Urbanistica. Sicilia. Procedimento
per il rilascio della concessione edilizia. Formazione del silenzio
In Sicilia, il procedimento per il
rilascio della concessione edilizia è regolato dall'art. 2, l. rg. 31 maggio
1994 n. 17 (« Provvedimenti per la prevenzione dell'abusivismo edilizio e per
la destinazione delle costruzioni edilizie abusive esistenti »). La norma in
questione prevede un meccanismo di formazione del silenzio-assenso sulle
istanze di concessione edilizia sostanzialmente ispirato a quello introdotto
nell'ordinamento statale dalla l. 25 marzo 1982 n. 94. M. Occhiena, L'"autorizzazione"
edilizia tra semplificazione, doveri di correttezza del cittadino e
responsabilità degli amministratori, Foro amm. TAR, 2002, 05, 1853.
Il comma 5 dell'art. 2, l. rg. n. 17
del 1994, dispone che la domanda di concessione edilizia si intende accolta
qualora il comune non comunichi il diniego motivato sull'istanza di
edificazione entro centoventi giorni dal ricevimento di quest'ultima (o dal
momento del deposito dei documenti integrativi richiesti dall'amministrazione).
Il termine di centoventi giorni è
calcolato sul totale dei giorni a disposizione dell'amministrazione comunale
per istruire il procedimento e decidere sulla domanda del privato (ossia:
quarantacinque giorni per il responsabile del procedimento al fine di formulare
una proposta motivata di provvedimento alla commissione edilizia;
quarantacinque giorni per tale ultimo organo per esprimere il proprio parere;
trenta giorni a disposizione del sindaco per adottare il provvedimento finale
della procedura).
L'art. 2 commi 6 e 7, l. rg. cit.,
statuisce che il titolare della (come viene a tutti gli effetti definita) «
concessione edilizia » possa iniziare i lavori dopo che è intervenuto il
silenzio-assenso.
Egli deve comunicare l'avvio al
sindaco e previo versamento degli oneri concessori calcolati da un progettista
(ed eventualmente rideterminati ad opera del comune); prima dell'inizio
dell'esecuzione dell'opera.
Il progettista deve « inoltrare una
perizia giurata che asseveri la conformità degli interventi da realizzare alle
prescrizioni urbanistiche ed edilizie nonché il rispetto delle norme di
sicurezza e sanitarie ».
Anche dopo che si è formato il silenzio-assenso sulla domanda
di concessione edilizia, il comma 8 dell'art. 2, cit., fissa il potere-dovere
dell'amministrazione comunale di completare l'esame della domanda stessa entro
trenta giorni dalla comunicazione dell'inizio dei lavori.
Obbligo di
annullamento mancanza dei requisiti per il rilascio del titolo abilitativo
Quando si accerti la mancanza dei
requisiti per il rilascio del titolo abilitativo, il sindaco deve annullare o
revocare la « concessione assentita per silentium, facendo valere le eventuali
responsabilità penali, civili, amministrative e disciplinari.
La giurisprudenza ritiene che l'art. 2 l. reg. Sicilia 31 maggio 1994 n. 17,
va interpretato nel senso che, sussistendo i presupposti di legge, il decorso
dei centoventi giorni dalla presentazione della domanda di concessione edilizia
attribuisce al richiedente una posizione equiparabile all'ottenimento della
concessione stessa, con la differenza, però, che il procedimento non può dirsi
concluso fino a quando l'interessato non abbia comunicato di aver dato inizio
ai lavori, aprendo così una seconda fase - prevista dal comma 8 - che si conclude
o con un intervento esplicito della p.a., sollecitata a riesaminare la pratica
per effetto della manifestata intenzione di iniziare l'opera, o con il decorso
del termine di trenta giorni.
In quest'ultima ipotesi il silenzio
assenso può dirsi per certi aspetti consolidato.
L'Amministrazione comunale non ha
più il fisiologico governo della pratica edilizia e, pertanto, non può decidere
su di essa con atto "di primo grado" in altri termini, prima della
decorrenza del predetto termine di trenta giorni normativamente previsto non si
può avere certezza circa la positiva conclusione della procedura di cui
all'art. 2 l. reg. Sicilia n. 17 del 1994. T.A.R. Sicilia Palermo, sez. III,
04/01/2012, n. 2
L'art. 2 l. reg n. 17 del 1994 ha
introdotto nell'ordinamento regionale siciliano l'istituto del silenzio/assenso
in relazione alle domande di rilascio di concessione edilizia che non siano
esitate negativamente nel termine di centoventi giorni e decorso tale termine
il richiedente può comunicare l'inizio dei lavori, previo versamento degli
oneri concessori e previa presentazione della perizia giurata prevista dal
comma 7 dello stesso articolo (che attesti la conformità degli interventi da
realizzare alle prescrizioni urbanistiche ed edilizie, nonché il rispetto delle
norme di sicurezza e sanitarie e l'ammontare del contributo concessorio dovuto).
