CAPITOLO XI
L’INQUINAMENTO ELETTROMAGNETICO.
1. Le funzioni statali.
1.1. L’autorizzazione per la
costruzione delle linee di trasmissione e distribuzione dell’energia elettrica.
2. La tutela del diritto alla
salute per effetto dell’esposizione a campi elettrici ed elettromagnetici. Le
distanze di rispetto dagli elettrodotti.
3. L’autorizzazione unica per la
realizzazione di centrali elettriche.
3.1. La giurisdizione
amministrativa. L’impugnativa del richiedente.
3.2. L’impugnativa del terzo a
tutela della salute
4. Le infrastrutture nel codice
delle comunicazioni elettroniche.
1. Le funzioni statali.
Fare Legislazione
d.p.r.
18.3.1965, n. 342, n. 203, art. 9 - r.d. 11.12.1933, n. 1775, art. 113.
Bibliografia Pugliese 1995.
La funzione di fissazione dei
criteri e limiti rilevanti al fine della protezione della popolazione dalle
potenzialità nocive insite nell'esposizione a campi elettromagnetici (funzione
che si ricongiunge ad un'attuazione dell'art. 32 cost.), spetta esclusivamente
allo Stato, mentre spettano alle regioni ed ai comuni compiti aventi rilievo
attuativo, esecutivo, di controllo e di vigilanza, nel novero dei quali non
rientra alcun potere di deroga alla normativa fissata a livello statale, in
particolare nel senso di fissare livelli di esposizione ad onde
elettromagnetiche inferiori a quelli dalla medesima determinati o
l'individuazione di distanze minime delle stazioni radio base da particolari
tipologie di insediamenti abitativi.
Soc. Telecom Italia Mobile c.
Com. Viterbo e altro
Giust. civ. 2002, I,1721
1.1. L’autorizzazione per la
costruzione delle linee di trasmissione e distribuzione dell’energia elettrica.
Legislazione d.p.r.
18.3.1965, n. 342, n. 203, art. 9 - r.d. 11.12.1933, n. 1775, art. 113.
Bibliografia Pugliese 1995.
L’art. 113 del r.d.
11.12.1933, n. 1775, per accelerare la costruzione delle linee di
trasmissione e distribuzione dell’energia elettrica, prevede un procedimento
semplificato, che consente di ottenere, nei casi d'urgenza, l’autorizzazione in
via provvisoria dell'inizio dei lavori.
Successivamente, l’art. 9 del
d.p.r. 18.3.1965, n. 342 ripropone lo stesso procedimento per i decreti di
autorizzazione degli elettrodotti, che devono essere costruiti dall'Ente
Nazionale per l'Energia Elettrica.
La norma precisa che
l’occupazione può essere autorizzata in via provvisoria, sulla base di un
consenso fornito da un organo tecnico tassativamente indicato: a) dal Ministro
dei lavori pubblici, sentito il Consiglio superiore, per le linee la cui
tensione normale di esercizio è uguale o superiore a sessantamila volta; b)
dall'ingegnere capo del genio civile, che ne riferirà immediatamente al
Ministero dei lavori pubblici, per le linee la cui tensione è superiore a
cinquemila ed inferiore a sessantamila volta; c) dal prefetto, sentito
l'ufficio del genio civile, per le linee non superiori a 5000 volta, ex art.
113, r.d. 11.12.1933, n. 1775.
La giurisprudenza ha precisato la
portata del provvedimento di autorizzazione provvisoria; esso non comporta la
dichiarazione di pubblica utilità essendo il procedimento ablatorio nettamente
distinto da quello di occupazione.
Il provvedimento
d’autorizzazione provvisoria alla costruzione degli elettrodotti non richiede
la fissazione dei termini iniziali e finali dei lavori e delle espropriazioni
di cui all'art. 13, l. 2359/1865, perché comporta solo la dichiarazione di
indifferibilità ed urgenza dei relativi lavori e non anche la dichiarazione di
pubblica utilità dell'opera.
(T.A.R. Veneto,
sez. I, 18.5.1994, n. 550, RGEnel, 1994, 240).
