5.
La nozione di costruzione.
Il concetto di costruzione, ai fini
della disciplina sulle distanze legali, ex art. 873 c.c., si estende a
qualsiasi opera stabilmente infissa al suolo che, per solidità, struttura e
sporgenza dal terreno, possa creare quelle intercapedini dannose che la legge,
stabilendo la distanza minima tra le costruzioni, intende evitare.
La giurisprudenza ha precisato che deve
ritenersi costruzione qualsiasi opera non completamente interrata avente i
caratteri della solidità, della stabilità e della immobilizzazione rispetto al
suolo, anche mediante appoggio, incorporazione e/o collegamento fisso ad un
preesistente fabbricato, e ciò indipendentemente dal livello di posa e di
elevazione del medesimo, dai caratteri del suo sviluppo aereo, dall'uniformità
e continuità della massa, dal materiale impiegato per la sua realizzazione e dalla sua destinazione.
I caratteri della costruzione, nel caso
in cui l'opera da valutare sia costituita da più parti tra loro strutturalmente
collegate in maniera stabile ed in misura tale da costituire un entità unica e
inscindibile sul piano economico-funzionale, devono essere verificati dal
giudice di merito riguardando l'opera nel suo insieme e non nelle singole sue
parti, e rapportando quindi alla stessa,
unitariamente considerata, il giudizio sulla idoneità alla creazione di
intercapedini pregiudizievoli alla
sicurezza e alla salubrità del godimento della proprietà immobiliare,
idoneità rilevante peraltro al solo fine di stabilire se un'opera presenti le
caratteristiche e la natura di costruzione, ma non per decidere, in caso di
riscontro positivo, se essa sia soggetta o non all'osservanza delle norme sulle
distanze prescritte
(Cass. civ., sez. II, 22 maggio 1998,
n. 5116, GCM 1998, 1106. Cass. civ.,
sez. II, 12 febbraio 1998, n. 1509, FI,
1998, I, 1091).
La costruzione, per essere considerata
tale, deve possedere i seguenti requisiti:
1) La stabilità sul suolo, non deve
cioè essere una costruzione precaria.
Ai fini dell'osservanza delle distanze legali nelle
costruzioni, prescritte dall'art. 873
c.c., e dalle norme di questo integrative, alla nozione di costruzione deve
essere ricondotto, avuto riguardo alle finalità della disciplina di regolare i
rapporti intersoggettivi di vicinato assicurando in modo equo l'utilizzazione
dei fondi limitrofi, qualsiasi manufatto non completamente interrato avente i
requisiti della solidità e della immobilizzazione al suolo anche mediante
appoggio, incorporazione o collegamento fisso ad una preesistente fabbrica
(Cass.
civ., sez. II, 5 gennaio 2000, n. 45, GCM,
2000, 19).
2) La sporgenza del manufatto dal
suolo. Se l’opera risulta completamente interrata non può essere considerata ai
fini delle distanze con altra costruzione che, diversamente, emerga dal suolo.
La
sporgenza del manufatto dal suolo, quale requisito necessario perché lo stesso
sia soggetto alle disposizioni sulle distanze legali nei rapporti di vicinato,
va riscontrata con riferimento al piano di campagna, cioè al livello naturale
del terreno, non quindi al livello eventualmente inferiore cui si trovi un
finitimo edificio realizzato con abbassamento di quel piano
(Cass.
civ., sez. II, 3 giugno 1998, n. 5450, GCM,
1998, 1204).
3) La costruzione deve essere
caratterizzata, inoltre, dalla realizzazione di una volumetria.
La mancanza di pareti non esclude di
per sé il fatto che il manufatto possa considerarsi costruzione, dovendosi
calcolare al fine del calcolo delle distanze, i punti più esterni delle
strutture portanti.
Costituisce costruzione anche un manufatto privo di
pareti ma realizzante una determinata volumetria, e pertanto la misura delle
distanze legali per verificare se il relativo obbligo è stato rispettato deve
esser effettuata assumendo come punto di riferimento la linea esterna della
parete ideale posta a chiusura dello spazio esistente tra le strutture portanti
più avanzate del manufatto stesso
(Cass.
civ., sez. II, 21 dicembre 1999, n. 14379, GCM,
1999, 2595).
Rientrano nel concetto di costruzione -
e devono computarsi nel calcolo delle distanze - i balconi di particolare
grandezza o strutture sportive come i campi da tennis.
Ai
fini del calcolo delle distanze fra le costruzioni, non deve tenersi conto di
quegli sporti che non siano idonei a determinare intercapedini dannose o
pericolose, consistendo in sporgenze di limitata entità, con funzione meramente
decorativa, mentre vengono tenute in considerazione le sporgenze costituenti,
per i loro caratteri strutturali e funzionali, veri e propri aggetti,
implicanti, perciò, un ampliamento dell'edificio in superficie e volume, come,
appunto, i balconi formati da solette aggettanti, anche se scoperti, di
apprezzabile profondità, ampiezza e consistenza
(Cass.
civ., sez. II, 10 giugno 1998, n. 5719, GCM,
1998, 1262).
