Il piano regolatore è attuato a
mezzo di piani particolareggiati.
In particolare questo strumento
urbanistico esecutivo, nel quale devono essere indicate le reti stradali,
integra le disposizioni già stabilite nel piano generale, in modo da dare una
sistemazione completa alle zone comprese nel p.r.g. (Mengoli 1997, 275).
Debbono, inoltre, esservi
determinati i principali dati altimetrici di ciascuna zona e le masse e le
altezze delle costruzioni lungo le principali strade e piazze, ex art. 13, l.
urb. (Centofanti 2000, 182).
I piani particolareggiati di
esecuzione debbono indicare: le reti stradali ed i principali dati altimetrici
di ciascuna zona, le masse e le altezze delle costruzioni lungo le principali
strade e piazze, gli spazi per le opere pubbliche, gli edifici da demolire e
ricostruire o soggetti a restauro, la suddivisione in lotti fabbricabili
secondo la tipologia di piano, gli elenchi catastali delle proprietà da
espropriare o da vincolare, nonché la profondità delle zone laterali alle opere
pubbliche; da tale contenuto consegue che tutte le aree libere del piano
particolareggiato di esecuzione debbono avere una precisa destinazione, in un
contesto unitario e globale, al fine di ottenere una programmazione organica
dell'intero ambito considerato
(T.A.R. Lazio sez. I, 19 gennaio
1989, n. 21, FA, 1989, 3125).
La giurisprudenza, comunque, indica
che le disposizioni di piano regolatore generale afferenti le distanze hanno
effetto immediato e non abbisognano dell’approvazione dei piani attuativi per
entrare in vigore.
Per il disposto degli artt. 11 e 13
della legge urbanistica, i piani regolatori generali dei comuni sono attuati,
di regola, a mezzo dei piani particolareggiati di esecuzione, quando abbiano
previsto soltanto un assetto programmatico generale e contengano solo
previsioni di massima.
Sono invece di immediata ed
incondizionata applicazione, non suscettibili neppure di essere modificate o
pretermesse da successive norme del piano particolareggiato, quelle
disposizioni del P.R.G. che impongano vincoli determinati o precise distanze da
osservarsi nell'esercizio dello jus aedificandi, non bisognevoli come
tali di ulteriore attività normativa.
Detto principio è stato affermato
con riguardo alle distanze tra edifici contigui fissate dal P.R.G. del comune
di Barletta
(Cass. civ., sez. II, 16 febbraio
1994, n. 1502, GCM, 1994, 164).
Le disposizioni, con le quali il
piano regolatore generale di Venezia - approvato con d.p.r. 17 dicembre 1962 ed
entrato in vigore, a seguito della pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale, il
22 febbraio 1963 - fissa le distanze fra le costruzioni, integrano la
disciplina dell’art. 873 c.c., e sono immediatamente operanti, pur in difetto
del piano particolareggiato
(Cass. civ., sez. II, 22 febbraio
1980, n. 1290, GCM, 1980).
L’amministrazione comunale può,
comunque, precisare, con una disciplina di dettaglio attraverso le tavole
planimetriche allegate allo strumento urbanistico attuativo come, ad esempio,
il piano di zona per l’edilizia economica popolare, le norme di piano di
contenuto generale.
Il potere regolamentare della p.a.
di disciplinare con efficacia derogatoria alle disposizioni del codice civile
le distanze fra le costruzioni, può manifestarsi oltre che nella
predisposizione di Piani regolatori generali e di piani particolareggiati
(cosiddetti piani di zona) anche attraverso le tavole planimetriche allegate ai
predetti piani.
In tal caso le indicazioni grafiche
contenute nelle tavole planovolumetriche, in quanto attuative sul piano tecnico
della volontà della p.a., hanno valore immediatamente precettivo al pari delle
disposizioni di piano, rivestendone la stessa natura di norme regolamentari.
Ne consegue che quando il piano di
zona per individuare la distanza rinvia al piano planovolumetrico e
quest'ultimo prevede una determinata distanza dal confine, tale distanza ha
carattere assoluto ed inderogabile trattandosi di norma integrativa del c.c.
(Cass. civ., sez. II, 9 giugno 1999,
n. 5666, GCM, 1999, 1310).
La dottrina non ammette una modifica
delle disposizioni previste dal piano regolatore da parte degli strumenti
attuativi, essendo semmai necessaria una preventiva modifica delle norme dello
strumento urbanistico generale, ex art. 25, 1° co., lett. a), l. 47/1985
(Assini e Mantini 1997, 313).
Qualora la lesione delle distanze
sia imputabile ad un atto della pubblica amministrazione, quale il piano
particolareggiato al fine dell’espropriazione di un immobile, l’azione del
privato non può essere esercitata presso il giudice ordinario, ma la relativa
giurisdizione è affidata al giudice degli interessi in quanto l’azione
amministrativa degrada il diritto soggettivo del privato.
Il concreto modo di essere o di
realizzare un'opera pubblica a seguito di dichiarazione di pubblica utilità, ed
approvazione dell'apposito progetto tecnico e redazione, ai fini delle
espropriazioni, del progetto di massima, del piano particolareggiato e della
relazione tecnica esplicativa - nell'osservanza di un procedimento che offre
strumenti di tutela sia amministrativi, ex artt. 10 e 11 della l. 22 ottobre
1971, n. 865, e 16-19 della l. 25 giugno 1865, n. 2359, sia di giustizia
amministrativa, ex art. 2, lettera b) della l. 6 dicembre 1971, n. 1034, -
costituisce estrinsecazione di una potestà della pubblica amministrazione.
Ne consegue che non è ammissibile
l'esperibilità dell'azione petitoria o possessoria del proprietario confinante
con l'opera pubblica, che deduca una lesione del proprio diritto o del proprio
possesso per effetto di inosservanza delle distanze legali, in considerazione
della idoneità delle scelte della competente autorità circa l'ubicazione
dell'opera a comprimere la posizione soggettiva del detto proprietario - che
resta, peraltro, titolare del diritto all'indennizzo, tutelabile davanti al
giudice ordinario, per l'imposizione di fatto di una servitù conseguente a
realizzazione dell'opera -, nonché del divieto per lo stesso giudice ordinario
di interferire sull'atto amministrativo e sulla concreta attuazione
(Cass. civ, Sez. U., 9 febbraio
1993, n. 1612, GCM, 1993, 270).
Stesso valore preminente delle
disposizioni di piano regolatore è riconosciuto anche nei confronti della
normativa contenuta dagli altri strumenti di pianificazione esecutiva quale, ad
esempio, il piano di recupero.
Le prescrizioni contenute nei piani
di recupero formati ai sensi dell'art. 28, l. 457 del 1978, per la rimozione
dello stato di degrado del patrimonio edilizio comunale sono soggette
all'osservanza delle disposizioni del piano regolatore generale quali norma di
grado superiore.
Ne consegue che non è ammissibile la
deroga, in caso di interventi edilizi previsti in detto piano di recupero, alle
previsioni degli strumenti urbanistici generali in tema di distanze tra
costruzioni
(Cass. civ., sez. II, 13 ottobre
2000, n. 13639, GCM, 2000, 2131).
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