In tal modo si rinvia il procedimento
contenzioso alla fase successiva del rilascio dell’autorizzazione definitiva
(Pugliese F. 1995, 266).
L'autorizzazione provvisoria ad
eseguire i lavori per la realizzazione di elettrodotto costituisce, infatti,
non già dichiarazione di pubblica utilità preordinata alla servitù coattiva
perpetua, ma semplice dichiarazione anticipata di indifferibilità ed urgenza
dei lavori.
Il provvedimento,
pertanto, ha un effetto limitato, in quanto consente unicamente l'emanazione di
ordinanza prefettizia per occupazione di urgenza temporanea.
E’ in occasione
del rilascio della autorizzazione definitiva che l'amministrazione è tenuta a
comparare le esigenze della linea elettrica con quelle del fondo servente,
l'essenzialità dell'elettrodotto con le necessità tecniche e morfologiche del
percorso prospettato
(Cons. St., sez. IV, 14.4.1994, n. 335, RGE, 1994, I, 1094. Cons.
St., sez. IV, 25.9.1998, n. 568).
Tale impostazione è stata
ribaltata dall’orientamento giurisprudenziale che ritiene che i decreti di autorizzazione
provvisoria hanno effetto di dichiarazione d pubblica utilità delle opere.
Esso afferma che non può aversi
una dichiarazione anticipata d’indifferibilità e d’urgenza dei lavori
finalizzata all’occupazione temporanea prima che sia emessa esplicitamente e
per implicito, la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera.
Secondo l’impostazione
tradizionale la sentenza conferma la distinzione fra i due procedimenti
d’occupazione e d’espropriazione, ma considera il primo come parte integrante
del procedimento ablatorio, teoricamente non necessario, ma spesso oramai
indispensabile, anche per espressa disposizione di legge, come afferma l’art.
1, l. 1/1978.
Il passaggio logico, che supporta
il nuovo orientamento, è costituito dall’affermazione che la dichiarazione di
pubblica utilità costituisce la base comune su cui poggiano sia il procedimento
espropriativo che quello di occupazione.
I decreti di
autorizzazione provvisoria, ex art. 113, r.d. 11.12.1933, n. 1775, alla
costruzione di elettrodotti non solo hanno efficacia di dichiarazione di
indifferibilità ed urgenza delle opere relative agli elettrodotti, ma anche di
dichiarazione di pubblica utilità delle opere medesime, sicché essi devono
contenere l’indicazione dei termini per l’inizio e il compimento delle
espropriazione e dei lavori, ex art. 113, r.d. 11.12.1933, n. 1775.
(Cons. St., sez. IV, 9.4.1999, n. 606, GD, 1999, n. 20, 94).
La giurisprudenza ha confermato
la necessità per l'E.N.E.L. di ottenere l'autorizzazione definitiva prescritta
dall'art. 119, t.u. 11.12.1933, n. 1775 e dall'art. 9 del d.p.r. 18.3.1965, n.
342.
Tale autorizzazione è necessaria
per imprimere carattere di pubblica utilità all'opera.
L’ente può, così, legittimamente
realizzare le linee di trasmissione e distribuzione dell'energia elettrica.
In relazione a
tale autorizzazione l'E.N.E.L. ha diritto alla costituzione della servitù
coattiva di elettrodotto.
(App. Cagliari,
14.4.1994, RGEnel, 1995, 173).
L’attività di costruzione, da
parte dell'E.N.E.L., di qualsiasi linea di trasporto o distribuzione di energia
elettrica, a prescindere dalla tensione di esercizio, non è, infatti, libera,
ma soggetta ad apposite autorizzazioni da parte della competente autorità
amministrativa.
L’autorità preposta deve valutare
la convenienza e la congruenza dell'impianto da realizzare, attraverso
l'emissione di un provvedimento, che è una implicita dichiarazione di pubblica
utilità dell'opera.
L'autorizzazione
definitiva prescritta dall'art. 119, t.u. 11.12.1933, n. 1775, condiziona
l'esercizio del diritto di costruzione e di gestione dell'elettrodotto nonché
conferisce, in favore dell'ente, uno ius ad servitutem habendam.