Costituiscono corpi di fabbrica computabili nelle
distanze fra le costruzioni le sporgenze di particolari proporzioni, come i
balconi, costituite da solette aggettanti anche se scoperte, di apprezzabile
profondità ed ampiezza
(Cass.
civ., sez. II, 29 marzo 1999, n. 2986, GCM,
1999, 702).
L'art.
873 c.c. nello stabilire per le costruzioni su fondi finitimi, la distanza
minima di tre metri dal confine o quella maggiore fissata nei regolamenti locali, si riferisce, in
relazione all'interesse tutelato dalla
norma, ad opere che, oltre a
possedere caratteri di immobilità e di stabile collegamento con il suolo, siano
erette sopra il medesimo sporgendone stabilmente, e che, inoltre, per la loro
consistenza, abbiano l'idoneità a creare intercapedini pregiudizievoli alla
sicurezza ed alla salubrità del godimento della proprietà fondiaria.
Tale
idoneità il cui accertamento - rimesso al giudice di merito ed insindacabile se adeguatamente motivato - è
indispensabile per qualificare l'opera quale costruzione ai fini dell'applicazione
della norma menzionata, senza che ciò
comporti deroga alla presunzione di pericolosità collegata dalla legge al
mancato rispetto delle distanze legali, presupponendo tale presunzione il
preventivo accertamento che il manufatto eretto a distanza inferiore a quella
legale abbia i caratteri della costruzione.
L'art. 873 c.c. non comprende invece né le opere completamente realizzate nel
sottosuolo né i manufatti che non
si elevino oltre il livello del suolo, non ricorrendo per le une
o per gli altri la ragione
giustificatrice della norma stessa.
Nella
specie la sentenza di merito -
confermata dalla S.C. - ha ritenuto che non debbano
considerarsi costruzioni, ai fini di cui all'art. 873 c.c., una superficie al
livello del cosiddetto piano di campagna, perfettamente spianata, attrezzata quale campo da tennis,
ed i plinti, interrati nel sottosuolo,
di sostegno dei pali di
illuminazione del campo stesso,
nonché il "cordolo" di recinzione del campo, alto 20
centimetri, la rete metallica intorno al campo ed i pali di illuminazione del
terreno di gioco; a corte ha considerando
in particolare che il primo per la sua modesta elevazione e gli
altri per la loro struttura e consistenza non erano idonei ad intercettare aria
e luce ed a formare quindi intercapedini vietate dal menzionato art. 873 c.c.
(Cass.
civ., sez. II, 1 luglio 1996, n. 5956, AL,
1996, 907, nota Annunziata).
La giurisprudenza ritiene che rientri
nel concetto di costruzione una scala esterna.
La
distanza dal confine di un edificio che presenti sporgenze non meramente
decorative e stabilmente incorporate nell'immobile deve essere misurata tenendo
conto delle sporgenze stesse, specie qualora la distanza sia stabilita in un
regolamento edilizio comunale che non preveda espressamente un diverso regime
giuridico per le costruzioni accessorie.
Ne
consegue, in caso di accertamento della violazione delle norme sulle distanze
legali, la irrilevanza di qualsivoglia, ulteriore indagine di fatto, quale
quella, oggettiva, inerente all'accertamento della concreta pericolosità o
dannosità delle intercapedini relative agli sporti medesimi, ovvero quella,
soggettiva, circa l'eventuale convincimento dell'autore del fatto di
esercitare legittimamente un proprio
diritto, concretandosi l'animus turbandi nella semplice volontarietà del
comportamento contra ius.
Nella
specie si tratta di una scala esterna in muratura
(Cass.
civ., sez. II, 26 maggio 1998, n. 5222, GCM,
1998, 1136).
Non rientra nel concetto di
costruzione, ad esempio, un porticato che non sia caratterizzato da una
destinazione residenziale.
L'art.
22, 3° co., del regolamento edilizio del comune di Riposto, il quale ha recepito la disposizione dell'art. 9, 1°
co., n. 2) del d.m. 2 aprile 1968, n.
1444, stabilendo una distanza minima di 10 metri da osservarsi per gli edifici
di nuova costruzione dalle pareti finestrate degli edifici antistanti, non è
applicabile per analogia alla diversa situazione di un portico aperto
fronteggiante l'edificio in costruzione
(Cass.
civ., sez. II, 17 dicembre 1993, n. 12506, GCM,
1993).
Accertare che esista una
costruzione rilevante ai fini dell’applicabilità della normativa sulle distanze
legali spetta, di fatto, al giudice di merito. Detta valutazione, pertanto, in
quanto congruamente motivata, sfugge al sindacato di legittimità.
Da
quanto sin qui esposto emerge che al giudice, pur non essendo consentita la
sindacabilità in ordine alla sussistenza o meno della situazione di insalubrità
o di pericolo che la legge presume esistente qualora vengano a crearsi
intercapedini fra costruzioni inferiori ai limiti legali, è invece demandata
l’indagine volta a stabilire in concreto se il manufatto che si assume eretto a
distanza inferiore a quella legale costituisca o meno costruzione ai fini delle
applicabilità della normativa.
(Galletto 1990, 465).
Nessun commento:
Posta un commento