1.
Capitolo. Barbino.
Il boiardo
incaricato è autonomo nella gestione del suo servizio, il funzionario risponde
all’Orga-nizzazione che lo controlla.
Barbino è
preposto al compito di verificare il lavoro dei boiardi.
E’ stato
promosso sul campo perché ha dimo-strato una particolare abilità.
Piccolo di
statura, con un pizzetto mefisto-felico, Barbino ha l’aspetto sgradevole di chi
gioca con le persone.
Gli occhi di
Barbino, scuri come la pece, ti penetrano nell’anima, indagatori di ogni tuo
più recondito pensiero.
E’ fortemente
consapevole del suo enorme potere.
Sa che una sua
semplice parola può innalzare alle stelle un piccolo impiegato.
Chi fino al
giorno prima portava le mezze maniche per riparare i gomiti delle giacche da
una preventiva usura può in un battibaleno ascendere all’empireo dei boiardi e
passare dai grandi magazzini ai negozi di abbigliamento più esclusivi .
Una semplice
illazione può fare cadere in disgrazia il più importante dei boiardi e farlo
precipitare al primo gradino dove deve riprendere ad indossare le famose mezze
maniche.
L’arte di Barbino è quella di scegliere i suoi
collaboratori.
E’ lui che seleziona incessantemente le nuove leve che
possono essere i boiardi di domani.
La sua principale qualità è l’arroganza.
L’arroganza di conoscere gli fa presumere di essere
competente in tutto non tollerando che nessuno gli faccia alcuna critica, anche
quando sbaglia, perché la ritiene offensiva alla sua immagine.
Nel suo enclave non conta molto sapere risolvere i
problemi che ti vengono affidati.
A questo provvede Barbino.
E’ una sua esclusiva competenza risolvere ogni
questione di una certa rilevanza perché così esercita il suo potere invasivo
che non tollera intromissioni.
L’aspetto professionale non è quindi decisivo per
scegliere il collaboratore.
Questo deve essere principalmente un buon esecutore e
non deve porre troppi problemi.
Il collaboratore deve essere soprattutto un suddito.
Deve semplicemente obbedire agli ordini dettagliati
che gli sono impartiti.
“Cosa dovemo fare oggi capo.” Rebecca, la kapò
di Barbino, si rivolge a lui abitualmente così ogni mattina quando si
incrociano nell’ufficio dell’Organizzazione dimostrando semmai, se ce ne fosse
ancora bisogno, la sua completa sottomissione. Non deve spingere troppo le sua
volontà di carriera, deve tenere conto degli equilibri che si sono
cristallizzati nel tempo.
Certi fascicoli è meglio che li guardi solo Barbino; è
meglio che i sottoposti non ficchino il naso in questioni che non li
riguardano.
Devono solo badare a quello che è stato loro affidato:
nulla di più!
E’ meglio non cercare rapporti troppo privilegiati con
i capi dell’Organizzazione cui Barbino deve rendere conto.
Se uno si muove senza la necessaria discre-zione e
ricerca rapporti troppo diretti con i vertici dell’Organizzazione, risulta
immediatamente sgra-dito al grande capo perché non sta al posto suo!
I rapporti diretti e confidenziali sono riservati solo
a lui.
Se il
collaboratore non si dimostra all’altezza del compito ed il servizio è
giudicato insufficiente tanto meglio.
L’intervento
dell’Organizzazione consente, infatti, la creazione di un Commissario di
livello superiore che, con una modesta prebenda aggiuntiva, ha modo di
affermare nuovamente l’efficienza dell'Organizzazione.
Il boiardo
inefficiente non è però rimosso, perché l’Organizzazione è sempre clemente con
i suoi adepti, ma semplicemente spostato ad un altro compito adeguato alle sue
capacità.
2.
Capitolo. Il
controllo del territorio.
L’importante per
un controllo capillare del territorio è creare tanti centri decisionali.
Sono
Associazioni che si occupano dei più svariati problemi che interessano la
comunità.
L’associazione
per la cura degli stagni, l’associazione per le piste ciclabili, l’ente per il
riciclo dei rifiuti, Presidente ogni giorno se ne inventa una.
