3.3. Le modifiche
al sistema di controllo sugli atti del comune e della provincia.
Il controllo di
legittimità sugli atti delle regioni e degli enti locali è stato eliminato in
via di principio con La legge costituzionale 3/2001.
T. ROMEI, Il
Comitato Regionale di Controllo e la fase transitoria a seguito della legge
costituzionale n. 3/2001, in Nuova Rass., 2001, n.22, 2269.
Successivamente
le regioni hanno provveduto ad abrogare le norme che disciplinavano i Comitati
regionali di controllo.
In tal modo il
legislatore riconosce l’autonomia agli enti locali, ponendosi nella prospettiva
della realizzazione di un modello di Stato in senso federale.
L’art. 127, del
D.L.vo 267/2000 attribuisce al difensore civico comunale e provinciale, dalla
data di rispettiva istituzione, il controllo eventuale di legittimità,
sollecitato dalle minoranze, sugli atti della giunta in materia di appalti e
affidamento di servizi o forniture di importo superiore alla soglia di rilievo
comunitario e di assunzione del personale, di piante organiche e relative
variazioni.
3.4. Il
controllo sugli organi.
Il
controllo sugli organi degli enti locali è attribuito allo Stato che lo
esercita attraverso un procedimento amministrativo, demandato al decreto del
Presidente della Repubblica, su proposta del Ministero dell'Interno; di norma
il decreto fa riferimento per relationem ai motivi.
La
procedura di scioglimento è attribuita al prefetto che si avvale del potere
ispettivo riconosciutogli dall'art. 38 comma 5 della L. 142/1990 e dall'art. 19
comma 4 del R.D. 383/1934.
Non
è previsto l'intervento della regione in tale procedimento. La regione ha
intessesse a partecipare al procedimento ai sensi della L. 241/190 sull'accesso
al procedimento amministrativo.
Le
ipotesi sono tassativamente previste dall'art. 39 nei seguenti casi:
a)
Compimento di atti contrari alla Costituzione. L'ipotesi, che finora non è
ancora in pratica configurata, prevede il rifiuto da parte del consiglio dei
principi fondamentali; si pensi ad un consiglio che non voglia riconoscere
l'unità della repubblica italiana, in tal caso non è necessaria la previa
diffida per addivenire allo scioglimento.
b) quando non
possa essere assicurato il normale funzionamento degli organo e dei servizi.
Le ipotesi sono
tassativamente previste dall’art. 141, comma 1, del D. L.vo 18 agosto 2000, n.
267.
Impedimento
permanente, rimozione, decadenza, decesso del sindaco o del Presidente della
provincia. Il sistema di elezione diretta del sindaco e del Presidente
dell'amministrazione provinciale, disposto dalla L. 81/1993, presuppone un
rapporto insostituibile fra i cittadini ed i vertici delle amministrazioni
locali; ove questi non possano, per qualsiasi motivo, portare a termine il
mandato loro attribuito si deve procedere allo scioglimento del consiglio per
indire nuove elezioni.
Dimissioni del
sindaco od del presidente della provincia la medesima soluzione è sancita nel
caso di dimissioni, ad esempio, per candidarsi ad altro incarico incompatibile
con la carica.
Cessazione dalla
carica per dimissioni di almeno la metà più uno dei consiglieri dei
consiglieri. In tale ipotesi, in attesa del decreto di scioglimento del
Presidente della Repubblica, il prefetto può procedere alla sospensione del
consiglio e alla nomina del commissario. Se non vi è contestualità nelle
dimissioni è ammessa la surrogazione dei consiglieri dimissionari.
Riduzione
dell’organico assembleare per impossibilità di surroga alla metà dei componenti
del consiglio.
Mancata
approvazione del bilancio. Il bilancio di previsione per l'anno successivo deve
essere approvato entro il 31 dicembre, ai sensi dell'art. 151, del D.L.vo 18
agosto 2000, n. 267.
La
giunta deve approvare il relativo schema; in carenza il comitato di controllo
nomina il commissario ad acta che predispone l'elaborato per sottoporlo
al consiglio. Successivamente il comitato assegna al consiglio un termine di
venti giorni per l'approvazione, con diffida notificata ai singoli consiglieri;
in carenza viene nominato il commissario che approva il bilancio.
Il provvedimento
sostitutivo viene comunicato al prefetto che inizia la procedura di
scioglimento, ex art. 141, del D.L.vo 18 agosto 2000, n. 267.
Scioglimento
per infiltrazione e condizionamento di tipo mafioso. Tale fattispecie è
prevista dall’art. 143, del D.L.vo 18 agosto 2000, n. 267, quando emergono
elementi su collegamenti diretti ed indiretti degli amministratori con la
criminalità organizzata o su forme di condizionamento degli amministratori
stessi, che compromettano la libera determinazione degli organi elettivi ed il
buon andamento delle amministrazioni.
L'iter
è iniziato dal prefetto, lo scioglimento è disposto con decreto del Presidente
della Repubblica su proposta del Ministro dell'Interno e previa deliberazione
del Consiglio dei Ministri.
Mancata
approvazione degli strumenti urbanistici. Tale fattispecie è stata introdotta
dall'art. 4 del D.L. 495/1996, che peraltro non è stato convertito in legge e
pertanto non è tuttora vigente.
Il
decreto di scioglimento può essere impugnato alla giustizia amministrativa per
motivi di legittimità dai singoli consiglieri facenti parte del consiglio ora
sciolto, ma non dal consiglio, che dopo il decreto ha perduto la sua personalità
giuridica, né dai cittadini, carenti all'interesse all'impugnativa, né
dall'amministrazione regionale.
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