1. Il risarcimento del danno per silenzio diniego in materia edilizia.
L'accoglimento
del gravame relativo ad un diniego in materia edilizia ed il conseguente
pregiudiziale annullamento dei dinieghi, impone di certo l'analisi della
ulteriore domanda di risarcimento, qualora sia proposta da parte ricorrente, ma
non determina automaticamente il risarcimento dei danni subiti da parte dei
ricorrenti in conseguenza dell'illegittimità degli atti impugnati.
La
giurisprudenza ha precisato che il risarcimento del danno derivante dal
provvedimento illegittimo non è una conseguenza automatica del suo annullamento
in sede giurisdizionale, richiedendo la presenza di tutti i requisiti previsti
dalla legge; non è, quindi, sufficiente l'illegittima lesione derivante dal
provvedimento ma occorre anche, oltre alla colpa (o dolo) dell'amministrazione,
la puntuale dimostrazione, da parte del ricorrente, dell'esistenza di un danno
patrimoniale e del nesso causale tra l'illecito e il danno subito. (T.A.R. Lazio
Roma, sez. II, 22.8.2005, n. 6265, in Foro Amm. T.A.R., 2005, 7/8,
2451).
L'ipotesi più
ricorrente di risarcimento del danno in materia edilizia ricorre nel caso di
illegittimo diniego di rilascio di un provvedimento autorizzatorio o nel caso
di silenzio sulla richiesta di provvedimento (Satta F., Impugnativa del
silenzio e motivi di merito, in Foro Amm. CS, 2002, 47).
In generale, va
ribadito che la domanda di risarcimento del danno per illegittimità del diniego
opposto al rilascio di titolo edilizio non è ammissibile nel caso in cui non si
abbia la certezza che il provvedimento autorizzatorio debba essere rilasciato.
Se il diniego è
annullato a causa di un difetto di motivazione, per cui sussiste l’obbligo per
le amministrazioni interessate di riesaminare la relativa domanda con salvezza
degli ulteriori provvedimenti, non è ancora possibile affermare che la
richiesta autorizzazione edilizia debba essere effettivamente rilasciata, né
l'esistenza di un siffatto obbligo può essere dichiarata dal giudice
amministrativo, anche in considerazione del fatto che la sua giurisdizione
esclusiva in materia non si estende al merito amministrativo.
Nel caso di
specie, visto che il diniego è stato annullato a causa di un difetto di
motivazione del parere presupposto, sussiste l'obbligo per le amministrazioni
interessate di riesaminare la relativa domanda con salvezza degli ulteriori
provvedimenti, di conseguenza non è ancora possibile affermare che la richiesta
autorizzazione edilizia debba essere effettivamente rilasciata. L'esistenza di
un siffatto obbligo non può essere dichiarata dal giudice amministrativo dal
momento che la sua giurisdizione esclusiva in materia non si estende al merito
amministrativo (T.A.R. Marche, 9.5.2002, n. 363, in Foro Amm. T.A.R.,
2002, 1591).
La
giurisprudenza negando la richiesta di risarcimento in tali fattispecie rileva
il rischio che il giudice abbia a sostituirsi all'amministrazione, sia pure in
modo virtuale e nella sola prospettiva risarcitoria; esso diventa tanto più
consistente quanto più sono intensi i margini di valutazione rimessi alla
seconda nel riconoscere al privato leso il bene della vita.
Tale rischio è
più forte nel caso un cui l'amministrazione è chiamata al riesame dell'istanza
con i margini valutativi propri dell'attività discrezionale, salvo il vincolo
derivante dai vizi accertati avverso il precedente diniego, anche a fronte
della necessità di rivalutare le prescrizioni imposte.
La
giurisprudenza ha precisato che nei casi in cui, pur a seguito
dell'annullamento dell'atto illegittimo, persistano in capo all'Amministrazione
spazi di discrezionalità amministrativa di riesame della questione controversa,
il g.a. non può attribuire autonomo rilievo risarcitorio alla mera violazione
dell'obbligo di comportamento imposto all'amministrazione indipendentemente
dalla soddisfazione dell'interesse finale, e il risarcimento può essere
riconosciuto solo dopo e a condizione che l'Amministrazione, riesercitato il
proprio potere, abbia effettuato ogni valutazione - a seconda che il
soddisfacimento della pretesa sia correlato ad attività vincolata, tecnico-discrezionale
o discrezionale pura - circa la spettanza dell'utilità finale cui aspira la
parte istante, e abbia riconosciuto all'istante medesimo il bene della vita
(T.A.R. Liguria, sez. I, 13.5.2003, n. 627, in Dir. Formaz., 2003, 900).
