2 CAPITOLO
L’ORGANIZZAZIONE AMMINISTRATIVA
Il testo
dell’art. 117, cost., come modificato dall’art. 3, L. Cost. 18 ottobre 2001, n.
3, nel ripartire la potestà legislativa fra Stato e Regioni, distingue tre
principali categorie di materie: quelle riservate in via esclusiva allo Stato,
quelle di legislazione concorrente - per le quali la normativa di dettaglio è
attribuita alle regioni mentre spetta allo Stato la determinazione dei principi
fondamentali - e quelle di legislazione esclusiva regionale, che hanno portata
residuale.
Lo Stato ha
legislazione esclusiva nelle seguenti materie:
a) politica
estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l'Unione
europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non
appartenenti all'Unione europea;
b) immigrazione;
c) rapporti tra
la Repubblica e le confessioni religiose;
d) difesa e
Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;
e) moneta,
tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza;
sistema
valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle
risorse finanziarie;
f) organi dello
Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento
europeo;
g) ordinamento e
organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali;
h) ordine
pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale;
i) cittadinanza,
stato civile e anagrafi;
l) giurisdizione
e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa;
m)
determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti
civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;
n) norme
generali sull'istruzione;
o) previdenza
sociale;
p) legislazione
elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e
Città metropolitane;
q) dogane,
protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale;
r) pesi, misure
e determinazione del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico
dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere dell'ingegno;
s) tutela
dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.
L’art. 177, 3
comma, cost. definisce le materie a legislazione concorrente ove la potestà
legislativa spetta alle regioni, salvo per la determinazione dei criteri
fondamentali riservata alla legislazione dello Stato.
Sono materie di
legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con
l'Unione europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del
lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con
esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca
scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi;
tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile;
governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di
navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e
distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa;
armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e
del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e
promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse
rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e
agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta
alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei
principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.
Fra dette
materie a legislazione concorrente è compreso il governo del territorio.
La dottrina si
pone, ad esempio, il problema se tutti gli articoli del D.P.R. 8 giugno 2001,
n. 380, contengano principi fondamentali non derogabili dal legislatore
regionale o se quest’ultimo possa approvare una legislazione di dettaglio
contrastante con le norme anzidette.
Sembra
infatti che l’affermazione dei principi autonomistici espressa nella carta
costituzionale possa essere compromessa da una legislazione di dettaglio che,
di fatto, nega l’attribuzione di una potestà legislativa concorrente regionale.
Spetta alle
Regioni la potestà legislativa esclusiva in riferimento ad ogni materia non
espressamente riservata alla legislazione dello Stato.
Gli enti
pubblici territoriali hanno come elemento costitutivo parte del territorio
dello Stato ed ad essi appartengono tutti i soggetti residenti nel medesimo
territorio, essi sono: le regioni, le province ed i comuni.
La costituzione
è fondamento e limite dei compiti delle autonomie locali.
Essa, infatti,
le riconosce e promuove, all’art. 5, e ne fissa le competenze e ne prevede il
controllo, ai sensi degli artt. 114 e segg.
Le regioni hanno
autonomia legislativa nei limiti dei principi fondamentali fissati dalle leggi
dello Stato, nelle materie tassativamente enunciare dall'art. 117 della
costituzione.
L’autonomia si
manifesta, in particolare nella facoltà di approvare i propri statuti il cui
contenuto è previsto dall’art. 123 della costituzione.
Le leggi
regionali non devono comunque contrastare con gli interessi dello Stato, con
quelli di altre regioni e con gi obblighi internazionali dello Stato.
I conflitti di
attribuzione sembrano doversi ridurre con l’entrata in vigore della L. 59/1997
che contiene un principio rivoluzionario, all’insegna del più completo
decentramento. Essa, infatti, afferma all’art. 3 che devono essere
tassativamente elencate le competenze dello Stato, intendendosi le residue
trasferite alle regioni.
Il D.L.vo 31
marzo 1998, n. 112, emanato seguito della delega conferita, completa il pieno
decentramento amministrativo.
Lo statuto è
deliberato dal consiglio regionale ed è approvato con legge dello stato.
La dottrina ha
rilevato come sia discutibile classificare gli statuti come atti normativi
regionali, mentre l’approvazione delle camere ha natura di requisito di
efficacia.
La dottrina
propende a considerare gli statuti come allegati alle leggi statali di
approvazione.
Nelle materie in
cui hanno funzioni legislative le regioni esercitano anche le relative attività
amministrative.
Le regioni,
inoltre hanno autonomia finanziaria che si esplica nella possibilità di
applicare e riscuotere tributi nelle forme e nei limiti stabiliti dalle leggi
dello Stato.
