nella giurisdizione del g.a. l'azione diretta a ottenere il risarcimento del danno per effetto di un presunto comportamento illecito della p.a. caratterizzato da ritardo o da omissione colpevoli, e ciò indipendentemente dalla previa tempestiva impugnazione di un provvedimento ritenuto illegittimo (nel caso concreto il Tar ha fatto rientrare nella propria giurisdizione la domanda di risarcimento del danno per equivalente presentata da un soggetto che aveva maturato una aspettativa giuridicamente qualificata a conseguire dal Comune la concessione in uso di impianti pubblicitari). T.A.R. Veneto, sez. I, 25 giugno 2003, n. 3414, in Foro amm. TAR, 2003, 1883.
In queste ipotesi è ammessa l’azione di risarcimento per responsabilità dell’amministrazione che provoca il danno ingiusto. Vedi Voce Appalti e Urbanistica.
Tale azione è stata riconosciuta sugli atti relativi all’approvazione di un accordo di programma.
Esso si sostanzia in un provvedimento amministrativo adottato dai soggetti pubblici che vi partecipano.
La domanda di risarcimento, proposta dal privato attuatore, per il danno derivante dalla condotta discriminatoria a suo danno, in violazione dell'accordo, appartiene alla giurisdizione esclusiva del g.a., essendo la fattispecie riconducibile all'art. 15 della legge n. 241 del 1990. Cass. Civ., sez. un., 14 giugno 2005, n. 12725, in Foro amm. CDS, 2005, 168.
Rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo la domanda di restituzione del bene requisito in uso (nella specie, per essere adibito dal Comune ad alloggi per i terremotati), basata sulla cessazione delle esigenze che avevano determinato la requisizione stessa atteso che essa ha per oggetto un provvedimento della p.a., espressione di un potere autoritativo, riguardante l'uso del territorio.
E’ devoluta al giudice amministrativo la domanda di risarcimento del danno da ingiustificata detenzione di detto bene, giacché, in base al comma 1 dell'art. 35 del d.lg. 80/1998, tale giudice, nelle controversie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, dispone il risarcimento del danno ingiusto.
Appartiene invece alla giurisdizione del giudice ordinario la domanda di condanna della p.a. al pagamento dell'indennità di requisizione, e ciò ai sensi del comma 3, lettera b), del citato art. 34 - secondo cui nulla è innovato in ordine alla giurisdizione del giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell'adozione di atti di natura espropriativa o ablativa - rientrando la requisizione tra gli atti di tale natura. Cass. Civ., sez. un., 13 gennaio 2005, n. 463.


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