14.2. Il risarcimento
del danno.
La disciplina
portata dal d.lg. 80 del 1998, che sancisce, all'art. 33, la giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo, prevede la possibilità di disporre il
risarcimento del danno ingiusto.
L’ipotesi di
richiesta di risarcimento è collegata con l’annullamento dell’aggiudicazione
della gara di appalto a cui il ricorrente ha partecipato.
Qualora il
giudice amministrativo abbia annullato gli atti del procedimento di gara per
l'affidamento di un appalto pubblico, con il rinnovo delle operazioni di gara
da parte della pubblica amministrazione, il concorrente vittorioso nel giudizio
amministrativo ottiene il soddisfacimento diretto e pieno dell'interesse fatto
valere e ciò costituisce risarcimento del danno in forma specifica della chance
di aggiudicazione; non spetta, quindi, il risarcimento del danno per
equivalente, fatta eccezione per il danno da ritardo, sempre che, al termine
della gara rinnovata, egli risulti vincitore. Cass. civ , sez.
I, 17 luglio 2007, n. 15947
Non incide sulla
richiesta di risarcimento il motivo per cui al gara è stata annullata.
La
giurisprudenza ha rilevato che l'aggiudicazione in favore di chi abbia
presentato un'offerta anomala per eccesso di ribasso, non è preclusa dall'art.
82, D.L.vo 12 aprile 2006, n. 163, ma deve essere congruamente motivata, nel
rispetto della regola di buona amministrazione che impone alla p.a. di dare
conto delle sue scelte tra diversi aspiranti a contrarre e di indicare le
ragioni per cui l'offerta dell'aggiudicatario è la più conveniente.
Quando ciò non
accada, è leso l'interesse legittimo pretensivo allo svolgimento di una
corretta gara di cui sono titolari i partecipanti non vincitori, i quali
possono agire per far valere la responsabilità aquiliana dell'amministrazione
ed ottenere il risarcimento del danno ingiusto derivante dalla cosiddetta
perdita di chances, cioè dal venire meno, per effetto della condotta non
iure della stazione appaltante, dell'occasione di ottenere l'utilità
patrimoniale conseguibile con la gara. Cass. civ., sez.
I, 25 ottobre 2007, n. 22370.
Il risarcimento
può essere disposto direttamente dal giudice amministrativo, dopo avere
verificato l’illegittimità dell'atto impugnato. T.A.R. Lombardia, sez. I,
Milano, 10 luglio 1999, n. 2585, in Urb. App, 1999, 1123.
Il
legislatore introduce con detto provvedimento legislativo una nuova tecnica
processuale per la determinazione del danno.
Il
giudice amministrativo, invece di indicare l’esatta quantificazione
dell’importo da corrispondere, può indicare i criteri in base ai quali
l’amministrazione pubblica o il gestore del pubblico servizio devono formulare
al danneggiato la proposta risarcitoria nel termine ad essi indicato.
Il
giudice amministrativo ha affermato il principio che l’annullamento degli atti
di gara non determina una caducazione automatica del contratto già stipulato
fra l’amministrazione e la ditta rimasta aggiudicataria.
E’ stato
riconosciuto il diritto al risarcimento per equivalente, collegato alla perdita
di chance ossia alle probabilità che il ricorrente aveva di aggiudicarsi
l’appalto nel caso fosse stata ripetuta la procedura di gara.
Il risarcimento
del danno non è una conseguenza automatica dell'annullamento giurisdizionale
dell'aggiudicazione, richiedendosi la positiva verifica di tutti i requisiti
previsti, e cioè la lesione della situazione soggettiva tutelata, la colpa
dell'amministrazione, l'esistenza di un danno patrimoniale e la sussistenza di
un nesso causale tra l'illecito ed il danno subito; conseguentemente, per
quanto riguarda l'elemento soggettivo, si deve accedere ad una nozione di tipo
oggettivo, che tenga conto dei vizi che inficiano il provvedimento, nonché, in
linea con le indicazioni della giurisprudenza comunitaria, della gravità della
violazione commessa dall'amministrazione, anche alla luce dell'ampiezza delle
valutazioni discrezionali ad essa rimesse, dei precedenti giurisprudenziali,
delle condizioni concrete e dell'apporto dato dai privati nel procedimento. T.A.R. Sicilia
Catania, sez. III, 20 ottobre 2005, n. 1792, in Foro amm. TAR, 2005, 10
3324.
