La regione Emilia Romagna
ha promosso la questione di
legittimità costituzionale dell’articolo 6, comma 1, lettere a) e b), del
decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito in legge, con modificazioni,
dall’art. 1, comma 1, della legge 14 settembre 2011, n. 148, in riferimento
agli articoli 3, 97, 114, 117 e 118 della Costituzione.
La disposizione impugnata apporta
modifiche ai commi 4 e 6-bis dell’art. 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241.
Secondo al ricorrente la norma impugnata
potrebbe essere interpretata nel senso che, esaurito il termine di trenta
giorni concesso dall’art. 19, comma 3, per vietare la prosecuzione
dell’attività conseguente a una SCIA, e non ricorrendo alcuno dei casi
tassativi presi in esame dal comma 4, l’amministrazione non possa in alcun modo
intervenire in presenza di un abuso edilizio, neppure per mezzo del potere di
autotutela di cui agli artt. 21-quinquies e 21-nonies della legge n. 241 del
1990, che le è attribuito dal comma 3 dell’art. 19.
La Corte osserva che non è priva di
plausibilità l’interpretazione che collega all’art. 6, comma 1, lettera b), del
decreto-legge n. 138 del 2011 l’esclusione del potere di autotutela di cui al
comma 3 dell’art. 19 della legge n. 241 del 1990, a vantaggio dei soli
interventi repressivi indicati dal comma 4.
La questione di costituzionalità
vertente sull’art. 6, comma 1, lettera b), del decreto-legge n. 138 del 2011, è
ugualmente inammissibile, giacché l’interpretazione da cui deriverebbe il
vulnus costituzionale, temuto dalla ricorrente, è erronea.
La disposizione impugnata, infatti, può
e deve essere letta nel senso che essa non esclude il ricorso, da parte
dell’amministrazione, al potere di autotutela previsto dal comma 3 dell’art. 19
della legge n. 241 del 1990
L'amministrazione competente, in
caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti di cui al comma 1,
nel termine di sessanta giorni (trenta nei casi di Scia in materia edilizia) dal ricevimento della segnalazione di cui al
medesimo comma, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione
dell'attivita' e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa, salvo
che, ove cio' sia possibile, l'interessato provveda a conformare alla normativa
vigente detta attivita' ed i suoi effetti entro un termine fissato
dall'amministrazione, in ogni caso non inferiore a trenta giorni.
E' fatto comunque salvo il potere
dell'amministrazione competente di assumere determinazioni in via di autotutela,
ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies.
In caso di dichiarazioni
sostitutive di certificazione e dell'atto di notorieta' false o mendaci,
l'amministrazione, ferma restando l'applicazione delle sanzioni penali di cui
al comma 6, nonche' di quelle di cui al capo VI del testo unico di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 , puo' sempre
e in ogni tempo adottare i provvedimenti di cui al primo periodo.
Inoltre vi è una ulteriore potestà di
intervento configurata dal comma 4.
Decorso il termine per l'adozione dei
provvedimenti di rimozione dell’attività all'amministrazione e' consentito
intervenire solo in presenza del pericolo di un danno per il patrimonio
artistico e culturale, per l'ambiente, per la salute, per la sicurezza pubblica
o la difesa nazionale e previo motivato accertamento dell'impossibilita' di
tutelare comunque tali interessi mediante conformazione dell'attivita' dei
privati alla normativa vigente .
Il significato della norma non può essere compreso se la norma non viene
inserita nel più ampio contesto costituito dalla configurazione normativa dei
poteri amministrativi di repressione dell’abuso edilizio con cui il legislatore
ha inteso accompagnare e completare la riforma dei titoli abilitativi
all’edificazione, culminata con l’introduzione della segnalazione certificata
di inizio attività.
Date tali premesse, l’introduzione, da
parte dell’art. 49, comma 4-bis, del decreto-legge n. 78 del 2010, di un
ulteriore potere di intervento pubblico, configurato dal comma 4 dell’art. 19
della legge n. 241 del 1990, riflette la scelta del legislatore non già di
depotenziare irragionevolmente la potestà amministrativa rispetto alla SCIA, ma
quella, opposta, di assicurare una protezione ulteriore a taluni preminenti
beni giuridici, per i quali si è reputata insoddisfacente la sola via
dell’autotutela decisoria.
Per le ragioni esposte la Corte ha escluso
che la norma impugnata abbia l’effetto di privare, nella materia edilizia,
l’amministrazione del potere di autotutela, che, viceversa, persiste «fatta
salva l’applicazione delle disposizioni di cui al comma 4», cioè congiuntamente
all’intervento ammesso in caso di pericolo di danno per gli interessi ivi
indicati. Corte Cost. 4.7.2012, n. 188.
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