mercoledì 8 febbraio 2017

risarcimento del danno nell'annullamento della gara di appalto per lavori pubblici

14.2. Il risarcimento del danno.
La disciplina portata dal d.lg. 80 del 1998, che sancisce, all'art. 33, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, prevede la possibilità di disporre il risarcimento del danno ingiusto.

L’ipotesi di richiesta di risarcimento è collegata con l’annullamento dell’aggiudicazione della gara di appalto a cui il ricorrente ha partecipato.
Qualora il giudice amministrativo abbia annullato gli atti del procedimento di gara per l'affidamento di un appalto pubblico, con il rinnovo delle operazioni di gara da parte della pubblica amministrazione, il concorrente vittorioso nel giudizio amministrativo ottiene il soddisfacimento diretto e pieno dell'interesse fatto valere e ciò costituisce risarcimento del danno in forma specifica della chance di aggiudicazione; non spetta, quindi, il risarcimento del danno per equivalente, fatta eccezione per il danno da ritardo, sempre che, al termine della gara rinnovata, egli risulti vincitore. Cass. civ , sez. I, 17 luglio 2007, n. 15947
Non incide sulla richiesta di risarcimento il motivo per cui al gara è stata annullata.
La giurisprudenza ha rilevato che l'aggiudicazione in favore di chi abbia presentato un'offerta anomala per eccesso di ribasso, non è preclusa dall'art. 82, D.L.vo 12 aprile 2006, n. 163, ma deve essere congruamente motivata, nel rispetto della regola di buona amministrazione che impone alla p.a. di dare conto delle sue scelte tra diversi aspiranti a contrarre e di indicare le ragioni per cui l'offerta dell'aggiudicatario è la più conveniente.
Quando ciò non accada, è leso l'interesse legittimo pretensivo allo svolgimento di una corretta gara di cui sono titolari i partecipanti non vincitori, i quali possono agire per far valere la responsabilità aquiliana dell'amministrazione ed ottenere il risarcimento del danno ingiusto derivante dalla cosiddetta perdita di chances, cioè dal venire meno, per effetto della condotta non iure della stazione appaltante, dell'occasione di ottenere l'utilità patrimoniale conseguibile con la gara. Cass. civ., sez. I, 25 ottobre 2007, n. 22370.
Il risarcimento può essere disposto direttamente dal giudice amministrativo, dopo avere verificato l’illegittimità dell'atto impugnato. T.A.R. Lombardia, sez. I, Milano, 10 luglio 1999, n. 2585, in Urb. App, 1999, 1123.
Il legislatore introduce con detto provvedimento legislativo una nuova tecnica processuale per la determinazione del danno.
Il giudice amministrativo, invece di indicare l’esatta quantificazione dell’importo da corrispondere, può indicare i criteri in base ai quali l’amministrazione pubblica o il gestore del pubblico servizio devono formulare al danneggiato la proposta risarcitoria nel termine ad essi indicato.
Il giudice amministrativo ha affermato il principio che l’annullamento degli atti di gara non determina una caducazione automatica del contratto già stipulato fra l’amministrazione e la ditta rimasta aggiudicataria.
E’ stato riconosciuto il diritto al risarcimento per equivalente, collegato alla perdita di chance ossia alle probabilità che il ricorrente aveva di aggiudicarsi l’appalto nel caso fosse stata ripetuta la procedura di gara.
Il risarcimento del danno non è una conseguenza automatica dell'annullamento giurisdizionale dell'aggiudicazione, richiedendosi la positiva verifica di tutti i requisiti previsti, e cioè la lesione della situazione soggettiva tutelata, la colpa dell'amministrazione, l'esistenza di un danno patrimoniale e la sussistenza di un nesso causale tra l'illecito ed il danno subito; conseguentemente, per quanto riguarda l'elemento soggettivo, si deve accedere ad una nozione di tipo oggettivo, che tenga conto dei vizi che inficiano il provvedimento, nonché, in linea con le indicazioni della giurisprudenza comunitaria, della gravità della violazione commessa dall'amministrazione, anche alla luce dell'ampiezza delle valutazioni discrezionali ad essa rimesse, dei precedenti giurisprudenziali, delle condizioni concrete e dell'apporto dato dai privati nel procedimento. T.A.R. Sicilia Catania, sez. III, 20 ottobre 2005, n. 1792, in Foro amm. TAR, 2005, 10 3324.
Per determinare l'ammontare del risarcimento dovuto dalla p.a. in relazione alla responsabilità per illegittima mancata adozione del provvedimento di aggiudicazione dell'appalto, trattandosi di un danno di incerto ammontare, il giudice può esercitare la facoltà di cui all'art. 1226, liquidandolo in via equitativa.
Il criterio che deve presiedere a tale valutazione deve essere individuato, sulla scorta della giurisprudenza amministrativa, nella disposizione di cui all'art. 345, L. 20 marzo 1865, n. 2248, all. f), che determina il quantum dovuto all'impresa appaltatrice nel 10% dell'ammontare fissato dall'offerta della stazione appaltante, come utile presunto, da calcolarsi al lordo della imposizione fiscale, oltre gli interessi e la rivalutazione monetaria in quanto debito di valore.
Detto criterio può essere applicato anche agli appalti di servizi, oltre che a quelli di opera pubblica. Occorre verificare, in seguito ad apposita eccezione di parte - e non di ufficio, dal giudice -, se la mancata partecipazione della ditta ricorrente alla successiva rinnovazione della gara, assuma rilievo ai fini della quantificazione del danno, potendosi astrattamente ipotizzare l'applicabilità dell'art. 1227, comma 2, c.c., per il tramite dell'art. 2056 c.c., che esclude il risarcimento per i danni che il danneggiato avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza. T.A.R. Campania Salerno, sez. I, 26 novembre 2004, n. 2430.
La colpa dell’amministrazione può consistere nella sua grossolana disapplicazione della normativa comunitaria riguardo agli appalti.
La giurisprudenza ha affermato che l’interesse alla decisione di un ricorso avverso la revoca di una gara d'appalto permane anche nell'ipotesi in cui non sia più possibile ottenere, a seguito dell'eventuale annullamento di tale illegittima determinazione, la rinnovazione delle operazioni di gara, in relazione alla possibilità di conseguire in ogni modo il risarcimento del danno per equivalente. T.A.R. Lazio, sez. II, 16 dicembre 2004, n. 16254.

