1
Il giudizio
di ottemperanza.
Il
giudizio di ottemperanza non è un giudizio di esecuzione, o quanto meno questo
non è l'aspetto preminente, esso può pertanto definirsi giudizio di cognizione.
Scopo
del giudizio non è quello di conseguire forzatamente la pretesa su cui
l'amministrazione è rimasta soccombente, ma quello di dare al giudice la
possibilità di decidere, in relazione al pubblico interesse, quale sia la forma
più congrua per la esecuzione del giudicato.
Il
giudice deve approfondire anche i motivi di opportunità che possono meglio
indicare le modalità per l'esecuzione del giudicato, poiché esso ha la funzione
di individuare l'azione più opportuna fra quelle possibili con i limiti
derivanti dai motivi di interesse pubblico che regolano l'azione amministrativa.
I
poteri del giudice dell’ottemperanza sono stati delineati dalla giurisprudenza
sono sicuramente costitutivi di obblighi nei confronti dell’amministrazione.
Il
giudice può esercitare un vero e proprio potere sostitutivo nei confronti
dell’amministrazione (Clarich M, L’effettività della tutela nell’esecuzione
delle sentenze del giudice amministrativo, in Dir. Proc. Amm., 1998, 539).
Il giudizio di
ottemperanza risponde all'esigenza di garantire che l'azione amministrativa si
conformi ad una decisione vincolante del giudice amministrativo od ordinario.
Nel giudizio di
ottemperanza è ammesso l'esame nel merito.
Il giudice deve
approfondire anche i motivi di opportunità che possono meglio indicare le
modalità per l'esecuzione del giudicato, poiché esso ha la funzione di
individuare l'azione più opportuna fra quelle possibili con i limiti derivanti
dai motivi di interesse pubblico che regolano l'azione amministrativa.
L’art.
112, comma 2, d.
lgs. 2.7.2010, n.104, precisa
che l'azione di ottemperanza può essere proposta per conseguire l'attuazione:
a)
delle sentenze del giudice amministrativo passate in giudicato. La
giurisprudenza precedente ha precisato che il giudizio di cognizione per la
dichiarazione di illegittimità del silenzio inadempimento della pubblica
amministrazione e il relativo giudizio di ottemperanza per la pronuncia positiva confluiscono in un giudizio unitario,
posto che la sequenza tra i due giudizi è assorbita in un unico procedimento e
la nomina del commissario ad acta su
istanza di parte è consentita già al momento dell'emissione della sentenza
declaratoria dell'illegittimità. (T.A.R. Piemonte Torino, sez. I, 19 .12.
2008, n. 3148).
b) delle sentenze esecutive e degli altri
provvedimenti esecutivi del giudice amministrativo. Le sentenze rese in primo
grado dal giudice amministrativo sono esecutive ancorché
appellate e, per l'esecuzione delle decisioni non sospese dal Consiglio di
Stato, il T.A.R. esercita i poteri inerenti al giudizio di ottemperanza al
giudicato .
c)
delle sentenze passate in giudicato, e degli altri provvedimenti ad esse
equiparati, del giudice ordinario, al fine di ottenere l'adempimento
dell'obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi, per quanto riguarda
il caso deciso, al giudicato;
d)
delle sentenze passate in giudicato, e degli altri provvedimenti ad esse
equiparati, di quei giudici davanti ai quali non sia previsto il rimedio
dell'ottemperanza, al fine di ottenere l'adempimento dell'obbligo della
pubblica amministrazione di conformarsi, per quanto riguarda il caso deciso, al
giudicato;
e) dei lodi arbitrali divenuti inoppugnabili al fine di ottenere
l'adempimento dell'obbligo della pubblica amministrazione di conformarsi, per
quanto riguarda il caso deciso, al giudicato.
Nel processo di ottemperanza può essere
altresì proposta la connessa domanda risarcitoria, nel termine di decadenza di
centoventi giorni fissato dall’art. 30, comma 5, d.lgs. 2.7.2010, n.104.