L’art. 17, comma
31, della L. 127/1997, prevede una drastica riduzione degli atti amministrativi
delle regioni da assoggettare al controllo di legittimità.
Esso dispone
l’abrogazione, infatti, degli artt. 1, 2 e 3 comma 5 del D.L. 13 febbraio 1994,
n. 40, come modificato dal D.L. 10 novembre 1993, n. 479.
Tale
disposizione di legge trae origine direttamente dal principio fissato dall’art.
125 della Costituzione che afferma, in linea generale, che il controllo sugli
atti della regione deve essere limitato alla verifica della legittimità, con
esclusione di ogni sindacato di merito.
Il legislatore
elimina sostanzialmente il controllo di legittimità sulla generalità degli atti
amministrativi della regione che si esercita esclusivamente sui regolamenti,
esclusi quelli inerenti alla autonomia organizzativa, funzionale e contabile
dei consigli regionali, e, inoltre, sugli atti costituenti adempimento degli
obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea.
La costituzione
afferma all’art. 5 che la Repubblica una ed indivisibile riconosce e promuove le
autonomie locali.
Il precetto
costituzionale appare realizzato solo colla legge sulle aut. loc. C. MIGNONE P.
VIPIANA P.M. VIPIANA, Commento alla legge sulle autonomie locali, 1993,
25.
Prima della L.
142/1990 gli enti locali sono stati amministrati sulla base del principio
dell’uniformità, stante che il legislatore non ha mai tracciato le norme quadro
entro quale potere esplicare l’autonomia sancita dalla costituzione.
L’autonomia
statutaria fissata dall’art. 4, che riconosce la possibilità dello statuto di
disciplinare l’organizzazione ed il funzionamento di organi ed uffici
dell’ente, con al possibilità di prevedere il difensore civico, art. 8, mentre
gli aspetti più innovativi riguardano la partecipazione popolare, il
decentramento e l’accesso dei cittadini ai procedimenti, secondo le successive
norme della L. 241/1990, che semplifica il procedimento amministrativo.
L’autonomia
comunale trova riconoscimento nell’assicurazione di risorse proprie e
trasferite, sancita dall’art. 54, che consentono l’espletamento delle funzioni
assegnate dallo statuto.
I comuni e le
province hanno compiti di programmazione, nel loro rispettivo ambito
territoriale, e di amministrazione attiva.
Il ruolo del
comune si è andato arricchendo di competenze in materia urbanistica, acquisendo
un ruolo sempre più autonomo, anche nei confronti della regione tradizionale
ente di controllo, di assistenza e beneficenza, di assistenza sanitaria, in
materia commerciale, in materia di edilizia pubblica, sottraendo il ruolo
centrale da organismi sovracomunali quali gli IACP, ora aziende territoriali.
Anche il ruolo
della provincia esce sostanzialmente rivalutato, accantonata l’esperienza dei
comprensori, qualificandosi come ente territoriale intermedio tra comune e
regione.
Gli artt. 14 e
15, l. 142/1990 attribuiscono alla provincia funzioni di coordinamento e di
programmazione economica e territoriale ambientale.
Vengono
attribuite alla provincia funzioni amministrative in materia di difesa del
suolo e dell’ambiente, di tutela e valorizzazione delle risorse idriche ed
energetiche, dei beni culturali, della viabilità e dei trasporti, di protezione
della flora e della fauna, della caccia e della pesca, di protezione
ambientale, dei rifiuti e degli scarichi delle acque ed emissioni atmosferiche,
dei servizi sanitari.
Viene sancita la
competenza programmatoria della provincia.
Le funzioni
della provincia si esercitano sia in campo economico, concorrendo a determinare
il piano regionale di sviluppo, sia in campo urbanistico, attraverso il piano
territoriale di coordinamento che determina gli indirizzi generali di assetto
del territorio provinciale.
Il piano trova
un limite programmatorio negli indirizzi regionali e nel relativo piano
territoriale di coordinamento cui deve adeguarsi.
La legge sulle
aut. loc. ridisegna le competenze degli organi tradizionali del comune
(consiglio, giunta e sindaco) e della provincia (consiglio, giunta e
presidente).
Il consiglio (
comunale e provinciale) è definito organo di indirizzo e controllo politico
amministrativo, dall’art. 32 della L. 142/1990, la sua competenza è limitata
agli atti fondamentali tassativamente indicati dallo stesso articolo.
L’attribuzione
delle funzioni è riservato alla giunta salvo quelle espressamente affidate al
consiglio, contrariamente a quanto ha affermato l’art. 141 del T.U. 148/1915
che ha sancito la competenza esclusiva del consiglio, salvo gli atti
espressamente attribuiti a giunta e sindaco.
