Racconti da Zanzibar. Stone Town. Atterraggio
Sono in arrivo all’aeroporto di Stone Town. A 12000 metri in mezzo all’oceano
il mare ti appare come una lastra di ghiaccio. Non si sono increspature sulle
onde non ci sono imbarcazioni solo una lastra luccicante azzurro cupo.
La hostess mi in vita a prendere una bibita e mi distrae dai miei pensieri.
Sto partendo per un trail per amore di mia moglie o acconsentito a fare questa
che giudico una pazzia.
Correre in Africa in una corsa a tappa di una quarantina di chilometri a 40
gradi all’ombra è veramente
un azzardo.
Ero talmente schioccato da questa nuova avventura della mia super runner che
non sapevo neanche esattamente dove andavo né avevo idea precisa di cosa fosse
un trail in Africa.
Poi ho scoperto che fare un trail significa correre in ambiente
naturale, generalmente su sentieri, non importa se in montagna, deserto, bosco, pianura o collina, con tratti pavimentati o di asfalto che al massimo e in
ogni caso non devono eccedere il 20% del totale della lunghezza del percorso.
Insomma più il percorso è disagiato più il trail è considerato entusiasmante.
L’aereo sobbalza sulla pista forse neppure lui è amante dei
trail ed è riluttante a portare questo manipolo si scavezzacollo in Africa.:
magari si romperanno una gamba sta pensando la sua scatola nera.
L’odore del caldo umido
mi avvolge in una atmosfera poco consona al freddo invernale della cara
amata Italia.
L’accoglienza non è calorosa non ci sono bambini festanti, danzatori
masai pronti a venderti braccialetti di perline, ma solo doganieri esigenti che
ti mettono subito alla prova: quanta pazienza hai? Nessuno dà informazioni dopo
due ore di coda capisco che devo recarmi allo sportello uno a consegnare il
passaporto poi allo sportello due per ricevere un documento di sbarco.
Successivamente dovrò presentare il fondamentale documento allo sportello tre
per pagare a cranio 50 euro o 50 dollari. Qui fare calcoli per il cambio è complicato
e le tariffe, per la tassa di sbarco, sono unificate.
Fatto ciò dovrò ritornare colla prova del pagamento e con il
documento di sbarco allo sportello 3 dove un diligente funzionario ti attende se
sei riuscito a fare tutto con attenzione e a superare senza danni la calca che
oramai da quattro ore ti stringe in un abbraccio caloroso e direi poco
affettuoso e profumato.
Questa è l’organizzazione africana direi molto accogliente e
persuasiva nel consigliarti un itinerario burocratico il più semplice
possibile. D'altronde dopo otto ore di volo notturno bisogna semplificare al
turista ogni procedura burocratica peraltro necessaria.
In men che non si dica ottengo il desiderato timbro sul
passaporto che mi consentirà di pernottare nel carissimo albergo. Attenzione nell’accogliente
Africa non timbro non albergo ed attenzione ad a ver ritirato il tuo passaporto
e non quello del tuo compagno di viaggio che spingeva ed urlava non soddisfatto
dell’accoglienza africana.
Fuori il no agente di viaggio mi accoglie con un sorriso. Lui
sa che siamo stati in piedi a fare la fila, ma in Africa così è se mi piace o
meno.
Un bicchiere d’acqua ritempra da ogni attesa e poi via in pullman ad attendere gli ultimi ritardatari per raggiungere il desiato hotel.
Un bicchiere d’acqua ritempra da ogni attesa e poi via in pullman ad attendere gli ultimi ritardatari per raggiungere il desiato hotel.
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