La sua attività
è vorticosa; anche tre cene per sera, due o tre incontri da una parte all’altra
del territorio. Non c’è inaugurazione o taglio di nastro che non lo veda in
prima fila.
Lui deve curarsi
anche dei finanziamenti. deve reperire nuovi introiti istituendo nuove tasse o
richiedendo contributi liberi ai protagonisti dell’economia del territorio.
Loro non gli negano mai nulla per paura di
trovare un nemico che nulla dimentica sulla loro strada. Chi non ha un piacere
da domandare all’Organizzazione?
Tutto quello che
succede deve avere in lui il principale protagonista: il suo controllo spazia
su tutto; l’unica cosa che non riesce a controllare sono le mosche.
Ogni tanto gli
enti entrano in conflitto tra di loro.
Allora le
riunioni, le commissioni e le discussioni sono necessarie.
E’ una ricchezza
per la comunità questo interessamento serrato.
Poi arriva la
mediazione di Presidente e tutto si risolve.
L’unica piccola
difficoltà è data dal fatto che tanto interessamento, tanta documentazione e
tante discussioni comportano oneri sempre più gravosi. La spesa è fuori
controllo.
Presidente non
si scompone: il suo segreto è la calma e la discussione fino alla nausea.
C’è qualcuno che
protesta perché ci sono troppi enti.
Benissimo! Presidente
organizza un convegno dal titolo interlocutorio: “Ridurre i costi per
amministrare? Una scommessa perdente?”
Fra i boiardi
non mancano consulenti pronti a relazionare su ogni questione. Fin troppi sono
nel libro paga dell’Organizzazione.
Uno sponsor per un
buffet splendido non può mancare: il successo è assicurato.
Il risultato è
scontato e tutti acclamano l’utilità dell’ente: non si vuole mica licenziare?
Chi è costretto
a lavorare duramente per man-tenersi e arrivare alla fine del mese non ha più
la voglia nemmeno di protestare.
Presidente è
riuscito ancora una volta a metterlo alle corde.
E’ qui che
Barbino ha un’idea prodigiosa in occasione dell’approvazione del nuovo piano
urbanistico.
C’è solo la
continua necessità di riuscire a recuperare ancora risorse per
l’Organizzazione.
La cosa sembra
impossibile dopo i balzelli imposti agli enti principali per garantire ai
boiardi una posizione di prestigio.
Le pressioni per
acquisire la possibilità di costruire, con la trasformazione di nuove aree
agricole in residenziali o industriali, sono enormi.
Il Pattona preme
per ottenere, attraverso una sua immobiliare, la realizzazione a nord della
città di un vasto centro commerciale, proprio a margine della strada di grande
comunicazione che porta verso il capoluogo.
In quel punto la
pianura è verde coltivata a granturco ed è attraversata da una roggia che corre
lungo la strada.
Il Pattona
intravede la possibilità di coprire tutto con una grande colata di cemento
armato e offre spontaneamente una cifra esagerata a Presidente per il
finanziamento delle iniziative dell’Organizzazione.
Barbino vede nel
piano un’occasione di sviluppo per la città e di finanziamento per
l’Organizzazione.
“Inventemose
un controlo del territorio co società specializate nela pianificazion.”
propone.
Già Presidente
intravede la possibilità di affidare incarichi prestigiosi ai boiardi e
finanziamenti all’Organizzazione da parte delle società incaricate di
predisporre i piani di intervento e di tutti quelli che devono realizzare
interventi edilizi.
Basta fare
passare tutti gli atti di regola-mentazione del territorio presso le società e
così si può controllare ogni più piccolo intervento.
“El potere se
crea col controlo” dice Barbino.
“Xe vero”
conferma Presidente.
Barbino si mette
all’opera.
Presiede, con
l’aiuto di Presidente, una delle commissioni di approvazione dei progetti. Non
ne scappa una. Una dopo l’altra le commissioni diventano preda di Barbino che
riesce sempre ad avere i numeri per essere nominato.
Chi meglio del
controllore è in grado di redi-gere o di fare redigere dei progetti che possano
ottenere un’istantanea approvazione?
Lo staff di
Barbino aumenta.
Il lavoro
importante con commesse ricche, che fanno girare un vortice di denari, passa
tutto dal suo studio, agli altri restano le briciole.