 Il criterio della quantificazione del danno da illegittima mancata aggiudicazione nel 10% dell'offerta presentata, quale utile presunto che l'impresa avrebbe tratto dall'aggiudicazione dell'appalto, è meramente presuntivo.
Tuttavia, la giurisprudenza ha anche precisato che il danno derivante ad una impresa dal mancato affidamento di un appalto è quantificabile nella misura dell'utile non conseguito solo se e in quanto l'impresa possa documentare di non aver potuto utilizzare mezzi e maestranze, lasciati disponibili, per l'espletamento di altri servizi, mentre quando tale dimostrazione non sia stata offerta (come nel caso di specie) è da ritenere che l'impresa possa avere ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per lo svolgimento di altri, analoghi servizi, così vedendo in parte ridotta la propria perdita di utilità, con conseguente riduzione in via equitativa del danno risarcibile. Cons. St., V, 24 ottobre 2002 n. 5860).
Tale utile è stato indicato nella misura del 5%.
Nel caso di specie il danno risarcibile è stato ridotto, attualizzato ed aumentato sempre in via equitativa in considerazione dell'ulteriore danno, consistente nell'incidenza del mancato svolgimento del rapporto con la p.a. sui requisiti di qualificazione e di valutazione, invocabili in successive gare. Non sono state riconosciute come voce risarcitoria autonoma le spese sostenute per la partecipazione alla gara, in quanto assorbite dalla percentuale di utile riconosciuta in precedenza.
Cons. St., sez. VI, 9 novembre 2006, n. 6607, in Foro amm. CDS, 2006, 11 3085.
La dottrina è contraria a tale indirizzo restrittivo che addossa all’impresa l’onere probatorio. S. BACCARINI, Gare pubbliche e lucro cessante delle imprese non aggiudicatarie, in Urb. App., 2007, 929.


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