Il consiglio ha
competenza limitatamente ai seguenti atti fondamentali, come precisa l’art. 32
della L. 142/1990 e mod.:
a) gli statuti
dell'ente e delle aziende speciali, i regolamenti, l'ordinamento degli uffici e
dei servizi;
b) i programmi,
le relazioni previsionali e programmatiche, i piani finanziari, i programmi e
di progetti preliminari di opere pubbliche, come precisa l’art. 15 L. 109/1994,
i bilanci annuali e pluriennali e relative variazioni, i conti consuntivi, i
piani territoriali e urbanistici, i piani particolareggiati e di recupero, come
precisa l’art. 5 c. 5 L. 127/1997,i programmi annuali e pluriennali per la loro
attuazione, le eventuali deroghe ad essi, i pareri da rendere nelle dette
materie;
d) le
convenzioni tra i comuni e quelle tra comuni e provincia, la costituzione e la
modificazione di forme associative;
e)
l'istituzione, i compiti e le norme sul funzionamento degli organismi di
decentramento e di partecipazione;
f) l'assunzione
diretta dei pubblici servizi, la costituzione di istituzioni e di aziende
speciali, la concessione dei pubblici servizi, la partecipazione dell'ente
locale a società di capitali, l'affidamento di attività o servizi mediante
convenzione;
g) l'istituzione
e l'ordinamento dei tributi, la disciplina generale delle tariffe per la
fruizione dei beni e dei servizi;
h) gli indirizzi
da osservare da parte delle aziende pubbliche e degli enti dipendenti,
sovvenzionati o sottoposti a vigilanza;
i) la
contrazione dei mutui e l'emissione dei prestiti obbligazionari;
l) le spese che
impegnino i bilanci per gli esercizi successivi, escluse quelle relative alle
locazioni di immobili ed alla somministrazione e fornitura di beni e servizi a
carattere continuativo;
m) gli acquisti
e le alienazioni immobiliari, le relative permute, gli appalti e le concessioni
che non siano previsti espressamente in atti fondamentali del consiglio o che
ne costituiscano mera esecuzione e che, comunque, non rientrino nella ordinaria
amministrazione di funzioni e servizi di competenza della giunta, del
segretario o di altri funzionari;
n) la nomina, la
designazione e la revoca dei propri rappresentanti presso enti, aziende ed
istituzioni operanti nell'ambito del comune o della provincia ovvero da essi
dipendenti o controllati.
La giunta
conserva al configurazione di organo esecutivo del governo locale.
Essa è chiamata
ad attuare gli indirizzi generali ed a svolgere l’attività propositiva o di
impulso nei confronti del consiglio a ci deve riferire annualmente in ordine
all’attività svolta.
La giunta compie
tutti gli atti di amministrazione che non siano riservati dalla legge al
consiglio e che non rientrino nelle competenze, previste dalla legge o dallo
statuto, del sindaco o del presidente della provincia, degli organi di
decentramento, del segretario o dei funzionari dirigenti, come precisa l’art.
35 della L. 142/1990.
L’organo di
governo appare rafforzato nella sua attività di gestione da una sorta di prorogatio
che ne consente, salvi fatti eccezionali la durata per tutto il mandato
amministrativo.
Non basta,
infatti, il voto contrario ad una proposta di giunta per provocare le sue
dimissioni, né è sufficiente il voto di revoca del consiglio, ex art. 148/1915
per provocare le dimissioni del sindaco del presidente della provincia e della
giunta.
Oltre che alla
richiesta di revoca è necessaria una mozione di sfiducia costruttiva espressa
per appello nominale con voto della maggioranza assoluta dei consiglieri
assegnati al comune o alla provincia.
La mozione deve
essere sottoscritta da almeno un terzo dei consiglieri e può essere proposta
solo nei confronti dell'intera giunta; deve contenere la proposta di nuove
linee politico-amministrative, di un nuovo sindaco o presidente della provincia
e di una nuova giunta, come precisa l’art. 37 della L. 142/1990.
Sono
evidentemente elementi di stabilità politica in contrapposizione alla crescente
instabilità.
L’opposizione
ha, per contro, un ruolo che appare limitato dall’esigenza di consentire di
governare, per cui il ruolo fondamentale è quello di tracciare programmi ed
alleanze in vista delle future elezioni amministrative.
Per effetto
della riforma delle autonomie locali vi è stata la generale devoluzione delle
competenze del sindaco ai dirigenti del comune, atteso che la nuova
organizzazione complessiva dell'ente locale pone una “summa divisio” tra
organi di governo elettivi - preposti agli atti di indirizzo e di controllo - e
i dirigenti - preposti agli atti di gestione ordinaria di tutte le altre
funzioni amministrative. T.A.R. Campania Napoli, sez. II, 19 ottobre 2006, n.
