1. Il comparto.
Rispetto al piano particolareggiato
il comparto si pone come uno strumento tendente a regolamentare una unità
minima di intervento, per la quale è possibile richiedere un’unica concessione
edilizia, ora permesso di costruire (Centofanti 2000, 192).
L’art. 870 c.c. assegna al comparto
il ruolo di strumento di attuazione del piano regolatore anche in contrasto con
la volontà di una parte minoritaria dei proprietari facenti parte di quella
fetta di territorio.
Quando è prevista la formazione di
comparti, costituenti unità fabbricabili con speciali modalità di costruzione e
di adattamento, glia venti diritto sugli immobili compresi nel comparto devono
regolare i loro reciproci rapporti in modo tale da rendere possibile
l’attuazione del piano. Possono anche riunirsi in consorzio per l’esecuzione
delle opere. In mancanza di accordo, può procedersi all’espropriazione a norma
delle leggi in materia
(Art. 870 c.c.).
Lo strumento ha una valenza cogente
nei confronti dei proprietari che vi hanno aderito, essendo previsto
l’esproprio, da parte del consorzio, delle quote dei proprietari che non
ritengano di eseguire le opere necessarie alla realizzazione del comparto
(Mengoli 1997, 293).
Il concetto di comparto, ex
art. 870, c.c., costituisce una unità fabbricabile autonoma e topograficamente
precisata ed individuata che può riunire aree ed edifici appartenenti a diverse
persone - le quali, per ciò stesso, devono associarsi - e per il quale
(concetto) vengono ulteriormente determinati i vari caratteri delle costruzioni
(T.A.R. Sardegna, 20 dicembre 1989,
n. 1279, FA, 1990, 2907).
Trattandosi di una legislazione che
afferisce a costruzioni già esistenti la normativa di comparto può beneficiare
delle disposizioni legislative sulle distanze intercorrenti fra gli edifici
preesistenti, ex art. 9, d.m. 2 aprile 1968.
L’art. 23, l. 1150 del 1942,
consente, inoltre, che la normativa di comparto detti speciali prescrizioni nel
regolare gli interventi, anche perché gli stessi afferiscono a persone fisiche
o giuridiche che costituiscono un unico soggetto richiedente il provvedimento
concessorio.
La giurisprudenza non ammette,
invece, la possibilità che la normativa di comparto posa pregiudicare i diritti
di terzi rispetto alle disposizioni di piano, ad esempio in tema di distanze.
Ai sensi dell'art. 870, c.c., e
dell'art. 23, l. 1150 del 1942, i comparti costituiscono unità fabbricabili con
speciali modalità di costruzione e di adattamento al preesistente tessuto
connettivo urbano, diverse l'una dall'altra in dipendenza della grandezza del
lotto, della pendenza del terreno, della vicinanza o meno a costruzioni
preesistenti e quindi delle distanze da mantenere.
Ne consegue che la convenzione tra
l'amministrazione comunale ed i singoli proprietari dei suoli o il comparto non
è di per sé idonea, attesa la sua particolare natura e finalità, a pregiudicare
i diritti dei terzi o i componenti di altro comparto, né ad ingenerare
posizioni giuridiche più favorevoli o più disagiate rispetto a quelle che ad
essi effettivamente competono in base alla normativa esistente
(Cass. civ., sez. I, 12 luglio 1993,
n. 7678, GCM, 1993, 1158).
Anche nel caso in cui la normativa
di comparto sia ritenuta pregiudizievole, trattandosi di un atto della pubblica
amministrazione, l’azione del privato non può essere esercitata presso il
giudice ordinario, ma deve essere rivolta al giudice amministrativo.
Con riguardo ai comparti
edificatori, di cui agli artt. 870, c.c., 23, l. 17 agosto 1942, n. 1150, e 13,
l. 28 gennaio 1977, n. 10, i Comuni sono muniti di poteri autoritativi, a
difesa di esigenze generali, pure per quanto attiene al riscontro dei
presupposti per la costituzione dei comparti medesimi, la determinazione della
loro dimensione, le modalità di formazione, la scelta delle opere da eseguire,
la ripartizione di oneri ed utili - principi applicabili anche per i Comuni
della Puglia, nella disciplina delle leggi regionali 12 febbraio 1979, n. 6 e
31 maggio 1980, n. 56.
Ne deriva che le posizioni dei
singoli proprietari, rispetto alle deliberazioni adottate dagli organi
municipali nelle suddette materie, hanno natura di interessi legittimi, e, come
tali, sono tutelabili davanti al giudice amministrativo
(Cass. civ., Sez. U., 22 febbraio
1990, n. 1316, RGE, 1990, 485).
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