martedì 21 novembre 2017

Operazione diluitiva. Tredici miliardi di aumento di capitale di Unicredit


Operazione diluitiva. Tredici miliardi di aumento di capitale di Unicredit


Tredici miliardi richiesti al mercato fanno dell'aumento di capitale di Unicredit il maggiore della storia di Piazza Affari. L'operazione è partità oggi, lunedì 6 febbraio 2017, per chiudersi venerdì 10 marzo e sulla Borsa italiana il titolo della banca è debole,  entre peggiora sensibilmente l'andamento del diritto. "Ci aspettiamo che il titolo possa essere sotto pressione con la partenza dell'aumento di capitale" scrivono gli analisti di Intermonte. In questa prima fase di contrattazioni i cali, anche se sensibili, sono tutto sommato contenuti se confrontati con altre operazioni di aumento di capitale, a maggior ragione in considerazione del fatto che quella di Unicredit è la più grande ricapitalizzazione nella storia di Piazza Affari.

La struttura dell'operazione prevede un prezzo di offerta dei titoli a 8,09 euro per azione, con un rapporto di opzione di 13 nuove azioni ordinarie ogni 5 vecchie azioni di ogni categoria detenute. Per la negoziazione dei diritti ci sarà tempo fino al 17 febbraio. Il prezzo rappresenta 
uno sconto sul Theoretical ex right price (Terp) del 38%. Il Terp rappresenta il prezzo teorico di un'azione, dopo lo stacco del diritto di opzione relativo ad un aumento di capitale. "Rispetto al prezzo di chiusura di venerdì scorso il prezzo teorico post stacco del diritto (il Terp, ndr) da prendere a riferimento per le negoziazioni odierne, è pari a circa 13,11 euro", dicono dall'Icbpi. "Abbiamo rettificato il precedente target price (29.00 euro) per tenere conto dell’aumento di capitale (a 14,50 euro). Manteniamo per il momento la raccomandazione, in attesa dei risultati definitivi del 2016 e della revisione della valutazione post aumento di capitale".

L'operazione è diluitiva per coloro che decidono di non seguire, che vedranno scendere la loro partecipazione nell'azionariato i oltre il 70 per cento. La Fondazione Cariverona (azionista di Unicredit con il 2,2%) ha deciso di sottoscrivere l'aumento al 73% e si diluirà quindi all'1,8%. La Fondazione Crt dovrebbe aderire per la quota pari al 2,3%, ha spiegato la settimana scorsa il neo presidente, Giovanni Quaglia. C'è poi Capital Research, azionista con il 6,7% che dovrebbe sottoscrivere tutti i diritti di opzione confermando così la propria quota. Mentre non non si conoscono ancora le intenzioni di Mubadala investment company pjsc, il fondo sovrano di Abu Dhabi che ha il 5%, di BlackRock e la volontà della Banca centrale libica e del fondo sovrano Lia che hanno in totale circa il 4%. C'è poi Leonardo Del Vecchio, azionista al 2% attraverso la finanziaria Delfin, che dovrebbe partecipare per intero mentre Francesco Gaetano Caltagirone non avrebbe ancora deciso nulla.

Nella settimana di vigilia, la banca ha dato alcuni ragguagli importanti: in attesa del cda sui conti del 9 febbraio ha anticipato che il bilancio 2016 si chiuderà con una perdita di 11,8 miliardi di euro, frutto anche della maxi-pulizia dei crediti deteriorati, mentre la Bce ha chiesto alla banca che

appronti una strategia riguardante la riduzione dei non performing loan entro fine mese. Significative novità, poi, dal fronte dei rapporti con i sindacati: il management e i rappresentanti dei lavoratori hanno trovato un'intesa su 3.900 uscite volontarie, a fronte di 2mila assunzioni.


LA bufala
saranno contenti i 3900 licenziati che godranno dei soliti trattamenti: buonuscite e scivoli pensionabili?

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