8683,
in Foro amm. TAR, 2006, 10, 3290.
Al sindaco e al
presidente della provincia spettano le funzioni di rappresentanza dell’ente di
convocazione e presidenza degli enti, di direzione, di controllo e di vigilanza
del corretto funzionamento degli uffici nonché della esecuzione degli organi
collegiali.
Il sindaco e il
presidente della provincia hanno, inoltre, un potere surrogatorio del consiglio
in materia di nomine di competenza consiliare dei rappresentanti presso enti,
aziende ed istituzioni, ai sensi dell’art. 50 del D.L.vo 267/2000.
Ulteriori
competenze sono attribuite al sindaco quale ufficiale di governo dall’art. 54
del D.L.vo 267/2000, che riprende l’art. 152 del T.U. 148/1915, in materia di
tenuta dei registri dello stato civile, di anagrafe elettorale, statistica, di
leva militare, di pubblica sicurezza, di igiene pubblica, di sanità. E’
confermato il potere di emanare ordinanze contingibili ed urgenti, per gravi
motivi di sicurezza pubblica, nelle materie di igiene e sanità, della polizia
locale e dell’edilizia.
Il sindaco e il
presidente della provincia nominano i rappresentanti dei comuni presso enti,
aziende ed istituzioni. Le nomine e le designazioni di rappresentanti delle
amministrazioni locali presso altri enti, rispettivamente, di competenza del
sindaco e del presidente della provincia, devono considerarsi di carattere
fiduciario, nel senso che riflettono il giudizio di affidabilità espresso
attraverso la nomina, ovvero la fiducia sulla capacità del nominato di
rappresentare gli indirizzi di chi l'ha designato, orientando l'azione
dell'organismo nel quale si trova ad operare in senso quanto più possibile
conforme agli interessi di chi ha già conferito l'incarico. T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 21 marzo 2007, n. 2557.
La
giurisprudenza ha precisato che il provvedimento di nomina del presidente e dei
componenti del collegio sindacale di s.p.a. multiservizi di un ente locale, pur
comportando scelta nell'ambito dei soggetti ritenuti idonei tra quelli che
hanno proposto la loro candidatura a seguito di avviso di selezione da parte
dell'ente locale, si caratterizza non già come mero giudizio conseguente
all'individuazione del candidato tecnicamente più qualificato, bensì come
giudizio sulle qualità del nominato ed espressione della volontà di
presceglierlo per la ritenuta maggiore affidabilità che lo stesso garantisce
rispetto all'indirizzo politico gestionale dell'amministrazione procedente. Pur
ribadendo la necessità del possesso, da parte del prescelto, dei requisiti
richiesti dalla procedura selettiva, l’indirizzo ritiene che il provvedimento,
proprio perché adottato sulla base del vincolo fiduciario ed "intuitu
personae", non può essere considerato illegittimo nel caso in cui non
indichi le ragioni della nomina di aspirante rispetto ad un altro. T.A.R. Puglia Bari, sez. II, 15 maggio 2006, n. 1759, in Corr.
del mer., 2006, 7, 921.
Il sindaco e il
presidente della provincia nominano i responsabili degli uffici e dei servizi e
attribuiscono gli incarichi dirigenziali e quelli di collaborazione esterna, ex
art. 13 della L. 81/1993, mod. art. 50, comma 10, D.L.vo 267/2000,
Tale
innovazione, salutata come grande innovazione per consentire la governabilità,
a mio avviso, è norma in palese contrasto con l’art. 97 della costituzione.
Il sistema di
accesso ad incarichi di rilievo nell’amministrazione deve, secondo i principi
costituzionali, essere programmato attraverso meccanismi di evidenza pubblica
per garantire che i funzionari pubblici non siano di parte.
Cosa
succederebbe se per lo stesso principio i magistrati fossero nominati dal
Ministro di grazia e giustizia e i professori universitari dal Ministro per la
ricerca scientifica?.
Una società
complessa presuppone una formazione dei dirigenti che non si ha certo
attraverso nomine prive di ogni meccanismo di verifica delle competenze
professionali, eccettuato quello del collegamento temporale del funzionario con
l’amministratore.
La legge sulle
autonomie locali riforma le funzioni del sindaco, del presidente della
provincia e della giunta in rapporto alle funzioni dei dirigenti, dando ai
primi le funzioni di indirizzo politico ad ai secondi le funzioni
amministrative.
L'art. 107,
D.L.vo 267/2000, precisa i compiti dei dirigenti.