L’arroganza di
Barbino non conosce limiti.
“Xe perché i
altri no xe boni de progetar” dice sfrontato.
I finanziamenti
pubblici arrivano subito, se i progetti sonno firmati da uno del suo gruppo;
con lui garante con ci sono più tempi di attesa.
Barbino grazie
all’Organizzazione è diventato componente della Banca di finanziamento dei
progetti sociali.
Basta che la
richiesta sia firmata da lui che ogni aspetto legale è risolto.
La sua influenza
dilaga: è dappertutto.
Il successo è
strepitoso: non c’è un progetto importante che non passi dal suo studio.
Poi tocca alla
pianificazione essere la preda di Barbino.
“Come xe pol
fare i progetti se i piani xe sbagliai” suole ripetere.
Lo studio di
Barbino diventa sempre più importante, ingurgita tutto quello che può con una
voracità senza pari.
Diviene in breve
tempo il punto di riferimento di tutte le operazioni che hanno per
intermediaria l’Organizzazione.
La sua
specialità sono i cambiamenti di desti-nazione dei terreni.
E’ sufficiente
affermare che l’area agricola confinante con quelle di espansione deve mutare
destinazione ed il gioco è fatto.
Basta vedere chi
sta al gioco, chi in cambio della variazione è disposto a fornire un solido
contributo all’Organizzazione.
Barbino è il
braccio operativo ma le indicazioni di chi privilegiare nelle operazioni spetta
a Presidente.
L’unico vero
regista è lui: egli tesse i rapporti con chi ha la possibilità d’intervento
perché una volta realizzata l’operazione occorrono nuove risorse per
realizzare.
Il progresso,
l’espansione economica ed il benessere impongono un gioco complicato.
Bisogna muovere
tante e tante pedine perché l’operazione riesca ed ogni pedina deve avere il
suo tornaconto con soddisfazione di tutti per rendere più grande
l’Organizzazione.
Ogni operazione
contribuisce a rendere più evidente il successo di Presidente che tiene
saldamente in mano le redini di tutte le attività.
Quasi più
nessuno si ricorda delle mosche che sono sì un fastidio, ma come potere fare
delle colpe a Presidente con tutto l’impegno che mette a vantaggio della
comunità?
Chi ha il
coraggio di schierarsi contro i boiardi per affermare delle verità evidenti ma
che comportano un rallentamento dell’interventismo dilagante?
3.
Capitolo. L’appetito
vien mangiando.
L’ascesa di Presidente
nell’empireo del potere non ha più limiti.
La macchina che
ha messo in moto ha un unico grande difetto: il costo elevato.
E’ un motore che
ha bisogno di sempre maggiori risorse perché gli appetiti dei boiardi crescono
in maniera esponenziale.
Non si
accontentano mai, vogliono sempre di più.
Come chi ha
abituato il suo ventre ad una dose sempre maggiore di cibo non riesce a
fermarsi ha sempre più fame e vuole mangiare sempre di più col rischio di
scoppiare.
Presidente è
costretto a saziare la fame cre-scente dei boiardi inventando giochi sempre più
pericolosi.
Il giro di soldi
diventa ancor più vorticoso perché le spese aumentano a dismisura.
I membri
dell’Organizzazione diventano via via più esosi: il costo del consenso si paga
sempre più profumatamente.
Le richieste di
incarichi di consulenza, di interventi finanziari di sostegno all’attività di
società più o meno benefiche, di pranzi di lavoro, di viaggi di istruzione si
fanno sempre più assillanti.
Gli introiti che
derivano dai fondi raccolti dai sostenitori sono sempre più scarsi, i fondi
provengono oramai da continue spoliazioni dei bilanci degli enti controllati.
Su tutto c’è una
tangente che deve coprire i costi inarrestabili dell’Organizzazione, per rea-lizzarla
si inventa di tutto: si creano bisogni fittizi per risolverli con attività che
servono solo a dare da lavorare agli amici dell’Organizzazione.
La società è
appesantita da costi inutili che come un’idrovora prosciugano tutte le risorse disponibili.
L’Ente per la
spazzatura non centra nulla con l’attività del Consorzio, ma l’importante non è
l’attività bensì il progetto e quindi quell’ente può essere gestito allo stesso
modo con gli stessi principi: accontentare i sostenitori e creare posti di
potere per i boiardi.
