1. Il regolamento edilizio.
I regolamenti edilizi rientrano
nella categoria dei cosiddetti regolamenti liberi, secondo l’interpretazione
giurisprudenziale del Consiglio di Stato, forniti di potere innovativo nei
confronti delle regole fissate dalla legislazione primaria.
Esso può manifestarsi, in
sostituzione della disciplina generale, nell’ambito di casi limitati e
particolari.
Naturalmente non possono essere
perseguiti scopi diversi da quelli proposti dalle leggi.
I regolamenti edilizi hanno natura
di strumenti urbanistici, con il fine di regolamentare l’assetto e l’incremento
edilizio dei centri abitati; con la nuova legislazione urbanistica essi devono,
tuttavia, comprendere almeno un programma di fabbricazione.
La potestà regolamentare del comune
è disciplinata dall’art. 5, l. 142/1990, sost. art. 7, d.lg. 267/2000.
Il regolamento edilizio è
classificato fra i regolamenti che disciplinano i servizi (Virga 1994, 34).
Il contenuto del regolamento
edilizio è fissato dall'art. 33, n. 5 della legge urbanistica che impone al
regolamento di fissare gli eventuali distacchi dai fabbricati vicini e dal filo
stradale.
La dottrina annota, comunque, che il
regolamento edilizio contiene norme di carattere generale che si applicano al
territorio comunale (Mengoli 1997, 626).
Nel caso in cui gli strumenti
urbanistici non dispongano espressamente in materia di distanze, si devono
applicare le norme del codice civile.
In materia di distanze tra nuove
costruzioni, quando il regolamento edilizio comunale presenta una lacuna
normativa, la disciplina applicabile è quella contenuta nell'art. 41 quinquies
della l. n. 1150 del 1942, che richiama l'art. 9, d. m. 2 aprile 1968, n. 1444,
ed ha natura di norma integrativa dell'art. 873 c.c.
(Cons. Stato sez. V, 23 maggio 2000,
n. 2983, RGE, 2000, 941).
Il proprietario che costruisce per
primo ha la facoltà di scegliere le distanze da tenere, diritto di prevenzione,
condizionando le scelte del proprietario confinante.
Questa facoltà può essere esercitata
solo nel caso in cui i regolamenti edilizi o le norme di piano non impongano
l’osservanza di una distanza minima dal confine.
Il criterio della prevenzione
previsto dagli artt. 873, 875 c.c. è derogato dal regolamento comunale edilizio
nel caso in cui questi fissi la distanza non solo tra le costruzioni, ma anche
delle stesse dal confine, tranne che, pur prevedendo siffatto metodo di
misurazione, consenta le costruzioni in aderenza o in appoggio, con la
conseguenza che in tale ipotesi il primo costruttore ha la scelta fra il
costruire alla distanza regolamentare e l'erigere la propria fabbrica fino ad
occupare l'estremo limite del confine medesimo, ma non anche quella di
costruire a distanza inferiore dal confine, avendo la detta prescrizione lo
scopo di ripartire tra i proprietari confinanti l'onere della creazione della
zona di distacco tra costruzioni, senza escludere la possibilità di costruzioni
in aderenza o in comunione di muro sul confine.
(Cass. civ., sez. II, 5 ottobre
2000, n. 13286, GCM, 2000,2097).
In tema di costruzioni sulla zona di
confine, la scelta offerta al preveniente, dal combinato disposto degli artt.
873, 874, 875, 877, c.c., è subordinata alla possibilità, per il vicino, di
esercitare, a sua volta, nella prima e nella terza ipotesi, il diritto di
costruire in appoggio o in aderenza al muro del preveniente.
La predetta facoltà deve essere
negata al preveniente se, in forza di un divieto di legge - norme del
regolamento edilizio - o di particolari vincoli nascenti da negozio privato -
servitù - o di situazioni giuridiche - canali di bonifica, corsi d'acqua - o
dell'appartenenza a terzi di tale zona - o di parte di essa -, non sia
possibile al vicino spingere il proprio fabbricato sino a quello del
preveniente.
In questo caso è il preveniente che
deve rispettare il distacco legale dal confine
(Cass. civ., sez. II, 20 aprile
1996, n. 3769, GCM, 1996, 1217).
I regolamenti edilizi possono
regolamentare la disciplina generale delle distanze fra le costruzioni, ad
integrazione alle disposizioni di piano (Triola 1993, 688).
La violazione delle norme del codice
civile ovvero di quelle fissate dai regolamenti edilizi o dai piani - che
vengono considerate integratrici di quelle prescritte dal codice civile -
producono gli stessi effetti.
Il privato può chiedere al giudice
ordinario la riduzione in pristino od il risarcimento del danno.
Il giudice ordinario, quindi, data
la natura di atto amministrativo riconosciuta al regolamento edilizio, può
accertare la legittimità del regolamento stesso, anche d’ufficio e in ogni
stato e grado del giudizio, anche solo con lo scopo di arrivare a disapplicarlo
nel caso in esame.
Tale accertamento da parte del
giudice ordinario, come ha ribadito la Suprema Corte, si concretizza
nell’indagine sulla esistenza e sulla validità degli atti sia del procedimento
formativo del regolamento, i quali ne condizionano la validità, sia
dell’eventuale fase di integrazione dell’efficacia – come l’atto di
approvazione tutoria – che ne condizionano l’operatività, sia, infine,
dell’eventuale procedimento abrogativo, che ne condizionano la perdurante
efficacia (Galletto 1990, 457).
La violazione delle norme sulle
distanze consente, inoltre, la così detta doppia tutela, nel senso che permette
un’azione presso il giudice amministrativo per l’annullamento della eventuale
concessione edilizia illegittima che abbia autorizzato i lavori.
Il giudice amministrativo,
annullando il provvedimento illegittimo, impone alla pubblica amministrazione
di esercitare i provvedimenti repressivi attraverso l’esecuzione della
sentenza.
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