In
caso di mancanza di un accordo volontario, è consentito o il ricorso al
giudice, per la costituzione della servitù coattiva mediante sentenza, oppure
quello alla procedura espropriativa, per imporre l'asservimento in via
amministrativa.
(Cass. civ.,,
Sez. U., 13.5.1993, n. 5428, GI, 1994, I, 1, 1066).
2. La tutela del diritto alla
salute per effetto dell’esposizione a campi elettrici ed elettromagnetici. Le
distanze di rispetto dagli elettrodotti.
Legislazione l. 1034/1971,
art. 21 - l. 1/1978, art. 1 - d.p.c.m. 23.4.1992, artt. 5, 7.
Bibliografia Rocco 1999.
Un limite alla concessione
dell’autorizzazione è dettato dal d.p.c.m. 23.4.1992 che fissa le distanze di
rispetto dagli elettrodotti negli ambienti abitativi e nell’ambiente esterno a
tutela del diritto alla salute che viene riconosciuto dal legislatore con un
provvedimento che recepisce le indicazioni giurisprudenziali.
Il provvedimento pone fine alla
disputa sulla tutela del diritto alla salute per effetto dell’esposizione a
campi elettrici ed elettromagnetici che, peraltro, la giurisprudenza ha
riconosciuto, in via inibitoria, anche in pendenza di accertamenti scientifici.
Nell'ipotesi di
costruzione da parte dell'Enel di elettrodotto ad altissima tensione (380 KV),
è ammissibile e va accolta la richiesta, avanzata dagli abitanti della zona
interessata dalla costruzione, di una inibitoria cautelare che ingiunga
all'Enel di non attivare l'elettrodotto, in previsione dell'esercizio di una
inibitoria di merito per la tutela dal proprio diritto alla salute, che
potrebbe venire pregiudicato dalla prolungata esposizione al campo elettrico
generato dall'elettrodotto.
La richiesta va
accolta pur quando i risultati delle indagini epidermiologiche in atto non
indichino già come assolutamente certa l'esistenza di un nesso eziologico tra
l'esposizione ai campi elettrici ed i danni paventati - quali, ad esempio,
l’insorgenza di cancro, la leucemia, le malformazioni genetiche - essendo
comunque necessario, in attesa del definitivo responso della comunità
scientifica, prendere tutte le misure atte ad evitare che il rischio ipotizzato
si tramuti in danno irrimediabile.
(Pret.
Pietrasanta, 8.11.1986, FI, 1987, 3372).
L’art. 5, d.p.c.m. 23.4.1992,
fissa le distanze da tenere in rapporto alla potenza delle linee.
Il rispetto dei limiti massimi di
esposizione dai campi elettrici fissati dal d.p.c.m. 23.4.1992 è sufficiente ai
fini della legittimità dell'atto autorizzativo che approva il tracciato
dell'elettrodotto, e non giustifica il ricorso a provvedimenti cautelari.
In presenza del
rispetto del d.p.c.m. 23.4.1992 - che prevede i limiti di esposizione ai campi
elettromagnetici degli elettrodotti ad alta tensione, recependo - al pari del
d.p.r. 27.4.1992 concernente la Via - quelli indicati in via prudenziale, dalle
più autorevoli organizzazioni scientifiche internazionali e nazionali - va
respinto il ricorso volto alla sospensione della realizzazione di una linea in
base a presunti pericoli per la salute umana.
(T.A.R.
Lombardia, sez. II, Milano, 3.11.1994, n. 618, RGEnel, 1995, 954).
Con riguardo ai
profili di tutela del diritto alla salute connessi con i campi elettromagnetici
derivanti dagli elettrodotti ad alta tensione, il rispetto del d.p.c.m.
23.4.1992, che ha normativamente recepito i limiti indicati dalle istituzioni
sanitarie specializzate, è sufficiente ai fini della legittimità dell'atto
autorizzativo delle linee stesse.
(T.A.R.