Quelli che hanno
fatto esperienza al Consorzio sono collocati nell’Ente per la spazzatura.
L’Ente per
l’assistenza agli anziani è il terzo soggetto da occupare con le stesse truppe
sempre più agguerrite.
Non è una guerra
truculenta come quella dei cent’anni ma gli effetti si preannunciano deva-stanti.
Gli effetti
dell’occupazione dei boiardi sotto il controllo di Presidente è micidiale per
le casse dell’ente, appesantite dai nuovi costi di gestione della nuova classe
dirigente.
I costi per
l’amministrazione aumentano verti-ginosamente mentre diminuiscono i denari da
destinare alla lotta alle mosche.
Così si
risparmia su tutto fuorché sui diritti dei boiardi che ingrassano sulle spalle
dei normali cittadini destinati al più ferreo digiuno.
4.
Capitolo. L’autostrada.
La costruzione
di un’autostrada è il chiodo fisso di Presidente.
Per acquistare
prestigio nell’Organizzazione deve cercare a tutti i costi di favorire la
costru-zione di un’autostrada.
L’infrastruttura
consente l’urbanizzazione del territorio.
Tante aree che
passano di destinazione.
Dalla
destinazione agricola a quella residenziale o industriale la differenza è tutta
in un retino sul piano regolatore e Presidente può metterne uno del colore
desiderato.
Una montagna di
soldi che si sposta favorendo e facendo crescere dal nulla delle rendite di
posizione esagerate.
Ci pensa
l’Organizzazione ad assegnare a boiardi di fiducia tutta l’operazione a
cominciare da chi deve redigere il piano che deve rispettare scrupolosamente le
indicazioni che la stessa Organizzazione darà riguardo all’impatto sul
territorio.
La bravura di Presidente
è quella di individuare ogni singolo soggetto che può essere beneficato, lui
deve fargli capire la bontà della scelta, i vantaggi economici che la sua
proprietà ottiene con la modifica del piano.
Fatto questo è
facile convincere chi ottiene un sì grande beneficio economico a supportare
l’Organizzazione che tanto si è prodigata per ottenere l’esecuzione di quella
importante infrastruttura.
Chi è dentro
l’operazione acquista tutti i vantaggi, che ne sta fuori o ne è solo a margine
ottiene invece gli svantaggi dell’urbanizzazione: più cemento, più congestione
e trasformazioni a volte violente dei luoghi che mutano comple-tamente e
sottraggono il paesaggio di una volta, senza neanche intravedere i benefici
economici.
Presidente non tollera chi si oppone alla
realizzazione dell’opera che è diventata il simbolo dello sviluppo economico
del territorio e del suo potere di imporre delle scelte che possono consacrare
la sua ascesa nell’Organizzazione.
“L’autostrada
xe el progreso, chi non capise se contro.” la dichiarazione di guerra è
pronunciata.
Lui si è messo
con tutta l’anima a spon-sorizzare l’autostrada: tre quattro riunioni al giorno
per convincere i più riottosi con incontri e dibattiti.
La Commissione
Affari Generali si è scatenata nel promuovere cene e dibattiti nell’intero
territorio interessato al percorso.
Un lavoro
improbo nel quale Presidente è maestro nel tenere in piedi i dibattiti, nello
stringere mani, nel promettere piaceri di ogni tipo e nel convincere gli
incerti, ricordando il suo interessamento in precedenti iniziative.
E’ difficile,
però, mettere d’accordo chi vuole e chi non vuole un’infrastruttura così
impattante sul territorio.
Allora c’è la
contrattazione sulle varianti al percorso, c’è da promettere dei finanziamenti
ai vari comuni per realizzare una bretella di collegamento, un asilo, per la
realizzazione della piscina comunale tanto desiderata o un finanziamento per ampliare
il campo di calcio della squadra del cuore.
Nessuno può
resistere al pressing estenuante di Presidente: un vero martello quando
c’è da realiz-zare un suo progetto.
Lui non smette
mai quando vede che ci sono delle condizioni favorevoli.
E’ come una
sanguisuga che si attacca e non molla la presa fino a quando può succhiare.