E’ stato riconosciuto
il danno alla parte ricorrente che non
aveva potuto esercitare un'attività imprenditoriale a seguito del mancato
rilascio di un'autorizzazione, ritenuta, invece, dovuta, attività relativa allo
sfruttamento della terrazza esterno al bar, nella quale si ipotizza il
collocamento di altrettanti tavolini rispetto a quelli posti all'interno del
bar. Il danno patito è stato quantificato in circa 125.000 euro (T.A.R.
Liguria, sez. I, 13.5.2003, n. 627, in Dir. Formaz., 2003, 900).
Non è stato
chiesto, quindi, il mero danno che potrebbe ricollegarsi per effetto di una
illegittimità procedimentale sintomatica di una modalità comportamentale non
improntata alla regola della correttezza, ma l'intero pregiudizio derivante dal
mancato conseguimento del bene della vita costituito dalla richiesta
autorizzazione.
2. La documentazione del danno.
La
giurisprudenza ha precisato che, per quanto riguarda i danni derivanti
dall'ingiustificato ritardo nel rilascio del permesso di costruire e dal
conseguente ritardo nell'esecuzione dei lavori, se ne deve ammettere in
astratto la risarcibilità, con la precisazione che grava sulla parte che chiede
il risarcimento l'onere di indicare con sufficiente precisione l'entità del
danno subito, in relazione ai costi sostenuti (TAR Marche, Ancona, 20.1.2003,
n. 6, in Foro Amm. T.A.R., 2003, 126).
In altri
termini, il risarcimento da ritardo comporta un riequilibrio per equivalente
rispetto al concreto conseguimento del bene della vita avvenuto, appunto, in
maniera differita per l’operato di un altro soggetto quanto meno colpevole.
Ai fini del
riconoscimento del danno da illegittimo ritardo nel rilascio di un permesso di costruire la configurabilità del
danno emergente (maggiore costo di costruzione) e del lucro cessante (mancata
maturazione del reddito per lo sfruttamento degli immobili) richiede quale
necessario termine di paragone la realizzazione della costruzione, mancando la
quale, viene meno la base di calcolo su cui liquidare il danno
La domanda di
risarcimento deve contenere la puntuale dimostrazione del danno subito dal richiedente
nonché il nesso eziologico con gli atti illegittimi; del resto il danno non
consegue automaticamente all'accoglimento del ricorso, per cui la domanda di
risarcimento formulata in termini generici deve essere dichiarata
inammissibile. (T.A.R. Emilia Romagna, sez. I, Bologna, 8.2.2001, n. 145, in Comuni
It., 2001, 605).
Il risarcimento
dei danni subiti in conseguenza dell'illegittimo diniego di permesso di
costruire deve essere determinato in misura uguale all'aumento dei costi di
costruzione dal momento in cui è intervenuto l'illegittimo diniego fino al
nuovo provvedimento che sarà legittimamente adottato (Cons. St., sez. IV,
2.6.2000, n. 3177, in Giust. Civ., 2000, I, 3049).
La richiesta di
risarcimento del danno da ritardo nell'inizio di un'attività imprenditoriale
presuppone la compiuta prova dell'evento impedito e per lo meno la
probabilistica quantificazione dei proventi non conseguiti; pertanto, deve
essere respinta la pretesa essendo l'inizio dell'attività imprenditoriale,
peraltro, collegata in modo del tutto indiretto all'edificazione che il
provvedimento impugnato negava (T.A.R. Puglia, sez. II, Bari, 21.8.2001, n.
3244).
Permane
l'interesse al risarcimento del danno per l'illegittimo diniego di permesso di
costruire, anche se questa è stata successivamente assentata in via di
autotutela dal Comune.
Se, infatti,
viene meno l'interesse alla coltivazione del ricorso per l'intervenuto assenso
in termini satisfattivi, ma con tempi e modalità da arrecare danno risarcibile,
questo deve essere riconosciuto (T.A.R. Lazio, sez. II, 19.10.2002, n. 8909).
La
giurisprudenza ha stabilito che il giudice amminsitrativo che abbia accertato
l'esistenza del diritto al risarcimento danni patiti dalla ricorrente a seguito
dell'illegittimo pretestuoso diniego di permesso di costruire può limitarsi a
pronunciare con sentenza la condanna generica alla prestazione, basata sull'astratta
oggettiva idoneità dell'atto censurato ad arrecare un danno patrimoniale, a
norma dell'art. 278 c.p.c.
La sicura
spettanza del relativo risarcimento troverà la sua sostanziale ragion d'essere
a seguito dell'espletamento dell'attività amministrativa volta a dare
esecuzione alla pronuncia di annullamento, perché solo in quel momento sarà
possibile stabilire se davvero spetta alla ricorrente la realizzazione del bene
cui aspirava (T.A.R. Campania, sez. II, Salerno, 5.2.2002, n. 85, in Foro Amm.T.A.R.,
2002, 659).
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