Lombardia, sez. II, Milano, 14.5.1994, n. 302, RGEnel, 1994, 243)
L’attività cautelare è limitata
anche nelle procedimenti di risanamento che sono dilazionati nel tempo fino al
2004, e che impediscono di fatto la possibilità di tutela, ex art. 7, d.p.c.m.
23.4.1992.
La giurisprudenza ritiene non
sufficienti in talune circostanze di particolare prevenzione, come, ad esempio,
nel caso di edifici scolastici, gli stessi limiti fissati dal d.p.c.m.
23.4.1992.
Dev'essere
accolta la domanda cautelare di sospensione dell'atto di trasferimento di una
scuola elementare in altro edificio a ridosso di un elettrodotto in quanto,
come richiede l'ultimo rapporto sull'argomento dell'Istituto superiore di
Sanità, si deve dare il massimo grado di priorità a tutti gli interventi di
prevenzione indirizzati agli spazi destinati all'infanzia, non essendo
sufficiente il rispetto dei limiti di cui al d.p.c.m. 23.4.1992 ad escludere la
pericolosità dell'esposizione ai campi elettromagnetici.
Esso, infatti,
non tiene conto degli effetti a lungo termine sulla salute umana.
(T.A.R. Veneto
sez. II, 29.7.1999, n. 927, RGA, 2000, 119).
Va sospeso, ai
sensi dell'art. 21, l. 1034 del 1971, il provvedimento sindacale che inibisce
la realizzazione - nell'ambito del territorio comunale - di un elettrodotto a
380 kV, adducendosi la mancanza della concessione edilizia e la necessità di
tutelare la salute pubblica in relazione ai campi elettromagnetici generati,
considerato che per tali opere non e' necessaria la concessione edilizia,
mentre, ai fini del profilo sanitario, dovranno essere rispettate le
prescrizioni contenute nel d.p.c.m. 23.4.1992.
(T.A.R.
Basilicata, 26.1.1995, Ord. n. 63, RGEnel, 1995, 521).
Con
il rispetto delle prescrizioni limitative dettate dal d.p.c.m. 23.4.1992 si
esauriscono i doveri imposti in materia di localizzazione degli elettrodotti,
dalla tutela della salute dai rischi generati dai campi elettromagnetici.
(T.A.R. Campania
sez. V, Napoli, 21.12.1994, n. 485, RGEnel, 1995, 508).
La giurisprudenza costituzionale
ha ritenuto legittima la normativa regionale che introduce un sistema più
restrittivo del regime delle distanze di rispetto degli elettrodotti dalle
abitazioni, consacrando n indirizzo che privilegia l’incremento delle
competenze regionali e decentrate rispetto a ormai insufficienti modelli di
vetero-centralismo statalista (Rocco F. 1999, 106).
L'art. 1, l. r.
Veneto riapprovata il 29.7.1997, che impone all'ente elettrico nazionale valori
di campo magnetico estremamente più rigidi di quelli prescritti dal d.p.c.m.
23.4.1992 per gli elettrodotti a linea aerea, con tensione da 132 Kw in su,
quando sorvolino aree destinate agli strumenti urbanistici a nuove costruzioni
residenziali, scolastiche e sanitarie, si mantiene all'interno della potestà
legislativa regionale in materia di sanità e urbanistica - quest'ultima intesa
in termini di governo del territorio e di protezione dell'ambiente secondo la
definizione dell'art. 80, d.p.r. 24.7.1977, n. 616.
La norma non lede
competenze legislative statali, anche perché non tende a vanificare, ma semmai
ad accrescere, gli obiettivi di tutela della salute perseguiti a livello
nazionale.
E' inammissibile,
per carenza di un parametro legale di verifica, la deduzione, nel giudizio di
costituzionalità in via principale, del vizio di lesione dell'interesse
nazionale a carico dell'art. 1, l. reg. Veneto riapprovata il 29.7.1997, in
tema di prevenzione e dei danni derivanti dai campi elettromagnetici generati
da elettrodotti, là dove tale norma, imponendo valori di campo magnetico
estremamente più rigidi di quelli prescritti dal d.p.c.m. 23.4.1992, imporrebbe
all'ente elettrico nazionale e quindi agli utenti dell'intero paese un
incremento di spese a fronte di un presunto beneficio limitato agli abitanti
nel Veneto.