Le battaglie
hanno un effetto importante su tutta l’Organizzazione.
Esse mobilitano
la base, mobilitano i dirigenti e rendono più agevole il controllo.
E’ più facile
cacciare i dissidenti che hanno sempre qualcosa da dire e non sono mai contenti
di nulla.
5.
Capitolo. Il
viaggio della memoria.
A Presidente
piace molto viaggiare.
Un’opportunità
che le condizioni poco agiate della sua famiglia non gli hanno concesso nel
passato.
Gli incarichi
ottenuti dall’Organizzazione hanno consentito di rimediare a questo deficit e
hanno compensato le occasioni perdute nella sua giovinezza.
La presidenza
gli dà ora delle opportunità in più perché non deve aspettare di essere
delegato dal Presidente o dall’Organizzazione: ora il Presidente è lui.
Tutte le volte
che al Consorzio arriva un invito lui non può mancare.
Predilige i
viaggi scientifici dove partecipa a convegni su temi specifici che non conosce.
Una breve
relazione fatta dal dott. Bianchi risolve facilmente il problema.
I viaggi
preferiti sono quelli effettuati per celebrare le ricorrenze.
Nei cosiddetti
viaggi della memoria l’occasione di ricordare il passato è per lui un’ottima
opportunità per trascorrere al meglio il presente.
Basta prendere
un libro di storia, copiare qualche riga e poi condirla con la sua magistrale
oratoria.
Presidente a
parole è imbattibile. Lui riesce ad essere convincente nel trasmettere messaggi
chiari sul filo del banale che valorizza coll’intonazione della voce e con la
sua mimica ammiccante e persuasiva.
Il fatto che sia
un cinico e che dei valori di cui parla non gliene importi un fico secco nulla
gli impedisce di persuadere gli altri che in quei valori credono ciecamente.
Molti si sono
sinceramente commossi alle sue celebrazioni perché Presidente è un vero maestro
nel ricordare, nell’ammonire, nel risvegliare gli animi assopiti.
Quella volta
però la sua partecipazione è stata memorabile.
Il viaggio della
memoria lo ha organizzato lo stesso Consorzio per celebrare la vittoria contro
l’invasore.
L’indipendenza
della nazione è stata salvata in quella battaglia navale dove molti diedero il
proprio sangue per difendere il patrio suolo.
E’ per la prima
volta che sono coinvolti in quella ricorrenza i ragazzi delle superiori.
Con un’abilità
senza pari, attraverso sponsor e mille altre alchimie, Presidente è riuscito a
mobilitare una folla di ragazzini da portare in crociera sulle acque della
battaglia.
Il viaggio della
memoria ha fatto il suo effetto: tutti ne parlano, il successo
dell’Organizzazione e del suo profeta è assicurato.
Presidente ha
rilasciato interviste sulla commemorazione.
“Tuti dovemo
esser grati a chi ga dà el proprio sangue per la patria.”
A Presidente
essere patriottico piace moltis-simo anche perché è molto semplice come impe-gno
e rende moltissimo.
Tutti lo
salutano per strada, si complimentano per avere ricordato ai giovani
quell’evento memorabile che, senza il suo contributo per riportarlo alla
memoria collettiva, può essere dimenticato.
Quella mattina
sveglia alle tre per potere prendere il torpedone alle quattro e per imbarcarsi
alle diciannove.
Presidente in
questo ha toppato: non ha fatto i conti col numero enorme di ragazzini che
hanno aderito alla sua proposta.
Le risorse si
son dovute dividere per i molti intervenuti perciò, per tenere bassa la quota
di partecipazione, si è dovuto modificare il programma originario: niente
viaggio aereo e soggiorno in albergo a quattro stelle nell’isoletta vicina alle
acque della battaglia, ma viaggio disastroso in torpedone e poi massacro in
traghetto.
Costretto a
viaggiare col pullman in mezzo ad una scolaresca urlante, Presidente incomincia
a rimpiangere di non essere rimasto a casa.
Detesta i cori,
le risate sguaiate e soprattutto i ragazzini, tenta invano di convincere i
professori ad una dura repressione, ma loro sono abituati e non ci provano
neppure.
“I xe fioi
cosa vol che i fasa in gita?” gli domandano stupiti i docenti.
