giovedì 2 gennaio 2020

Racconti da Zanzibar. Stone Town. Atterraggio


Racconti da Zanzibar. Stone Town. Atterraggio


Sono in arrivo all’aeroporto di Stone Town. A 12000 metri in mezzo all’oceano il mare ti appare come una lastra di ghiaccio. Non si sono increspature sulle onde non ci sono imbarcazioni solo una lastra luccicante azzurro cupo.
La hostess mi in vita a prendere una bibita e mi distrae dai miei pensieri.
Sto partendo per un trail per amore di mia moglie o acconsentito a fare questa che giudico una pazzia.
Correre in Africa in una corsa a tappa di una quarantina di chilometri a 40 gradi all’ombra è veramente un azzardo.
Ero talmente schioccato da questa nuova avventura della mia super runner che non sapevo neanche esattamente dove andavo né avevo idea precisa di cosa fosse un trail in Africa.
Poi ho scoperto che fare un trail significa correre in  ambiente naturale, generalmente su sentieri, non importa se in montagnadesertoboscopianura o collina, con tratti pavimentati o di asfalto che al massimo e in ogni caso non devono eccedere il 20% del totale della lunghezza del percorso. Insomma più il percorso è disagiato più il trail è considerato entusiasmante.
L’aereo sobbalza sulla pista forse neppure lui è amante dei trail ed è riluttante a portare questo manipolo si scavezzacollo in Africa.: magari si romperanno una gamba sta pensando la sua scatola nera.
L’odore del caldo umido  mi avvolge in una atmosfera poco consona al freddo invernale della cara amata Italia.
L’accoglienza non è calorosa non ci sono bambini festanti, danzatori masai pronti a venderti braccialetti di perline, ma solo doganieri esigenti che ti mettono subito alla prova: quanta pazienza hai? Nessuno dà informazioni dopo due ore di coda capisco che devo recarmi allo sportello uno a consegnare il passaporto poi allo sportello due per ricevere un documento di sbarco. Successivamente dovrò presentare il fondamentale documento allo sportello tre per pagare a cranio 50 euro o 50 dollari. Qui fare calcoli per il cambio è complicato e le tariffe, per la tassa di sbarco, sono unificate.
Fatto ciò dovrò ritornare colla prova del pagamento e con il documento di sbarco allo sportello 3 dove un diligente funzionario ti attende se sei riuscito a fare tutto con attenzione e a superare senza danni la calca che oramai da quattro ore ti stringe in un abbraccio caloroso e direi poco affettuoso e profumato.
Questa è l’organizzazione africana direi molto accogliente e persuasiva nel consigliarti un itinerario burocratico il più semplice possibile. D'altronde dopo otto ore di volo notturno bisogna semplificare al turista ogni procedura burocratica peraltro necessaria.
In men che non si dica ottengo il desiderato timbro sul passaporto che mi consentirà di pernottare nel carissimo albergo. Attenzione nell’accogliente Africa non timbro non albergo ed attenzione ad a ver ritirato il tuo passaporto e non quello del tuo compagno di viaggio che spingeva ed urlava non soddisfatto dell’accoglienza africana.
Fuori il no agente di viaggio mi accoglie con un sorriso. Lui sa che siamo stati in piedi a fare la fila, ma in Africa così è se mi piace o meno.
Un bicchiere d’acqua ritempra da ogni attesa e poi via in pullman ad attendere gli ultimi ritardatari per raggiungere il desiato hotel.



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