(Corte cost.
7.10.1999, n. 382, RGE, 1999, I, 1184).
Stranamente il d.p.c.m. 23.4.1992
non contiene alcuna disposizione che preveda l’adeguamento alle sue norme degli
elettrodotti già realizzati, che possono essere tenuti alle distanze inferiori
a quelle di sicurezza ora previste.
Il d.p.c.m.
23.4.1992 non è applicabile agli elettrodotti realizzati sulla base di
provvedimenti autorizzativi emanati antecedentemente alla sua entrata in vigore
(Cons. Stato,
sez. IV, 28.2.1994, n. 190, RGEnel, 1995, 500).
La l. 21.2.2001, n. 36, cerca di
rispondere all’esigenza di fornire un’adeguata regolamentazione della materia,
anche se la dottrina rileva che l’efficacia della normativa è condizionata in
modo rilevante dal contenuto dei decreti di attuazione e dai controlli (Ramacci
L. 2001, 26).
In particolare lo Stato deve
definire i limiti di esposizione, i valori di attenzione, gli obiettivi di
qualità e i parametri per la previsione di fasce di rispetto per gi
elettrodotti, ex art. 4, 2° co., l. 21.2.2001, n. 36, mentre le regioni devono
definire le modalità per il rilascio delle autorizzazioni alla installazione
degli impianti, ex art. 8, l. 21.2.2001, n. 36, e soprattutto definire i piani
di risanamento che devono contenere il programma cronologico di attuazione in
cui devono essere indicati gli interventi prioritari sulle situazioni esposte a
più elevati livelli di inquinamento elettromagnetico, ex art. 9, l. 21.2.2001,
n. 36.
3. L’autorizzazione unica per la
realizzazione di centrali elettriche.
Legislazione d.l. 7.2.2002 n.
7, art. 1 - l. 9.4.2002, n. 55, art. 1.
Bibliografia Giovagnoli 2005.
Con la l. 9.4.2002, n. 55,
contenente misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico
nazionale il legislatore ha ritenuto necessario il rafforzamento urgente del
parco di generazione di energia elettrica al fine di evitare crisi ed interruzioni
della fornitura di energia (Giovagnoli R. 2005, 524).
Il procedimento di autorizzazione
è utilizzabile anche in mancanza dell’approvazione del piano energetico
nazionale.
La possibilità di
autorizzare la realizzazione di centrali elettriche non risulta subordinata
alla previa adozione di un piano energetico nazionale, non essendo tale
strumento previsto da alcuna norma dell'ordinamento, né dalla l. 9.4.2002, n.
55. Tali ultime disposizioni non risultano violare la ripartizione di
competenze tra Stato e regioni nella materia "energia" prevista
dall'art. 117 cost., in quanto trattasi di esercizio del potere legislativo, di
cui all'art. 118 cost., di allocazione di funzioni amministrative secondo i
principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza, potere legislativo
che deve essere esercitato dall'organo legislativo corrispondente al livello
territoriale interessato, in questo caso lo Stato.
La legge istituisce in via
transitoria un procedimento semplificato di autorizzazione per la costruzione e
l'esercizio degli impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW
termici, gli interventi di modifica o ripotenziamento, nonché le opere connesse
e le infrastrutture indispensabili all'esercizio degli stessi.
Dette opere sono dichiarate opere
di pubblica utilità e soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dal
Ministero delle attività produttive.
L’autorizzazione sostituisce
autorizzazioni, concessioni ed atti di assenso comunque denominati, previsti
dalle norme vigenti e
costituisce titolo per costruire
e per esercire l'impianto in conformità al progetto approvato.
L'autorizzazione è rilasciata a
seguito di un procedimento unico, al quale partecipano le Amministrazioni
statali e locali interessate, svolto nel rispetto dei principi di
semplificazione e con le modalità di cui alla l. 7.8.1990, n. 241, e successive
modificazioni, d'intesa con la regione interessata.
E’ obbligatoria la convocazione
di una conferenza di servizi cui la giurisprudenza ha riconosciuto natura
meramente istruttoria.