Dopo una
giornata passata in torpedone con le orecchie al limite della resistenza Presidente
odia tutti i ragazzini strepitanti.
Laggiù in fondo
al torpedone ne hanno fatte di tutti i colori: se le sono date di santa
ragione, per scherzo naturalmente, hanno preso in giro il secchione che tenta
di portare un minimo di calma, ma soprattutto hanno cantato per tutto il tempo
a squarciagola senza un attimo di respiro.
“No se pol
farli taser un atimo?” continua a ripetere alla professoressa che impotente
fa spallucce, abituata al contatto continuo col frastuono più incredibile.
Finalmente, col
mal di testa, sono giunti al porto dove li attende un traghetto certamente di
sotto alle attese di Presidente.
Solo chiasso,
niente incontri ad alto livello, nessuna cena ufficiale né discorsi pomposi.
Nulla di ciò che valga una trasferta così faticosa.
In pullman
non è riuscito a fare un discorsetto breve breve di presentazione del viaggio,
visto il trambusto.
Giunti al porto
ha dovuto correggere i suoi appunti, per evitare che troppe frasi fatte ed
eccessive cerimonie possano essere contestate dai suoi obbligati spettatori.
Alla partenza
del battello è riuscito a dire solo poche cose dopo essere stato sommerso dagli
applausi, trascorsi i primi due minuti di chiacchiere.
I giovani
sentono a pelle la sua retorica e non sopportano cerimonie troppo lunghe né
hanno la compiacenza degli adulti verso i potenti.
Il viaggio della
memoria si presenta durissimo anche se gli è stata riservata l’unica cuccetta
sul ponte principale strappandola al comandante della nave.
Presidente
medita di tornare al più presto alla normalità sfuggendo da quel viaggio
infernale.
Non gli
interessa neppure che siano sfuggiti alle mosche.
Non vuole più
continuare quel viaggio della memoria e, fingendo un improvviso impegno, se ne
torna a casa perché è meglio combattere le mosche che quei scatenati compagni
di viaggio.
6.
Capitolo. Arriva
il grande caldo.
L'estate è
scoppiata tremenda ed implacabile.
Durante il
giorno il caldo è insopportabile.
Il cielo è
sempre sereno; non si è vista una sola nuvola che prometta la desiderata
frescura per tutto il mese di luglio.
La giornata
inizia afosa sin dalle prime ore del mattino.
Solo le ore che
precedono l'alba portano qualche goccia di rugiadosa freschezza.
Il refrigerio
scema velocemente con l'alzarsi del sole che si arrampica al sommo del cielo
per rimanervi implacabile per tutto il giorno.
Neppure il
tramonto riesce a portare un po’ di brezza.
Sembra che Eolo
abbia vuote le gote del più leggero soffio di brezza.
Il grande fiume
scorre placido, come sempre in estate, verso il mare: sembra non accorgersi
neppure della calura.
E’ più magro del
solito; meno maestoso, ma anche più tranquillo, non preoccupa nessuno con
timori di piene improvvise.
Le acque,
ritirandosi, mettono allo scoperto la sabbia bianca e fina che alla luce del
sole contribuisce ad abbacinare lo sguardo.
E’ piacevole
camminare su quella sabbia calda e sentirne lo scricchiolio sotto i piedi nudi
che affondano nella soffice arena.
Quell'anno non
c’è un solo bikini in vista sugli spiaggioni né una tenda piantata a riparo dei
raggi del sole cocente.
Quell'anno non
c'è nessuno che si bagna nelle acque fresche del grande fiume né un motoscafo
né una barca a remi o a motore che solchi le placide acque.
Le uniche
imbarcazioni che viaggiano sicure sono le bettoline che trasportano sabbia.
Enormi barconi deserti senza alcun passeggero con qualche raro marinaio
rintanato in cabina a fianco del pilota.
Le barche a
pieno carico affondano nell’acqua fino a rischiare che un’ondina più dispettosa
schizzi all’interno senza però provocare gravi danni.
Sul fiume
deserto l'assolato silenzio della calura estiva è rotto da un sottile sibilo,
da un ronzio sommesso che prende impeto nelle ore del tramonto.
