Le
ricostruzioni.
In caso di ricostruzione di un
edificio, se la normativa in vigore al momento della ricostruzione è più
restrittiva di quella vigente al tempo dell’edificazione, si presenta un
problema di delicata soluzione.
Vi è, infatti, la necessità di tenere
in considerazione il diritto di chi, avendo edificato rispettando le disposizioni
in vigore all’epoca della costruzione, intende ricostruire il manufatto nelle
esatte dimensioni preesistenti. Se, invece, viene prevista una sopraelevazione
o una modifica planovolumetrica rispetto al precedente edificio, è pacifico che
questa deve adeguarsi alla nuova normativa, dato che si tratta di nuova costruzione. D’altro canto vi è l’esigenza di
far applicare la nuova normativa secondo il noto principio del tempus regit actus.
Importante è, a tale proposito, il
contenuto della nuova normativa.
Se mancano esplicite disposizioni in
merito alle ricostruzioni nei regolamenti edilizi o nelle norme di attuazione
del piano regolatore generale, che impongano loro l’obbligo di adeguarsi alla
nuova disciplina delle distanze fra costruzioni o dal confine, l’orientamento
dominante tende a consentire le ricostruzioni negli esatti limiti
planovolumetrici della preesistente fabbrica, privilegiando, quindi, la tutela
del diritto di chi è titolare della posizione acquisita (Galletto 1990, 467).
La nuova normativa che pone
norme più restrittive in materia di distanze deve esse applicata anche nel caso
si intervenga con un intervento di ampliamento dell’edificio preesistente.
Il fabbricato, infatti non può
essere modificato, realizzandosi in tal modo una nuova costruzione, senza
tenere conto della nuova normativa.
Nell'ambito
delle opere edilizie, va tenuta distinta la semplice ristrutturazione, che si
verifica ove gli interventi abbiano interessato un edificio del quale sussistano, ed, all'esito
degli stessi, rimangano inalterate le componenti essenziali, quali i muri
perimetrali, le strutture orizzontali, la copertura, sicché le modificazioni
siano solo interne, dalla ricostruzione, ravvisabile allorché dell'edificio
preesistente siano venute meno, per evento naturale o per volontaria
demolizione, dette componenti, e l'intervento
si traduca nell'esatto ripristino delle stesse operato senza alcuna
variazione rispetto alle originarie dimensioni dell'edificio, ed, in particolare,
senza aumenti né della volumetria, né delle superfici occupate in relazione
alla originaria sagoma di ingombro.
In
presenza di tali aumenti, si verte, invece, in ipotesi di nuova costruzione,
da considerare tale, ai fini del computo
delle distanze rispetto agli edifici contigui come previste dagli strumenti
urbanistici locali, nel suo complesso, ove lo strumento urbanistico rechi una
norma espressa con la quale le prescrizioni sulle maggiori distanze previste
per le nuove costruzioni siano estese anche
alle ricostruzioni, ovvero, ove una siffatta norma non
esista, solo nelle parti eccedenti le dimensioni dell'edificio
originario
(Cass.
civ., sez. II, 26 ottobre 2000, n. 14128, GCM,
2000, 2184).
La giurisprudenza ha precisato gli
effetti che derivano al proprietario di un fabbricato in precedenza demolito
qualora a costui venga riconosciuto, con sentenza passata in giudicato, il
diritto a ricostruire un fabbricato delle identiche dimensioni.
Se nelle more del giudizio il
confinante ha realizzato un manufatto ad un distanza inferiore, richiedendo un
provvedimento autorizzatorio che utilizzi la facoltà di costruire col regime
della prevenzione, di certo chi ha realizzato il secondo manufatto non può
ritenere che la costruzione sia da considerarsi legittima per effetto sanante
del provvedimento comunale.
Questo è, infatti, rilasciato salvo i
diritti dei terzi, ed egli deve ottemperare a quanto deciso con sentenza,
provvedendo ad arretrare il suo fabbricato anche se realizzato in precedenza
secondo norme che consentano la costruzione in carenza attuale di una
costruzione a confine.
Egli doveva tenere in debito conto il
diritto del confinante di potere gli stesso ricostruire il preesistente
fabbricato e comportarsi di conseguenza nel richiedere l’autorizzazione in
comune.
Il proprietario di un edificio costruito sul confine
ed in un primo tempo demolito vanta il diritto, nei confronti del
proprietario frontista, qualora gli venga
riconosciuta, con sentenza passata in giudicato, la facoltà di
ricostruire il predetto edificio,
a che questi rispetti le distanze legali
previste per le costruzioni finitime
nell'erigere, a sua volta, un
proprio manufatto, con la conseguenza che la eventuale costruzione realizzata
dal frontista a distanza inferiore
a tre
metri risulterà illegittima anche
se, successivamente ad essa, il
diritto alla ricostruzione del manufatto demolito venga esercitato, dal
relativo proprietario, in arretramento rispetto al confine, non potendo il principio
secondo il quale i commoda
della prevenzione si perdono se la ricostruzione del vecchio fabbricato non si
estenda più sino al confine -
In caso contrario si devono osservare le
distanze prescritte dalle norme vigenti
al tempo della ricostruzione - far venire meno l'illegittimità dell'operato del
proprietario della costruzione frontistante che abbia, già in
precedenza, costruito in violazione delle prescritte distanze
(Cass. civ., sez. II, 4 dicembre 1997,
n. 12307, GCM, 1997, 2329. Cass. civ,
sez. II, 25 agosto 1989, n. 3762, SG,
1989, II, 1060).
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