La giurisprudenza precedente ha affermato
che sussiste quindi la competenza giurisdizionale del giudice dell'ottemperanza in ordine
alla richiesta di restituzione-risarcimento avanzata a seguito del passaggio in
giudicato della sentenza che ha annullato gli atti di una procedura
espropriativa, costituendo tale giudizio la naturale prosecuzione del
precedente. (Cons. St, sez. IV, 30.1.2006, n. 290).
In
tal caso il giudizio di ottemperanza si svolge nelle forme e nei termini del
processo ordinario.
2
Il
giudice competente.
L’art.
113, d. lgs. 2.7.2010, n.104, precisa che il ricorso si propone, nel caso di
sentenze passate in giudicato e sentenze esecutive, al giudice che ha emesso il
provvedimento della cui ottemperanza si tratta; la competenza è del tribunale
amministrativo regionale anche per i suoi provvedimenti confermati in appello
con motivazione che abbia lo stesso contenuto dispositivo e conformativo dei
provvedimenti di primo grado.
Nei
casi sentenze emesse dal giudice ordinario di giudici speciali e dei lodi
arbitrali, il ricorso si propone al tribunale amministrativo regionale nella
cui circoscrizione ha sede il giudice che ha emesso la sentenza di cui è
chiesta l'ottemperanza.
3
Il
ricorso. Le modalità.
L'azione
si propone, anche senza previa diffida, con ricorso notificato alla pubblica
amministrazione e a tutte le altre parti del giudizio definito dalla sentenza o
dal lodo della cui ottemperanza si tratta ; l'azione si prescrive con il
decorso di dieci anni dal passaggio in giudicato della sentenza.
Non è più
prevista come condizione di ammissibilità la preventiva messa in mora
dell'amministrazione.
La
giurisprudenza precedente aveva dichiarato inammissibile il ricorso volto ad
ottenere l'esecuzione del giudicato, ove lo stesso non sia stato preceduto dal
propedeutico atto di diffida e messa in mora previsto dagli artt. 90 e 91, r.d.
n. 642 del 1907 ora abrogati (T.A.R. Sicilia Catania, sez. II, 13 .10. 2008, n.
1813).
Al
ricorso è allegata in copia autentica la sentenza di cui si chiede
l'ottemperanza, con l'eventuale prova del suo passaggio in giudicato, ex art. 114, d.lgs. 2 .7.2010,
n.104.
4
La
sentenza.
Il giudice dell’ottemperanza
in caso di accoglimento del ricorso:
a)
ordina l'ottemperanza, prescrivendo le relative modalità, anche mediante la
determinazione del contenuto del provvedimento amministrativo o l'emanazione
dello stesso in luogo dell'amministrazione;
b)
dichiara nulli gli eventuali atti in violazione o elusione del giudicato;
c)
nel caso di ottemperanza di sentenze non passate in giudicato o di altri
provvedimenti, determina le modalità esecutive, considerando inefficaci gli
atti emessi in violazione o elusione e provvede di conseguenza, tenendo conto
degli effetti che ne derivano;
d)
nomina, ove occorra, un commissario ad
acta;
e)
salvo che ciò sia manifestamente iniquo, e se non sussistono altre ragioni
ostative, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dal
resistente per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni
ritardo nell'esecuzione del giudicato ; tale statuizione costituisce titolo
esecutivo.
Se
è chiesta l'esecuzione di un'ordinanza il giudice provvede con ordinanza.
Il
giudice conosce di tutte le questioni relative all'esatta ottemperanza, ivi
comprese quelle inerenti agli atti del commissario.
Il
giudice fornisce chiarimenti in ordine alle modalità di ottemperanza, anche su
richiesta del commissario e decide con
sentenza in forma semplificata, ex
art. 114, d.lgs. 2 .7.2010, n.104.
5
La
nomina del commissario ad acta.
Il giudizio di
ottemperanza può sfociare nella nomina di un commissario ad acta che
deve procedere, in via sostitutiva dell'amministrazione, a compiere quegli atti
amministrativi disposti dal giudice amministrativo.