Ad essi sono
attribuiti tutti i compiti di attuazione degli obiettivi e dei programmi
definiti con gli atti di indirizzo adottati dall'organo politico, tra i quali,
in particolare, secondo le modalità stabilite dallo statuto o dai regolamenti
dell'ente:
a) la presidenza
delle commissioni di gara e di concorso. La giurisprudenza ha precisato che
è annullabile
per difetto di incompetenza la delibera giuntale di approvazione degli atti
della gara per l'aggiudicazione dell'appalto pubblico di lavori, neppure nella
forma surrettizia della cd. proposta di deliberazione del Sindaco, trattandosi
di atto di amministrazione attiva riservato, ai sensi dell'art. 107 del D. lg.
18 agosto 2000, n. 267, ai dirigenti. T.A.R. Calabria Catanzaro, sez. II, 13 marzo 2007, n.
177;
b) la
responsabilità delle procedure d'appalto e di concorso;
c) la
stipulazione dei contratti;
d) gli atti di
gestione finanziaria, ivi compresa l'assunzione di impegni di spesa;
e) gli atti di
amministrazione e gestione del personale;
f) i
provvedimenti di autorizzazione, concessione o analoghi, il cui rilascio
presupponga accertamenti e valutazioni, anche di natura discrezionale, nel
rispetto di criteri predeterminati dalla legge, dai regolamenti, da atti
generali di indirizzo, ivi comprese le autorizzazioni e i permessi di
costruire.
Ogni previsione
della l. n. 47 del 1985 relativa alla competenza del sindaco in materia
edilizia deve ritenersi implicitamente abrogata, dal momento che tutti i
provvedimenti di gestione amministrativa in materia edilizia ed urbanistica,
compreso quindi il rigetto di una richiesta di concessione edilizia in
sanatoria o di condono, rientrano ora nella sfera di competenza del dirigente. T.A.R. Campania Napoli, sez. II, 12 febbraio 2007, n.
1193,
in Foro amm. TAR, 2007, 2, 634.
g) tutti
provvedimenti di sospensione lavori, abbattimento e riduzione in pristino di
competenza comunale nonché i poteri di repressione dell’abusivismo edilizio e
paesaggistico ambientale. La giurisprudenza ha precisato che il sindaco non è
titolare di alcuna competenza ad emettere provvedimenti nell'esercizio di
poteri repressivi in materia edilizia che, infatti, sono espressamente
riservati alla competenza gestionale dei dirigenti.
Rimangono al
sindaco funzioni attribuite da leggi specifiche, fra le quali rientrano quelle
in materia di fruibilità di strade e volte ad ordinare la riduzione in pristino
di situazioni che alterino lo stato delle cose, come previsto dall'art. 378, L.
2248 del 1865, all. f). T.A.R. Sicilia Catania, sez. I, 15 febbraio 2007, n.
277,
in Foro amm. TAR, 2007, 2, 758.;
h) le
attestazioni, certificazioni, comunicazioni, diffide, verbali, autenticazioni,
legalizzazioni ed ogni altro atto costituente manifestazione di giudizio e di
conoscenza;
i) gli atti ad
essi attribuiti dallo statuto e dai regolamenti o, in base a questi, delegati
dal sindaco.
L’art. 17 della
L. 142/1990 e mod. ha previsto la costituzione di aree metropolitane nei comuni
di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari e Napoli; la
funzione è stata attribuita alle regioni.
L’istituto si
differenzia dal consorzio di comuni per l’obbligatorietà di costituzione
attraverso una legge regionale e la preminenza attribuita al comune maggiore
che presiede il consiglio.
La giunta del
nuovo organismo amministra il territorio e, fra l’altro, sostituisce la
provincia, sommando alle competenze di questo ente quelle nuove introdotte
dall’istituto.
I comuni di
gronda mantengono le loro competenze, salvo quelle di carattere sovracomunale,
che sono attribuite alla città metropolitana:
Le principali
competenze in materia pianificatoria viene sostanzialmente ridisegnato il
contenuto di un moderno piano territoriale di coordinamento.
Sono attribuite
alla città metropolitana, dall’art. 19 della L. 142/1990 le funzioni di
competenza provinciale, le funzioni normalmente affidate ai comuni quando hanno
precipuo carattere sovracomunale o debbono, per ragioni di economicità ed
efficienza, essere svolte in forma coordinata nell'area metropolitana,
nell'ambito delle seguenti materie:
a)
pianificazione territoriale
b) reti
infrastrutturali e servizi a rete;
c) piani di
traffico intercomunali;
d) tutela e
valorizzazione dell’ambiente e rilevamento dell’inquinamento atmosferico;
e) interventi di
difesa del suolo e di tutela idrogeologica;
f) raccolta,
distribuzione e depurazione del acque;
g) smaltimento
dei rifiuti;
h) grande
distribuzione commerciale;
i) attività
culturali;
l) orari degli
esercizi commerciali.
La regione deve
individuare le singole competenze e ripartirle fra gli organi dell’area con
propria legge, oltre che riordinare le circoscrizioni territoriali nell’area.
