venerdì 20 marzo 2020

Il danno derivante da demansionamento e dequalificazione professionale

CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 11 marzo 2020, n. 6941

Il danno derivante da demansionamento e dequalificazione professionale non ricorre automaticamente in tutti i casi di inadempimento datoriale.
Si tratta di danno che è suscettibile di essere dimostrato dal lavoratore, ai sensi dell’art. 2729 cod.civ., anche attraverso l’allegazione di elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti, di tal che possono essere valutati la qualità e quantità dell’attività lavorativa svolta, il tipo e la natura della professionalità coinvolta, la durata del demansionamento, la diversa e nuova collocazione lavorativa assunta dopo la prospettata dequalificazione (cfr. Cass. del 03/01/2019 n. 21, 26/02/2009 n. 4652 e di recente Cass. 23/07/2019 n.19923) ma pur sempre sulla base di un quadro fattuale da cui il giudice possa desumere in via presuntiva la sua esistenza.
Rientra tra gli apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito e perciò incensurabili in sede di legittimità la verifica dell’esistenza di allegazioni sufficienti da parte del lavoratore, che ne è onerato, da cui poi desumere l’esistenza del danno da demansionamento professionale e procedere ad una determinazione della sua entità anche in via equitativa.


Pertanto, quando un lavoratore lamenta un danno da demansionamento e da dequalificazione, il giudice, nel riconoscere il risarcimento del danno professionale, biologico ed esistenziale, non può prescindere dall'allegazione specifica delle caratteristiche e della natura di questi danni, perché non si producono automaticamente.

Nessun commento:

Posta un commento