Bashar al-Assad
Il «principale ostacolo»
contro lo Stato Islamico è Bashar al-Assad e qualsiasi iniziativa lo
indebolisca «finirà per avvantaggiare» i jihadisti. A dirlo non è una fonte
politica vicina al governo di Damasco, ma un colosso mondiale dell’analisi
dati a fini strategici, la società anglo-americana Ihs Markit, attraverso il
rapporto del suo Conflict monitor, che parla esplicitamente delle conclusioni
del dossier come di «una scomoda verità».
Le conclusioni del rapporto sono
il risultato di una elaborazione basata sui numeri dell’impegno sul
campo dalle forze anti-Stato islamico. In particolare, il Conflict monitor ha
preso in considerazione il periodo tra il primo aprile 2016 e il 31 marzo
di quest’anno. Ne è emerso che «il 43% di tutti i combattimenti in
Siria che hanno visto coinvolti miliziani dell’Is erano diretti contro le
forze del governo di Assad, il 17% contro le Syrian democratic forces sostenute
dagli Usa e il restante 40% ha riguardato scontri tra gruppi rivali
dell’opposizione sunnita, in particolare quelli che facevano parte della
coalizione sostenuta dalla Turchia dell’Euphrates shield». Ne deriva
che «il governo siriano è, in ultima analisi, l’incudine per il martello
della coalizione guidata dagli Usa».
«Mentre le forze sostenute dagli Usa circondano
Raqqa, lo Stato Islamico è impegnato in duri combattimenti contro il governo
siriano intorno a Palmira e in altre parti delle province di Homs e Deir
al-Zour», ha spiegato Columb Starck, senior Middle East analyst di Ihs
Markit, sottolineando che ci si trova di fronte a «un scomoda verità:
qualsiasi azione intrapresa dagli Usa volta ad indebolire il governo
siriano finirà per avvantaggiare, al di là delle intenzioni, lo Stato
Islamico e altri gruppi jihadistiNel rapporto di Ihs Markit si ricorda che
tra il primo gennaio 2015 e il 3 aprile 2017, lo Stato Islamico ha perso
«quasi il 50% del suo territorio» e che «oggi controlla 48.500 km
quadrati», un’area grande come la Repubblica Dominicana. All’inizio del gennaio
2015, invece, governava su 90.800 km quadrati, in Iraq e Siria. Ma la società
di analisi pone l’accento soprattutto sul ruolo strategico che la difesa
siriana continua ad avere e su quali sarebbero le conseguenze se
dovesse mancare. «Se lo Stato Islamico riuscirà a prendere il presidio
governativo, isolato, di Deir al-Zour, avrà un nuovo grande centro dal
quale governare il Califfato. La cattura di Deir al-Zour, la più grande città
della Siria Orientale, potrebbe essere un salvavita per il suo progetto, al di
là della perdita di Mosul e di Raqqa», ha avvertito Starck, dopo aver ricordato
che proprio in quella zona è impegnato l’esercito siriano. secoloditalia.it/2017/04
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