In carenza di
iniziative regionali sono previsti poteri sostitutivi del governo, che finora,
per ovvie ragioni di rispetto dell’autonomia regionale, non sono stati
esercitati.
Il controllo di
legittimità sugli atti delle regioni e degli enti locali è stato eliminato in
via di principio con La legge costituzionale 3/2001. T. ROMEI, Il Comitato
Regionale di Controllo e la fase transitoria a seguito della legge
costituzionale n. 3/2001, in Nuova Rass., 2001, n.22, 2269.
Successivamente
le regioni hanno provveduto ad abrogare le norme che disciplinavano i Comitati
regionali di controllo.
In tal modo il
legislatore riconosce l’autonomia agli enti locali, ponendosi nella prospettiva
della realizzazione di un modello di Stato in senso federale.
L’art. 127, del
D.L.vo 267/2000 attribuisce al difensore civico comunale e provinciale, dalla
data di rispettiva istituzione, il controllo eventuale di legittimità,
sollecitato dalle minoranze, sugli atti della giunta in materia di appalti e
affidamento di servizi o forniture di importo superiore alla soglia di rilievo
comunitario e di assunzione del personale, di piante organiche e relative
variazioni.
Il
controllo sugli organi degli enti locali è attribuito allo Stato che lo
esercita attraverso un procedimento amministrativo, demandato al decreto del
Presidente della Repubblica, su proposta del Ministero dell'Interno; di norma
il decreto fa riferimento per relationem ai motivi.
La
procedura di scioglimento è attribuita al prefetto che si avvale del potere
ispettivo riconosciutogli dall'art. 38 comma 5 della L. 142/1990 e dall'art. 19
comma 4 del R.D. 383/1934.
Non
è previsto l'intervento della regione in tale procedimento. La regione ha
intessesse a partecipare al procedimento ai sensi della L. 241/190 sull'accesso
al procedimento amministrativo.
Le
ipotesi sono tassativamente previste dall'art. 39 nei seguenti casi:
a)
Compimento di atti contrari alla Costituzione. L'ipotesi, che finora non è
ancora in pratica configurata, prevede il rifiuto da parte del consiglio dei
principi fondamentali; si pensi ad un consiglio che non voglia riconoscere
l'unità della repubblica italiana, in tal caso non è necessaria la previa
diffida per addivenire allo scioglimento.
b) quando non
possa essere assicurato il normale funzionamento degli organo e dei servizi.
Le ipotesi sono
tassativamente previste dall’art. 141, comma 1, del D. L.vo 18 agosto 2000, n.
267.
Impedimento
permanente, rimozione, decadenza, decesso del sindaco o del Presidente della
provincia. Il sistema di elezione diretta del sindaco e del Presidente
dell'amministrazione provinciale, disposto dalla L. 81/1993, presuppone un
rapporto insostituibile fra i cittadini ed i vertici delle amministrazioni
locali; ove questi non possano, per qualsiasi motivo, portare a termine il
mandato loro attribuito si deve procedere allo scioglimento del consiglio per
indire nuove elezioni.
Dimissioni del
sindaco od del presidente della provincia la medesima soluzione è sancita nel
caso di dimissioni, ad esempio, per candidarsi ad altro incarico incompatibile
con la carica.
Cessazione dalla
carica per dimissioni di almeno la metà più uno dei consiglieri dei
consiglieri. In tale ipotesi, in attesa del decreto di scioglimento del
Presidente della Repubblica, il prefetto può procedere alla sospensione del
consiglio e alla nomina del commissario. Se non vi è contestualità nelle
dimissioni è ammessa la surrogazione dei consiglieri dimissionari.
Riduzione
dell’organico assembleare per impossibilità di surroga alla metà dei componenti
del consiglio.
Mancata
approvazione del bilancio. Il bilancio di previsione per l'anno successivo deve
essere approvato entro il 31 dicembre, ai sensi dell'art. 151, del D.L.vo 18
agosto 2000, n. 267.
La
giunta deve approvare il relativo schema; in carenza il comitato di controllo
nomina il commissario ad acta che predispone l'elaborato per sottoporlo
al consiglio. Successivamente il comitato assegna al consiglio un termine di
venti giorni per l'approvazione, con diffida notificata ai singoli consiglieri;
in carenza viene nominato il commissario che approva il bilancio.
Il provvedimento
sostitutivo viene comunicato al prefetto che inizia la procedura di
scioglimento, ex art. 141, del D.L.vo 18 agosto 2000, n. 267.
