Per
la giurisprudenza al ricorrente è dovuto il danno cd. da ritardo, ovvero la
lesione all'affidamento ed alla certezza del diritto. Il risarcimento è dovuto,
ad esempio nella fattispecie relativa alla richiesta di annullamento del
provvedimento di recupero del conguaglio dell’importo consistente nella
differenza tra pensione provvisoria e pensione definitiva.
Data
la giuridica differenza fra trattamento provvisorio e trattamento definitivo,
nessuna rilevanza può esser data al richiamo alla buona fede pur se collegata
alla lunghezza del periodo di provvisorietà.
La
giurisprudenza amministrativa è unanime sulla doverosità del recupero di somme
indebite da parte dell'amministrazione in termini generali. Cons. St., sez. IV,
24 maggio 2007, n. 2651. L'amministrazione, una volta decorso il tempo previsto
per l'adozione del provvedimento, non decade dal potere di adozione di questo.
Tale
esito, di carattere sanzionatorio a tipologia decadenziale, non risulta
previsto da nessuna disposizione generale, contrapponendosi ad esso i principi
della continuità e della doverosità dell'azione amministrativa
La
giurisprudenza ha affermato che il recupero di somme indebitamente erogate
dalla pubblica amministrazione ai propri dipendenti costituisce esercizio, ai
sensi dell'art. 2033 c. c., di un vero e proprio diritto soggettivo a contenuto
patrimoniale, non rinunziabile.
In
sede di recupero di emolumenti non dovuti da parte della p.a., la eventuale
buona fede di colui che li ha ricevuti non può rappresentare un ostacolo
all'esercizio del recupero dell'indebito, neppure quando intervenga a lunga
distanza di tempo dall'erogazione delle somme, comportando in capo
all'amministrazione solo l'obbligo di procedere al recupero stesso con modalità
tali da non incidere significativamente sulle esigenze di vita del debitore.
Nell'ipotesi
di ritardo nel recupero non si tratta di valutare l'entità della pensione in
rapporto alla somma da recuperare e se le modalità del recupero renderebbero
precarie le condizioni di vita del ricorrente.
A
tutela del pensionato, qualora, come nel caso di specie, vi sia stato un petitum
in tal senso, milita anche l'art. 2043 c.c., che, quale norma immediatamente
precettiva ed aperta, di ricezione di ogni interesse giuridicamente protetto,
garantisce il risarcimento del danno nel caso, lamentato dal ricorrente, della
lesione della certezza del diritto e dell'affidamento. Corte Giustizia UE, 19
giugno 2003, C-34/2002.
È
stato, infatti, correttamente affermato che è prospettabile la pretesa al
risarcimento conseguente alla mera omissione o anche al solo ritardo
nell'adozione di un provvedimento, indipendentemente dalla spettanza del bene
della vita al quale è preordinato l'interesse legittimo di tipo pretensivo. Corte Conti reg.
Toscana, sez. giurisd., 10 giugno 2008, n. 423.
Tale
pretesa è da ricollegare all'interesse procedimentale avente ad oggetto il
rispetto dei tempi certi dell'azione amministrativa concernente l'esplicazione
della competenza amministrativa secondo criteri di correttezza e buona fede.
Il
danno risarcibile è quello derivante dalla situazione di incertezza protratta
oltre il termine entro il quale l'azione amministrativa deve essere conclusa.
Il
danno da ritardo nell'adozione di un provvedimento amministrativo può essere
risarcito solo in rapporto alla conseguibilità del bene della vita cui si ha
titolo; pertanto il risarcimento può essere preteso dopo il riconoscimento
definitivo della spettanza del bene.
Nella
fattispecie, il diritto a pensione nei termini del decreto pensionistico è
fuori dubbio. Essendo l'Amministrazione incorsa in un errore non addebitabile a
colui che ha ricevuto le somme, collocato a riposo anzitempo nell'incolpevole
affidamento di averne diritto, il danno va valutato in via equitativa. Detto
nocumento deve essere valutato nel provvedimento di recupero e nella portata
lesiva di questo secondo il suo contenuto. Il risarcimento consiste, pertanto,
nelle somme che sono state richieste e con la relativa rivalutazione.
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