Il
commissario ad acta deve procedere, in via sostitutiva
all'amministrazione, a compiere quegli atti amministrativi secondo i contenuti
e le indicazioni disposti dal giudice amministrativo.
La
sua funzione è completamente autonoma rispetto a quella dell’amministrazione;
essa è posta a garanzia dell'effettività della tutela giurisdizionale e
consiste nel portare ad effettiva realizzazione la decisione del giudice di cui
egli è organo ausiliario.
La
giurisprudenza ha ritenuto che legittimamente il commissario ad acta
opera un'autonoma valutazione di merito delle risultanze procedimentali, in
luogo dell'amministrazione inottemperante; ciò implica, nella specie, il
compimento di ogni necessario riscontro tecnico direttamente da parte del
Commissario e l'attività del commissario ad acta è integralmente
sostitutiva di quella dell'amministrazione inottemperante. (T.A.R. Sicilia
Catania, sez. I, 30.12.2004, n. 4076).
Il commissario agisce pertanto in luogo
dell'amministrazione inadempiente (Galli R. Corso di diritto amministrativo, 1996, 1033).
L’attività
del commissario non è necessariamente condizionata dall’acquisizione dei pareri
obbligatori previsti per legge nel procedimento, trattandosi di una
sostituzione sull’intero procedimento che si è concluso coll’inadempimento
dell’amministrazione.
Per
la giurisprudenza il commissario nell'eseguire un giudicato che impone una
determinazione in ordine a domanda di concessione edilizia non deve richiedere
il parere della commissione edilizia, ma almeno il suo avviso per ottenere
specifici elementi di valutazione in ordine alla assentibilità della domanda
medesima
(Cons. St., sez. V, 28.2,1995, n. 298, in Foro Amm.,
1995, 359).
Il commissario
ad acta è organo del giudice
dell'ottemperanza e le sue determinazioni vanno adottate esclusivamente in
funzione dell'esecuzione del giudicato, e non in funzione degli interessi
pubblici il cui perseguimento costituisce il normale canone di comportamento
dell'Amministrazione sostituita; da ciò consegue che i suoi provvedimenti sono
immediatamente esecutivi e non sono assoggettati all'ordinario regime dei
controlli (interni ed esterni) degli atti dell'Amministrazione presso la quale
lo stesso si insedia.
Essi vanno
sottoposti unicamente all'immanente controllo dello stesso giudice,
al quale le parti interessate possono rivolgersi affinché venga verificata la
loro rispondenza alle disposizioni impartite in sede di ottemperanza, nonché ai
principi vigenti in materia. (T.A.R. Sicilia Catania, sez. IV, 13.5.2010, n.
1429 , in Red. amm. T.A.R., 2010, 5).
Il
compenso, determinato dal giudice, è da porsi a carico dell'amministrazione
inadempiente (T.A.R. Campania sez. IV, Napoli, 4.5.1993, n. 77, in T.A.R.,
1993, I, 2740).
Il
compenso del commissario è rapportato a quello spettante all’organo sostituito.
Il
compenso può essere rapportato all’indennità mensile corrispondente a quella
prevista per gli organi deliberativi in sostituzione dei quali è stata svolta
l'attività.
Ad
ogni modo spetta al giudice dell'ottemperanza stabilire il compenso per
l'attività espletata dal commissario da porre a carico dell'amministrazione
inottemperante, con riferimento alla complessità, alla durata e alle modalità
di svolgimento dell'incarico (Cons. St., sez. IV, 11.6.1996, n. 769, in Foro
Amm., 1996, 1848).
La
giurisprudenza ha però precisato che, laddove l'indennità sia prestabilita
dalla legge o da un atto generale, la controversia avrà ad oggetto un diritto
soggettivo con consequenziale devoluzione all’autorità giudiziaria ordinaria (T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 7.10.2004, n. 13591).