Scioglimento
per infiltrazione e condizionamento di tipo mafioso. Tale fattispecie è
prevista dall’art. 143, del D.L.vo 18 agosto 2000, n. 267, quando emergono
elementi su collegamenti diretti ed indiretti degli amministratori con la
criminalità organizzata o su forme di condizionamento degli amministratori
stessi, che compromettano la libera determinazione degli organi elettivi ed il
buon andamento delle amministrazioni.
L'iter
è iniziato dal prefetto, lo scioglimento è disposto con decreto del Presidente
della Repubblica su proposta del Ministro dell'Interno e previa deliberazione
del Consiglio dei Ministri.
Mancata
approvazione degli strumenti urbanistici. Tale fattispecie è stata introdotta
dall'art. 4 del D.L. 495/1996, che peraltro non è stato convertito in legge e
pertanto non è tuttora vigente.
Il
decreto di scioglimento può essere impugnato alla giustizia amministrativa per
motivi di legittimità dai singoli consiglieri facenti parte del consiglio ora
sciolto, ma non dal consiglio, che dopo il decreto ha perduto la sua
personalità giuridica, né dai cittadini, carenti all'interesse all'impugnativa,
né dall'amministrazione regionale.
Le
autorità amministrative indipendenti sono istituite dal legislatore al fine di
governare determinati settori di servizi prima affidati all’amministrazione. Il
fenomeno è del tutto differente da quello della cosiddetta amministrazione per
enti pubblici dove gli enti erano direttamente dipendenti dall’amministrazione
statale e, in particolare, avevano il controllo diretto o indiretto da parte
dei ministeri.
Le
autorità amministrative indipendenti sono, infatti, totalmente svincolate da
ogni rapporto con l’organizzazione ministeriale.
Il
fenomeno ha incontrato un indubbio successo visto il proliferare di tali
autorità.
Non
esiste una legge generale che disciplini le caratteristiche fondamentali di
dette autorità perché questi enti non costituiscono una categoria omogenea; si
può solo evidenziare una caratteristica negativa ossia che esse non sono organi
dell’amministrazione statale.
Le
Autorità esercitano dei poteri regolatori nell’ambito delle competenze ad esse
attribuite che sono poste al di fuori della tradizionale tripartizione dei
poteri e al di fuori del circuito di responsabilità delineato dall'art. 95
della Costituzione.
Detto
potere deve essere supportato da un procedimento partecipativo, inteso come strumento
della partecipazione dei soggetti interessati sostitutivo della dialettica
propria delle strutture rappresentative.
In assenza di responsabilità e di soggezione nei confronti del Governo,
l'indipendenza e neutralità delle Autorità può trovare un fondamento dal basso,
a condizione che siano assicurate le garanzie del giusto procedimento e che il
controllo avvenga poi in sede giurisdizionale.
Non
è pensabile che l'attività di regulation sia svolta senza la necessaria
partecipazione al procedimento dei soggetti interessati: nei settori regolati
dalle Autorità, in assenza di un sistema completo e preciso di regole di
comportamento con obblighi e divieti fissati dal legislatore, la caduta del
valore della legalità sostanziale deve essere compensata, almeno in parte, con
un rafforzamento della legalità procedurale, sotto forma di garanzie del
contraddittorio.
La
dottrina ha sottolineato che si instaura una correlazione inversa tra legalità
sostanziale e legalità procedurale: quanto meno è garantita la prima, per
effetto dell'attribuzione alle Autorità indipendenti di poteri normativi e
amministrativi non compiutamente definiti, tanto maggiore è l'esigenza di
potenziare le forme di coinvolgimento di tutti i soggetti interessati nel
procedimento finalizzato all'assunzione di decisioni che hanno un impatto
rilevante sull'assetto del mercato e sugli operatori. F. CARINGELLA, Corso
di diritto amministrativo, 2004, 858.
La
giurisprudenza esige che l'attività di regolazione sia preceduta dalla
consultazione preventiva, volta a raccogliere il contributo informativo e
valutativo dei soggetti interessati. Consiglio Stato, sez. VI, 27 dicembre 2006, n. 7972, in Foro amm. CDS, 2006, 12 3398
In
altri casi all’autorità compete un potere di controllo destinato a sfociare
solo in relazioni periodiche al governo e al Parlamento, come l’autorità per la
vigilanza sui lavori pubblici, prevista dalla L. 109/1994.
Il
potere di controllo può essere preliminare e, come tale, condizionante
l’esercizio successivo della Corte dei Conti, come l’autorità per l’informatica
nella pubblica amministrazione, di cui alla L. 12 febbraio 1993, n. 39.
La
dottrina classifica le autorità amministrative indipendenti in rapporto alle
loro competenze in autorità trasversali e autorità di settore.
Le
autorità trasversali sono preposte ad un determinata materia con caratteri di
generalità come la commissione di garanzia dell’attuazione del diritto di
sciopero e l’autorità per la concorrenza ed il mercato disposte dalla L. 10
ottobre 1990, n. 287, che verifica il rispetto delle regole concorrenziali alla
legislazione italiana e a quella comunitaria in ogni ambito economico.