Per determinare
l'ammontare del risarcimento dovuto dalla p.a. in relazione alla responsabilità
per illegittima mancata adozione del provvedimento di aggiudicazione
dell'appalto, trattandosi di un danno di incerto ammontare, il giudice può
esercitare la facoltà di cui all'art. 1226, liquidandolo in via equitativa.
Il criterio che
deve presiedere a tale valutazione deve essere individuato, sulla scorta della
giurisprudenza amministrativa, nella disposizione di cui all'art. 345, L. 20
marzo 1865, n. 2248, all. f), che determina il quantum dovuto
all'impresa appaltatrice nel 10% dell'ammontare fissato dall'offerta della
stazione appaltante, come utile presunto, da calcolarsi al lordo della
imposizione fiscale, oltre gli interessi e la rivalutazione monetaria in quanto
debito di valore.
Detto criterio
può essere applicato anche agli appalti di servizi, oltre che a quelli di opera
pubblica. Occorre verificare, in seguito ad apposita eccezione di parte - e non
di ufficio, dal giudice -, se la mancata partecipazione della ditta ricorrente
alla successiva rinnovazione della gara, assuma rilievo ai fini della
quantificazione del danno, potendosi astrattamente ipotizzare l'applicabilità
dell'art. 1227, comma 2, c.c., per il tramite dell'art. 2056 c.c., che esclude
il risarcimento per i danni che il danneggiato avrebbe potuto evitare usando
l'ordinaria diligenza. T.A.R. Campania Salerno, sez. I, 26 novembre 2004, n.
2430.
La colpa
dell’amministrazione può consistere nella sua grossolana disapplicazione della
normativa comunitaria riguardo agli appalti.
La
giurisprudenza ha affermato che l’interesse alla decisione di un ricorso
avverso la revoca di una gara d'appalto permane anche nell'ipotesi in cui non
sia più possibile ottenere, a seguito dell'eventuale annullamento di tale
illegittima determinazione, la rinnovazione delle operazioni di gara, in
relazione alla possibilità di conseguire in ogni modo il risarcimento del danno
per equivalente. T.A.R. Lazio, sez. II, 16 dicembre 2004, n. 16254.
Il criterio
della quantificazione del danno da illegittima mancata aggiudicazione nel 10%
dell'offerta presentata, quale utile presunto che l'impresa avrebbe tratto
dall'aggiudicazione dell'appalto, è meramente presuntivo.
Tuttavia, la
giurisprudenza ha anche precisato che il danno derivante ad una impresa dal
mancato affidamento di un appalto è quantificabile nella misura dell'utile non
conseguito solo se e in quanto l'impresa possa documentare di non aver potuto
utilizzare mezzi e maestranze, lasciati disponibili, per l'espletamento di
altri servizi, mentre quando tale dimostrazione non sia stata offerta (come nel
caso di specie) è da ritenere che l'impresa possa avere ragionevolmente
riutilizzato mezzi e manodopera per lo svolgimento di altri, analoghi servizi,
così vedendo in parte ridotta la propria perdita di utilità, con conseguente
riduzione in via equitativa del danno risarcibile. Cons. St., V, 24 ottobre
2002 n. 5860).
Tale utile è
stato indicato nella misura del 5%.
Nel caso di specie il danno risarcibile è stato ridotto, attualizzato ed aumentato sempre in via equitativa in considerazione dell'ulteriore danno, consistente nell'incidenza del mancato svolgimento del rapporto con la p.a. sui requisiti di qualificazione e di valutazione, invocabili in successive gare. Non sono state riconosciute come voce risarcitoria autonoma le spese sostenute per la partecipazione alla gara, in quanto assorbite dalla percentuale di utile riconosciuta in precedenza. Cons. St., sez. VI, 9 novembre 2006, n. 6607, in Foro amm. CDS, 2006, 11 3085.
Nel caso di specie il danno risarcibile è stato ridotto, attualizzato ed aumentato sempre in via equitativa in considerazione dell'ulteriore danno, consistente nell'incidenza del mancato svolgimento del rapporto con la p.a. sui requisiti di qualificazione e di valutazione, invocabili in successive gare. Non sono state riconosciute come voce risarcitoria autonoma le spese sostenute per la partecipazione alla gara, in quanto assorbite dalla percentuale di utile riconosciuta in precedenza. Cons. St., sez. VI, 9 novembre 2006, n. 6607, in Foro amm. CDS, 2006, 11 3085.
La dottrina è
contraria a tale indirizzo restrittivo che addossa all’impresa l’onere
probatorio. S. BACCARINI, Gare pubbliche e lucro cessante delle imprese non
aggiudicatarie, in Urb. App., 2007, 929.
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