Un
parametro per determinare il compenso è quello di rapportarlo all’indennità
corrisposta dall’ente sostituito.
E'
stata dichiarata illegittima per eccesso
di potere la decurtazione del compenso spettante al commissario ad acta
nominato dalla Regione in attuazione di controlli sostitutivi nei riguardi di un'unità
sanitaria locale, posto che l'atto di nomina, in mancanza di altre e specifiche
norme, resta soggetto ai criteri di logicità dell'azione amministrativa anche
per ciò che attiene al predetto compenso, il quale non può perciò essere
inferiore, in relazione alla qualità ed alla quantità del lavoro svolto dal
commissario, a quello stabilito per l'organo sostituito (Cons. St., sez. V,
13.8.1996, n. 916, in Foro Amm., 1996, 2296).
Il termine
assegnato dal giudice
al commissario
ad acta per dare concreta attuazione
al giudicato non è perentorio e la sua inutile scadenza non determina alcuna
decadenza dei poteri commissariali, il che è coerente con la stessa natura e
funzione del commissario
ad acta, quale organo ausiliario
del giudice
la cui attività è necessaria, a causa dell'inerzia dell'Amministrazione, per
rendere effettiva la tutela giurisdizionale e cioè far conseguire
all'interessato il bene della vita già definitivamente riconosciutogli in sede
cognitoria, cessando quindi soltanto con la piena ed integrale attuazione del
comando contenuto nella sentenza ottemperanda. (Cons. St., sez. V, 18.1.2010,
n. 136, in Foro amm. CDS , 2010, 1, 128).
6
La tutela
sull’attività del commissario.
Contro
l’attività del commissario sono esperibili i rimedi giurisdizionali.
Il
reclamo avverso gli atti del commissario ad acta è possibile unicamente
nelle forme dell'incidente di esecuzione avanti al giudice amministrativo.
Il
giudizio di ottemperanza assume contorni sempre più simili all'esecuzione
forzata in forma specifica prevista dall'art. 2932, c.c., in cui il potere di
concretizzare il giudicato sul bene della vita che ha mosso l'azione
giudiziaria è esercitato dal giudice direttamente o per il tramite di un suo
ausiliario e cioè il commissario ad acta.
Quando
ciò avviene, la p.a. risulta per ciò solo esautorata e privata, dallo stesso
momento, di ogni residuale potere di provvedere in via autonoma e definitiva
sulla questione, dovendo gli atti che siano stati eventualmente emessi, passare
per il vaglio diretto del giudice dell'ottemperanza o del suo organo ausiliario
che ne valutano la conformità o meno alle statuizioni contenute nel giudicato
E’
il giudice dell’ottemperanza che deve sancire, in via confermativa,
l'efficacia, o privare gli atti stessi di ogni potenziale efficacia in ordine
al rapporto la cui definizione resta affidata al giudice dell'ottemperanza.
In
tale prospettiva, è da condividere il punto di arrivo cui è pervenuta la giurisprudenza,
secondo cui qualsiasi attività posta in essere dall'amministrazione può essere
presa in considerazione in quanto sia stata non solo assunta, ma anche portata
legalmente a conoscenza del giudice sino al momento in cui egli adotta la
pronuncia in sede di ottemperanza.
Qualsiasi
altra determinazione, o non conosciuta tempestivamente ovvero posta in essere
dopo la adozione della decisione di ottemperanza, non può comunque spiegare
alcun effetto per l'assorbente considerazione che da tale soglia temporale
prende avvio una procedura di adempimento diversa da quella ordinaria che non
coinvolge più, almeno direttamente, le istituzionali competenze
dell'amministrazione inadempiente.
I
provvedimenti del commissario ad acta costituiscono attuazione del comando
vincolato del giudice devono essere impugnati dalle parti davanti al giudice
dell'ottemperanza in sede di incidente di esecuzione, ma, una volta dichiarata
l'intervenuta esecuzione del giudicato, non è ammissibile nessun ulteriore
possibilità di dialogo tra il giudice dell'esecuzione ed il commissario, che,
pertanto, non è legittimato, né avrebbe interesse, a richiedere
l'autorizzazione del primo per emettere un ulteriore provvedimento per dare più
compiuta attuazione al giudicato (Cons. St., sez. IV, 4.5.2004, n. 2739, in Foro Amm. C.D.S., 2004,
1347).