Al fine del
rilascio della autorizzazione alla costruzione di una centrale elettrica, la l.
9.4.2002, n. 55, prevede la convocazione di una conferenza di servizi di natura
istruttoria, essendo il rilascio della autorizzazione di competenza del
ministero delle attività produttive.
Tale autorizzazione comprende
l'autorizzazione ambientale integrata e sostituisce, ad ogni effetto, le
singole autorizzazioni ambientali di competenza delle Amministrazioni interessate
e degli enti pubblici territoriali. L'esito positivo della VIA costituisce
parte integrante e condizione necessaria del procedimento autorizzatorio.
L'istruttoria si conclude in ogni
caso una volta acquisita la VIA, entro il termine di centottanta giorni dalla
data di presentazione della richiesta, comprensiva del progetto preliminare e
dello studio di impatto ambientale.
L'autorizzazione indica le
prescrizioni e gli obblighi di informativa posti a carico del soggetto
proponente per garantire il coordinamento e la salvaguardia del sistema
elettrico nazionale e la tutela ambientale, nonché il termine entro il quale
l'iniziativa è realizzata.
Per il rilascio
dell'autorizzazione è fatto obbligo di richiedere il parere motivato del comune
e della provincia nel cui territorio ricadono le opere.
Il rilascio del parere non può
incidere sul rispetto del termine di centottanta giorni entro il quale deve
chiudersi il procedimento. Qualora le opere comportino variazioni degli
strumenti urbanistici e del piano regolatore portuale, il rilascio
dell'autorizzazione ha effetto di variante urbanistica.
La regione competente può
promuovere accordi tra il proponente e gli enti locali interessati dagli
interventi per l'individuazione di misure di compensazione e riequilibrio
ambientale.
La giurisprudenza ha respinto le
censure di illegittimità costituzionale in quanto, secondo la Corte, l'intervento
normativo del Governo trova fondamento in una situazione nella quale, in
assenza di un effettivo e rapido rafforzamento delle strutture di produzione e
di distribuzione dell'energia elettrica, si possono produrre serie difficoltà o
addirittura interruzioni più o meno estese della fornitura di energia, con
conseguenti gravi danni sociali ed economici.
Non sono fondate,
in riferimento all'art. 118 cost., le questioni di legittimità costituzionale
sollevate contro la l. 9.4.2002, n. 55. Premesso che, nelle materie di cui
all'art. 117, 3° e 4° co., cost., perché una legge statale possa legittimamente
attribuire funzioni amministrative a livello centrale ed al tempo stesso
regolarne l'esercizio, è necessario che essa rispetti i principi di
sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza nella allocazione delle funzioni
amministrative, che sussistano esigenze di esercizio unitario di tali funzioni,
che detti una disciplina logicamente pertinente e limitata a quanto
strettamente indispensabile al fine perseguito e che sia adottata a seguito di
procedure che assicurino la partecipazione dei livelli di governo coinvolti
attraverso strumenti di leale collaborazione o, comunque, preveda adeguati
meccanismi di cooperazione per l'esercizio concreto delle funzioni amministrative
allocate in capo agli organi centrali.
E’ indubbia la
necessità dell'intervento dell'amministrazione statale in relazione al
raggiungimento del fine di evitare il "pericolo di interruzione di
fornitura di energia elettrica su tutto il territorio nazionale", così
come è evidente la pertinenza e la limitazione della normativa in relazione
alla regolazione delle funzioni amministrative in questione, mentre la
previsione di due livelli di partecipazione delle regioni - consistenti nella
previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano in ordine alla
determinazione dell'elenco degli impianti di energia elettrica che sono oggetto
degli speciali procedimenti previsti, e nella subordinazione del rilascio
dell'autorizzazione ministeriale all'intesa con la Regione interessata -
realizza sufficienti modalità collaborative e di garanzia degli interessi delle
istituzioni regionali i cui poteri sono parzialmente ridotti dall'attribuzione
allo Stato dell'esercizio unitario delle funzioni disciplinate negli atti
impugnati.
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