Le rive
brulicano di mosche e zanzare che prendono a volte la forma di vere e proprie
nubi nere a dispetto della sabbia bianchissima.
Chi si sarebbe
avventurato in quell'inferno, o meglio, in quel paradiso perduto, almeno per
quella terribile estate?
Qualche timida
macchina si azzarda ad arrivare in cima agli argini per osservare la
situazione, ma i temerari non hanno però neppure il coraggio di abbassare i
finestrini, né tanto meno di uscire dai loro temporanei rifugi.
Le nubi nere di
insetti si avvicinano minacciose e impongono con la loro presenza una ritirata
strategica.
I ditteri paiono
fiaccati dal grande caldo come i loro padroni: nelle cascine le mucche stanno
distese all'ombra, pancia a terra, ed hanno un gran da fare con le loro code ad
allontanare le mosche moltiplicatesi oltre ogni misura.
La loro pelle
coriacea e la loro indifferenza naturale agli insetti è messa a dura prova:
succede sempre più spesso vederle rizzarsi in piedi di scatto e partire a
veloce andatura, scalciando in tutte le direzioni, per una breve corsa entro i
recinti.
Le povere bestie
vogliono con quelle pedate possenti cacciare lontano quegli esseri tanto
fastidiosi e inafferrabili, senza rendersi conto che la loro forza nulla può
contro di loro.
Se gli animali sono per natura corazzati con la loro
dura pelle contro le dolorose punture e sopportano con pazienza il fastidioso
ronzio, gli uomini no!
Gli uomini
sopportano molto meno questo tormento.
Anche gli
agricoltori adusi alle fatiche dei campi, al calore del sole e alle normali
molestie degli insetti, sono giunti al punto di saturazione di questo nuovo
flagello.
Devono uscire
dalle cascine bardati con cappucci e guanti ed essere ben coperti in ogni parte
del loro corpo per evitare gli assalti.
Questa inusitata
armatura male si adatta alla naturale voglia di indossare abiti leggeri e
sbracciati per sopportare meglio il caldo crescente dell’estate.
La fatica del
lavoro è raddoppiata, gli animi sono esasperati: per entrare in casa devono
ingaggiare una vera e propria lotta agitando le mani e scuotendo l'aria come
impazziti, per creare uno spazio vuoto di insetti, una sorta di varco tra la
muraglia di moscerini fastidiosi.
Si rintanano
dentro casa grondanti di sudore, serrando l'uscio precipitosamente, ma senza
riuscire a tenere fuori completamente le mosche che inevitabilmente entrano in
casa con loro, appiccicate alle vesti, per ingaggiare di nuovo anche
all'interno delle mura famigliari la mai sopita battaglia.
La situazione è
intollerabile, ma, stranamente, non vi è alcun segno esteriore di insofferenza.
Tutti mugugnano,
ma soffrono in silenzio.
Le strade sono
vuote: non si vedono né cortei, né comizi.
Nessuno si
lamenta attraverso i canoni tradi-zionali di informazione.
Giornali, radio,
televisione non accennano più al fenomeno in termini negativi; anzi sembra,
sentendo i loro comunicati, che le cose vadano veramente meglio.
In realtà Presidente
si è dato molto da fare con i mezzi dell’informazione controllando accurata-mente
attraverso l’Organizzazione che filtrino solo notizie positive.
I giornalisti
sanno bene che i loro giornali vivono del contributo erogato
dall’Organizzazione e se guardano dall’obbedire alle indicazioni che vengono
impartite con puntualità.
In realtà il
Consorzio non ha fatto ancora nulla.
Presidente sta
valutando come realizzare il massimo dall'operazione e si attarda in incontri
col Pattona per verificare i dettagli di come realizzare l’affare.
Lui ama ricevere
la gente, andare in televisione per raccontare che gli esperti stanno studiando
nuove soluzioni.
“Gavemo el
controlo dela situasion.” continua a ripetere ai sostenitori che gli
chiedono di intervenire per combattere le mosche, a tutti promette il suo
intervento.
“Chi dise el
contrario mente, ne vol mal.” negare sempre è il suo motto; dare una
versione edulcorata della realtà è il suo imperativo, confidando sempre che i
suoi boiardi non lo abbandonino.
La destinazione
delle risorse prende sempre una strada diversa da quella necessaria per
combattere le mosche.