Le
determinazioni del commissario ad acta, quale organo ausiliario del
giudice amministrativo, sono, infatti, suscettibili solo di impugnazione
dinanzi al giudice che ha disposto l'esecuzione.
La
giurisprudenza ha dichiarato l'inammissibilità dei ricorsi proposti in via di
cognizione di legittimità ordinaria (Cons. St., sez. VI, n. 481/1999).
L’amministrazione
che contesta il provvedimento del commissario deve rivolgersi al giudice
dell’ottemperanza, poiché essa non può procedere autonomamente all’annullamento
dell’atto.
Non potendo
l'amministrazione sostituita operare in sede di autotutela sull'atto del
commissario ad acta - atto che non ha, in rapporto alla fonte da cui
promana, natura amministrativa - il rimedio offerto alle parti è il ricorso al
giudice dell'ottemperanza,
Gli atti del commissario non possono che ritenersi atti
giurisdizionali, sono impugnabili con reclamo al giudice
dell'ottemperanza in base al principio generale secondo il quale l'organo
legittimato ad avere cognizione degli incidenti verificatisi in sede esecutiva
è lo stesso deputato a dirigere l'esecuzione. (T.A.R. Molise Campobasso, sez.
I, 13.4.2010, n. 180, in Foro amm. TAR , 2010, 4, 1375).
La
dottrina prevalente segue la tesi della natura giurisdizionale della carica di
commissario poiché questo deriva i suoi poteri da una specie di atto di delega
promanante dal giudice di ottemperanza; per questo motivo deve essere
considerato organo giurisdizionale, in quanto ausiliario del giudice e
giurisdizionali saranno da ritenere i suoi atti ((Perfetti L. R., Corso di diritto amministrativo, 2006, 629).
La
giurisprudenza ritiene che quando l’impugnativa riguardi scelte discrezionali
che il giudicato lasciava alla discrezionalità dell’amministrazione la
giurisdizione sia quella del giudice di legittimità.
È inammissibile il
ricorso per incidente di esecuzione con il quale si chiede l'annullamento delle
determinazioni del Commissario
ad acta che deve costituire oggetto
di un autonomo e distinto giudizio di cognizione.
Il Commissario
dispone di una discrezionalità amministrativa tale da assimilarlo ad organo
straordinario della pubblica amministrazione; infatti il regime di impugnazione
dei provvedimenti commissariali opera sulla base della natura del potere
concretamente esercitato dal Commissario: ove il Commissario sia rigidamente vincolato alla statuizioni disposte in
sentenza per lo svolgimento del proprio incarico, lo strumento di impugnazione
dei provvedimenti commissariali è dato dall'incidente di esecuzione innanzi
allo stesso giudice
del merito, se, invece, - come nel caso de quo - il Commissario dispone di una
discrezionalità amministrativa tale da assimilarlo ad organo straordinario della pubblica
amministrazione, l'unico rimedio avverso le sue determinazioni non può che
essere il ricorso ordinario, da proporsi nel termine decadenziale di legge.
(T.A.R. Sicilia Catania, sez. III, 22/12/2009, n. 2192 , in Foro
amm. TAR, 2009, 12, 3643).
Tutti gli atti del commissario ad acta, s'intendono emessi
nell'esercizio del potere dell'autorità amministrativa soccombente nel giudizio
sul silenzio e sono impugnabili, secondo i principi generali, con un ulteriore
ricorso di legittimità e non nella sede del giudizio di ottemperanza che, conclusosi
con la nomina del commissario,
ha completamente esaurito il suo scopo. (Cons. St., sez. IV, 29.2.2008, n. 793,
in Foro amm. CDS, 2008, 2, 424).
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