La
commissione di garanzia dell’attuazione del diritto di sciopero è stata
istituita dalla L. 12 giugno 1990, n. 146.
La
commissione è preposta per realizzare tentativi di conciliazione tesi a
comporre eventuali conflitti sociali che possono sfociare in manifestazioni di
sciopero.
La
regolamentazione dello sciopero e delle sue modalità, a salvaguardia dei
servizi essenziali, è disposta attraverso una ordinanza, ai sensi dell'art. 8,
comma 2 della L. 12 giugno 1990, n. 146.
Le
autorità di settore operano, invece, in un ambito circoscritto al fine di
regolare e vigilare una determinata attività, come l’autorità per la
radiodiffusione e l’editoria disposta dalla L. 6 agosto 1990, n. 223,
l’autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione disposta dalla L.
12 febbraio 1993, n. 39, l’autorità per i servizi di pubblica utilità disposta
dalla L. 14 novembre 1995, n. 481, l’autorità per il trattamento dei dati
personali disposta dalla L. 31 dicembre 1996, n. 675, l’autorità per le
garanzie nelle comunicazioni disposta dalla L. 31 luglio 1997, n. 249.
La
L. 6 agosto 1990, n. 223 affida al Garante per la radiodiffusione e l’editoria
poteri di programmazione, autorizzazione e controllo sulle imprese
radiotelevisive ed editoriali.
L’art.
31 della L. 6 agosto 1990, n. 223 affida al Garante e al Ministro delle poste e
telecomunicazioni funzioni sanzionatorie. Per le sanzioni amministrative si
applica la L. 24 novembre 1981, n. 689, vedi voce Sanzioni amministrative, par.
2.
Contro
i provvedimenti di revoca della concessione è, evidentemente, ammesso ricorso
al giudice amministrativo.
La
giurisprudenza ha precisato, infatti, che il privato, che gestisca un'emittente
via etere di programmi radiotelevisivi in ambito locale, deve adire la
giurisdizione amministrativa e non quella ordinaria, qualora insorga contro il
provvedimento di chiusura del suo impianto. Cass. civ., sez. un., 7 maggio
1996, n. 4219, in Giust. civ. Mass., 1996, 679.
La
autorità per l’informatica nella pubblica amministrazione è costituita dalla L.
12 febbraio 1993, n. 39.
L’autorità
ha, da un lato, funzioni di consulenza tecnica in materia di pianificazione,
progettazione, realizzazione, gestione e mantenimento dei sistemi informativi
automatizzati delle pubbliche amministrazioni, ai sensi dell’art. 7 della L. 12
febbraio 1993 n. 39, dall’altro ha funzione consultiva obbligatoria sugli
schemi di contratto concernenti l’acquisizione di beni e servizi relativi ai
sistemi informativi automatizzati, salvo il controllo successivo della Corte
dei Conti cui l’autorità deve conformarsi, ai sensi dell’art. 14 della L. 12
febbraio 1993, n. 39.
I
provvedimenti adottati dall’autorità hanno sostanzialmente natura di atti
preparatori che possono essere impugnati coll’atto che li recepisce secondo le
regole generali. Sono, pertanto, impugnabili dinanzi al giudice amministrativo
gli atti che si riferiscono alla gara di appalto.
La
L. 14 novembre 1995, n. 481 istituisce le autorità competenti per i servizi di
pubblica utilità rispettivamente per l’energia elettrica il gas e per le
telecomunicazioni.
L’autorità
ha, fra l’altro, il compito di formulare proposte al governo sui servizi da
assoggettare a regime di concessione o autorizzazione, stabilisce le tariffe,
controlla lo svolgimento dei servizi con poteri di ispezione, accesso e
acquisizione della documentazione, assicura la più ampia pubblicità delle
condizioni dei servizi.
I
provvedimenti adottati dall’autorità hanno natura amministrativa e sono,
pertanto, impugnabili dinanzi al giudice amministrativo, ove ha sede l’autorità
che ha giurisdizione esclusiva, ai sensi dell’art. 2, comma 25, della L. 14
novembre 1995, n. 481
La
giurisprudenza ha precisato che i provvedimenti recanti nuovi criteri
applicativi delle tariffe elettriche restano in vigore, ancorché anteriormente
emanati, sino alla rideterminazione delle tariffe predette da parte dell'Autorità
per l'energia elettrica ed il gas, ai sensi della L. 14 novembre 1995, n. 481,
art. 2, comma 12. Cons. Stato, sez. VI, 20 giugno 1997, n. 943, in Foro amm.,
1997, 1692.