Da questo momento - cioè, dalla
comunicazione di avvio dei lavori effettuata sulla base di una concessione
edilizia tacita - si apre per l'ente pubblico uno "spatium deliberandi"
di trenta giorni, previsto dal comma 8 dell'articolo in commento, nel quale
l'esame della domanda deve essere completato e vengono compiuti gli atti
necessari a far valere eventuali responsabilità penali, civili, amministrative
e disciplinari.
Se nel corso del predetto termine
non viene adottato alcun atto espresso, il silenzio protratto produce l'effetto
di " consolidamento " del titolo già assentito; ove invece venga
adottato un atto formale questo può essere diretto:
a) a confermare il provvedimento silenzioso
con atto espresso (in proposito è stata anche riconosciuta la pretesa del
titolare della concessione tacita ad ottenere il rilascio di un documento
formale che confermi il titolo formatosi per silentium;
b) ad annullarlo attraverso una autotutela
" accelerata e semplificata " in ragione del mero riscontro della
mancanza dei presupposti di legge necessari al suo rilascio; ossia, al solo
scopo di ripristinare la legalità violata. T.A.R. Sicilia Catania, sez. I,
01/12/2011, n. 2818
Nel caso di specie sulla domanda si
è formato il silenzio assenso, pertanto,
sia la nota del Comune che nega
l'avvenuta formazione del silenzio e chiede integrazione documentale, sia
l'autorizzazione recante "divieto di realizzare ogni opera che
interferisce con il tracciato della condotta fognaria e che tende a diminuire
l'esercizio della servitù o a renderlo più incomodo" sono intervenuti
quando ormai l'amministrazione aveva perso il potere di pronunciarsi con un
provvedimento di primo grado, per essersi formato, ex lege, un tacito
provvedimento di accoglimento della domanda.
Per giurisprudenza costante,
infatti, quando il titolo abilitativo si forma per silenzio assenso,
l'Amministrazione può pronunciarsi sulla domanda, solo previo annullamento, in
sede di autotutela, del silenzio assenso, cui può ricorrere solo ove sussista
un prevalente interesse pubblico alla rimozione dell'assenso implicito (non
identificabile con il mero ripristino della legalità violata) e con il rispetto
delle garanzie procedimentali previste dalla legge n. 241 del 1990 Cons. Stato,
sez. V, 20.3.2007, n. 1339 e 27.6.2006, n. 4114.
Pertanto, l'autorizzazione con cui
il Comune ha tardivamente esercitato il poter di verifica di conformità
dell'opera alle prescrizioni urbanistiche e edilizie è illegittima essendo
stata emanata in violazione dell'art. 5 della l.r. 37/1985 e va annullato,
nella parte in cui impone il "divieto di realizzare ogni opera che
interferisce con il tracciato della condotta fognaria e che tende a diminuire
l'esercizio della servitù o a renderlo più incomodo. Le spese seguono la
soccombenza.
L'annullamento in autotutela dei
provvedimenti amministrativi disciplinato dall'art. 21 nonies della L. n. 241
del 1990 presuppone che il provvedimento di secondo grado intervenga in un
lasso di tempo "ragionevole" dalla comunicazione di inizio lavori da
parte del concessionario di titolo edilizio formatosi con il silenzio assenso,
di cui all'art. 2 l. reg. Sicilia n. 17 del 1994 e che non si sia ancora dato
inizio ai lavori; va inoltre verificato che l'interesse perseguito dalla PA sia
quello di impedire l'edificazione in una zona gravata da un vincolo legale di
inedificabilità introdotto dall'art. 10 della L.R. n. 16 del 1996. T.A.R.
Sicilia Catania, sez. I, 12/09/2012, n. 2131
Il termine di trenta giorni per
esercitare l'annullamento d'ufficio ai sensi dell'art. 2, co. 8, della L.R.
17/1994 della concessione edilizia tacita risulta, per il vero, come affermato
in ricorso, già decorso (seppur per soli sei giorni) al momento di adozione del
provvedimento impugnato; tuttavia, si deve ritenere che la PA si sia avvalsa
del procedimento di annullamento in autotutela "di secondo grado"
disciplinato dall'art. 21 nonies della L. 241/90.
L'annullamento in autotutela dei
provvedimenti amministrativi appare correttamente eseguito dal Comune
resistente, tenuto conto dei seguenti elementi:
a) il provvedimento di secondo grado
è intervenuto in un lasso di tempo assolutamente ragionevole dalla
comunicazione di inizio lavori da parte del concessionario;
b) i lavori non erano stati comunque
in concreto avviati. La giurisprudenza ha precisato che nell'ipotesi in cui -
pur essendosi formato il silenzio-assenso sull'istanza di permesso di costruire
di cui all'art. 2 l. reg. Sicilia n. 17 del 1994 - non si sia ancora dato
inizio ai lavori, il provvedimento di annullamento del consenso implicito in
sede di autotutela non richiede un onere motivazionale ulteriore rispetto alla
dimostrazione dell'assoluta incompatibilità dell'intervento con le previsioni
di piano e con la vigente normativa regionale di riferimento" C.G.A.
1200/2010;
c) l'interesse perseguito dalla PA è
evidentemente quello di impedire l'edificazione in una zona gravata da un
vincolo legale di inedificabilità introdotto dall'art. 10 della L.R. 16/1996.
Nessun commento:
Posta un commento