L’informatizzazione
del sistema per il controllo dello spostamento delle mosche e l’assunzione dei
relativi boiardi ha volatilizzato i contributi che sono affluiti copiosi nelle
casse del Consorzio.
D’altronde chi è
stato assunto per rilevare lo spostamento può essere adibito all’attività di
distruzione degli insetti?
“Bisogna
trovare ancora dei schei per finanziar nove iniziative.” La ricerca di Presidente
per trovare nuovi fondi è spasmodica; poiché i contributi non sono infiniti
sollecita donazioni da parte di tutti gli uomini e donne di buona volontà.
7.
Capitolo. La
Corte di Giustizia.
L’avviso a comparire presso la Corte di Giustizia è
arrivato di buon mattino, portato da un solerte ufficiale giudiziario che ha
abbozzato un sorriso di circostanza.
Non si sa se di sostegno o di soddisfazione per il
fatto che finalmente anche i potenti e non solo i poveracci ladri di mele sono
raggiunti da un avviso di garanzia.
Filisteo, come al solito rumorosamente alla porta di Presidente
trascinando la sua gamba offesa, precisa imbarazzato “Presidente xe rivà un
altro aviso. Ghe o go portà subito.”
Lui non fa un minimo cenno, pensa che il potere sia
come una calamità per le procedure giudiziarie
Le sue preoccupazioni sono però altre.
Arrivare al potere e tenerlo stretto per la maggior
parte del tempo possibile questo è il problema più importante da risolvere.
Bisogna guardarsi dai nemici, che vogliono strappare
le maggioranze da cui dipendono le comode poltrone, e dagli stessi amici che
recla-mano un posto al sole e che sono disposti a tutti i colpi, anche i più
bassi, per raggiungere il loro intento.
La qualità principale di Presidente è la calma.
Non c’è bufera personale o in seno all’Organiz-zazione
che lui non affronti con una flemma inglese: imperturbabile.
Nessuna emozione, nessun segno apparente di tensione.
La tranquillità è una qualità indispensabile; perché
fare trapelare un seppur piccolo turba-mento che può essere pericoloso?
Un’emozione è come una fessura in una diga.
Basta un piccolo pertugio per consentire di penetrare
ad una piccola infiltrazione destinata a creare col tempo una falla
inarrestabile.
Le tensioni le scarica in privato.
Il dott. Rossi è il suo bersaglio preferito.
Scarica su di lui la rabbia dovuta ad insuccessi o
anche a piccoli contrattempi a seconda dell’umore.
Il dott. Rossi è abituato a sentire le ire dei
potenti; col suo comportamento servile accetta tutto e si scusa non sa bene di
che.
Lui sa, però, che l’importante è fare autocritica e
prendersi anche delle responsabilità non sue che poi avrebbe messo regolarmente
nel conto.
L’avviso lo ha colto impreparato. Come un fulmine in
una bella giornata di sole caldo non è proprio prevedibile.
“Xe stada qualche to troiada.” si scaglia
contro il dott. Rossi “Xe per questo che adeso semo nela caca!”
Lui sa bene che sono molte le decisioni che possono
dar luogo ai procedimenti instaurati dalla Corte.
Una nomina che non rispetta le regole, un appalto la
cui aggiudicazione sollevi dei dubbi sull’erogazione di possibili tangenti, un
pagamento non autorizzato da tutti i pareri previsti.
Ai cavilli legali ci devono pensare gli avvocati.
“Ghe xe sempre l’Apelo e la Casazion e la Corte
Costituzional.” Il dott. Rossi minimizza confidando nei tempi biblici della
giustizia
D’altronde l’Organizzazione ha pensato a creare le
norme che disturbino il meno possibile i manovratori.
Il garantismo portato a livelli esagerati consente di
ritardare il più possibile le decisioni della giustizia.
Per Presidente essere in grado di ritardare i verdetti
dei giudici è più che sufficiente per rimanere tranquilli, per non perdere mai
la calma. Il passare del tempo consente di trovare le soluzioni che al momento
sembrano impossibili da realizzare.
Che te ne importa di una condanna definitiva quando
sei diventato vecchio intanto hai vissuto da leone per tutta la tua vita.
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